mercoledì 10 luglio 2019

Alcune osservazioni sulla bugia, la menzogna, le bufale, la maldicenza e la diffamazione




La calunnia ha un filo più tagliente di una spada, una lingua più velenosa di quella di tutti i serpenti del Nilo, un fiato che cavalca i venti come fossero corrieri e diffonde la menzogna per tutti i quattro punti cardinali del mondo (Shakespeare).

Pubblico qua questo mio vecchio commento sulla menzogna, le bufale e la diffamazione, che ho ritrovato nel mio archivio, pubblicato originariamente in calce a questo blog su Repubblica:
Carlo Clericetti  -  1 GEN 2017  Lettera aperta a Pier Luigi Bersani
E’ un tema attualissimo, fin dalla notte dei tempi.


... e PdC (Renzi) contaballe seriale e traditore del mandato elettorale.
Vincesko


Caro Vincesko,
non ti facevo grillino.



Caro Silvestro,
Ed infatti non lo sono, e trovo strampalato che tu lo affermi, avendo io scritto di recente[1 e 2] “Come si usa dire, il pesce puzza dalla testa. Nonostante (a) tutte le buone intenzioni di questo mondo palesate dal loro leader, (b) la ventata di aria nuova in un campo appestato per 20 anni dall’incompetente e fuori di testa miliardario narciso e schizoide Berlusconi; e (c) il merito, tutto sommato, di aver irreggimentato nell’ambito politico potabile quote di elettori turpiloquenti e facile preda di imbonitori di destra, non ci voleva Einstein per dedurre che un movimento politico capeggiato da un buffone ignorante eterodiretto da un paranoico avrebbe dato cattiva prova di sé proprio per la drammatica inadeguatezza delle qualità degli stessi leader e - inevitabile corollario - dei criteri di selezione dei vari dirigenti politici di seconda e terza fascia”.[…][1]
Talmente strampalato che ardisco arguirne che forse ti sono fischiate le orecchie.
Ma la tua deduzione strampalata mi dà l’agio di fare alcune osservazioni sulla bugia o menzogna, “meno pop. di bugia, che indica, di solito, una mancanza meno grave”.[2]

Bugia, menzogna
Da una statistica di qualche anno fa (che adesso non riesco a ritrovare), risultò che gli Italiani sono il popolo più bugiardo del mondo. Solo che non siamo bravi a dirle, le bugie. Ne risulta, perciò, secondo me, una certa, irresistibile simpateticità ( = sintonia, consonanza) con i bugiardi, in generale, e i leader politici bugiardi, in particolare, che sempre statisticamente risultano essere la categoria più bugiarda. Questo spiega perché, a differenza di Paesi molto più severi da questo punto di vista, in Italia un “grande bugiardo” (Silvio Berlusconi, copyright Eugenio Scalfari) abbia potuto ricoprire la carica di PdC per ben 8 anni, e un contaballe seriale (Matteo Renzi) abbia ricoperto tale carica per 3 anni, ma avrebbe potuto continuare a farlo ancora se non si fosse scontrato con la sonora batosta del NO al referendum costituzionale.
Per quanto riguarda la menzogna, io farei una distinzione: tra il caso in cui (a) si ricava un vantaggio, come è descritto in alcune ricerche, e quelli in cui lo si fa per (b) difesa o per (c) cattiveria.
Nel primo caso, dipende dal livello etico connesso all’educazione ricevuta, che ci mette in grado di scegliere tra ciò che è bene e ciò che è male, che agisce da remora, da freno inibitore (oltre ovviamente alla paura di essere beccati); nel secondo, la menzogna è un meccanismo di difesa che si adotta fin da piccoli, quando si ha la sfortuna di crescere con un genitore (o entrambi) troppo severo, autoritario, castrante; il terzo, o è frutto talvolta dei geni o è la conseguenza anch’esso di manipolazione psicologica o di modelli educativi deviati o di esperienze traumatiche di vera e propria violenza, fisica e/o psicologica, di grado tale da attivare automaticamente in certi casi il potente meccanismo della coazione a ripetere, perpetuando quella che io chiamo, più banalmente, la “catena”, che purtroppo si tramanda di genitori in figli, finché non trova - come spiega Alice Miller – “un testimone soccorrevole” che la spezza.

Bufale
E’ in corso una campagna contro le bufale online. Il presidente dell’Autorità Antitrust, Giovanni Pitruzzella, in un’intervista al Financial Times, ha indicato la necessità di un controllo del web, preceduto dalla presidentessa della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, e seguito dal PdC Paolo Gentiloni e dal PdR Sergio Mattarella.
Il primo a reagire, per difendere la post-verità (sic!), è stato Grillo, al quale sicuramente sono fischiate le orecchie e si è mossa la lunga coda di paglia, che ha parlato di “nuova Inquisizione contro il web”.
Io aborro le bufale, termine che ora uso in senso omnicomprensivo, cioè che abbraccia non solo le false notizie ma anche le maldicenze e le diffamazioni. Credo di essere stato il primo a smascherare quella sulle 600.000 auto blu.[3] Pochi giorni fa, leggendone il contenuto, ne ho smascherata subito un'altra (che pare sia vecchia), contro Prodi, diffusa in FB da un “amico” grillino. Ma occorre stigmatizzarle ed eventualmente sanzionarne severamente gli autori, tutte, anche quelle diffuse dai media tradizionali. E, soprattutto, quelle propalate ad arte dai poteri forti, dall’oligarchia dell’Unione europea e dai PdC contaballe (anche le mezze verità sono bugie intere).

[3] Post n. 230 del 22-11-2012
600 mila auto blu, una leggenda metropolitana

Maldicenza
In una discussione, un mio interlocutore mi faceva notare che “nella morale cristiana, la maldicenza è il riferire a terzi senza un buon motivo un fatto spiacevole altrui, che risponde al vero”.
2477 Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno [Cf Codice di Diritto Canonico, 220]. Si rende colpevole:
- di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;
- di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano; [Cf
Sir 21,28 ]
- di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a erronei giudizi sul loro conto
”.
Ed io ho ribattuto:
Diciamo che il significato corrente del termine “maldicenza”, che anche io ho usato e come i vocabolari confermano,[4] comprende quello che il diritto canonico chiama “giudizio temerario”. Anche nel senso che, com’è nel pettegolezzo, passando di bocca in bocca una piccola verità s’ingrandisce sempre più. Solo che nella maldicenza l’intenzione è malevola.
Poi c’è la “diffamazione”, cioè un'accusa infondata tesa a distruggere la reputazione di una persona, detta anche volgarmente (come fa anche il diritto canonico) “calunnia”, che in senso strettamente giuridico si ha invece quando l’accusa infondata è contenuta in una denuncia rivolta all’Autorità giudiziaria.[5]
Nella Divina Commedia, Dante pone i calunniatori nel Cerchio VIII, “tormentati dalla febbre che li fa delirare falsando i sensi, così come in vita confusero le parole false dalle parole vere”.[6]
[4] maldicenza 1. discorso da maldicente; chiacchiera malevola 2. abitudine di dire male del prossimo
Etimologia: ← dal lat. tardo maledicentĭa(m), deriv. Di maledĭcens -ĕntis; cfr. maldicente.
http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=maldicenza&idl=b7568f6310474c1391f68c29435fcc96&v=IT)
[5] Ingiuria, diffamazione, calunnia http://www.studiolegale-online.net/penale_r02.php
[6] DIVINA COMMEDIA INFERNO RIASSUNTO CANTO 30
CANTO XXX
Cerchio VIII fraudolenti
10a bolgia falsari di persona, di moneta, di parola.
Dannati: falsari di persona coloro che si fingono altri per trarne vantaggi.
“ di moneta coloro che coniano monete false.
“ di parola calunniatori, spergiuri e bugiardi.
Pena e contrappasso. Falsari di persona afflitti da una rabbia che li fa correre come maiali impazziti fuori dal recinto la rabbia ricorda la bramosia e l’avidità che li ha condotti in vita a fingersi altri Falsari di moneta ammalati di idropisia con il ventre gonfio di cattivi umore come i metalli vili che introducevano nelle monete d’oro.
Falsari di parola tormentati dalla febbre che li fa delirare falsando i sensi, così come in vita confusero le parole false dalle parole vere.


**********




domenica 7 luglio 2019

Il lupo Germania e la riforma del MES





La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità: come si perfeziona l’austerità
di coniarerivolta
Created: 06 July 2019

Il lupo Germania - inidonea come paese leader dell’UE - ha il solito vizio: mantenere il potere agli Stati, dove essa detta legge. E contrastare il rafforzamento del Parlamento Europeo, unico organo dell’Unione Europea democraticamente eletto direttamente dal popolo. Che costituirebbe una naturale evoluzione verso gli Stati Uniti d’Europa. Ora siamo a metà del guado, con conseguenze negative sui Paesi periferici dell’Eurozona.
Traggo dalla conclusione del mio libro LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO:

L’Eurozona è un insieme di Paesi strutturalmente eterogenei; non sono previsti dai trattati europei (influenzati dall’ordoliberismo germanico, senza però le correzioni che ne hanno smussato le asperità in sede applicativa in Germania),[295] meccanismi di aggiustamento degli squilibri strutturali interni: né quelli tipici delle federazioni, né quelli che ne distribuiscono equamente i pesi tra Paesi forti e Paesi deboli. 
Gli USA sono una federazione e perciò hanno i trasferimenti fiscali (quindi a fondo perduto) dagli Stati ricchi a quelli meno ricchi, che fanno da riequilibratori, per il tramite del bilancio federale, pari al 20% del Pil annuo USA (pari complessivamente – fonte FMI - a 19.500 mld $). 
L’UE è invece ancora una confederazione (atipica),[301] che non contempla i trasferimenti fiscali, il cui bilancio confederale ammonta ad appena l’1% del Pil complessivo (pari a 18.500 mld $) e la cui moneta è comune a 19 Paesi su 28. In un sistema di cambi variabili, il riequilibrio avviene attraverso la rivalutazione della moneta del Paese con surplus commerciale, la quale rende più costose le sue esportazioni. Questo non può avvenire nell’Eurozona essendo una unione monetaria. Il riequilibrio tra i Paesi membri avviene, non a spese dei Paesi ricchi, tramite i trasferimenti fiscali o, almeno, la sanzione dei surplus commerciali eccessivi (che, peraltro, deve tener conto di un parametro del 6%, dimensionato a misura della Germania, la quale, quando fu deciso dalla prona Commissione Barroso, aveva un surplus del 5,9%), ma a spese dei Paesi meno ricchi, attraverso la deflazione dei salari e la riduzione dei diritti e i trasferimenti di capitali in prestito (quindi a titolo oneroso) dai più forti e avvantaggiati dalla moneta unica (Germania, Olanda, Belgio, Francia, Austria, ecc.) a quelli deboli e svantaggiati dall’Euro (Piigs). […] 
Nella diatriba in corso tra il Governo italiano e la Commissione Europea sulla deviazione del deficit, che comunque non sfora il limite del 3 per cento, come è avvenuto negli ultimi sette anni pur in una lunga fase di recessione e stagnazione che avrebbe richiesto una politica economica espansiva, il presidente Juncker è arrivato a paragonare l’Italia alla Grecia, paventando addirittura un rischio di default. Un rischio inesistente e un paragone improponibile, oggettivamente offensivo. A parte le notevoli differenze della dimensione e della struttura produttiva, manifatturiera, economica e finanziaria privata e pubblica tra l’Italia e la Grecia, la Grecia è tra i Paesi percettori netti dei fondi UE (4 miliardi annui), l’Italia tra i contribuenti netti (4 miliardi annui); la Grecia ha beneficiato dei soldi dei fondi salva-Stato (alcune centinaia di miliardi) e di un taglio del debito e degli interessi sul debito; l’Italia non ha preso un solo Euro ed ha anzi versato 60 miliardi per aiutare gli altri Paesi, tra cui la Grecia.[138][150] Per cui non è del tutto arbitrario pensare che tutto ciò sia voluto, politicamente determinato e riconducibile, da una parte, al progetto egemonico franco-tedesco (ma più francese che tedesco) sull’Italia, come scrive non un sovranista ma Roberto Napoletano, nel suo ultimo libro più volte citato; e, dall’altra, all’interesse dei Paesi «core» dell’UE (Germania, Olanda, Francia, Austria, Belgio, Lussemburgo, ecc.) a continuare a dirottare i capitali (anche quelli italiani) su di loro, sia, in primo luogo, sui titoli di Stato, mantenendo bassi o quasi nulli i tassi d’interesse sul loro debito, sia in investimenti. L’opposto della solidarietà inscritta nei Trattati. 
E l’opposto dello schema razionale e funzionale applicato dagli USA, che obbliga sì i singoli Stati della federazione all’equilibrio economico-finanziario, ma affida opportunamente al Governo federale l’implementazione delle politiche economiche anticicliche. 

Segnalo sulla riforma del MES questo articolo di Sergio Fabbrini sul “Sole 24 ore” sulla bozza del trattato relativo alla revisione del MES, che contempla una minoranza di blocco. Dell’articolo, riporto la conclusione. Chissà se anche il governo gialloverde, come hanno fatto i precedenti, firmerà questo trattato che penalizza l’Italia, ma non solo, poiché i nuovi criteri di “accesso alle linee precauzionali di emergenza dell’Esm”, secondo una simulazione di Marcello Minenna (riportata sullo stesso giornale) sulla base dei dati macro-economici della Commissione Europea, escluderebbero 10 dei 19 Paesi dell’Eurozona, inclusa la Francia.
Ovviamente, se si tenesse conto del debito totale pubblico + privato, che penalizza ancor più la Francia ma in particolare l’Olanda, abituale censora severa del debito pubblico italiano, le conclusioni sarebbero tutt’affatto diverse.

La partita vera sul Fondo Salva-Stati
di Sergio Fabbrini - 23 Giugno 2019
Anche se la Commissione è coinvolta nel processo di valutazione della richiesta di aiuto (insieme alla direzione del Fondo, alla Banca centrale europea e all’Fmi), appare evidente che il Fondo finirà per dare vita ad una supervisione delle condizioni finanziarie dei Paesi membri dell’Eurozona che si sovrapporrà a quella già stabilita dal Patto di stabilità e crescita (e dai suoi sviluppi successivi). Ma tra le due procedure c’è una differenza significativa. Nel Patto, la Commissione ha acquisito un ruolo autonomo nella valutazione delle condizioni finanziarie di un Paese, anche se le sue raccomandazioni (ad esempio, di avviare una procedura d’infrazione) possono essere poi neutralizzate da una maggioranza qualificata contraria del Consiglio dei ministri finanziari. Nel Fondo, invece, l’autonomia della Commissione viene fortemente ridimensionata da una governance costituita esclusivamente dai rappresentanti dei governi nazionali (i membri del Board of Governors, del Board of Directors, e il Managing Director sono tutti nominati dai governi nazionali).
Questi ultimi dovranno prendere decisioni generalmente all’unanimità (mutual agreement), oppure a maggioranza qualificata (in casi specifici) o a maggioranza semplice (in casi molto limitati). Ogni Paese dell’Eurozona che partecipa al Fondo ha un numero di voti correlato al suo contributo finanziario. Secondo l’Appendice II del Fondo, la Germania ha quasi il 27 per cento, la Francia poco più del 20 per cento e l’Italia poco più del 17 per cento dei voti. Naturalmente, ciò è giustificato dal contributo finanziario di quei Paesi. Si faccia attenzione, però. Recita l’articolo 4.4 (Capitolo 2 della bozza), «l’adozione di una decisione attraverso il mutual agreement (da parte dei due Board), nel contesto della procedura d’emergenza, richiede una maggioranza qualificata dell’85 per cento dei voti». Ciò significa, dunque, che nessuna decisione potrà essere presa, in condizioni di emergenza, senza l’autorizzazione della Germania, in quanto dotata (molto più che la Francia e l’Italia) di un pesante voto di blocco. Ecco come i governi nazionali (o alcuni di essi) contrastano la Commissione europea nella sua richiesta ad avere un ruolo nella politica finanziaria.
Insomma, dietro la confusione di Bruxelles c’è in realtà un conflitto tra governi nazionali e istituzioni sovranazionali. I primi vogliono trasformare l’Ue in un’associazione di Stati gestita dal Consiglio europeo, le seconde in un’unione parlamentare governata dalla Commissione. Più il Parlamento europeo e la Commissione hanno rivendicato nuovi poteri, più gli organismi intergovernativi hanno controbattuto con nuovi meccanismi (come il Fondo) da essi controllati. La logica intergovernativa richiederebbe di essere contrastata dal suo interno, non solo dall’esterno. Almeno da quei governi che la subiscono. Eppure, il governo italiano non dice niente. A Roma sono in campagna elettorale, mentre a Bruxelles stanno cambiando l’Europa contro i nostri interessi.

Allego il testo della bozza del trattato sulla revisione del MES (attualmente disponibile solo in inglese).

Questi sono gli allegati al trattato.


**********