A causa delle avarie frequenti della
piattaforma IlCannocchiale, dove - in
4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko
ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente.
O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli
(orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 325 del 28-05-13 (trasmigrato
da IlCannocchiale.it)
Dialogo sulla
crisi economica, i PIL che si inseguono ed altro
A
fini di archivio, riporto nel mio blog questa mia vecchia discussione (2010) con
Vanishing sul tema della crisi
economica ed altro, svoltasi nel forum del Circolo on-line del PD “Barack
Obama” (ormai chiuso), in due thread
distinti: “La portata della crisi economica” e “Che ne pensiamo della CGIL?”
(purtroppo, non sempre ho salvato i commenti del mio interlocutore).
A
posteriori, si devono constatare alcune amare verità: a) in barba
all’entusiasmo del presidente Obama, le 9 grandi banche padrone del mondo sono
riuscite a bloccare finora qualunque seria riforma dei mercati finanziari; [1] b) la Germania soltanto ora, al
quinto anno di crisi, forte dell’esempio dato preparandosi con molto anticipo
rispetto alla crisi deflazionando i salari, [2] pare accennare ad un allentamento del rigore finanziario
dell’Eurozona, ma comunque bisognerà aspettare le elezioni politiche tedesche
che si terranno nel prossimo mese di settembre; e c) in Italia, i poteri forti,
tenendo in non cale l’esortazione accorata di Eugenio Scalfari, sono riusciti
non solo ad evitare “un piano globale di redistribuzione del reddito da chi più
ha a chi meno ha”, ma anche ad addossare sulle spalle dei ceti meno abbienti la
gran parte del costo del risanamento dei conti pubblici, pari all’astronomica
cifra di 330 mld; [3] e lo stesso
Scalfari pare abbia ammorbidito parecchio negli ultimi tempi la sua fame di
giustizia sociale. [4]
Vincesko
Vale la pena
di leggere integralmente l'editoriale di oggi di Eugenio Scalfari: critica
(come al solito) Tremonti e (duramente) la politica depressiva del G20, in
primis della Germania, elogia Krugman e le altre voci contrarie a questa
politica (Mario Draghi e Mario Monti, nonché Romano Prodi
e Carlo De Benedetti, Pier Ferdinando Casini e Montezemolo, le Regioni e i
Comuni), ed elogia
,perfino il
PD, del quale – confermando quello che vado scrivendo qui da qualche giorno su
Bersani – scrive: “Nelle recenti
settimane sembra uscito dall'afasia in cui era caduto. Affermare che sia in
buona salute non corrisponde alla realtà, ma sostenere che abbia ormai cessato
di esistere è altrettanto azzardato,...”.
L'EDITORIALE
Lo spettro
del bavaglio e della deflazione
di EUGENIO SCALFARI
TIENE ancora
banco e lo terrà per un pezzo la legge bavaglio sulla libertà di stampa. Il
Senato l'ha approvata votandola sotto il ricatto della fiducia posta dal
governo, ma gli ostacoli sono ancora molti: l'esame della Camera e la
tempistica che quell'esame richiederà, la firma di promulgazione di Napolitano,
l'esame della Corte costituzionale, un possibile referendum abrogativo. Del
resto i punti di dubbia costituzionalità sono numerosi, a cominciare dal
diritto di cronaca smaccatamente violato, dalle gravi limitazioni agli
strumenti di indagine dei magistrati e - particolarmente
pesanti - alle multe stratosferiche nei confronti degli editori rei
di consentire ai giornalisti eventuali violazioni della legge in questione.
Quelle multe spostano la responsabilità penale e civile dal direttore del giornale all'editore.
L'attacco di questa normativa alla libertà di stampa non potrebbe essere più evidente.Tutto ciò configura quella legge come un classico tentativo liberticida, che va quindi combattuto con tutti i mezzi legalmente disponibili. Ma voglio qui segnalare anche l'inefficacia pratica di questa sciagurata normativa.
Viviamo in un mondo ormai dominato dalla rete di comunicazioni "on line". Le notizie la cui diffusione viene impedita alla carta stampata, appariranno inevitabilmente sui siti "web". Che farà il governo? Oscurerà quei siti, come avviene in Iran e in Cina?
Quelle multe spostano la responsabilità penale e civile dal direttore del giornale all'editore.
L'attacco di questa normativa alla libertà di stampa non potrebbe essere più evidente.Tutto ciò configura quella legge come un classico tentativo liberticida, che va quindi combattuto con tutti i mezzi legalmente disponibili. Ma voglio qui segnalare anche l'inefficacia pratica di questa sciagurata normativa.
Viviamo in un mondo ormai dominato dalla rete di comunicazioni "on line". Le notizie la cui diffusione viene impedita alla carta stampata, appariranno inevitabilmente sui siti "web". Che farà il governo? Oscurerà quei siti, come avviene in Iran e in Cina?
E ancora: se un giornale straniero verrà in possesso di quelle notizie (intercettazioni comprese) e le pubblicherà, i giornali italiani avranno pieno diritto di citarlo e riferirne il contenuto. Che farà il governo? Arresterà e multerà giornalisti ed editori che riferiscono notizie pubblicate a Londra o a Parigi, ad Amburgo o a Zurigo, a Madrid o ad Amsterdam o a New York?Questa legge è dunque liberticida e al tempo stesso inutile perché non riuscirà ad imbavagliare la libera stampa, ma semplicemente a configurare l'Italia come un paese in mano ad una farsesca cricca ossessionata da tentazioni autoritarie e sanfediste. Voltaire avrebbe ampia materia, se rinascesse, per esercitare la sua aguzza ironia.
* * *
Della manovra economica voluta da Giulio Tremonti ci siamo già occupati domenica scorsa segnalandone alcuni aspetti di necessità e alcuni difetti.
Soprattutto l'assenza totale di stimoli alla crescita, non potendo considerarsi tali le preannunciate e vacue misure di liberismo che il ministro dell'Economia gabella come risolutive spinte all'aumento del reddito mentre sono soltanto annunci lanciati nel vuoto.
Ma fatti ben più gravi sono accaduti nel frattempo in Europa. È accaduto soprattutto che la Germania ha imboccato la pericolosissima strada di una vera e propria politica di deflazione, preannunciando 80 miliardi di tagli alla spesa nei prossimi quattro anni a cominciare da subito.
Al G20 svoltosi nei giorni scorsi in Corea i membri europei hanno appoggiato questa politica, con qualche riserva soltanto da parte francese. Le dichiarazioni in favore di incentivi alla crescita, che sempre avevano accompagnato analoghe riunioni, questa volta sono state omesse; il tema dominante è stato la riduzione e la stabilizzazione del debito pubblico e il rientro del deficit nei parametri di Maastricht. La Germania ha fatto da apripista e da capofila di questa politica.
Conseguenze? Un rallentamento congiunturale, la caduta della domanda interna e degli investimenti. La debolezza dell'euro ravviverà le esportazioni dirette verso altre aree monetarie ma scoraggerà gli scambi all'interno dell'eurozona, con grave pregiudizio proprio per la Germania le cui esportazioni all'interno dell'eurozona rappresentano il 40 per cento del totale delle sue vendite all'estero. Mario Draghi valuta a mezzo punto di Pil la caduta del reddito italiano per effetto della manovra Tremonti. Figuriamoci a quanto aumenterà la perdita di velocità nel totale dell'eurozona. In un articolo su 24 ore di ieri Paul Krugman bolla con parole di fuoco questa dissennata svolta depressiva.
Personalmente esprimo da mesi giudizi altrettanto negativi. Il fatto grave consiste nella decisione della Germania di mettersi alla guida di questa politica. "I falchi del disavanzo hanno preso il controllo del G20" scrive Krugman. E aggiunge: "Operare drastici tagli alla spesa pubblica nel caso d'una grave depressione è un metodo costoso e inefficace. Le misure di austerità sono costose perché deprimono ulteriormente l'economia e sono inefficaci perché la contrazione della spesa pubblica frena il gettito fiscale". Il fatto inspiegabile è che tutta l'Europa si stia cacciando in questo vicolo senza uscita.
* * *
In Italia ci sono molte voci che reclamano un'azione espansiva di crescita accanto a quella depressiva di tagli della spesa. In testa c'è Bersani e tutto il gruppo dirigente del Pd, mobilitato altresì contro la legge bavaglio che censura la libertà di stampa. Sulla stessa linea Epifani e la Cgil. La Marcegaglia continua a reclamare sgravi fiscali robusti sul lavoro e sulle imprese, senza i quali "l'economia italiana rischia di morire asfissiata dalla deflazione e dalla disoccupazione".
L'ha ripetuto al convegno di Santa Margherita dove non ha risparmiato di bacchettare la presidentessa dei giovani, Federica Guidi, la quale invocava una modifica costituzionale che consenta di sottoporre al referendum anche le leggi fiscali. "Dissennatezza", così la Marcegaglia ha definito la proposta della Guidi, che sarebbe difficile giudicare in altro modo.
Infine in favore di interventi espansivi sono anche schierati Mario Draghi e Mario Monti, nonché Romano Prodi e Carlo De Benedetti, Pier Ferdinando Casini e Montezemolo, le Regioni e i Comuni.
Sembrano numerose queste forze ma purtroppo, unite nella diagnosi, sono divise sulla terapia. Possono ottenere qualche risultato sulla politica economica italiana, ma hanno scarso peso sull'Europa e nessunissimo peso sulla Germania. Dovrebbero dunque cercare qualche raccordo con la Francia, con la Spagna e con Obama, ma per promuovere una sorta di "force de frappe" internazionale di questa portata dovrebbero marciare uniti. È troppo sperarlo?
* * *
Qualche parola, in conclusione, la dedicherò al Partito democratico. Nelle recenti settimane sembra uscito dall'afasia in cui era caduto. Affermare che sia in buona salute non corrisponde alla realtà, ma sostenere che abbia ormai cessato di esistere è altrettanto azzardato, così come mi sembra azzardato aizzare i giovani contro gli anziani, la periferia contro il centro.
I sondaggi più recenti registrano le intenzioni di voto per il Pd attorno al 27 per cento collocando il Pdl al 33. Il divario è cospicuo ma non stellare. Battaglie come quelle contro la legge bavaglio e contro una manovra economica depressiva sembrano riscuotere un consenso molto esteso e potrebbero modificare le intenzioni di voto in misura sostanziale. Ma, lo ripeto, occorre che l'unità sulla diagnosi si accompagni ad una compattezza delle terapie e alla ricerca di uno sbocco politico comune.
Se ciascuno continuerà a privilegiare la propria "ditta", le forze centrifughe avranno la meglio e continueremo ad essere sgovernati dagli annunci cui non seguono fatti, dalle cricche e dalle mafie. Capisco che l'attaccamento alle proprie ricette sia animato da buone intenzioni, ma nelle condizioni attuali le buone intenzioni lastricano percorsi pericolosi e talvolta nefasti, dai quali sarebbe meglio tenersi lontani.
(13 giugno 2010)
Vincesko
@
Vanishing
Come
al solito non leggi i miei 'post' (… ma vedo che non sei il solo, se qualcuno –
recidivo - scrive “nelle fila”, dopo che ho scritto nel thread sulle 10
domande che il plurale di 'fila' è 'file').
Ho
già 'postato' io nel mio thread sui 3 ministri socialisti (dove peraltro
ho avviato la discussione su Pomigliano, che poi qualcuno – per fare ammuina:
tipico dei “democratici” - ha spostato
altrove) un'intervista a Tito Boeri, dove dice le stesse cose.
Nello
stesso thread puoi anche
leggere, più sopra, un interessante articolo di Loretta Napoleoni su Karl Marx
e il saggio tendenziale di profitto, che ti ho dedicato in particolare:
erudiscici!
(19-06-10)
[Avevo
posto io (qualche tempo prima, v. Dialogo
sul liberismo, il liberalismo, le banche, la speculazione, il comunismo ed
altro http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2784613.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/dialogo-sul-liberismo-il-liberalismo-le.html) il tema dei
PIL che si inseguono, da me letto per la prima volta alla fine degli anni ’70 in
un saggio di Giorgio Fuà; ora il buon Vanishing
– esperto di informatica - ne ha trovato riscontro nel web e lo riporta qui (il
grafico, purtroppo, non è più visibile)]
Vanishing
"I
PIL che si inseguono". Eccoti una coppia di nomogrammi universali per il
calcolo del numeri di anni nei quali il PIL2 (il minore dei due) insegue il
PIL1.
Come si usa:
1) Nel primo grafico in alto, nella X scegliere il rapporto PIL1/PIL2 (supponiamo 4).
2) Ottenere il Coeff_molt sull'asse delle x (nel caso di esempio, 1,3)
3) Nel secondo grafico nella X scegliere il rapporto tra il tasso di incremento del PIL1 (il maggiore dei due) rispetto al PIL2. Attenzione, nella forma 1+t%/100. Dunque, se il t1 è il 3.5%, si deve calcolare 1+0,035=1,035. Se t2 è 8%, si deve calcolare 1,08. Dunque il rapporto è 1,08/1,035=1,04.
4) Calcolare il numero di anni prendendo la Y (nel nostro caso 25) e moltiplicandola per il coeff_molt (25*1,3=32,5 anni)
Saluti
Come si usa:
1) Nel primo grafico in alto, nella X scegliere il rapporto PIL1/PIL2 (supponiamo 4).
2) Ottenere il Coeff_molt sull'asse delle x (nel caso di esempio, 1,3)
3) Nel secondo grafico nella X scegliere il rapporto tra il tasso di incremento del PIL1 (il maggiore dei due) rispetto al PIL2. Attenzione, nella forma 1+t%/100. Dunque, se il t1 è il 3.5%, si deve calcolare 1+0,035=1,035. Se t2 è 8%, si deve calcolare 1,08. Dunque il rapporto è 1,08/1,035=1,04.
4) Calcolare il numero di anni prendendo la Y (nel nostro caso 25) e moltiplicandola per il coeff_molt (25*1,3=32,5 anni)
Saluti
Vincesko
Grazie,
Vanishing. Come vedi, non ci vuole un secolo, ma molto molto meno, a
differenziale costante, perché la Cina raggiunga gli USA.
Nell'ipotesi
che fai, di un rapporto tra i due PIL pari a 4, e di un differenziale di poco
più di 4 punti percentuali, ci vorranno 32,5 anni. Ma in effetti il
differenziale attualmente è pari a oltre 6 punti (+ 10% per la Cina contro il
+3,5% USA), per cui, coeteris paribus,
ci vorranno 17*1,3=22,1 anni.
Vedi
anche che, al netto del coefficiente correttivo (1,3 equivale ad un PIL circa
quadruplo del Paese inseguito rispetto a quello del Paese inseguitore, ma ora
tra USA e Cina è circa triplo), per ogni raddoppio del differenziale, diciamo
così (in effetti della variazione del rapporto tra i due indici), il numero
degli anni si dimezza. Infatti, se il rapporto PIL1/PIL2 è pari a 1,02 ci
vogliono 50 anni, se è pari a 1,04 ne occorrono 25, se è pari a 1,08 ne bastano
12,5.
(20-06-10)
Vanishing 20 Giugno 2010 a
19:33
Mah,
le ultime cifre che ho visto parlavano di 8% per la Cina. Secondo FMI il PIL
USA è 14.264.600 milioni di US$ e quello della Cina 4.401.614 Milioni. Il
rapporto è dunque 3,4, come dici tu (l'esempio che avevo fatto non riguardava
Cina-USA, erano solo numeri comodi per esemplificare il grafico) (BTW, L’UE è a
18.000.000 milioni).
Con i numeri “veri” di cui sopra (o supposti tali), sempre che restino costanti, cosa assai poco probabile e per l’uno e per l’altro - ci vorrebbero 1,2*25 = 30 anni.
Potrebbe essere in molto meno, se le cose vanno male da queste parti, cosa probabile, sempre che l’andare male qui non si tiri dietro pure la Cina (cosa anche questa possibile, ma loro hanno comunque una enorme risorsa di mercato interno).
Nel frattempo la Cina “moderna” raggiungerebbe probabilmente i 5-600 Milioni di abitanti, circa il doppio degli USA. La Cina avrebbe dunque un PIL procapita circa la metà degli USA. Gli resterebbero 600-700 milioni nell’economia informale.
PS. Siamo però OT qui. Ho postato qui solo perché non sapevo dove farlo.
Con i numeri “veri” di cui sopra (o supposti tali), sempre che restino costanti, cosa assai poco probabile e per l’uno e per l’altro - ci vorrebbero 1,2*25 = 30 anni.
Potrebbe essere in molto meno, se le cose vanno male da queste parti, cosa probabile, sempre che l’andare male qui non si tiri dietro pure la Cina (cosa anche questa possibile, ma loro hanno comunque una enorme risorsa di mercato interno).
Nel frattempo la Cina “moderna” raggiungerebbe probabilmente i 5-600 Milioni di abitanti, circa il doppio degli USA. La Cina avrebbe dunque un PIL procapita circa la metà degli USA. Gli resterebbero 600-700 milioni nell’economia informale.
PS. Siamo però OT qui. Ho postato qui solo perché non sapevo dove farlo.
Vincesko 20 Giugno 2010 a 20:08
OK
per l'OT, ma tant'è, concludo. Per la precisione, i tuoi dati del PIL sono
quelli del 2008, nel 2009 si sa che il PIL cinese è aumentato in controtendenza
rispetto alla crisi mondiale e mi pare sia stato corretto recentemente -
nonostante la crisi - da + 8,7% a +10%, quindi i 4.400 sono diventati almeno
4.800.
Son d'accordo che probabilmente ci sarà una decelerazione (degressione) della crescita del PIL cinese. Ne è forse già un prodromo l'accettazione da parte della Cina dell'invito USA a rivalutare lo yuan (vedi anche l'articolo di Scalfari più sotto).
Son d'accordo che probabilmente ci sarà una decelerazione (degressione) della crescita del PIL cinese. Ne è forse già un prodromo l'accettazione da parte della Cina dell'invito USA a rivalutare lo yuan (vedi anche l'articolo di Scalfari più sotto).
Vincesko
Allego l'editoriale di oggi di Eugenio Scalfari, come al solito molto
lucido e di ampio respiro, che risponde anche a chi qui ha avanzato ipotesi –
contrastanti – sulle motivazioni sottostanti della scelta di Marchionne di
trasferire la produzione della Panda dalla Polonia all'Italia. Ma soprattutto
riafferma con forza l'indispensabilità e addirittura
l'inevitabilità di “un piano globale di redistribuzione del reddito da chi più ha
a chi meno ha”. E la sua critica forte alla politica deflattiva dell'Europa ed
in particolare della Germania.
L'EDITORIALE
A Pomigliano comincia l'epoca
dopo Cristo
di Eugenio Scalfari
(…). Il dopo Cristo per l'amministratore delegato della Fiat comincia
evidentemente con la globalizzazione della finanza, delle merci e del lavoro. È
un'epoca che ha accentuato e radicalizzato la legge dei vasi comunicanti.
Le grandezze economiche, come ovviamente per i liquidi, tendono a raggiungere lo stesso livello. Si livellano i rendimenti del capitale, i rapporti tra benessere e povertà, la produttività del lavoro e, naturalmente i salari.
I salari dei Paesi emergenti sono ancora molto bassi; dovranno gradualmente aumentare ma lo faranno lentamente. I livelli dei salari nei paesi opulenti e di antica civiltà industriale sono molto alti, ma tenderanno a diminuire e questo fenomeno avverrà invece con notevole rapidità per consentire alle imprese manifatturiere di vendere le loro merci sui mercati mondiali a prezzi competitivi. (…).
Le grandezze economiche, come ovviamente per i liquidi, tendono a raggiungere lo stesso livello. Si livellano i rendimenti del capitale, i rapporti tra benessere e povertà, la produttività del lavoro e, naturalmente i salari.
I salari dei Paesi emergenti sono ancora molto bassi; dovranno gradualmente aumentare ma lo faranno lentamente. I livelli dei salari nei paesi opulenti e di antica civiltà industriale sono molto alti, ma tenderanno a diminuire e questo fenomeno avverrà invece con notevole rapidità per consentire alle imprese manifatturiere di vendere le loro merci sui mercati mondiali a prezzi competitivi. (…).
Qualche cosa si può e si deve fare. Ma occorre molta lucidità e molto
coraggio. I Paesi opulenti, al loro interno, non sono affatto livellati per
quanto riguarda la diffusione del benessere. Ci sono, nelle zone ricche del
mondo, sacche di povertà impressionanti e diseguaglianze mai verificatesi prima
con questa intensità. Voglio dire che la legge dei vasi comunicanti deve
entrare in funzione dovunque e spetta alla politica rimuovere gli impedimenti
che la bloccano. Perciò i sindacati e le forze di opposizione debbono spostare
l'obiettivo. Le categorie svantaggiate e costrette a rinunciare ad una parte
delle conquiste raggiunte nell'epoca "prima di Cristo" debbono
recuperarle su altri piani e in altre forme nell'epoca del "dopo Cristo".
Debbono cioè impostare un piano globale di redistribuzione del reddito da chi
più ha a chi meno ha. (…).
C'è un filo diretto che lega queste riflessioni suscitate da quanto sta
accadendo a Pomigliano con la politica deflazionistica imboccata dall'Eurozona
sotto la guida della Germania. Questa politica, sulla quale ci siamo
intrattenuti varie volte, arriverà domani all'esame del G8 e del G20
appositamente convocati. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha
lanciato un messaggio ai capi di Stato dell'Eurozona affinché affianchino alla
manovra di stabilizzazione dei rispettivi debiti una politica che sostenga i
redditi e la crescita. Un secondo l'ha lanciato alla Cina affinché proceda ad
una rivalutazione della propria moneta rispetto al dollaro per accrescere le
importazioni e per tale via sostenga la domanda globale.
La Cina ha già risposto positivamente; l'Europa e la Germania finora sembrano voler persistere nella politica di deflazione. Questa posizione è semplicemente insensata.
Dal canto suo il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, ha posto ieri ai paesi dell'Eurozona le seguenti domande: "Il mondo intero è destinato a sprofondare a causa dei problemi dell'Eurozona in una recessione che rischia di essere recidiva? Può la ripresa dei mercati emergenti bilanciare i cali che si verificano altrove? Stiamo finalmente emergendo come i sopravvissuti a un uragano, per valutare l'entità del danno e i bisogni dei nostri vicini? Oppure ci troviamo piuttosto nell'occhio del ciclone?" (La Stampa del 19 scorso).
Non si può esser più chiari di così. E anche qui il tema si risolve attraverso un grande programma di redistribuzione delle risorse tra paesi e tra classi all'interno dei paesi. Non c'è altro mezzo per equilibrare libertà ed eguaglianza, la necessaria crudeltà della libera concorrenza e la coesione sociale che si proponga il bene comune. (…).
La Cina ha già risposto positivamente; l'Europa e la Germania finora sembrano voler persistere nella politica di deflazione. Questa posizione è semplicemente insensata.
Dal canto suo il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, ha posto ieri ai paesi dell'Eurozona le seguenti domande: "Il mondo intero è destinato a sprofondare a causa dei problemi dell'Eurozona in una recessione che rischia di essere recidiva? Può la ripresa dei mercati emergenti bilanciare i cali che si verificano altrove? Stiamo finalmente emergendo come i sopravvissuti a un uragano, per valutare l'entità del danno e i bisogni dei nostri vicini? Oppure ci troviamo piuttosto nell'occhio del ciclone?" (La Stampa del 19 scorso).
Non si può esser più chiari di così. E anche qui il tema si risolve attraverso un grande programma di redistribuzione delle risorse tra paesi e tra classi all'interno dei paesi. Non c'è altro mezzo per equilibrare libertà ed eguaglianza, la necessaria crudeltà della libera concorrenza e la coesione sociale che si proponga il bene comune. (…).
(20-06-10)
Vanishing
Caro
Vincesko, è appunto (appunto per me, ovviamente) un articolo sbagliato,
liberale, che mitizza il mercato e dice cose antistoriche e infondate, e anche
un tantino contraddittorie.
La concorrenza non produce nessun livellamento, ma accentua le differenze. La concorrenza produce oligopoli e monopoli, lo dice fin la dottrina liberista italiana. La globalizzazione ha esasperato le differenze (in termini relativi). I progressi nel terzo mondo che abbiamo avuto in precise e determinate zone sono dovuti all'industrializzazione (conseguenza secondaria della mobilità dei capitali), non ai "vasi comunicanti" che, se non fossero stati bloccati per tempo, li avrebbero di nuovo messi in discussione. Ci si focalizza solo sulla crescita della Cina e la si prende a paradigma di tutto.
L'idea di fare "concorrenza" all'India e alla Cina è semplicemente folle. Che si dicano queste cose in nome di un presunto "pragmatismo" è il colmo dei colmi, è solo un mantra, buono per tutte le occasioni. E non credo affatto che sia quella l'idea di Marchionne (di nuovo, è un imprenditore, mica è matto). Secondo me ha in testa l'Europa. Prevede tempi bui, presuppone un ritorno più o meno velato al protezionismo, e in questi casi è meglio stare a casa propria piuttosto che altrove.
E' probabilmente vero che non si possono fermare certi processi, ma il tempo e il modo in cui avvengono non è indifferente. Il governo della società (e la sua preservazione) è questo. Si tratta proprio di non fare come per i vasi comunicanti, nei quali il livellamento avviene di colpo, con ondate e contro-ondate, con morti e feriti, e con società distrutte. L'idea che si possano mettere in piedi meccanismi compensativi interni non regge la prova del pallottoliere. Paghiamo un operaio italiano quanto uno cinese e gli diamo l'integrazione col prelievo fiscale? Un idea molto realistica. Tanto varrebbe nazionalizzare l'industria, cosa che sarebbe senz'altro più realistica, se non altro.
Bisogna che chi esporta, esporti di meno, e chi importa, importi di meno, altro che vasi comunicanti. E' quello che dicono tutti, è quello che dice Obama, ed è quello che, almeno un po', Obama è appena riuscito ad ottenere dalla Cina. Ed è quello che sta cercando di ottenere dagli USA, che importino di meno, il che significa incentivare il mercato interno, anche lato produzione.
La migrazione non è un fatto in sé né positivo né negativo, dipende da come si esercita, e dalle motivazioni che spingono i migranti. Se sono la miseria, la persecuzione e la disperazione, la migrazione è un fatto negativo, perché distrugge violentemente i legami sociali, le culture, lasciando al loro posto il vuoto, e portando nei paesi di destinazione masse di disperati manovrabili, quando non dalla malavita organizzata, da "imprenditori" locali a fini di dumping sociale.
Consiglio a te e a tutti la lettura (o rilettura, a seconda dei casi) di "La grande trasformazione" di Karl Polany. E' un libro scritto durante la seconda guerra, contro l'utopia del mercato autoregolato (e dell'economia di mercato) e i miti liberali. Si rivaluterà un po' l'odiato mercantilismo.
I fallimenti di queste utopie provocano disastri epocali. Lo hanno già fatto una volta nella storia. Immemori, le si ripropone tal quali, e ci si stupisce che naufraghino di nuovo
La concorrenza non produce nessun livellamento, ma accentua le differenze. La concorrenza produce oligopoli e monopoli, lo dice fin la dottrina liberista italiana. La globalizzazione ha esasperato le differenze (in termini relativi). I progressi nel terzo mondo che abbiamo avuto in precise e determinate zone sono dovuti all'industrializzazione (conseguenza secondaria della mobilità dei capitali), non ai "vasi comunicanti" che, se non fossero stati bloccati per tempo, li avrebbero di nuovo messi in discussione. Ci si focalizza solo sulla crescita della Cina e la si prende a paradigma di tutto.
L'idea di fare "concorrenza" all'India e alla Cina è semplicemente folle. Che si dicano queste cose in nome di un presunto "pragmatismo" è il colmo dei colmi, è solo un mantra, buono per tutte le occasioni. E non credo affatto che sia quella l'idea di Marchionne (di nuovo, è un imprenditore, mica è matto). Secondo me ha in testa l'Europa. Prevede tempi bui, presuppone un ritorno più o meno velato al protezionismo, e in questi casi è meglio stare a casa propria piuttosto che altrove.
E' probabilmente vero che non si possono fermare certi processi, ma il tempo e il modo in cui avvengono non è indifferente. Il governo della società (e la sua preservazione) è questo. Si tratta proprio di non fare come per i vasi comunicanti, nei quali il livellamento avviene di colpo, con ondate e contro-ondate, con morti e feriti, e con società distrutte. L'idea che si possano mettere in piedi meccanismi compensativi interni non regge la prova del pallottoliere. Paghiamo un operaio italiano quanto uno cinese e gli diamo l'integrazione col prelievo fiscale? Un idea molto realistica. Tanto varrebbe nazionalizzare l'industria, cosa che sarebbe senz'altro più realistica, se non altro.
Bisogna che chi esporta, esporti di meno, e chi importa, importi di meno, altro che vasi comunicanti. E' quello che dicono tutti, è quello che dice Obama, ed è quello che, almeno un po', Obama è appena riuscito ad ottenere dalla Cina. Ed è quello che sta cercando di ottenere dagli USA, che importino di meno, il che significa incentivare il mercato interno, anche lato produzione.
La migrazione non è un fatto in sé né positivo né negativo, dipende da come si esercita, e dalle motivazioni che spingono i migranti. Se sono la miseria, la persecuzione e la disperazione, la migrazione è un fatto negativo, perché distrugge violentemente i legami sociali, le culture, lasciando al loro posto il vuoto, e portando nei paesi di destinazione masse di disperati manovrabili, quando non dalla malavita organizzata, da "imprenditori" locali a fini di dumping sociale.
Consiglio a te e a tutti la lettura (o rilettura, a seconda dei casi) di "La grande trasformazione" di Karl Polany. E' un libro scritto durante la seconda guerra, contro l'utopia del mercato autoregolato (e dell'economia di mercato) e i miti liberali. Si rivaluterà un po' l'odiato mercantilismo.
I fallimenti di queste utopie provocano disastri epocali. Lo hanno già fatto una volta nella storia. Immemori, le si ripropone tal quali, e ci si stupisce che naufraghino di nuovo
Vincesko
Caro
Vanishing,
vedo
che quando parli di Scalfari non sei lucido come al solito. Sei recidivo: prima
lo consideri tremontiano, e invece ti ho dimostrato che è addirittura
antitremontiano (come me). Ora gli attribuisci delle affermazioni che non ha
fatto, e addirittura delle colpe che non ha commesso.
Egli
è senz'altro liberale (in politica), ma se è per questo lo sono anch'io,
ancorché io dal '72 voti PCI-PDS-DS e poi PD.
In
economia non è un liberista sfegatato, anzi credo sia un... socialista, partito
per il quale è stato anche parlamentare. Come direttore della Repubblica ha
sempre ospitato i maitre a penser socialisti, ad esempio Giorgio Ruffolo, ai
quali si sentiva che era vicino. Con l'avvento di Craxi, si è spostato ancora più
a sinistra, credo che l'abbia anche scritto che ha votato PDS o DS. Adesso
penso che voti PD.
La
concorrenza non produce nessun livellamento? Ma che dici? E il saggio di
profitto? Anch'io che sono ignorante so che se un settore ha un alto saggio di
profitto e non ci sono barriere all'ingresso attirerà tante di quelle imprese
da provocare alla lunga un aumento dell'offerta ed una conseguente riduzione
dei prezzi-ricavo, dei margini e quindi del saggio di profitto. Anche per i
salari vale la stessa regola.
Scalfari
non dice che si “deve” pagare un operaio
italiano come uno cinese, ma si limita a fotografare la situazione, e dice una
cosa ovvia addirittura, perché già ora si vede la tendenza al livellamento: i
salari cinesi vanno in su e quelli italiani vanno in giù. Non è quello che sta
già succedendo e che successe col Giappone? Vai a leggere l'articolo di Loretta
Napoleoni che ho allegato nel thread sui 3 ministri socialisti.
L'idea
di fare la concorrenza alla Cina e all'India è folle? E' folle dire il contrario.
A meno che, come ventili tu, usciamo dal WTO e chiudiamo le frontiere. Non ne
capisco molto, può essere una scelta, non so però quanto praticabile e
opportuna. Io credo sia impraticabile e dannosa; altra cosa, invece, è limitare
il dumping sociale, stringere le maglie delle importazioni illegali, ottenere
la rivalutazione dello yuan.
Vanishing, leggi più
attentamente, il mantra lo fai tu, non Scalfari, al quale attribuisci
erroneamente una visione salvifica del mercato senza regole. Ma se è socialista
in economia...
Infine,
anche per l'immigrazione, ha detto una cosa ovvia, io la penso come lui, è un
fenomeno incontenibile, che si può solo regolare al meglio. Ma ti chiedo: sei
un “verdastro”, oltre ad essere un “rossastro”?
Vincesko 25-06-10
Il Prof.
Sartori si cimenta in economia e si schiera per la “decrescita serena” di Serge
Latouche.
L’ECONOMIA DI CARTA E I LIMITI
ALLO SVILUPPO
Quei soldi
maledetti
di Giovanni Sartori
25 giugno
2010
Sullo stesso
argomento e su altro.
Di solito,
trovo il compagno Alfredo Reichlin “troppo” intelligente. Come quando, qualche
settimana fa, in un'intervista all'Unità, ha definito Pieluigi Bersani
una brava persona, ma non un granché come segretario.
Trovo,
invece, questo suo articolo che allego del tutto condivisibile. Anch'esso
evidenzia un'esigenza che è mia da tempo: quella “riformistica” di un'alleanza
tra i produttori, che deve andare di pari passo con un'azione collettiva, volta
a contrastare la pretesa egoistica ed inaccettabile di un pugno di miliardari e
milionari di anteporre ed imporre il loro interesse a quello di miliardi di
altri uomini e donne. E per far questo impongono ai governi assenza di regole
stringenti, comprano o riescono ad ottenere il consenso dei ceti abbienti ma
anche di quelli poveri, si avvalgono dell'opera, ben retribuita, di intellettuali,
economisti e giornalisti, e di “utili amici” come Marchionne.
Analisi
Il dominio
dell’economia di carta sulle persone che producono
di Alfredo Reichlin
24 giugno 2010
http://www.unita.it/news/analisi/100339/il_dominio_delleconomia_di_carta_sulle_persone_che_producono
Vincesko 01-07-10
Mentre i
leader europei discutono, il presidente USA “espugna” Wall Street.
Usa, Obama esulta:
varata la riforma di Wall Street
01 luglio 2010
(…). La riforma di Wall Street
è «la maggiore dalla Grande Depressione» ha detto il presidente Barack Obama
poche ore fa.
«proteggerà l'economia dall'impudenza e dall'irresponsabilità di pochi e tutelerà i consumatori». «È una vittoria per tutti gli americani» che hanno subito le conseguenze «dell'irresponsabilità e dell'impudenza» delle banche che si è tradotta nella perdita di milioni di posti di lavoro.
«proteggerà l'economia dall'impudenza e dall'irresponsabilità di pochi e tutelerà i consumatori». «È una vittoria per tutti gli americani» che hanno subito le conseguenze «dell'irresponsabilità e dell'impudenza» delle banche che si è tradotta nella perdita di milioni di posti di lavoro.
[Purtroppo,
non ho salvato il commento di Vanishing]
Vincesko 16-07-10
'Post'
interessante. Sorge spontanea una domanda: stamane a Radio3, anche Loretta
Napoleoni ha affermato che bisognerebbe ripensarci sulla mondializzazione
dell'economia. Ma secondo te è un'ipotesi realizzabile concretamente? E come? E
con quali vantaggi/svantaggi (tra questi ultimi, un aumento dell'inflazione)?
P.S.: il
link sulla "discussione datata i primi del '900 da parte di Thorstein
Veblen" non funziona.
Vincesko
Comunicato
stampa
Crisi:
CGIL, a giugno 660mila in cig, da gennaio -2,4 mld in busta paga
Con
cassintegrati e inattivi tasso di disoccupazione sale a 12,1%
17/07/2010|
Crisi
Link
Rapporto CIG Giugno 2010
http://host.ufficiostampa.CGIL.it//Documenti//private/CGIL_OsservatorioCIG_RapportoGiugno2010.pdf
http://host.ufficiostampa.CGIL.it//Documenti//private/CGIL_OsservatorioCIG_RapportoGiugno2010.pdf
Link
Rapporto Occupati e Cassintegrati Giugno 2010
http://host.ufficiostampa.CGIL.it//Documenti//private/CGIL_OsservatorioCIG_RapportoOccupatiCassintegratiGiugno2010.pdf
http://host.ufficiostampa.CGIL.it//Documenti//private/CGIL_OsservatorioCIG_RapportoOccupatiCassintegratiGiugno2010.pdf
Vincesko 25-07-10
Allego
l'editoriale di oggi di Eugenio Scalfari, come al solito intelligente e di
ampio respiro, che continua quello che ho già allegato qui il 20 giugno sui
“vasi comunicanti” (“A Pomigliano comincia l'epoca dopo Cristo”).
Ho
evidenziato i passi in cui riparla del caso Pomigliano come “apripista” (in un
mio 'post' precedente, ho citato il referendum sulla scala mobile, cui
attribuii una funzione analoga, perciò votai a favore dell'abrogazione), ed, in
conclusione, quando egli riafferma (come aveva fatto nell'editoriale precedente
parlando dell'indispensabilità di “un piano globale di redistribuzione del
reddito da chi più ha a chi meno ha”) che “Questa delle ingiustizie
sociali da combattere è la madre delle riforme”. E su questo interpella
le opposizioni ed in particolare Pierluigi Bersani.
Su
quest'ultima proposta di Scalfari sono d'accordissimo, visto che anch'io l'ho
prospettata più volte. Per quest'ultimo punto, io credo possa costituire un
utile stimolo, “da sinistra”, la pressione oggettivamente esercitata dalla
candidatura di Nichi Vendola.
P.S.:
Ho
dovuto 'postare' qui questo articolo per una continuità di discorso, anche se
il suo luogo più adatto sarebbe stato il thread
"La portata della crisi economica". Altri 'post' complementari sono
nelle discussioni "Le 10 domande di Open Democracy al centrosinistra"
e "I tre Ministri, sedicenti socialisti, Tremonti, Brunetta e Sacconi”.
La vera storia
del caso Marchionne
di Eugenio Scalfari
25
luglio 2010
(…). Fin qui abbiamo considerato la
questione Fiat misurandola su tre dimensioni successive: Pomigliano, Lingotto,
scorporo dell'auto. Ma c'è una quarta dimensione ancora più importante e ancora
più globale. Ne scrissi due mesi fa e non l'ho chiamata
"provocazione" ma "apripista". Il caso Pomigliano cioè,
e ciò che ne sta seguendo, funziona da caso "apripista" per
un'infinità di operazioni analoghe che possono coinvolgere l'intero apparato
industriale italiano, soprattutto quello delle imprese medio-piccole e piccole,
quelle che occupano tra i 300 e i 20 dipendenti e che rappresentano il vero ed
unico tessuto industriale italiano soprattutto nel nord della Lombardia, nel
Triveneto, nell'Emilia-Romagna, nelle Marche, in Puglia, in Campania, nel
Lazio. (…).
Andiamo dunque verso un rapido
azzeramento delle conquiste sindacali e dell'economia sociale di mercato degli
anni Sessanta fino all'inizio di questo secolo?
Io temo di sì. Temo che la direzione di marcia sia proprio quella ed ho cercato di definirla parlando della legge chimico-fisica dei vasi comunicanti. In ogni sistema globalmente comunicante il liquido tende a disporsi in tutti i punti del sistema allo stesso livello, obbedendo all'azione della pressione atmosferica. In un'economia globale questo meccanismo funziona per tutte le grandezze economiche e sociali: il tasso di interesse, il tasso di efficienza degli investimenti, il prezzo delle merci, le condizioni di lavoro.
Tutte queste grandezze tendono allo stesso livello, il che significa che i paesi opulenti dovranno perdere una parte della loro opulenza mentre i paesi emergenti tenderanno a migliorare il proprio standard di benessere. La prima tendenza sarà più rapida della seconda. Al termine del processo il livello di benessere risulterà il medesimo in tutte le parti, fatte salve le imperfezioni concrete rispetto al modello teorico. La Fiat ha fatto da apripista. Marchionne disse all'inizio di questa vicenda che lui ragionava e operava nell'epoca "dopo Cristo" e non in quella "ante Cristo". Purtroppo il "dopo Cristo" è appena cominciato.
C'è un modo per compensare la perdita di benessere che il "dopo Cristo" comporta per i ceti deboli che abitano paesi opulenti? Certo che sì, un modo c'è ed è il seguente: far funzionare il sistema dei vasi comunicanti non solo tra paese e paese, ma anche all'interno dei singoli paesi. L'Italia è certamente un paese ricco. Anzi fa parte dei paesi opulenti del mondo, che sono in prevalenza in America del nord e nella vecchia Europa. Ma l'Italia è anche un paese dove esistono sacche di povertà evidenti (e non soltanto nel Sud) e dislivelli intollerabili nella scala dei redditi e dei patrimoni individuali.
Tra l'Italia dei ceti benestanti e quella dei ceti poveri e miserabili il sistema dei vasi comunicanti è bloccato, non funziona. Il benessere prodotto non viene redistribuito, rifluisce su se stesso e alimenta il circuito perverso e regressivo dell'arricchimento dei più ricchi e dell'impoverimento dei poveri. Una politica che volesse perseguire il bene comune dovrebbe dunque smantellare il circuito perverso e far funzionare il circuito virtuoso. Attraverso una riforma fiscale che sbloccasse il meccanismo e redistribuisse il benessere. E poiché la mente e lo stomaco dei ceti poveri e medi reclamano un meccanismo meno iniquo dell'attuale, la riforma del fisco può e deve essere anticipata da misure specifiche di pronta attuazione, stabilite dalla concertazione tra governo e parti sociali che funzionò egregiamente tra il 1993 e il 2006, finché fu abolita con un tratto di penna all'inizio di questa legislatura.
Le opposizioni dovrebbero a mio avviso concentrarsi su questo programma. Bersani ne ha parlato recentemente, ma le opposizioni dovrebbero convergere su un programma concreto con questo orientamento per uscire da una situazione caratterizzata da vergognosi privilegi e diseguaglianze. Si parla molto di riforme. Questa delle ingiustizie sociali da combattere è la madre delle riforme. Perciò mi domando: che cosa aspettate? Che la casa vi crolli addosso?
Io temo di sì. Temo che la direzione di marcia sia proprio quella ed ho cercato di definirla parlando della legge chimico-fisica dei vasi comunicanti. In ogni sistema globalmente comunicante il liquido tende a disporsi in tutti i punti del sistema allo stesso livello, obbedendo all'azione della pressione atmosferica. In un'economia globale questo meccanismo funziona per tutte le grandezze economiche e sociali: il tasso di interesse, il tasso di efficienza degli investimenti, il prezzo delle merci, le condizioni di lavoro.
Tutte queste grandezze tendono allo stesso livello, il che significa che i paesi opulenti dovranno perdere una parte della loro opulenza mentre i paesi emergenti tenderanno a migliorare il proprio standard di benessere. La prima tendenza sarà più rapida della seconda. Al termine del processo il livello di benessere risulterà il medesimo in tutte le parti, fatte salve le imperfezioni concrete rispetto al modello teorico. La Fiat ha fatto da apripista. Marchionne disse all'inizio di questa vicenda che lui ragionava e operava nell'epoca "dopo Cristo" e non in quella "ante Cristo". Purtroppo il "dopo Cristo" è appena cominciato.
C'è un modo per compensare la perdita di benessere che il "dopo Cristo" comporta per i ceti deboli che abitano paesi opulenti? Certo che sì, un modo c'è ed è il seguente: far funzionare il sistema dei vasi comunicanti non solo tra paese e paese, ma anche all'interno dei singoli paesi. L'Italia è certamente un paese ricco. Anzi fa parte dei paesi opulenti del mondo, che sono in prevalenza in America del nord e nella vecchia Europa. Ma l'Italia è anche un paese dove esistono sacche di povertà evidenti (e non soltanto nel Sud) e dislivelli intollerabili nella scala dei redditi e dei patrimoni individuali.
Tra l'Italia dei ceti benestanti e quella dei ceti poveri e miserabili il sistema dei vasi comunicanti è bloccato, non funziona. Il benessere prodotto non viene redistribuito, rifluisce su se stesso e alimenta il circuito perverso e regressivo dell'arricchimento dei più ricchi e dell'impoverimento dei poveri. Una politica che volesse perseguire il bene comune dovrebbe dunque smantellare il circuito perverso e far funzionare il circuito virtuoso. Attraverso una riforma fiscale che sbloccasse il meccanismo e redistribuisse il benessere. E poiché la mente e lo stomaco dei ceti poveri e medi reclamano un meccanismo meno iniquo dell'attuale, la riforma del fisco può e deve essere anticipata da misure specifiche di pronta attuazione, stabilite dalla concertazione tra governo e parti sociali che funzionò egregiamente tra il 1993 e il 2006, finché fu abolita con un tratto di penna all'inizio di questa legislatura.
Le opposizioni dovrebbero a mio avviso concentrarsi su questo programma. Bersani ne ha parlato recentemente, ma le opposizioni dovrebbero convergere su un programma concreto con questo orientamento per uscire da una situazione caratterizzata da vergognosi privilegi e diseguaglianze. Si parla molto di riforme. Questa delle ingiustizie sociali da combattere è la madre delle riforme. Perciò mi domando: che cosa aspettate? Che la casa vi crolli addosso?
Vincesko 30-07-10
Allego anche qui l'editoriale di domenica 25.7 di
Eugenio Scalfari, che ho già riportato nel thread “Che ne pensiamo della
CGIL?”, che continua quello del 20 giugno sui “vasi comunicanti” (“A Pomigliano
comincia l'epoca dopo Cristo”) ed in cui riparla del caso Pomigliano come
“apripista” ed, in conclusione, riafferma (come aveva fatto nell'editoriale
precedente parlando dell'indispensabilità di “un piano globale di
redistribuzione del reddito da chi più ha a chi meno ha”) che “Questa
delle ingiustizie sociali da combattere è la madre delle riforme”.
Lo faccio sia perché è pertinente qui, sia perché si
lega molto bene con l'analisi che fa Massimo Mucchetti sul Corriere,
sulla quale richiamo l'attenzione di tutti, poiché parla anch'egli della Fiat,
ed affronta con parole nette e franche uno dei problemi cruciali cui siamo di
fronte – gli effetti negativi della globalizzazione – ed i modi alternativi,
addirittura opposti, in cui affrontarli: se privilegiando gli interessi miopi
ed egoistici, dannosi in prospettiva futura, di una sparuta minoranza (“le
elite finanziarie”) oppure difendendo “l'economia sociale di mercato
dell'Europa”.
E' una questione cruciale che, lo sostiene con forza
anche Vendola nel suo intervento recente (vedi l'altro thread),
interpella in primo luogo tutto il centrosinistra.
L' analisi
Aiuti di Stato, il confine beffa
Massimo Mucchetti
29 luglio 2010
Vincesko 04-08-10
Primo spunto di riflessione. Cito questo passo dell'articolo di Tito Boeri Il
ministro del Lavoro [Sacconi],
oltre ad annunciare ripetutamente e costantemente di rinviare la presentazione
dei suoi piani per il lavoro, continua a sostenere che il nostro sistema di
relazioni industriali funziona bene, anzi benissimo. A riprova di questa
affermazione ama citare il basso numero di ore di sciopero in Italia durante la
grande recessione. per evidenziare l'atteggiamento tipico del
ministro Sacconi (e di Tremonti e degli altri ministri di questo governo di
destra), di estrapolare un dato e piegarlo “irrazionalmente” e pervicacemente a
dimostrare la giustezza delle proprie opinioni ed azioni, sia per
autoconvincersi, sia a fini di disinformazione.
Analogamente si è comportato
Giulio Tremonti (ma lo fa abitualmente) quando da Bruxelles ha inferito la
bontà della sua manovra correttiva dall'assenza delle manifestazioni di
protesta.
Altro spunto di riflessione è
proprio l'assenza di manifestazioni di protesta forte (basti pensare a quello
che è successo in Grecia) contro una manovra correttiva, vera macelleria
sociale, la più crudelmente iniqua di tutta la storia repubblicana. Ieri sera
tardi, su Rainews, ho visto un servizio sul '68: che differenza! Ma, per la
miseria!, erano i giovani a porsi alla testa della protesta, e poi i sindacati.
Oggi, purtroppo, sia gli uni che gli altri latitano, sono assenti e passivi e
talora addirittura complici.
[Purtroppo,
non ho salvato il commento di Vanishing]
Vincesko
05-08-10
Mi ripeto perché ti ripeti
(cfr. thread sulla CGIL): 1) tu sei
prevenuto nei riguardi di Scalfari e gli attribuisci cose ch'egli non ha
sostenuto; 2) la tua vasta cultura è un handicap,
ti fa da velo, e sciorini la tua sapienza economica, ma non riesci a fare 2+2,
nel senso che come i computer prendi tutte le affermazioni alla lettera. Perché
non voglio fare l'esegeta delle tesi di Scalfari, ma per "vasi
comunicanti" e "livellamento" credo intenda solo la direzione
tendenziale delle variabili economiche, che mi sembra addirittura
un'affermazione ovvia, quasi banale. Mi
chiedo poi dove egli abbia sostenuto di "fare concorrenza alla Cina”, nel
senso che gli attribuisci tu.
Ti rifaccio la domanda, visto
che non mi hai ancora risposto: Loretta Napoleoni dice che bisogna ripensare la
decisione della globalizzazione dell'economia, che favorisce solo la Cina (e,
aggiungo io, i più ricchi); secondo te, in sintesi, è possibile? e quali
sarebbero le conseguenze?
Vanishing
I miei "pregiudizi" su Scalfari si basano sulla lettura (oggi
assai diradata) delle sue cose da 40 anni a questa parte, e sulla valutazione
dei disastri che ha combinato alla sinistra italiana (sinistra per me è tutto
il centro sinistra). Quindi più che di "pregiudizi" si tratta di
"postgiudizi". Sulle sue analisi sulla "concorrenza alla
Cina" se spulci questo thread trovi il punto esatto.
Vorrei chiederti io una cosa: riesci una buona volta ad evitare personalismi, o è un fatto compulsivo?
Vedo che sei molto interessato alla mia persona, interesse che però non condivido. Sono in compagnia di me stesso da moltissimi anni e occuparmi di me mi fa sbadigliare.
Quanto alla Napoleoni, e alla globalizzazione credo anche io (buon ultimo tra tanti, ivi comprese organizzazioni politiche internazionali come Attac) che debba essere rivista. In parte è già stata rivista perché le politiche FMI e Banca Mondiale sono cambiate dai tempi delle "shock therapy" (grazie anche alle critiche di Stiglitz e anche di Attac). Non è sufficiente. Ho postato cose in proposito di Maurice Allais, che fa le sue proposte. Lì sembra però ignorare che l'Europa a 27 è un mercato chiuso.
Le questioni che sollevi non si risolvono nel giro di una pagina, e non senza il concorso di esperti (io non lo sono, nonostante quel che mi attribuisci). Ritengo che si debba evitare come la peste il protezionismo, ma quello vero, quello che è stato adottato per anni chiamandolo "free trade". Non quello che alcuni oggi chiamano protezionismo, e che consiste semplicemente nell'evitare che il "libero mercato" faccia i suoi (consueti) disastri.
Ad esempio, non è protezionismo far pagare la dogana ai "semilavorati" provenienti dalle delocalizzazioni, trattandole cioè come si trattano le industrie del posto di provenienza (impedendo alle delocalizzazioni di fare "concorrenza sleale" alle imprese locali, o semplicemente di taglieggiarle).
Se la "concorrenza della Cina" sia causa o concausa dei problemi di occupazione in occidente è questione aperta. Krugman ha recentemente (un anno fa?) cambiato un po' la sua posizione. Dopo avere sostenuto fin dal 1994 che non era vero, ha detto che sospettava che cominciasse ad essere vero, ma che la mancanza di dati disaggregati gli impediva di fare una verifica conclusiva.
In ogni caso, come i grafici esibiti da Allais mostrano (ma ce ne sono altri che condividono con questi lo stesso "ginocchio" nel 1975), i nostri problemi cominciano assai prima della conversione della Cina al capitalismo. Penso voglia dire più di qualcosa
Vorrei chiederti io una cosa: riesci una buona volta ad evitare personalismi, o è un fatto compulsivo?
Vedo che sei molto interessato alla mia persona, interesse che però non condivido. Sono in compagnia di me stesso da moltissimi anni e occuparmi di me mi fa sbadigliare.
Quanto alla Napoleoni, e alla globalizzazione credo anche io (buon ultimo tra tanti, ivi comprese organizzazioni politiche internazionali come Attac) che debba essere rivista. In parte è già stata rivista perché le politiche FMI e Banca Mondiale sono cambiate dai tempi delle "shock therapy" (grazie anche alle critiche di Stiglitz e anche di Attac). Non è sufficiente. Ho postato cose in proposito di Maurice Allais, che fa le sue proposte. Lì sembra però ignorare che l'Europa a 27 è un mercato chiuso.
Le questioni che sollevi non si risolvono nel giro di una pagina, e non senza il concorso di esperti (io non lo sono, nonostante quel che mi attribuisci). Ritengo che si debba evitare come la peste il protezionismo, ma quello vero, quello che è stato adottato per anni chiamandolo "free trade". Non quello che alcuni oggi chiamano protezionismo, e che consiste semplicemente nell'evitare che il "libero mercato" faccia i suoi (consueti) disastri.
Ad esempio, non è protezionismo far pagare la dogana ai "semilavorati" provenienti dalle delocalizzazioni, trattandole cioè come si trattano le industrie del posto di provenienza (impedendo alle delocalizzazioni di fare "concorrenza sleale" alle imprese locali, o semplicemente di taglieggiarle).
Se la "concorrenza della Cina" sia causa o concausa dei problemi di occupazione in occidente è questione aperta. Krugman ha recentemente (un anno fa?) cambiato un po' la sua posizione. Dopo avere sostenuto fin dal 1994 che non era vero, ha detto che sospettava che cominciasse ad essere vero, ma che la mancanza di dati disaggregati gli impediva di fare una verifica conclusiva.
In ogni caso, come i grafici esibiti da Allais mostrano (ma ce ne sono altri che condividono con questi lo stesso "ginocchio" nel 1975), i nostri problemi cominciano assai prima della conversione della Cina al capitalismo. Penso voglia dire più di qualcosa
Vincesko 06-08-10
Sì, è un fatto “compulsivo”, o meglio automatico, non
è un interesse per la tua persona, succede con tutti, quando sento
un'affermazione incongrua. Ne cerco sempre la motivazione “sottostante”. Come
nel caso di Scalfari, ch'io reputo persona intelligente e colta e che leggo dal
1970 (40 anni), quando era direttore de L'Espresso formato lenzuolo, te
lo ricordi?
Non imbrogliare, che il tuo sia un pregiudizio (Devoto-Oli:
pregiudizio = opinione preconcetta, capace di fare assumere atteggiamenti
ingiusti, spec. nell'ambito dei giudizi e dei rapporti sociali) l'hai
dimostrato ampiamente; hai giudicato Scalfari addirittura più stupido di
Tremonti, il che è proprio il massimo...; e
lo dimostra, da ultimo,
quest'ultima tua affermazione davvero incongrua dei “disastri che ha
combinato alla sinistra italiana”: che
esagerato... ma vaneggi, Vanishing?
Qui c'è già Domenico, e qualche altro (che vive all'estero). Naturalmente
scherzo, perché quando leggo queste tue affermazioni incongrue e preconcette,
un po' m'arrabbio, perché stimando io Scalfari intelligente e colto, mi fai
venire il dubbio ch'io sia rimbambito già da una quarantina d'anni, ma molto mi
diverto, e mi sganascio dal ridere al solo pensiero di scriverti quello che ti
sto ora scrivendo. Ma la tua è invidia? Che t'ha combinato Scalfari?
Raccontaci.
Non imbrogliare, quell'affermazione che hai attribuito
a Scalfari l'ho cercata, non c'è. Ed anche se ci fosse, è il tuo pregiudizio
che te la fa travisare. Torno a dire: affermare che i salari, con la
globalizzazione, tendono a livellarsi è un'ovvietà. Che poi ci mettano, per
effetto – diciamo così - della “vischiosità” dei mercati, 10 o 15 o 20 anni,
questo chi lo può dire. Per quanto riguarda poi la “concorrenza alla Cina”, leggevo
proprio ieri in un articolo linkato credo da Paolo (in cui si parlava della
Volkswagen che sta aprendo il nono stabilimento in Cina) che mentre la Germania
ha la fortuna di essere complementare alla Cina, l'Italia no. Ti informo che
siamo già in concorrenza con la Cina, ma certamente non è e non può essere per
i prossimi 15-20 anni (vedi sopra) una competizione basata sulla leadership di costo, ma dovrà puntare
sulla differenziazione e sulla specializzazione/focalizzazione.
Marchionne ha optato per la Serbia per lo stesso
motivo per cui ha preso la Crysler: sborsa quasi niente, per cui non intende
rinunciarvi. Scelta miope, sostiene Massimo Riva http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ma-io-dico-marchionne-sbaglia/2131641
miope proprio perché è in prospettiva una strategia
perdente.
Il peso della voce “lavoro” di un'industria
automobilistica ormai è basso, per effetto dell'esternalizzazione di buona
parte del processo produttivo. Se è
ancora come qualche anno fa, la FIAT produce all'interno solo il 20% di un'autovettura, il residuo 80% lo compra all'esterno.
Condivido, invece, quel che tu dici sulle contromisure
da adottare contro le produzioni delocalizzate (come, in altro ambito, sulla
legge sul regime dei suoli): entrambe le questioni meriterebbero un impegno
fattivo da parte del PD e dell'intero centrosinistra.
Infine, l'obiettivo indicato da Scalfari di far
funzionare anche all'interno i vasi comunicanti, che cos'è se non l'affermazione
del principio socialista della giustizia sociale. Esso dovrebbe costituire la
principale preoccupazione di un partito riformista. Ieri, in un altro thread, ho indicato la necessità di una
severa legge contro l'evasione fiscale (“manette agli evasori”), perché solo
una seria legislazione repressiva, applicata per almeno 10 anni, può costituire
un efficace deterrente ed innescare poi un aumento del livello di “tax morale”
che contraddistingue i Paesi fiscalmente virtuosi.
[1] La globalizzazione non è un gioco equo
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2760049.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/la-globalizzazione-non-e-un-gioco-equo.html
[2]
Relazione di Maximilian Fuchs presentata alle Giornate di studio
dell’Associazione Italiana di Diritto del Lavoro e della Sicurezza Sociale,
16/17 maggio 2013
[3]
Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2747515.html
oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/il-lavoro-sporco-del-governo-berlusconi.html
[4]
Lettera-commento all’editoriale di Ezio Mauro
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2761918.html
oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/lettera-commento-alleditoriale-di-ezio.html
Post collegati:
Dialogo sulla crisi economica, i PIL che si inseguono ed altro - Appendice
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2783672.html oppure
Dialogo sulla crisi economica, i PIL che si inseguono ed altro - Appendice
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2783672.html oppure
Trasformazione epocale da governare al meglio
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753469.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/trasformazione-epocale-da-governare-al.html
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753469.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/trasformazione-epocale-da-governare-al.html
Il pendolo del potere economico mondiale e lo
‘stigma’ di Marchionne e Landini
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2759924.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/il-pendolo-del-potere-economico.html
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2759924.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/il-pendolo-del-potere-economico.html
Promemoria delle misure anti-crisi
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2761788.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/promemoria-delle-misure-anti-crisi.html
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2761788.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/promemoria-delle-misure-anti-crisi.html
Lettera al Prof. Mario Deaglio dopo un suo
articolo su Tremonti, la sua risposta e la mia replica
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2555107.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/lettera-al-prof-mario-deaglio-dopo-un.html
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2555107.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/lettera-al-prof-mario-deaglio-dopo-un.html
Il Sig. GiulioT. ed il principio di Peter/8/Lettera
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2607816.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/03/il-sig-giulio-t-ed-il-principio-di_76.html
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Lettera al Ministro Maurizio Sacconi
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