A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000
visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi
pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di
5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 332 del
08-06-13 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Dialogo sul liberismo, il
liberalismo, le banche, la speculazione, il comunismo ed altro
Riporto
una discussione tra Vanishing e me svoltasi nel 2010 nel forum del “Circolo
PD-Obama” (ormai chiuso), nel thread “Le 10 domande di Open Democracy al
centrosinistra”.
http://pdobama.ning.com/xn/detail/2003916:Comment:164661
Vincesko
Trovo
questa discussione – al netto di una certa astrattezza - molto interessante e
vi faccio anche i miei complimenti, ma vorrei fare alcune osservazioni.
In
italiano, liberismo è sinonimo di liberalismo economico, mentre liberalismo
si usa nell'accezione politica.
Né
la finanza né la speculazione vanno demonizzate.
Anche
la finanza è una forma di produzione: nel tempo.
Anche
la speculazione – lo si percepisce intuitivamente – ha la funzione di
accrescere l'efficienza del sistema economico-finanziario.
Liberismo e liberalismo
Sebbene
per entrambi si usi spesso l'aggettivo liberale, nella lingua italiana c'è
differenza tra liberismo e liberalismo:
mentre il primo è una dottrina economica
che teorizza il disimpegno dello stato
dall'economia (perciò un'economia liberista è un'economia di mercato
solo temperata da interventi esterni), il secondo è un'ideologia politica
che sostiene l'esistenza di diritti fondamentali e inviolabili facenti capo
all'individuo e l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (eguaglianza
formale).
Nella
lingua inglese i
due concetti tendono a sovrapporsi nell'unico termine liberalism.[senza fonte] Nella tradizione politica degli Stati Uniti,
il termine liberal indica un liberalismo progressista molto attento alle
questioni sociali, ma nel contempo geloso custode del rispetto dei diritti
individuali[1].
Secondo alcuni, i liberal americani sono l'equivalente dei socialdemocratici
europei, o, secondo un'accezione diffusa, dei liberali sociali.
Alcuni
danno come analogo inglese di liberismo il termine free trade (libero commercio). Un
termine francese
spesso usato in modo equivalente è laissez faire
("lasciate fare"). (Wikipedia).
Liberalismo e liberismo
La
lingua italiana pone una distinzione tra liberalismo e liberismo: mentre
il primo è una teorizzazione politica, il secondo è una dottrina economica che
teorizza il disimpegno dello Stato dall'economia: perciò un'economia liberista
pura è un'economia di
mercato non temperata da interventi esterni.
La
lingua francese parla di libéralisme politique e libéralisme économique
(quest'ultimo chiamato anche laissez-faire, lett. lasciate fare), lo spagnolo
di liberalismo social e liberalismo económico. La lingua inglese parla di free
trade (libero commercio) ma usa il termine liberalism anche per riferirsi al
liberismo economico. Neo-liberalism (in italiano neoliberismo) è il
termine usato dagli opponenti del liberismo per indicare la politica sostenuta
da Margaret
Thatcher e Ronald Reagan.
Sebbene i neoliberisti si proclamino talvolta i veri eredi del liberalismo
classico molti hanno contestato questa pretesa e ritengono che i neoliberisti
possano piuttosto essere collocati tra i conservatori (al Partito
Conservatore inglese apparteneva infatti la Thatcher).
La
formulazione della dottrina liberista si deve ad Adam Smith e al suo
saggio La Ricchezza
delle Nazioni.(...). (Wikipedia).
Liberismo e liberalismo
Civiltà del liberismo
Liberismo e liberalismo
Speculazione
(Wikipedia)
Vanishing
Caro B., grazie di essere intervenuto e di avere portato il
tuo contributo.
I temi che stiamo trattando richiedono un certo grado di “astrattezza” perché sono temi molto generali. L'importante è scendere nello specifico quando serva, ma le cose che discutiamo hanno implicazioni molto concrete.
Veniamo alla speculazione.
Che la speculazione accresca l'efficienza del sistema economico-finanziario, è anch'esso un mantra tutt'altro che “percepibile intuitivamente”. Ritieni che un'affermazione del genere, oggi come oggi, trovi diretti riscontri empirici?
Un'affermazione così impegnativa meriterebbe inoltre non dico una dimostrazione, ma almeno un'argomentazione.
E cos'è “l'efficienza del sistema economico-finanziario”. Efficienza nel fare cosa?
Secondo i libri di testo, il sistema finanziario è colui che mobilizza la ricchezza accumulata assegnandola a compiti produttivi. Ora si da il fatto che il sistema finanziario che esiste effettivamente faccia questo per meno dell'1% del suo volume, e per il restante più del 99% faccia cose che mettono allegramente in discussione la sua funzione di sostegno al sistema produttivo (a proposito di “efficienza”). Servono “prove” di quanto sto dicendo? O non è forse esattamente quel che è recentemente avvenuto (ed è ancora in corso: parla con gli imprenditori e fatti raccontare quante difficoltà abbiano nel farsi finanziare non “investimenti rischiosi”, ma la normale necessità di cassa per il fisiologico ritardo ricavi-costi). Non solo è avvenuto, ma è avvenuto per l'ennesima volta.
Il paradigma con il quale la speculazione finanziaria si autogiustifica – c'è sempre qualcuno disposto ad elaborare teorie per compiacere il Re e giustificarne i comportamenti - è il seguente.
Ci sono attività il cui rischio non è misurabile, e pertanto non sono assicurabili (non sapresti come calcolare il premio). Queste sono l'oggetto della speculazione finanziaria, secondo alcuni della finanza tout court. Hanno ragione – involontariamente – questi “alcuni”, perché non s'è mai vista una finanza non speculativa, ad eccezione di quella messa in piedi da Yunus, ma oggi anche nel microcredito si sono inserite banche e istituzioni finanziarie che praticano tassi da strozzinaggio (Vedi NY Times http://www.nytimes.com/2010/04/14/world/14microfinance.html) col rischio di bolle.
Ma se un rischio non è misurabile, perché la finanza poi lo misura, valorizzandolo e vendendolo? Come mai le banche classificano per i propri clienti-risparmiatori gli investimenti (finanziari) in basso, medio, alto rischio se per definizione gli investimenti finanziari sono coloro i quali non sono misurabili? Come mai tutte le teorie finanziarie sulle quali si basa la speculazione (gravemente deficitarie sotto il profilo scientifico, nonostante i Nobel, si veda il rapporto Dahlem, “La crisi finanziaria e il fallimento sistemico dell'Economia Accademica” http://documentazione.altervista.org/dahlem_report.htm), come mai dunque queste finiscono poi per misurarlo, almeno implicitamente, questo rischio?
E come mai accade che un'assicurazione sulla vita (un rischio misurabile), stipulata presso una compagnia di assicurazioni, abbia di fatto come “sottostante” una scommessa (altro nome per speculazione) sul mercato finanziario, come se fosse un rischio invece non misurabile, secondo la quale invece se il non misurabile rischio del fallimento della Lehman Brothers si avvera, l'assicurato perde il diritto alla rendita in caso di morte (E' successo, non è un caso di scuola, è un caso reale tra mille)?
Questo è quanto avvenuto e quanto correntemente avviene, e questa è la finanza del mondo dei fenomeni, anche se non del mondo formale dei libri di testo e delle teorie ad usum delphini (sgangherate e prive di consistenza).
La verità è che la finanza, o la speculazione, si è allegramente allargata anche a rischi perfettamente misurabili, che potrebbero essere coperti da assicurazioni e mutue. Ma queste ultime hanno un grande svantaggio: sono trasparenti e facilmente controllabili, e non si prestano alla realizzazione di grandi profitti (ad esclusione forse delle assicurazioni sanitarie, quelle che negli USA alimentano quella schiera di quelli che James Kenneth Galbraith chiama “costosi parassiti”, e che fanno di quello USA il peggiore e più costoso sistema sanitario del mondo).
Non si pensi neanche che questa situazione della “finanza” sia una “distorsione” recente. La finanza (quella fenomenica, non quella formale dei libri di testo e delle definizioni di comodo) è sempre stata quel che è oggi: nessun nesso, se non pretestuoso, con la cosiddetta “economia reale”. Questo nesso ha un solo scopo: poter incantare i gonzi per farli entrare nella catena di Sant'Antonio (Paul Krugman: I profitti e il peso problem).
Cito qui l'incipit:
“Recentemente ho avanzato un'ipotesi (certo non originale) e cioè che la stabilità delle banche dal 1935 fino più o meno al 1980 avesse moltissimo a che fare con la mancanza di concorrenza, che offriva alle banche un valore d'esclusiva che i vertici non volevano mettere in pericolo con strategie rischiose. … Questo, a mio parere, è quello che ha fatto per molto tempo il settore finanziario: prendere soldi in prestito emettendo asset teoricamente sicuri, poi investire i proventi in asset che in realtà non rendevano molto ma in apparenza sì. Se vi ricorda le piramidi finanziarie è perché ci assomiglia molto. Come ha evidenziato Robert J. Shiller nel suo libro Euforia irrazionale, una bolla, in realtà, è una piramide finanziaria che si crea spontaneamente, senza bisogno di un deliberato atto di frode ma con lo stesso effetto.
E senza riforme serie, tornerà a succedere. ”
Questo a proposito dei sempre benefici effetti della concorrenza ... leggasi inoltre qui quanto dico a proposito della "spontaneità".
L'unica vera differenza rispetto al passato è che oggi la cosiddetta “Economia reale” (industria, servizi) è totalmente intrecciata con la finanza al punto tale che la General Electric, che è come dire la quintessenza della “industrialità”, ha più del 20% del suo patrimonio in asset. E per questo la situazione è ancora più pericolosa di quanto non lo fosse nel '29.
Si potrebbe leggere il libro di John Kenneth Galbraith sulla grande crisi del '29, oppure più brevemente i dialoghi del documentario “Il Crash del '29”.
C'è un'altra spiegazione che mi urgerebbe: se questa è la finanza, in che senso sarebbe un vantaggio (e per chi) un aumento della sua “efficienza”, intesa come "capacità di raggiungere i suoi scopi"?
I temi che stiamo trattando richiedono un certo grado di “astrattezza” perché sono temi molto generali. L'importante è scendere nello specifico quando serva, ma le cose che discutiamo hanno implicazioni molto concrete.
Veniamo alla speculazione.
Che la speculazione accresca l'efficienza del sistema economico-finanziario, è anch'esso un mantra tutt'altro che “percepibile intuitivamente”. Ritieni che un'affermazione del genere, oggi come oggi, trovi diretti riscontri empirici?
Un'affermazione così impegnativa meriterebbe inoltre non dico una dimostrazione, ma almeno un'argomentazione.
E cos'è “l'efficienza del sistema economico-finanziario”. Efficienza nel fare cosa?
Secondo i libri di testo, il sistema finanziario è colui che mobilizza la ricchezza accumulata assegnandola a compiti produttivi. Ora si da il fatto che il sistema finanziario che esiste effettivamente faccia questo per meno dell'1% del suo volume, e per il restante più del 99% faccia cose che mettono allegramente in discussione la sua funzione di sostegno al sistema produttivo (a proposito di “efficienza”). Servono “prove” di quanto sto dicendo? O non è forse esattamente quel che è recentemente avvenuto (ed è ancora in corso: parla con gli imprenditori e fatti raccontare quante difficoltà abbiano nel farsi finanziare non “investimenti rischiosi”, ma la normale necessità di cassa per il fisiologico ritardo ricavi-costi). Non solo è avvenuto, ma è avvenuto per l'ennesima volta.
Il paradigma con il quale la speculazione finanziaria si autogiustifica – c'è sempre qualcuno disposto ad elaborare teorie per compiacere il Re e giustificarne i comportamenti - è il seguente.
Ci sono attività il cui rischio non è misurabile, e pertanto non sono assicurabili (non sapresti come calcolare il premio). Queste sono l'oggetto della speculazione finanziaria, secondo alcuni della finanza tout court. Hanno ragione – involontariamente – questi “alcuni”, perché non s'è mai vista una finanza non speculativa, ad eccezione di quella messa in piedi da Yunus, ma oggi anche nel microcredito si sono inserite banche e istituzioni finanziarie che praticano tassi da strozzinaggio (Vedi NY Times http://www.nytimes.com/2010/04/14/world/14microfinance.html) col rischio di bolle.
Ma se un rischio non è misurabile, perché la finanza poi lo misura, valorizzandolo e vendendolo? Come mai le banche classificano per i propri clienti-risparmiatori gli investimenti (finanziari) in basso, medio, alto rischio se per definizione gli investimenti finanziari sono coloro i quali non sono misurabili? Come mai tutte le teorie finanziarie sulle quali si basa la speculazione (gravemente deficitarie sotto il profilo scientifico, nonostante i Nobel, si veda il rapporto Dahlem, “La crisi finanziaria e il fallimento sistemico dell'Economia Accademica” http://documentazione.altervista.org/dahlem_report.htm), come mai dunque queste finiscono poi per misurarlo, almeno implicitamente, questo rischio?
E come mai accade che un'assicurazione sulla vita (un rischio misurabile), stipulata presso una compagnia di assicurazioni, abbia di fatto come “sottostante” una scommessa (altro nome per speculazione) sul mercato finanziario, come se fosse un rischio invece non misurabile, secondo la quale invece se il non misurabile rischio del fallimento della Lehman Brothers si avvera, l'assicurato perde il diritto alla rendita in caso di morte (E' successo, non è un caso di scuola, è un caso reale tra mille)?
Questo è quanto avvenuto e quanto correntemente avviene, e questa è la finanza del mondo dei fenomeni, anche se non del mondo formale dei libri di testo e delle teorie ad usum delphini (sgangherate e prive di consistenza).
La verità è che la finanza, o la speculazione, si è allegramente allargata anche a rischi perfettamente misurabili, che potrebbero essere coperti da assicurazioni e mutue. Ma queste ultime hanno un grande svantaggio: sono trasparenti e facilmente controllabili, e non si prestano alla realizzazione di grandi profitti (ad esclusione forse delle assicurazioni sanitarie, quelle che negli USA alimentano quella schiera di quelli che James Kenneth Galbraith chiama “costosi parassiti”, e che fanno di quello USA il peggiore e più costoso sistema sanitario del mondo).
Non si pensi neanche che questa situazione della “finanza” sia una “distorsione” recente. La finanza (quella fenomenica, non quella formale dei libri di testo e delle definizioni di comodo) è sempre stata quel che è oggi: nessun nesso, se non pretestuoso, con la cosiddetta “economia reale”. Questo nesso ha un solo scopo: poter incantare i gonzi per farli entrare nella catena di Sant'Antonio (Paul Krugman: I profitti e il peso problem).
Cito qui l'incipit:
“Recentemente ho avanzato un'ipotesi (certo non originale) e cioè che la stabilità delle banche dal 1935 fino più o meno al 1980 avesse moltissimo a che fare con la mancanza di concorrenza, che offriva alle banche un valore d'esclusiva che i vertici non volevano mettere in pericolo con strategie rischiose. … Questo, a mio parere, è quello che ha fatto per molto tempo il settore finanziario: prendere soldi in prestito emettendo asset teoricamente sicuri, poi investire i proventi in asset che in realtà non rendevano molto ma in apparenza sì. Se vi ricorda le piramidi finanziarie è perché ci assomiglia molto. Come ha evidenziato Robert J. Shiller nel suo libro Euforia irrazionale, una bolla, in realtà, è una piramide finanziaria che si crea spontaneamente, senza bisogno di un deliberato atto di frode ma con lo stesso effetto.
E senza riforme serie, tornerà a succedere. ”
Questo a proposito dei sempre benefici effetti della concorrenza ... leggasi inoltre qui quanto dico a proposito della "spontaneità".
L'unica vera differenza rispetto al passato è che oggi la cosiddetta “Economia reale” (industria, servizi) è totalmente intrecciata con la finanza al punto tale che la General Electric, che è come dire la quintessenza della “industrialità”, ha più del 20% del suo patrimonio in asset. E per questo la situazione è ancora più pericolosa di quanto non lo fosse nel '29.
Si potrebbe leggere il libro di John Kenneth Galbraith sulla grande crisi del '29, oppure più brevemente i dialoghi del documentario “Il Crash del '29”.
C'è un'altra spiegazione che mi urgerebbe: se questa è la finanza, in che senso sarebbe un vantaggio (e per chi) un aumento della sua “efficienza”, intesa come "capacità di raggiungere i suoi scopi"?
Vincesko
Avendo
io scarsissima competenza in materia di economia finanziaria (m'intendo più di
economia aziendale ed analisi gestionali), ti rispondo... “tangenzialmente”.
1.
Il tuo vezzo – diciamo così - di interloquire usando il cognome la dice lunga
sulla tua essenza comunista. Mi fai rammentare una battuta dell'ex segretario
del PCI, Alessandro Natta: intervistato quando era già ex, disse che tra
comunisti ci si rivolge col cognome. Era forse anche quello un modo di
differenziarsi dai compagni del PSI (fine anni '80, credo) che invece –
“imborghesiti” - usavano abitualmente il nome.
2.
Tu sei uno che deve aver letto molto, ma più volentieri saggi che romanzi. Lo
deduco – arbitrariamente? - dal fatto che non conosci o almeno sei incline a
non considerare i significati plurimi o traslati dei termini.
3.
Così è stato nel caso di “ideologia” parlando con Roberto M. Ideologia ha anche
un significato deteriore: nel senso di rigida, troppo schematica, dogmatica.
4.
Così è stato nel caso della servitù della gleba, abolita non da Lenin ma
dallo Zar Alessandro II - hai precisato
- come se la sua abolizione (citata anche ne “Le anime morte” di N. Gogol)
avesse potuto magicamente cancellare la stratificazione culturale e, direi,
psicologica di massa, che consegue ad un fenomeno diffuso, profondo, che ha
esplicato i suoi effetti per secoli (basta leggere i romanzi dei grandi
scrittori russi, ad esempio Tolstoj, per capirlo).
5. Così è ora nel caso di “astrattezza”,
perché, scusami, è un'ovvietà dire che “le cose che (sic) discutiamo hanno implicazioni molto concrete”:
l'astrattezza va giudicata (la giudicavo) in rapporto al luogo in cui
avviene questa discussione: un forum di un circolo del PD.
4.
Così è anche nel caso di speculazione: è proprio per questo che ti ho
allegato la voce di Wikipedia, dove, se vedi, è tra l'altro scritto:
Origine
del termine
Il
termine speculazione nasce dalla voce latina specula
(vedetta), da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva
l'attività di guardia dei legionari.
Da qui deriva il senso etimologico di "guardare lontano" e
"guardare in profondità con attenzione", e così in senso
traslato "guardare nel futuro" o "prevedere il futuro".
(…).
I pensatori della scuola neoclassica invece
intendono la speculazione come l'attività di un operatore che si assume dei
rischi per i quali richiede una adeguata remunerazione. Secondo questa scuola
di pensiero lo speculatore è un elemento fondamentale del mercato poiché
assicura liquidità e concorre alla formazione di un prezzo efficiente.
Secondo Ludwig von Mises,
ogni attore economico è uno speculatore, in quanto l'azione umana è sempre
diretta verso il futuro che è di per sé sconosciuto e quindi incerta. Il modo
distintivo di pensare dello speculatore sta nella capacità di comprendere i
vari fattori che determineranno il corso degli eventi futuri. Ogni genere di
investimento è quindi una forma di speculazione[1].
Tu
invece - mi pare - assumi il termine speculazione
soltanto nella sua accezione negativa e, sulla base degli accadimenti sui
mercati finanziari attuali (ma come darti torto?), molto deteriore.
5.
Il problema – correggimi se sbaglio – è che il mercato – lasciato a briglie
sciolte e in balia degli egoismi e cupidigie più sfrenati - è degenerato,
poiché è venuto meno sempre più il nesso diretto sia tra le grandezze monetarie
e finanziarie scambiate ed i beni reali sottostanti, sia tra i debitori ed i
creditori. Urgono regole.
6.
Il fatto è che – come è anche, lasciamelo dire finalmente, per le degenerazioni
del comunismo - che l'uomo è una brutta bestia: egoista, individualista,
competitivo, prepotente, prevaricatore, dominatore, ecc., e, se gli si lascia
esprimere liberamente i suoi spiriti animali, ci sono opportunità, ma anche
problemi, talora seri.
7.
Infine, un'osservazione sulla Cina. Io preferisco buoni romanzi ai saggi (pur
essendo da sempre uno di sinistra e avendo sempre votato a sinistra, non ho mai
letto – per scelta istintiva - Marx), però ho letto “La ricchezza delle
Nazioni”, di Adam Smith, dalla quale ho scoperto che il Paese più ricco al
mondo nel 1700 era la Cina, che poi ha subito una decadenza protrattasi per
oltre due secoli, a favore dei Paesi dell'Occidente. Ora il pendolo della
supremazia economica è tornato ad oscillare verso Est. Dov'è la novità, è
sempre stato così nei cicli storici. Loretta Napoleoni sostiene che la
globalizzazione – a giudicare dagli effetti – è stata molto più vantaggiosa per
la Cina che per noi. Amen, ormai è fatta, vediamo – come successe 30 anni fa
col Giappone - di resistere e di reagire al meglio.
8.
Il fatto è – per tornare alla concretezza di un forum di un partito politico –
che, oltre alle banche ed ai finanzieri ed ai manager, anche le grandi
multinazionali ed i loro azionisti e i manager, e le aziende medio-grandi ed i
loro proprietari ed azionisti e i loro manager, occidentali, ne hanno
beneficiato, producendo a costi cinesi e vendendo a prezzi occidentali, il che
ha prodotto un aumento delle sperequazioni e dell'ingiustizia sociale:
questione eminentemente politica, che i politici non sanno o non possono ormai
contrastare. Che fare?
Dizionario di storiografia
ideologia
[Purtroppo,
non ho salvato la replica di Vanishing]
Vincesko
Poche
osservazioni:
1.
Il tuo “vezzo” di rivolgerti col cognome ha “sicuramente” un significato più
profondo, che - forse? - sfugge anche a
te stesso: infatti tu (non casualmente: Freud afferma che nulla è casuale) avevi
scritto: “Caro B.”, ed ora invece scrivi “Egr. Sig, Vincesko”).
2.
Nel 1986, accompagnando alcuni amici socialisti, ho passato qualche ora presso
la sede nazionale di Via del Corso del PSI: tutti si rivolgevano col nome e si
davano del tu e, riferendosi a Craxi, dicevano 'Bettino'. Questo, ti posso
assicurare, non accadeva nel PCI, neppure nella mia piccola sezione di paese.
Perciò lo notai, me lo ricordo ancora ed ho citato l'aneddoto di Natta.
3.
Per la precisione, “Le anime morte” (in russo, 'anima' vuol dire anche 'servo
della gleba') consta di 2 tomi: il primo fu terminato nel 1841 e pubblicato il
21 maggio 1842; il secondo tomo (quello incompleto) è stato scritto in due
redazioni, la prima iniziata nel 1840 e la seconda – che vide vari rifacimenti
- dal 1842 al 1851: tutto quello scritto dal 1845 al 1851 fu bruciato
dall'autore nel 1852. e ne sono rimasti soltanto alcuni quaderni. Ho trovato
queste notizie sull'edizione Einaudi/Gli Struzzi de “Le anime morte” (prelevato
nella biblioteca comunale del piccolo paese che mi ospita), che casualmente ho
riletto proprio 1 mese fa e dalla quale credevo di aver ricavato il riferimento
all'abolizione della servitù della gleba, che comunque avevo letto proprio poco
prima che tu ne scrivessi qua (nei romanzi, le notizie si ricavano anche
dall'introduzione o dalle note).
4.
La lingua è un organismo vivo e mutevole, frutto anche della consuetudine, e
questo vale per tutti i termini, anche quelli che sono simpatici o antipatici a
te (o a me o a tutti): a) forse non 'ideologia'', ma 'ideologico' ha anche
un'accezione negativa (mutuato dalla religione, l'equivalente peggiore è
'dogmatico'), e questo valeva anche prima del 1989 e non solo in Italia; dopo
la caduta del muro di Berlino si è solo rafforzata; b) 'speculatore' non è
necessariamente negativo, qualunque investitore – anche la massaia – lo è; c) i
'liberali', al tempo delle monarchie assolute e del Risorgimento, erano i
'progressisti', ora in Italia,
all'opposto, identificano i 'conservatori'.
5.
Il comunismo (detto da uno che lo ha sempre votato in Italia), come si è
concretamente realizzato sulla faccia della Terra, è stato un fallimento.
Punto. Secondo me, con l'essere umano che vive sulla Terra, in ragione del suo
bagaglio genetico, vitale (a parte forse in piccole comunità, per brevi
periodi) sem-pli-ce-men-te non può fun-zio-na-re.
6.
La Cina. Ti contraddici, perché parli di un Paese che è partito da zero e di
sviluppo impetuoso e poi che non va sopravvalutato e che non arriverà lontano.
Ripeto: nel 1700 era il Paese più ricco del mondo, con l'attuale tasso di
sviluppo e soprattutto considerando il differenziale con gli altri Paesi, entro
il 2050 e forse prima ritornerà ad esserlo, almeno in termini di PIL globale.
Sapendo benissimo, beninteso, che il parametro quantitativo per poter definire
il ranking della ricchezza è il
PIL pro capite o il reddito pro capite (in base a quest'ultimo, nel 1700 –
fonte “La Ricchezza delle Nazioni” - il Paese europeo più ricco era l'Olanda e,
in Italia, il territorio di Genova).
Vanishing
Caro B.,
Dove Freud avrebbe detto "nulla è casuale"? E tu cosa pensi in proposito, che viviamo nell'Universo deterministico di Laplace?
Secondo, mi rifiuto di continuare questa sciocca discussione sul nome. Per la cronaca: mi chiamo Vanishing di nome, e Leprechaun di cognome. Se poi ti domandi chi platonicamente io sia, ti rispondo: io sono ciò che dico. Come peraltro tu e chiunque altro su questo forum, ad onta delle generalità anagrafiche esibite che non dicono niente.
Terzo: Noi siamo qui per discutere del mondo, non delle nostre auguste persone. Bisognerebbe evitare di fare delle polemiche personali, e soprattutto della psicoanalisi (freudiana, junghiana o adleriana che sia) on-line: la SIP (Società Italiana di Psicoanalisi) ne fa oltretutto esplicito divieto.
Inoltre i leprecauni sono personaggi immaginari. Dubito per loro valgano le categorie analitiche.
Quanto al "signor Vincesko", come sottolineato dallo smile, era una garbata presa in giro, per mostrarti che chiamare uno per nome non significa nulla.
Veniamo ai singoli punti (evitiamo però di ripeterci):
2. Tu forse hai accompagnato degli amici nella sede del PSI, io ho forse fatto qualcos'altro, di più complesso e impegnativo che accompagnare degli amici. Prova a mettere nel conto una congettura del genere. Hai appunto accompagnato amici che si sono incontrati in un sede ristretta dove si conoscevano tutti bene, stavano fra di loro, e quindi si chiamavano ovviamente per nome. Se avessi accompagnato qualcuno ad un congresso del PSI, avresti notato che gli stessi amici che in privato lo chiamavano Bettino (ad esempio: Martelli) dal palco lo chiamavano "il compagno Craxi" (come peraltro fa ancora oggi Martelli, sia pure omettendo il “compagno”). C'è differenza tra una sede e un momento ristretto e privato, e una riunione pubblica di partito. Alla Camera si chiamano "Onorevole" seguito dal cognome, anche se sono compagni di sbronze. Poi nel Transatlantico magari si mandano a quel paese chiamandosi per nome.
Prova a leggere sul Corriere di oggi la risposta di Ferruccio ad Angelo in merito alla commissione di inchiesta sulla Rizzoli, e troverai una spiegazione dei motivi per i quali questi due momenti sono diversi, e richiedono pertanto comportamenti diversi. Dal 1841 e anche prima in poi.
4. "Liberali" non ha mai significato "progressisti". Semmai erano i "democratici" e i "socialisti" i "progressisti" (termine entrato in uso molto dopo, quindi questa è comunque una decontestualizzazione). Rileggiti (o leggiti) Bismark e controlla con chi ce l'aveva. "I signori democratici ora andranno a suonare il piffero ...". Mazzini era un democratico (e repubblicano), non un liberale. Garibaldi un socialista. Alcuni dei carbonari erano dei liberali, e in tal caso erano frammassoni. Cavour era un liberale. Quintino Sella un conservatore (come Bismark).
Sul fatto che la lingua sia un organismo mutevole siamo d'accordo, Non tutte le mutazioni sono però utili ed espressive. Non tutto ciò che accade va bene per il solo fatto di essere accaduto. Il punto della discussione è questo. Per tutto l'800 e gran parte del '900 "ideologia" ha significato altro, ed era un termine analitico spogliato di giudizio di valore. Marx critica "l'ideologia borghese" (critica dell'economia politica) non in quanto tale, ma in quanto si nasconde dietro pretese di "oggettività" e "scientificità". Questa parte di Marx resta a mio avviso (e non solo mio) valida ancora oggi. Nel pensiero comunista (nel significato che assume la parola dopo l'Ottobre) è Stalin (che non ha capito un acca di Marx, essendo un ex seminarista impregnato di platonismo cristiano) che introduce il determinismo storico (in senso meccanico, non hegeliano), e la categoria della "oggettività scientifica", lo "oggetto senza soggetto", e la definizione della soggettività come "inganno" (borghese).
4. Il "comunismo", per detta degli stessi protagonisti, non si è mai realizzato da nessuna parte del mondo. Quei paesi, assieme al loro regime socio economico, si autodefinivano "socialisti" (Cina inclusa) non "comunisti". "Comunisti" li chiamano ora i liberali, che non hanno mai capito nulla di cosa stesse succedendo da quelle parti. Dicono anche che erano regimi “statalisti” il che è una fregnaccia. Men che meno i conservatori hanno capito mai qualcosa. Erano i progressisti (americani, e neanche tutti, non Roosvelt, ad esempio) e i socialisti europei (e anche alcuni comunisti) a capire bene quale disastro stesse là succedendo, e fin dall'inizio. No, scusa, dimenticavo: il comunismo è esistito (anzi: esiste ancora) ma solamente nella Isla de Pinos (Isla de la Juventud) a Cuba, a sentire Fidel (vedi? Lo chiamo per nome, come fanno i compagni cubani). Ciò che ha fatto fallire la URSS è stata la mancanza totale di democrazia, non "l'economia statale" (che poi significava in realtà: economia di partito), mancanza totale che c'è sempre stata dall'inizio alla fine, e che era nelle premesse dei bolscevichi (e motivo di contrasto tra Vladimir e Rosa). Glasnost e Perestroika non sono "democrazia", semmai blandi antecedenti. Il sistema non era democratizzabile, cosa della quale si illudeva invece Michail.
5. Mi fa piacere scoprire una nuova versione di pensiero razzista "di sinistra". Tu conosci a menadito il bagaglio genetico degli esseri umani e ne sai perfino dedurre le conseguenze sul piano dei comportamenti individuali e collettivi, sul piano diacronico e sincronico per il futuro. Meriti il posto alla destra del Padre. Io non so se il “comunismo” (intendendosi bene prima su cosa si intenda con questo) sia realizzabile. Non lo è sulla scala dei tempi politici – a mio avviso ma fino a prova contraria - quindi resta una speculazione, magari interessante, ma non la si può mettere “all'ordine del giorno”. Speculazione alla quale peraltro non si dedica oggi nessuno, quindi questa discussione è un tantino “astratta” ...
6. Può essere che mi contraddica, e in tal caso faresti bene a farmelo rilevare. Ma io non dico ciò che mi attribuisci, perché non sono un determinista. Non ho la sfera di cristallo e non sono in grado di prevedere il futuro. Dire "all'attuale tasso" è fare una congettura, che però non ha fondamento empirico. L'attuale tasso è l'8 per cento. Quando sono "partiti" con il capitalismo erano e sono rimasti per un po' al 25%, poi sono calati al 18-15%, poi circa al 10%. Il tasso di incremento del PIL dell'Italia e di qualunque paese europeo del dopoguerra viaggiava attorno al 7-8%. Poi è calato, perché non poteva che essere così. Oggi nei paesi sviluppati si festeggia il 3%. Non so cosa farà la Cina. Dubito ci sia qualcuno che lo sappia, cinesi compresi. Noto solo che la popolazione "modernizzata" non aumenta al ritmo del suo PIL. Vedo sempre dire: 400 milioni e 800 milioni. E queste erano le proporzioni dell'epoca di Mao. Perché un'operazione di modernizzazione del genere non è una cosa da nulla. Tra l'altro la loro politica demografica stabilita per legge (non dello stato, ma del partito) punta al dimezzamento della popolazione. Ma questa legge è rispettata solo nella fascia costiera, quella dei 400 milioni, non nell'interno dove prevale ancora una cultura contadina che funziona sul lavoro delle braccia (quindi dei figli maschi). Anche questo è un punto interrogativo, perché potrebbe addirittura portare ad un peggioramento di quel rapporto, con una popolazione costiera sempre più ricca e sempre minore, rispetto ad una interna che resta dov'era, che invece cresce. Ma queste sono congetture, non previsioni. Non sono un aruspice.
Le riserve sul reale significato del PIL cinese non sono inoltre mie, ma del loro ministro dell'ambiente. Inoltre qualunque economista ti spiega che l'emersione dall'economia informale a quella formale in genere "droga" l'aumento del PIL, in una misura difficilmente stimabile (il che non significa che non esista).
Quanto al PIL pro capite, con tutte le riserve sul significato del PIL, appunto: quanto ci vorrà perché il PIL pro capite (io preferisco dire: il livello di vita) dei cinesi (tutti) raggiunga quello europeo? BTW: in Cina non esiste stato sociale, non c'è né un sistema sanitario né uno pensionistico generalizzato. E nemmeno di trasporti pubblici: a Pechino sono municipali (e insufficienti), ma a Shanghai sono privati. Prova a dare sanità, pensione e trasporti pubblici a 1,2 Miliardi di persone e capirai quale razza di problemi abbia davanti quel paese.
Inoltre: man mano che il loro tenore di vita aumenterà, aumenteranno i loro prezzi, il che significa che ne risentiranno anche le loro esportazioni (che oggi non sono comunque gran cosa). Per loro non sarà un problema, col mercato interno "vergine" che si ritrovano. Ma tutte queste cose ci dicono che sono un paese in un fase storica antecedente – e di molto - alla nostra.
Poi ognuno è libero di pensare che la Cina sia la minaccia (a cosa?) prossima ventura ... io dormo sonni tranquilli, anzi no, ma non certo per la Cina.
Nel '400 Genova era la sede del capitalismo neoformato, bancario, la "Haute Finance" di Karl (Polany). Si spostò poi progressivamente in Olanda (alcune strade di Amsterdam hanno portato e credo portino ancora il cognome di famiglie genovesi) e da lì, in seguito, all'Inghilterra. Erano paesi ricchi per questo, e insieme i banchieri erano là perché erano paesi ricchi (per via del commercio intercontinentale). Le Banche allora finanziavano appunto i commerci intercontinentali, però, non emettevano derivati e non speculavano in Borsa (che non esisteva).
Dove Freud avrebbe detto "nulla è casuale"? E tu cosa pensi in proposito, che viviamo nell'Universo deterministico di Laplace?
Secondo, mi rifiuto di continuare questa sciocca discussione sul nome. Per la cronaca: mi chiamo Vanishing di nome, e Leprechaun di cognome. Se poi ti domandi chi platonicamente io sia, ti rispondo: io sono ciò che dico. Come peraltro tu e chiunque altro su questo forum, ad onta delle generalità anagrafiche esibite che non dicono niente.
Terzo: Noi siamo qui per discutere del mondo, non delle nostre auguste persone. Bisognerebbe evitare di fare delle polemiche personali, e soprattutto della psicoanalisi (freudiana, junghiana o adleriana che sia) on-line: la SIP (Società Italiana di Psicoanalisi) ne fa oltretutto esplicito divieto.
Inoltre i leprecauni sono personaggi immaginari. Dubito per loro valgano le categorie analitiche.
Quanto al "signor Vincesko", come sottolineato dallo smile, era una garbata presa in giro, per mostrarti che chiamare uno per nome non significa nulla.
Veniamo ai singoli punti (evitiamo però di ripeterci):
2. Tu forse hai accompagnato degli amici nella sede del PSI, io ho forse fatto qualcos'altro, di più complesso e impegnativo che accompagnare degli amici. Prova a mettere nel conto una congettura del genere. Hai appunto accompagnato amici che si sono incontrati in un sede ristretta dove si conoscevano tutti bene, stavano fra di loro, e quindi si chiamavano ovviamente per nome. Se avessi accompagnato qualcuno ad un congresso del PSI, avresti notato che gli stessi amici che in privato lo chiamavano Bettino (ad esempio: Martelli) dal palco lo chiamavano "il compagno Craxi" (come peraltro fa ancora oggi Martelli, sia pure omettendo il “compagno”). C'è differenza tra una sede e un momento ristretto e privato, e una riunione pubblica di partito. Alla Camera si chiamano "Onorevole" seguito dal cognome, anche se sono compagni di sbronze. Poi nel Transatlantico magari si mandano a quel paese chiamandosi per nome.
Prova a leggere sul Corriere di oggi la risposta di Ferruccio ad Angelo in merito alla commissione di inchiesta sulla Rizzoli, e troverai una spiegazione dei motivi per i quali questi due momenti sono diversi, e richiedono pertanto comportamenti diversi. Dal 1841 e anche prima in poi.
4. "Liberali" non ha mai significato "progressisti". Semmai erano i "democratici" e i "socialisti" i "progressisti" (termine entrato in uso molto dopo, quindi questa è comunque una decontestualizzazione). Rileggiti (o leggiti) Bismark e controlla con chi ce l'aveva. "I signori democratici ora andranno a suonare il piffero ...". Mazzini era un democratico (e repubblicano), non un liberale. Garibaldi un socialista. Alcuni dei carbonari erano dei liberali, e in tal caso erano frammassoni. Cavour era un liberale. Quintino Sella un conservatore (come Bismark).
Sul fatto che la lingua sia un organismo mutevole siamo d'accordo, Non tutte le mutazioni sono però utili ed espressive. Non tutto ciò che accade va bene per il solo fatto di essere accaduto. Il punto della discussione è questo. Per tutto l'800 e gran parte del '900 "ideologia" ha significato altro, ed era un termine analitico spogliato di giudizio di valore. Marx critica "l'ideologia borghese" (critica dell'economia politica) non in quanto tale, ma in quanto si nasconde dietro pretese di "oggettività" e "scientificità". Questa parte di Marx resta a mio avviso (e non solo mio) valida ancora oggi. Nel pensiero comunista (nel significato che assume la parola dopo l'Ottobre) è Stalin (che non ha capito un acca di Marx, essendo un ex seminarista impregnato di platonismo cristiano) che introduce il determinismo storico (in senso meccanico, non hegeliano), e la categoria della "oggettività scientifica", lo "oggetto senza soggetto", e la definizione della soggettività come "inganno" (borghese).
4. Il "comunismo", per detta degli stessi protagonisti, non si è mai realizzato da nessuna parte del mondo. Quei paesi, assieme al loro regime socio economico, si autodefinivano "socialisti" (Cina inclusa) non "comunisti". "Comunisti" li chiamano ora i liberali, che non hanno mai capito nulla di cosa stesse succedendo da quelle parti. Dicono anche che erano regimi “statalisti” il che è una fregnaccia. Men che meno i conservatori hanno capito mai qualcosa. Erano i progressisti (americani, e neanche tutti, non Roosvelt, ad esempio) e i socialisti europei (e anche alcuni comunisti) a capire bene quale disastro stesse là succedendo, e fin dall'inizio. No, scusa, dimenticavo: il comunismo è esistito (anzi: esiste ancora) ma solamente nella Isla de Pinos (Isla de la Juventud) a Cuba, a sentire Fidel (vedi? Lo chiamo per nome, come fanno i compagni cubani). Ciò che ha fatto fallire la URSS è stata la mancanza totale di democrazia, non "l'economia statale" (che poi significava in realtà: economia di partito), mancanza totale che c'è sempre stata dall'inizio alla fine, e che era nelle premesse dei bolscevichi (e motivo di contrasto tra Vladimir e Rosa). Glasnost e Perestroika non sono "democrazia", semmai blandi antecedenti. Il sistema non era democratizzabile, cosa della quale si illudeva invece Michail.
5. Mi fa piacere scoprire una nuova versione di pensiero razzista "di sinistra". Tu conosci a menadito il bagaglio genetico degli esseri umani e ne sai perfino dedurre le conseguenze sul piano dei comportamenti individuali e collettivi, sul piano diacronico e sincronico per il futuro. Meriti il posto alla destra del Padre. Io non so se il “comunismo” (intendendosi bene prima su cosa si intenda con questo) sia realizzabile. Non lo è sulla scala dei tempi politici – a mio avviso ma fino a prova contraria - quindi resta una speculazione, magari interessante, ma non la si può mettere “all'ordine del giorno”. Speculazione alla quale peraltro non si dedica oggi nessuno, quindi questa discussione è un tantino “astratta” ...
6. Può essere che mi contraddica, e in tal caso faresti bene a farmelo rilevare. Ma io non dico ciò che mi attribuisci, perché non sono un determinista. Non ho la sfera di cristallo e non sono in grado di prevedere il futuro. Dire "all'attuale tasso" è fare una congettura, che però non ha fondamento empirico. L'attuale tasso è l'8 per cento. Quando sono "partiti" con il capitalismo erano e sono rimasti per un po' al 25%, poi sono calati al 18-15%, poi circa al 10%. Il tasso di incremento del PIL dell'Italia e di qualunque paese europeo del dopoguerra viaggiava attorno al 7-8%. Poi è calato, perché non poteva che essere così. Oggi nei paesi sviluppati si festeggia il 3%. Non so cosa farà la Cina. Dubito ci sia qualcuno che lo sappia, cinesi compresi. Noto solo che la popolazione "modernizzata" non aumenta al ritmo del suo PIL. Vedo sempre dire: 400 milioni e 800 milioni. E queste erano le proporzioni dell'epoca di Mao. Perché un'operazione di modernizzazione del genere non è una cosa da nulla. Tra l'altro la loro politica demografica stabilita per legge (non dello stato, ma del partito) punta al dimezzamento della popolazione. Ma questa legge è rispettata solo nella fascia costiera, quella dei 400 milioni, non nell'interno dove prevale ancora una cultura contadina che funziona sul lavoro delle braccia (quindi dei figli maschi). Anche questo è un punto interrogativo, perché potrebbe addirittura portare ad un peggioramento di quel rapporto, con una popolazione costiera sempre più ricca e sempre minore, rispetto ad una interna che resta dov'era, che invece cresce. Ma queste sono congetture, non previsioni. Non sono un aruspice.
Le riserve sul reale significato del PIL cinese non sono inoltre mie, ma del loro ministro dell'ambiente. Inoltre qualunque economista ti spiega che l'emersione dall'economia informale a quella formale in genere "droga" l'aumento del PIL, in una misura difficilmente stimabile (il che non significa che non esista).
Quanto al PIL pro capite, con tutte le riserve sul significato del PIL, appunto: quanto ci vorrà perché il PIL pro capite (io preferisco dire: il livello di vita) dei cinesi (tutti) raggiunga quello europeo? BTW: in Cina non esiste stato sociale, non c'è né un sistema sanitario né uno pensionistico generalizzato. E nemmeno di trasporti pubblici: a Pechino sono municipali (e insufficienti), ma a Shanghai sono privati. Prova a dare sanità, pensione e trasporti pubblici a 1,2 Miliardi di persone e capirai quale razza di problemi abbia davanti quel paese.
Inoltre: man mano che il loro tenore di vita aumenterà, aumenteranno i loro prezzi, il che significa che ne risentiranno anche le loro esportazioni (che oggi non sono comunque gran cosa). Per loro non sarà un problema, col mercato interno "vergine" che si ritrovano. Ma tutte queste cose ci dicono che sono un paese in un fase storica antecedente – e di molto - alla nostra.
Poi ognuno è libero di pensare che la Cina sia la minaccia (a cosa?) prossima ventura ... io dormo sonni tranquilli, anzi no, ma non certo per la Cina.
Nel '400 Genova era la sede del capitalismo neoformato, bancario, la "Haute Finance" di Karl (Polany). Si spostò poi progressivamente in Olanda (alcune strade di Amsterdam hanno portato e credo portino ancora il cognome di famiglie genovesi) e da lì, in seguito, all'Inghilterra. Erano paesi ricchi per questo, e insieme i banchieri erano là perché erano paesi ricchi (per via del commercio intercontinentale). Le Banche allora finanziavano appunto i commerci intercontinentali, però, non emettevano derivati e non speculavano in Borsa (che non esisteva).
Caro
Vanishing,
1. Freud: “Psicopatologia
della vita quotidiana”. Chiaramente, “nulla” non andava preso alla lettera, è
stata una mia semplificazione, ma va inteso in rapporto ai fenomeni esaminati:
lapsus, tic, manie innocenti, ecc.
2. La questione
del nome l'hai montata tu, io mi ero limitato a fare una semplice battuta. La
tua reazione – com'è sempre (in questo sono un... “determinista”, ma – a parte
che ci sono ora evidenze scientifiche: zone del cervello e strutture neuronali
deputate all'amore, all'odio, all'egoismo, all'altruismo - è solo frutto di
esperienza, di osservazione empirica e di deduzione di nessi causali anche
“sottostanti”) – rafforza la mia ipotesi interpretativa iniziale.
Inoltre,
mi meraviglio che ti sfugga che la questione del nome ora è vieppiù
strumentale: mi serve ad alludere ad altro: alla tua pretesa di voler imporre
sempre il tuo punto di vista. Ti viene mai il dubbio che – per fare una
similitudine – il presbite abbia per ciò stesso un deficit nella visione da
vicino? La presbiopia, in certi casi, è una enorme, invidiabile cultura, che
avvantaggia nelle analisi di ampio respiro e nelle interrelazioni, ma forse fa
perdere di vista la visione dei dettagli e probabilmente anche quella in
profondità (da dove hai ricavato - vedi l'altro '3d' - che Scalfari è tremontiano?
E' vero l'opposto). Io credo che la tua indubbia capacità analitica, sempre con
troppe subordinate (questo ha un nome greco che non ricordo ed è un'abitudine
che ho anch'io, ma soprattutto quando parlo), ha come contraltare un deficit di
capacità di sintesi (infatti, ogni tuo 'post' è un breve saggio con troppe
variabili!).
Nel
caso del PSI: ostenti la tua personale esperienza come se fosse un postulato
valido per tutti. Se permetti, non sono d'accordo: avendo da sempre (chissà
perché, ci sarà senz'altro un motivo) un'idiosincrasia per l'uso del cognome
tra amici o compagni ed un'attenzione elevata ai dettagli (fondamentali per chi
come me usa il metodo logico-deduttivo) fu una delle prime caratteristiche
peculiari del PCI che notai, confermata dall'aneddoto di Natta che ho
raccontato, e poi, per contro, dalla visita alla sede nazionale del PSI. Va da
sé, poi, che nelle riunioni pubbliche importanti o in tv si usasse – e si usi -
il cognome. Comunque, usa pure quel che vuoi, ma mi vuoi dire che c'entra
questo con questo forum, che sarà anche pubblico, ma riunisce un ristretto
gruppo di amici e compagni aderenti allo stesso partito? Comunque, è bizzarro –
penso sarai d'accordo almeno su questa contraddizione logica – che ti rivolgi
col cognome agli interlocutori, ma qui hai deciso di chiamarti col nome – reale
o inventato – Vanishing.
3. Questione del
termine “liberali”. Ho usato il termine “progressista” semplicemente per
contrapporlo a “conservatore” (in un primo momento avevo scritto “estremisti”).
Ho fatto una ricerca e rinverdito e trovato conferma di cose che avevo appreso
alcune decine di anni fa. Eccone il risultato: i liberali erano i...
rivoluzionari del tempo.
[Purtroppo,
alcuni link non sono più attivi]
Il movimento liberale in Italia (negli anni '20 del 1800)
I
moti liberali europei degli anni venti
Liberali erano soprattutto gli
studenti, i giornalisti, i letterati, i professionisti e in genere coloro che
avevano combattuto nelle legioni napoleoniche. Furono costoro a non rassegnarsi
alla Restaurazione.
4. Comunismo. E'
inutile che insisti: te lo ripeto, io ho sempre votato PCI, ecc., ma mi limito
ad osservare che la traduzione in pratica dell'ideologia comunista (chiamala
come vuoi) è stata fallimentare. La tua è un'adesione ideologica (se
preferisci, ideale) ad una dottrina politica del tutto legittima, ma che non
trova ancora riscontro nella realtà effettuale. Se permetti, credo sia inutile
insistere con tali argomentazioni teoretiche, prova a metterle in pratica, poi
ne riparliamo. Per ora, detto francamente, perciò ne riparlo, io le giudico
molto severamente e deleterie per un partito riformista.
5. Bagaglio
genetico. Confesso, sono un ignorante anche in questo, ma osservando la realtà,
quella macro (il cosmo, l'universo) e quella micro (gli esseri viventi: gli
alberi, gli animali, l'uomo) rilevo che tutto si basa, non esclusivamente ma
prevalentemente, sul conflitto ed anche sull'istinto di sopraffazione e di
prevaricazione, e quindi sulla pulsione egoistica. Tu stesso – lo si vede qui –
sei sottomesso a questa legge naturale. Certo, l'educazione e l'elaborazione
culturale (in senso antropologico) possono contenere o anche temperare gli
istinti naturali di fondo ed incentivare la propensione all'altruismo e alla
cooperazione, per un interesse generale, ma ciò
credo sia concretamente
realizzabile in piccole comunità per molto tempo (ad esempio, tribù) o in
grandi comunità (popoli) per un tempo relativamente limitato.
6. Per finire, la
Cina. Guarda che condivido buona parte delle tue obiezioni. Ma io mi sono
limitato a rilevare un dato di fatto incontrovertibile: la Cina era il Paese
più ricco nel 1700, e tornerà ad esserlo tra 2 o 3 decenni, almeno in termini
di PIL globale, e questo si verificherà anche se il suo tasso di sviluppo
rallenterà (in gergo tecnico, degressione). Rammento ancora un breve,
interessante saggio del Prof. Giorgio Fuà, pubblicato una trentina o quarantina
di anni fa, nel quale egli comparava i saggi di sviluppo tra i vari Paesi:
riprendendo la formula (che è poi quella, credo, del metodo di rivalutazione di
un capitale a interesse composto), perché un Paese più povero raggiunga un
Paese più ricco, ci vogliono - mi pare - oltre 60 anni se il differenziale
(=differenza di percentuali) è di 1 punto percentuale, ma la metà degli anni se
il differenziale è di 2 punti percentuali, e la metà della metà se il
differenziale è di 4 punti percentuali.
[Cfr.
poi lo sviluppo della discussione in Dialogo sulla crisi economica, i PIL che si inseguono ed altro http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2783599.html
].
Vanishing
2. Siamo OT rispetto ad un forum
politico, ma questa rappresentazione della corteccia, ricavata dalla lettura di
quotidiani, non ha alcun riscontro scientifico. La suddivisione in zone del
cervello non è "per funzioni antropomorfe". La corteccia è una cosa
molto complicata, e i quotidiani non sono una fonte affidabile quasi per
nessuna argomento, tanto meno per questi.
Quanto al fatto che io "vorrei imporre il mio punto di vista", non vedo come potrei, Posso solo ribattere alle cose con le quali non sono d'accordo, il che significa discutere. Poi ci sono le conversazioni da salotto, nelle quali si parla del tempo e ci si da sempre vicendevolmente ragione. Se vuoi ti do ragione, non c'è problema.
Se invece vuoi discutere: un'opinione è una cosa, e un dato di fatto, anche se ad un livello diverso è sempre suscettibile di soggettività, è un'altra. Come vedi, il significato del chiamarsi per cognome non è quello da cui sei partito, per tua stessa ammissione. Ora questo non è un "gruppo di amici". Io non sono tuo amico e tu non sei mio amico. Non sono amico neanche di Borrello, anche se mi trovo spesso in accordo con lui (a differenza che con te). L'amicizia è una cosa seria, e un'altra cosa. Naturalmente niente impedice che io, te e Borello possiamo diventare amici, e anche per la pelle. Ma forse non basta scriversi su un forum, penso.
Quanto al forum, questo è un consesso politico, e io non sono nemmeno iscritto al PD. Quando scrivi qui, ti può leggere potenzialmente chiunque, tra i miliardi di frequentatori di Internet. Non è un posto privato. Quindi è bene comportarsi come ci si comporta in un posto pubblico. Ad esempio: scrivere finché possibile in modo universalmente comprensibile, usando un lessico il più possibile condiviso, e non per allusioni come si fa tra amici. Non lo fanno tutti, e così capita di leggere delle cose che non si capiscono neanche linguisticamente.
Questo allunga il discorso, inevitabilmente. Ma abbiamo fretta di qualcosa?
3. Appunto: A conservatore si contrappongono molti termini. E non tutti i liberali erano rivoluzionari, a meno di non voler dire che Cavour era un rivoluzionario. Dillo pure, se vuoi, ma poi ti sconsiglio di avvicinarti alla sua tomba.
4. Non so in base a cosa tu abbia decretato che io sarei comunista. Non lo sono. E - insisto - e non è "un'opinione", ma una realtà storica (discutibile quanto ti pare, ma sul piano dei documenti, dei testi, delle analisi, non delle "inclinazioni personali"), quello che tu chiami "comunismo" non era la realizzazione di nessun comunismo, qualunque significato si voglia dare a questo termine tra quelli che ha avuto nella storia. Da questo tu arbitrariamente deduci che io stia parlando in difesa di uno dei comunismi, o di tutti. No: sto parlando in difesa della storia, quella dei documenti, delle indagini, degli storici, e della storia del pensiero politico.
5. Sei libero di pensare quello che vuoi, ovviamente. Vorrei solo sottolinearti il pericolo insito nel credere alle predeterminazioni su base genetica. Anche qui, stai attento a quel che leggi sui giornali, dove spesso trovi l'eco di Wall Street, nel senso che c'è un'enorme superfetazione della genetica e della biologia molecolare (con risultati talvolta comici) al solo scopo di "pompare" qualche spin-off su presunte scoperte spettacolari sul gene del prurito al naso, o della predisposizione a detestare Brahms. Sono bolle, o tentativi di gonfiarle.
6. Il ragionamento di Fuà è corretto (anzi: è un calcolo. Non se i numeri che citi, su due piedi, siano giusti, ma posso verificare, se vuoi). Il punto è che né tu, né io, né nessuno sa quale sarà l'andamento futuro della crescita del PIL cinese, e neanche del PIL americano (potrebbe pure crollare). Questo a parte il fatto che il PIL non è un indicatore sufficiente di ricchezza. Più sopra ho postato un link ad un articolo di Corrado Passera che spiega molto bene questo punto.
Tu forse sei giovane, e in tal caso non puoi dunque ricordare che i discorsi che si fanno e che fai sulla Cina, si sono fatti di volta in volta (con argomenti identici) sul Giappone (c'è stata una specie di "Sindrome del Giappone" in USA), e poi delle "Tigri asiatiche", una della quali (La Thailandia) è finita in default sotto l'attacco ribassista dello hedge fund di Soros. Il fatto è che il futuro non è lineare, ed è assai probabile che il tasso di crescita tendenziale (asintotico) della Cina sia uguale a quello medio degli USA attuale. Il che significa che non è detto che lo raggiunga mai, dipende dalla forma delle due curve. Oppure che lo raggiunga tra due secoli, il che vuol dire oltre l'orizzonte per il quale ha senso fare congetture.
Il fatto fondamentale non è però questo: è che si è fatto una specie di "terrorismo ideologico" sulla Cina, che non condivido. E ancora oggi la Cina è usata a sproposito come l'ipotetico "avversario competitivo" con il quale fare i conti, o si dovranno fare i conti. Non la vedo così. Per ora, dobbiamo "fare i conti" assai più con la Germania
Quanto al fatto che io "vorrei imporre il mio punto di vista", non vedo come potrei, Posso solo ribattere alle cose con le quali non sono d'accordo, il che significa discutere. Poi ci sono le conversazioni da salotto, nelle quali si parla del tempo e ci si da sempre vicendevolmente ragione. Se vuoi ti do ragione, non c'è problema.
Se invece vuoi discutere: un'opinione è una cosa, e un dato di fatto, anche se ad un livello diverso è sempre suscettibile di soggettività, è un'altra. Come vedi, il significato del chiamarsi per cognome non è quello da cui sei partito, per tua stessa ammissione. Ora questo non è un "gruppo di amici". Io non sono tuo amico e tu non sei mio amico. Non sono amico neanche di Borrello, anche se mi trovo spesso in accordo con lui (a differenza che con te). L'amicizia è una cosa seria, e un'altra cosa. Naturalmente niente impedice che io, te e Borello possiamo diventare amici, e anche per la pelle. Ma forse non basta scriversi su un forum, penso.
Quanto al forum, questo è un consesso politico, e io non sono nemmeno iscritto al PD. Quando scrivi qui, ti può leggere potenzialmente chiunque, tra i miliardi di frequentatori di Internet. Non è un posto privato. Quindi è bene comportarsi come ci si comporta in un posto pubblico. Ad esempio: scrivere finché possibile in modo universalmente comprensibile, usando un lessico il più possibile condiviso, e non per allusioni come si fa tra amici. Non lo fanno tutti, e così capita di leggere delle cose che non si capiscono neanche linguisticamente.
Questo allunga il discorso, inevitabilmente. Ma abbiamo fretta di qualcosa?
3. Appunto: A conservatore si contrappongono molti termini. E non tutti i liberali erano rivoluzionari, a meno di non voler dire che Cavour era un rivoluzionario. Dillo pure, se vuoi, ma poi ti sconsiglio di avvicinarti alla sua tomba.
4. Non so in base a cosa tu abbia decretato che io sarei comunista. Non lo sono. E - insisto - e non è "un'opinione", ma una realtà storica (discutibile quanto ti pare, ma sul piano dei documenti, dei testi, delle analisi, non delle "inclinazioni personali"), quello che tu chiami "comunismo" non era la realizzazione di nessun comunismo, qualunque significato si voglia dare a questo termine tra quelli che ha avuto nella storia. Da questo tu arbitrariamente deduci che io stia parlando in difesa di uno dei comunismi, o di tutti. No: sto parlando in difesa della storia, quella dei documenti, delle indagini, degli storici, e della storia del pensiero politico.
5. Sei libero di pensare quello che vuoi, ovviamente. Vorrei solo sottolinearti il pericolo insito nel credere alle predeterminazioni su base genetica. Anche qui, stai attento a quel che leggi sui giornali, dove spesso trovi l'eco di Wall Street, nel senso che c'è un'enorme superfetazione della genetica e della biologia molecolare (con risultati talvolta comici) al solo scopo di "pompare" qualche spin-off su presunte scoperte spettacolari sul gene del prurito al naso, o della predisposizione a detestare Brahms. Sono bolle, o tentativi di gonfiarle.
6. Il ragionamento di Fuà è corretto (anzi: è un calcolo. Non se i numeri che citi, su due piedi, siano giusti, ma posso verificare, se vuoi). Il punto è che né tu, né io, né nessuno sa quale sarà l'andamento futuro della crescita del PIL cinese, e neanche del PIL americano (potrebbe pure crollare). Questo a parte il fatto che il PIL non è un indicatore sufficiente di ricchezza. Più sopra ho postato un link ad un articolo di Corrado Passera che spiega molto bene questo punto.
Tu forse sei giovane, e in tal caso non puoi dunque ricordare che i discorsi che si fanno e che fai sulla Cina, si sono fatti di volta in volta (con argomenti identici) sul Giappone (c'è stata una specie di "Sindrome del Giappone" in USA), e poi delle "Tigri asiatiche", una della quali (La Thailandia) è finita in default sotto l'attacco ribassista dello hedge fund di Soros. Il fatto è che il futuro non è lineare, ed è assai probabile che il tasso di crescita tendenziale (asintotico) della Cina sia uguale a quello medio degli USA attuale. Il che significa che non è detto che lo raggiunga mai, dipende dalla forma delle due curve. Oppure che lo raggiunga tra due secoli, il che vuol dire oltre l'orizzonte per il quale ha senso fare congetture.
Il fatto fondamentale non è però questo: è che si è fatto una specie di "terrorismo ideologico" sulla Cina, che non condivido. E ancora oggi la Cina è usata a sproposito come l'ipotetico "avversario competitivo" con il quale fare i conti, o si dovranno fare i conti. Non la vedo così. Per ora, dobbiamo "fare i conti" assai più con la Germania
Vincesko
Anche
se OT, mi costringi a puntualizzare (tanto qua non ci legge nessuno...).
1. Cognome,
amicizia. Sopra – nella mia prima replica - ho scritto che Il tuo “vezzo” di
rivolgerti col cognome ha “sicuramente” un significato più profondo. Ora,
le tue considerazioni – posso definirle ovvie? (io sono iscritto a FB, ma non lo frequento,
ho da molto tempo in stand by sei proposte di amicizia: non le ho ancora
accettate) - sull'amicizia ne sono una conferma indiretta. Non vorrei fare
dello psicologismo spicciolo, ma anche la tua “resistenza” - lo sai, vero? - è
un'ulteriore conferma.
2. Liberali. Come
al solito rifiuti l'evoluzione del significato dei termini e, in ogni caso,
invece di ammettere – semplicemente - che non sapevi che gli attori dei moti
risorgimentali venissero chiamati liberali, un po' cambi la pizza, un po' fai
ammuina rimettendo in mezzo Cavour. Mi vuoi dire che c'entra Cavour, che nel
'20 aveva 10 anni? In ogni caso, anche lui – figlio di Michele, schedato dalla
Polizia come giacobino - era liberale, ma non era
rivoluzionario, anzi: (preso da Wikipedia) “Ammiratore del liberismo
economico e del liberalismo politico inglese, egli era convinto che con il
metodo delle tempestive riforme si sarebbe evitato ogni sovvertimento
socialista”.
Guarda,
comunque, che anch'io sono un conservatore in campo linguistico e mal sopporto
perfino gli adattamenti operati dall'Accademia della Crusca o dal Devoto-Oli, e
coltivo addirittura il vezzo di contrastare il radicamento nell'uso corrente di
termini lessicali errati (ad esempio: 'serrare le fila' anziché 'file' oppure
'implementare' usato nel senso di ampliare, potenziare, oppure
'complementarietà' o 'multidisciplinarietà' anziché 'complementarità' e 'multidisciplinarità',
oppure 'piuttosto' nel senso di 'oppure', oppure 'affatto' come se equivalesse
a 'nient'affatto', oppure – per tornare a bomba e come ho appunto segnalato qua
- 'liberista' e 'liberale' come se non fossero sinonimi ma addirittura opposti
(il primo da usare in economia, il secondo in politica). Ma è – come si vede
anche qua - una fatica di Sisifo.
3. Quello delle
aree deputate del cervello va preso cum grano salis, (scusa, lo so, hai
qualche problema col... sale, diciamo così), visto che il cervello è un organo
molto complesso in buona parte ancora inesplorato. Detto questo, adesso con la
tecnica dell'imaging cerebrale è possibile individuare delle aree
funzionali deputate. A questo proposito: il maggior cruccio di Sigmund Freud –
che era laureato in medicina – fu forse proprio quello di non essere riuscito
ad ottenere – dato il livello tecnologico di allora - le evidenze oggettive,
neurofisiologiche della sua teoria psicanalitica. Ho citato apposta la coppia
amore-odio e le strutture neuronali, perché egli inferì/ipotizzò dal fatto che
l'amore potesse trasformarsi molto rapidamente in odio (e viceversa) che
probabilmente fossero situati in aree contigue del cervello. Due anni fa, una
ricerca inglese, proprio utilizzando la tecnica dell'imaging cerebrale, ha
avuto l'evidenza scientifica che non solo sono contigui, ma che addirittura
hanno una struttura neuronale parzialmente in comune. La fonte della notizia
per me fu Enrico Franceschini su Repubblica, ma non riesco a trovare
l'articolo del 2008, allora linko quest'altro che ne riprende la notizia:
4. Io non voglio
affatto che tu mi dia ragione, perché poi? Ma semplicemente avere il diritto di
non dare ragione a te (o a nessun altro, beninteso) se e quando non ce l'hai.
Tutto qua.
5.
Comunismo.
E ri-ridagli. Mettiamola così: prendo atto che non sei comunista, anche se
parli spesso e sostieni – a me pare – l'ideologia, vogliamo dire
'marxista'? volgarmente (=dal volgo, quorum ego) intesa 'comunista'? Comunque,
io non contrasto l'ideologia marxista, non mi può fregare di meno farlo; io,
pur avendo sempre votato per il PCI-PDS-DS, contrasto severamente - perché lo
ritengo pragmaticamente un danno enorme - gli Italiani di estrema sinistra che
uso definire – et pour cause - “ottusi” (=intelligentoni), perché i comunisti massimalisti sono
tendenzialmente a-logici, a-pragmatici, “benaltristi”, obnubilati
dall’ideologia e (per fare ancora della psicologia spicciola), non avendo
risolto il complesso edipico, se ne lasciano dominare e non gli va mai bene
nessuna soluzione e perdono tempo ad "ammazzare" tutti i giorni il
proprio padre. Sono una iattura.
6. Vedo che non
hai replicato sullo Scalfari supposto tremontiano: come mai? Sai, è una
questione di... 2+2.
7. Sul calcolo
del differenziale dei saggi di sviluppo, se vuoi puoi verificare, non hai
affatto bisogno del mio permesso. Peraltro mi farebbe piacere, poiché è un
aspetto cui, da meridionale, annetto molta importanza e che tratto spesso – e
lo farò anche in questo forum - nella sua applicazione alla questione
meridionale.
8.
Cina.
Io giovane? Lo vedi? Hai una cultura immensa, ma non riesci a fare 2+2. Come
faccio ad essere giovane avendoti informato che la mia visita - con amici -
alla sede nazionale del PSI è del 1986? Quindi ho vissuto anch'io il fenomeno
Giappone e l'ho anche citato nel mio primo 'post' di questa discussione. Ed
anche per chiarire che io non c'entro nulla con le obiezioni rispetto alla Cina
e che forse mi confondi con qualche altro ne riporto uno stralcio: “Ora il
pendolo della supremazia economica è tornato ad oscillare verso Est. Dov'è la
novità, è sempre stato così nei cicli storici. Loretta Napoleoni sostiene che
la globalizzazione – a giudicare dagli effetti – è stata molto più vantaggiosa
per la Cina che per noi. Amen, ormai è fatta, vediamo – come successe 30 anni fa
col Giappone - di resistere e di reagire al meglio”.
Vanishing
Caro B.,
mi spiace chiudere qui questa discussione. Il tono e il modo che sta prendendo non mi interessa. Non voglio fare questioni personali. Oltre tutto ci stiamo ripetendo.
Risponderò solo all'unica questione che non ci riguarda personalmente: ho scritto "tremontiano Scalfari", perché uno dei leit-motiv di Tremonti (anzi, il suo leit-motiv fondamentale, al quale lui stesso annette grande importanza) è l'idea di passare dalla tassazione delle persone alla tassazione delle cose. Visco lo incenerirebbe con il solo sguardo, se potesse, ed ha ragione (e non sono un fan di Visco, come avrai potuto osservare se mi leggi). Considero quest'idea una riedizione della Reaganomics. In ogni caso, una posizione del genere, anche se velleitaria, è assai qualificante sul piano politico, più che economico (BTW: Tremonti non è un economista, e per la verità ripete in continuazione di non esserlo). Scalfari è d'accordo con lui proprio su questo. Non è poco, sul piano politico.
Ora io leggo poco Scalfari, perché lo giudico poco interessante (mi sto esprimendo eufemisticamente), ma mi pare che abbia in generale un certa velata "simpatia" per Tremonti. Non c'è niente di male. Io stesso non giudico male Tremonti, è meno peggio di altri, anche se è di un narcisismo che lo danneggia. Apprezzo ad esempio che vada a Report e dichiari esplicitamente che non intende sottrarsi ad un giornalista che lo incalza, con l'aria di dire: "è normale che un giornalista incalzi un ministro ..". Questo sul piano personale. Sul piano politico, non sono d'accordo con le sue vedute fondamentali, a differenza di Scalfari.
Tutto qui.
mi spiace chiudere qui questa discussione. Il tono e il modo che sta prendendo non mi interessa. Non voglio fare questioni personali. Oltre tutto ci stiamo ripetendo.
Risponderò solo all'unica questione che non ci riguarda personalmente: ho scritto "tremontiano Scalfari", perché uno dei leit-motiv di Tremonti (anzi, il suo leit-motiv fondamentale, al quale lui stesso annette grande importanza) è l'idea di passare dalla tassazione delle persone alla tassazione delle cose. Visco lo incenerirebbe con il solo sguardo, se potesse, ed ha ragione (e non sono un fan di Visco, come avrai potuto osservare se mi leggi). Considero quest'idea una riedizione della Reaganomics. In ogni caso, una posizione del genere, anche se velleitaria, è assai qualificante sul piano politico, più che economico (BTW: Tremonti non è un economista, e per la verità ripete in continuazione di non esserlo). Scalfari è d'accordo con lui proprio su questo. Non è poco, sul piano politico.
Ora io leggo poco Scalfari, perché lo giudico poco interessante (mi sto esprimendo eufemisticamente), ma mi pare che abbia in generale un certa velata "simpatia" per Tremonti. Non c'è niente di male. Io stesso non giudico male Tremonti, è meno peggio di altri, anche se è di un narcisismo che lo danneggia. Apprezzo ad esempio che vada a Report e dichiari esplicitamente che non intende sottrarsi ad un giornalista che lo incalza, con l'aria di dire: "è normale che un giornalista incalzi un ministro ..". Questo sul piano personale. Sul piano politico, non sono d'accordo con le sue vedute fondamentali, a differenza di Scalfari.
Tutto qui.
Vincesko
@
Vanishing
Finalmente,
decisione intelligente.
Scalfari.
Io leggo Scalfari dal 1970 (ben quaranta anni fa, diavolo!) quando dirigeva L'Espresso
(formato lenzuolo) e poi l'ho seguito con Repubblica (1976). Lo reputo
una persona molto intelligente e coltissima, anche di economia. Tremonti lo
tengo “sotto osservazione” da oltre dieci anni, da quando partecipava alla
trasmissione di Gad Lerner “Milano, Italia”. Non ripeto qua quello che ho già
scritto (e che scriverò) nel thread che gli ho dedicato. Dagli
un'occhiata, se non l'hai già fatto.
Scalfari
– te lo ripeto, puoi fidarti – non è tremontiano, anzi è un antitremontiano,
nel senso che – come me - lo reputa un incompetente (poi linkerò le prove nel
suo thread). Sulla questione della tassazione delle cose, in luogo delle
persone, temo che hai preso un abbaglio. Volevo dirtelo nell'altro thread,
dove l'hai scritto (vedi come ti leggo attentamente, a differenza tua per i
miei 'post'?). Lo faccio qua. Rileggiti l'articolo di Scalfari, non mi pare
proprio parlasse di IVA.
P.S.:
mentre scrivo, ho sentito Tremonti ad Annozero affermare che ha tassato le stock
option (per dire che ha colpito anche i ricchi). Ah ah ah ah ah, sì,
ma per la parte eccedente 3 volte la retribuzione fissa, cioè non la pagherà
neanche Passera!). Ecco, chiunque commenterebbe semplicemente che è una bugia,
io che è il modo in cui si comporta un bambino che non ha le (s)palle per
reggere il confronto leale e le critiche e slealmente si mette a barare. Brutto
segno per una persona normale, pessimo per un uomo di governo.
Post e articolo collegati:
Il
Sig. Giulio T. ed il principio di Peter/8/Lettera
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2607816.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2015/03/il-sig-giulio-t-ed-il-principio-di_76.html
L’eredità
del Liberalismo italiano: uomini e fatti
08-03–2015 Paolo Savona
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