domenica 30 dicembre 2018

Lettera n. 2 a Valentina Conte di “Repubblica” sulle sue notizie false sulle pensioni


Lettera n. 2 a Valentina Conte di “Repubblica” sulle sue notizie false sulle pensioni
Da:  v
27/12/2018  19:52
A:  v.conte@repubblica.it   Copia  redazione.internet@ansa.it  e altri 48+50

Gentile Dott.ssa Valentina Conte,
Requisiti Fornero
E chi non ha i numeri per Quota 100? Potrà andare in pensione con le vecchie regole della legge Fornero che non viene cancellata né messa in soffitta. Resta dunque la pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 di contributi. E la pensione anticipata, il cui requisito non viene aggiornato alla speranza di vita, ma congelato a 42 anni e 10 mesi, come ora, a prescindere dall'età anagrafica. In questo secondo caso lo "sconto" di 5 mesi (nel 2019 il requisito doveva salire a 43 anni e 3 mesi) in realtà si riduce a 2 mesi, visto che il governo introduce la finestra di 3 mesi tra la maturazione dei requisiti per la pensione e la sua effettiva erogazione.

Purtroppo, Lei non legge le mie periodiche email circolari e, in un articolo di buona fattura, ri-diffonde false notizie sulle pensioni. Le segnalo che la riforma Fornero, L. 214/2011, art. 24, non ha quasi toccato il pensionamento di vecchiaia:
- ha solo accelerato, gradualmente entro il 2018, l’allineamento a 65 anni delle donne private a tutti gli altri, già regolati da Sacconi; e
- ha ridotto di 6 mesi l’età di pensionamento degli autonomi (maschi e femmine), allineandoli a tutti gli altri.
Pertanto, l’età di pensionamento di vecchiaia oggi a 66 anni e 7 mesi e nel 2019 a 67 anni non è dovuta alla riforma Fornero ma quasi esclusivamente alla riforma Sacconi, Legge 30.7.2010, n.122, Legge 15.7.2011, n. 111, Legge 14.9.2011, n. 148.[1]

[1] PENSIONE DI VECCHIAIA (2019)
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi 2 anni in più sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi).
- L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico salirà (da 60) quasi senza gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento all'aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da 60) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”, previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.

Aggiungo che la stessa professoressa Fornero ha lamentato sia nel suo ultimo libro, sia in interviste l’attribuzione errata alla sua riforma dell’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni (e di un anno e 3 mesi dell’età di pensionamento anticipato).[2]

[2] «Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. Nel commentare quest’ultima misura, mi sia consentita un’annotazione sullo stile di governo dei tecnici (e in ogni caso della sottoscritta): mentre le finestre erano state introdotte con lo scopo di ritardare il pensionamento senza farlo ben comprendere all’opinione pubblica, la loro cancellazione rispondeva a un criterio di trasparenza, riassumibile nel messaggio: «se hai maturato il diritto al pensionamento è assurdo che ti si chieda un anno di “attesa”, peraltro non contato a fini pensionistici». La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche.» (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizioni nel Kindle 3137-3141).

Ma la colpa è soprattutto della formulazione insufficiente e poco chiara del testo della norma Fornero, poiché ella non ha esplicitato il legame della sua decisione molto opportuna tra l’abolizione della c.d. “finestra” Sacconi-Damiano e l’aumento dell’età base, “appropriandosi” così, di fatto, di entrambe le misure, che infatti TUTTI non a caso le attribuiscono, inclusi professori di Diritto del Lavoro e Welfare.

Rilevo, infine, che l’età di pensionamento anticipato di 42 anni e 10 mesi riguarda esclusivamente gli uomini, e dei 2 anni e 10 mesi in più rispetto ai 40 del 2010 un anno e 3 mesi sono dovuti alla riforma Sacconi (di cui 4 mesi in media alla riforma Damiano, L. 247/2007); mentre l’età di pensionamento delle donne è di 41 anni e 10 mesi, e dell’anno e 10 mesi in più rispetto ai 40 del 2010, un anno e 3 mesi sono dovuti a Sacconi (di cui 4 mesi in media a Damiano).[3]

[3] PENSIONE ANTICIPATA (ex anzianità)
- L’età di pensionamento degli uomini salirà (da 40 anni nel 2010) a 43 anni e 3 mesi e di questi 3 anni e 3 mesi in più 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 2 anni sono di Fornero o 1 anno e 6 mesi relativamente agli autonomi. I tre mesi in più sono stati decisi dal DL 98/2011 (L. 111/2011), art. 18, comma 22ter: più 1 mese per chi matura i requisiti nel 2012, più 2 mesi per chi li matura nel 2013, e più 3 mesi per chi li matura nel 2014. Quindi si arriva a 41 anni e 1 mese o 2 o 3 per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti e 41 anni e 7 mesi o 8 o 9 per i lavoratori e le lavoratrici autonomi.
- L’età di pensionamento delle donne salirà (da 40 anni) a 42 anni e 3 mesi, e di questi 2 anni e 3 mesi in più, 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 1 anno o 6 mesi sono di Fornero.

Cordiali saluti,
V.

PS: Per un’analisi approfondita della normativa pensionistica Sacconi e Fornero e capire come e perché si è diffusa da 6 anni la vulgata (che in Italia ha fatto quasi 60 milioni di vittime, oltre all’estero, per colpa anche di voi giornalisti), che abbia fatto tutto la riforma Fornero, obliterando completamente la ben più severa riforma SACCONI, si legga il capitolo 2 del mio recente saggio “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO: Le Manovre Monti. La riforma delle pensioni Fornero. Lo Statuto BCE.” https://www.amazon.it/TRE-PIU-GRANDI-BUFALE-SECOLO-ebook/dp/B07L3B5N5M, con prefazione di Carlo Clericetti e commento finale di Elsa Fornero.




giovedì 13 dicembre 2018

QE, la Corte di Giustizia UE dà ragione alla BCE e torto alla Germania





Segnalo volentieri la recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea,[1] che ha rigettato l’accusa, attuando il Quantitative Easing,[2] di avere travalicato il proprio mandato rivolta alla BCE da ricorrenti tedeschi che si sono rivolti alla Corte Cost. federale tedesca, la quale, prima di decidere, ha rinviato la questione alla Corte di Giustizia UE, chiedendole di pronunciarsi su due questioni: se il QE (i) esulasse dai compiti statutari della BCE e (ii) favorisse singoli Paesi, riferendosi evidentemente in particolare all’Italia, che sono intervenuti nella causa C‑493/17.

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

11 dicembre 2018 (*)
Rinvio pregiudiziale – Politica economica e monetaria – Decisione (UE) 2015/774 della Banca centrale europea – Validità – Programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari – Articoli 119 e 127 TFUE – Attribuzioni della BCE e del Sistema europeo di banche centrali – Mantenimento della stabilità dei prezzi – Proporzionalità – Articolo 123 TFUE – Divieto di finanziamento monetario degli Stati membri della zona euro»
Nella causa C‑493/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania), con decisione del 18 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 17 agosto 2017, nel procedimento instaurato da
Heinrich Weiss e altri, Bernd Lucke e altri, Peter Gauweiler, Johann Heinrich von Stein e altri,
con l’intervento di: Bundesregierung, Bundestag, Deutsche Bundesbank, […]


Evidenzio, in particolare, i punti della sentenza da 60 a 69, che trattano della vexata questio  dell’obiettivo statutario della BCE, che quasi tutti ritengono sia unico, della stabilità dei prezzi, mentre in effetti lo statuto BCE (derivato dai Trattati) stabilisce all’art. 2 che gli obiettivi sono due, anche se il secondo è subordinato e condizionato: fatto salvo l’obiettivo primario, sostenere le politiche economiche generali dell’Unione, per cui si può parlare di uno schema “duale-gerarchico”, a differenza della FED (USA), che ha un mandato duale pieno.[3] Riporto il punto 60:

Sulla delimitazione della politica monetaria dell’Unione
60      A questo proposito, è importante sottolineare come l’articolo 127, paragrafo 1, TFUE stabilisca segnatamente che, da un lato, fatto salvo il suo obiettivo principale di mantenimento della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione, e che, dall’altro lato, il SEBC deve agire rispettando i principi di cui all’articolo 119 TFUE. Ne consegue che, nell’ambito dell’equilibrio istituzionale stabilito dalle disposizioni contenute nel titolo VIII del Trattato FUE, nel quale si inserisce l’indipendenza garantita al SEBC dall’articolo 130 e dall’articolo 282, paragrafo 3, TFUE, gli autori dei Trattati non hanno inteso operare una separazione assoluta tra la politica economica e quella monetaria.


Credo che al bugiardo Jens Weidmann, presidente della Bundesbank (partecipante alla causa), che oblitera sistematicamente il secondo obiettivo, ancor più del presidente della BCE, Mario Draghi, siano fischiate le orecchie.[4]

Riporto altri due punti:

–       Sull’asserita equivalenza tra l’intervento del PSPP e l’acquisto di titoli sui mercati primari
109    Il giudice del rinvio ipotizza che le modalità del PSPP possano generare, per gli operatori privati, una certezza di fatto quanto ai riacquisti futuri sui mercati secondari, da parte del SEBC, dei titoli che costoro potrebbero acquistare presso gli Stati membri.
110    A questo proposito, occorre ricordare che l’intervento del SEBC sarebbe incompatibile con l’articolo 123, paragrafo 1, TFUE qualora gli operatori possibili acquirenti di titoli di Stato sui mercati primari avessero la certezza che il SEBC procederà al riacquisto di questi titoli entro un termine e a condizioni tali da permettere ad essi operatori di agire, de facto, come intermediari del SEBC per l’acquisto diretto di detti titoli presso le autorità e gli organismi pubblici dello Stato membro in questione (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 104).

Al riguardo, un elemento di riflessione è che il Tesoro USA, per il quale vige un analogo divieto di acquisto diretto dei titoli del Tesoro sul mercato primario, lo fa abitualmente attraverso accordi con i suoi dealer.[5]


Riporto, infine, la conclusione della sentenza:

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)      L’esame delle questioni pregiudiziali prima, seconda, terza e quarta non ha rivelato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della decisione (UE) 2015/774 della Banca centrale europea, del 4 marzo 2015, su un programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari, come modificata dalla decisione (UE) 2017/100 della Banca centrale europea, dell’11 gennaio 2017.
2)      La quinta questione pregiudiziale è irricevibile.
Firme

Rimarco che la CGUE si era già pronunciata in modo analogo nella sua sentenza del 2015 relativa al ricorso tedesco contro le OMT. La relativa sentenza in italiano, con il mio commento, è riportata più sotto nel post collegato.
In tale sentenza, la CGUE ha anche affermato che le banche centrali nazionali facenti parte del SEBC «sono tenute ad agire secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE»:
«39 Risulta inoltre dall’articolo 12, paragrafo 1, terzo comma, del suddetto protocollo che, per quanto possibile ed opportuno, la BCE si avvale delle banche centrali nazionali per eseguire operazioni che rientrano nei compiti del SEBC, là dove in questo contesto tali banche sono tenute, in forza dell’articolo 14, paragrafo 3, del medesimo protocollo, ad agire secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE.»
E che la BCE può acquistare titoli di Stato di singoli Paesi in modo differenziato:
«55 Per quanto riguarda il carattere selettivo del programma annunciato nel comunicato stampa, occorre ricordare che tale programma ha come obiettivo di rimediare alle perturbazioni del meccanismo di trasmissione della politica monetaria generate dalla situazione specifica dei titoli del debito pubblico emessi da alcuni Stati membri. Pertanto, date tali circostanze, il semplice fatto che il programma suddetto si limiti specificamente a questi titoli di Stato non può implicare, di per sé, che gli strumenti utilizzati dal SEBC non rientrino nella politica monetaria. Inoltre, nessuna disposizione del Trattato FUE impone al SEBC di intervenire sui mercati finanziari con misure generali che si applichino necessariamente all’insieme degli Stati della zona euro.»
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Note

DECISIONE (UE) 2015/774 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 4 marzo 2015
su un programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari (BCE/2015/10)

DECISIONE (UE) 2015/774 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 4 marzo 2015
su un programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari (BCE/2015/10) (GU L 121 del 14.5.2015, pag. 20)
Modificata da: Gazzetta ufficiale n. pag. data ►M1 Decisione (UE) 2015/2101 della Banca centrale europea del 5 novembre 2015 L 303 106 20.11.2015 ►M2 Decisione (UE) 2015/2464 della Banca centrale europea del 16 dicembre 2015 L 344 1 30.12.2015 ►M3 Decisione (UE) 2016/702 della Banca centrale europea del 18 aprile 2016 L 121 24 11.5.2016 ►M4 Decisione (UE) 2017/100 della Banca centrale europea dell'11 gennaio 2017

[3] Dialogo sulla politica economica del Governo e la politica monetaria della BCE

[4] Il bugiardo e imbroglione Jens Weidmann e la massima di Goebbels

[5] QE, gli obiettivi ed i poteri della BCE e della FED


Post collegato:
QE (OMT), la Corte di Giustizia Europea dà torto alla Corte Costituzionale tedesca


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lunedì 19 novembre 2018

Lettera a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulle pensioni



Pubblico la lettera che ho inviato quattro giorni fa a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulla riforma delle pensioni Fornero, ennesimo esempio di un rappresentante della categoria dei giornalisti che scrive di cose – le pensioni - che non conosce, ma che fanno tanto audience. Ad oggi, non ho ricevuto nessuna risposta.

Lettera a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulle pensioni
Da:  v
15/11/2018  22:20
A:  redazione@linkiesta.it,    francesco.cancellato@linkiesta.it     e altri 47+95

ALLA C.A. DEL DOTT. FRANCESCO VECCHI
P.C. DIRETTORE FRANCESCO CANCELLATO

Egr. Dott. Vecchi,

Traggo dal Suo articolo pubblicato su LINKIESTA del 14 novembre 2018 “Quota 100? È una fabbrica di pensionati poveri”:

“A 62 anni si riceverebbe infatti un assegno da 685 euro, a 63 anni 737 euro, a 64 anni 790 euro e così via fino a chi prenderebbe 935 euro se decidesse di andare in pensione a 66 anni, cioè un anno prima di quanto previsto dalla Fornero”.
Mi spiace constatare che anche Lei scrive di pensioni senza conoscere bene la normativa pensionistica, come quasi tutti i 60 milioni di Italiani, inclusi i sedicenti esperti previdenziali, oltre all’estero.
Scusi, da dove ha ricavato che è stata la riforma Fornero ad avere fissato l’età di pensionamento a 67 anni? Ah, lo dicono tutti. La informo che si sbagliano tutti, perché l’età di pensionamento di vecchiaia oggi a 66 anni e 7 mesi e nel 2019 a 67 è dovuta esclusivamente alla severissima e misconosciutissima riforma Sacconi (Legge 30.7.2010, n.122, art. 12, più Legge 15.7.2011, n. 111, Legge 14.9.2011, n. 148).[1]
[1] PENSIONE DI VECCHIAIA (2019)
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi 2 anni in più sono di Sacconi, un anno da 65 a 66 tramite la “finestra” e un anno per effetto dell’adeguamento all’aspettativa di vita, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi).
- L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico è salita (da 60 nel 2010) quasi senza gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento all'aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da 60 nel 2010) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”, previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.
Aggiungo che la stessa professoressa Fornero ha lamentato recentemente sia nel suo ultimo libro Chi ha paura delle riforme. Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni, sul quale l’INKIESTA le ha fatto un articolo-intervista (Un’aliena a Palazzo: così hanno incastrato Elsa Fornero”), sia in interviste (ad esempio a Radio1-Zapping del 22 giugno u.s.) l’attribuzione errata alla sua riforma dell’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni (e di un anno e 3 mesi dell’età di pensionamento anticipato).[2]
[2] "Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. Nel commentare quest’ultima misura, mi sia consentita un’annotazione sullo stile di governo dei tecnici (e in ogni caso della sottoscritta): mentre le finestre erano state introdotte con lo scopo di ritardare il pensionamento senza farlo ben comprendere all’opinione pubblica, la loro cancellazione rispondeva a un criterio di trasparenza, riassumibile nel messaggio: «se hai maturato il diritto al pensionamento è assurdo che ti si chieda un anno di “attesa”, peraltro non contato a fini pensionistici». La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche” (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizioni nel Kindle 3137-3141).
Spero di esserle stato utile. Ne faccia buon uso.
Cordiali saluti,
V.


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domenica 28 ottobre 2018

Lettera a Valentina Conte di “Repubblica” sulle sue notizie false sulle pensioni


Pubblico la lettera che ho inviato a Valentina Conte di Repubblica sulle sue notizie false sulle pensioni. Riporto in calce la sua risposta e la mia replica.

Lettera a Valentina Conte di "Repubblica" sulle sue notizie false sulle pensioni
Da:  v
28/10/2018  01:07
A:  v.conte@repubblica.it   Copia  redazione.internet@ansa.it   e altri 47+49

Gentile Dott.ssa Valentina Conte,
Lei è una dei destinatari delle mie periodiche e-mail circolari sugli strafalcioni relativi all’interpretazione delle norme pensionistiche, per cui mi sorprende leggere, nel Suo articolo di oggi “Senza quota 100, in pensione a 67 anni” http://www.repubblica.it/economia/2018/10/27/news/senza_quota_100_in_pensione_a_67_anni-210159191/, quanto segue:

1. “Nel primo caso, l’età però sale di cinque mesi rispetto ad oggi: a 67 anni (con un minimo contributivo di 20 anni). Si adegua - come previsto dalla legge Fornero - alla speranza di vita.

Falso. Come previsto dalla legge SACCONI (L. 122/2010, art. 12, comma 12bis) http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2010-5-31;78~art12!vig=.
Vedi anche: Pensioni, dopo una mia lettera Repubblica rettifica una notizia falsa che circola sui media da sei anni

2. “dunque nel biennio successivo (2021-2022)”.

Questa è l’interpretazione di RGS, che deve emettere il decreto direttoriale, come previsto dalla riforma SACCONI, ma è errata. Infatti la norma Fornero, che modifica la periodicità da triennale a biennale dell’adeguamento all’aspettativa di vita (L. 214/2011, art. 24, comma 13), così recita:
“13 Gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita successivi a quello effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale secondo le modalita' previste dall'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni […]”
Cioè è relativo agli “adeguamenti successivi a quello [triennale, 2019-2021, ndr] effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019”. Quindi, non quello del 2019, ma quello successivo a quello del 2019, cioè nel 2022.

3. “O addirittura - se la mortalità aumentasse nei prossimi quattro anni - in discesa (si uscirebbe prima dei 67 anni).

No, secondo RGS (e altri), le diminuzioni non vanno computate, interpretando male la norma, che recita:
In sede di prima applicazione tale aggiornamento non puo' in ogni caso superare i tre mesi e lo stesso aggiornamento non viene effettuato nel caso di diminuzione della predetta speranza di vita”.

Limitazione che invece dovrebbe valere soltanto “in sede di prima applicazione” (2013).

4. “Il meccanismo che lega l’aumento dei requisiti per la pensione all’aumento della speranza di vita ha una sua logica tecnica.

Anche per le cosiddette “quote”, il meccanismo dell’adeguamento alla speranza di vita fu deciso dalla riforma SACCONI. La riforma Fornero lo estese soltanto alle pensioni anticipate, che prescindono dall’età anagrafica (art. 24, comma 12).

Spero di essere stato utile.

Cordiali saluti,
V.

***

Riporto la risposta di Valentina Conte e la mia replica.

Re: Lettera a Valentina Conte di "Repubblica" sulle sue notizie false sulle pensioni
Valentina Conte<v.conte@repubblica.it>(v.conte@repubblica.it)
28/10/2018  17:12
A:  v  

Gentile Signore, 
Le mail personali si mandano alle singole persone. 
Inviato da iPhone


Re: Lettera a Valentina Conte di "Repubblica" sulle sue notizie false sulle pensioni
Da:  v
28/10/2018  18:20
A:  Valentina Conte  

Gentile Signora,
Mi spiace, nulla di personale, come Lei sa l'ho fatto decine di volte, fin dal 2012, quando replicò pari pari, con gli stessi errori sulle pensioni, l'articolo di Gianni Trovati del 15 luglio 2012 su Il Sole 24 ore «Quattro anni di manovre: fisco pigliatutto», ma di tutta evidenza non sono servite a niente. Lei, peraltro, non mi ha mai ringraziato o risposto.
Lei sa bene, visto che è da tempo nella mia mailing list, che la DISINFORMAZIONE sulle pensioni (e sulle manovre correttive della XVI legislatura e le responsabilità della recessione) ha fatto in Italia quasi 60 milioni di vittime, oltre all’estero, per colpa anche - forse soprattutto - dei media; faccio controinformazione da 7 anni, ho scoperto che l'unico modo efficace è fare come faccio da un anno (lo spiego nel post Pensioni, dopo una mia lettera Repubblica rettifica una notizia falsa che circola sui media da sei anni, allegato all'interno della lettera).
Per gli errori di interpretazione delle norme, ho scritto 2 volte anche al Ragioniere generale dello Stato, inviando p.c., come Lei sa, anche al Presidente della Repubblica, oltre che a 700 destinatari. E non so se è servito. Nel Suo caso, pur essendo “plurirecidiva”, mi sono limitato ai media. 
Spero che ora mi darà una mano a fare chiarezza sulle pensioni (e sulle manovre correttive della XVI legislatura). Perché non scrive anche Lei - che conta molto più di me - al Ragioniere generale, facendo riferimento se vuole alle mie due lettere, per chiedergli se intende rispettare le norme pensionistiche, finché non le cambiano?
La informo che, come faccio sempre, pubblicherò questo scambio di email nel mio blog.
Cordiali saluti,
V.


Buonasera,
Vi prego di voler inoltrare questa e-mail a Valentina Conte, che si ostina a non leggere le mie e-mail e ricommette errori marchiani sulle pensioni, al caporedattore economia e al caposervizio previdenza. Grazie.
Cordiali saluti,

28/10/2018  16:41 
repubblicawww@repubblica.it


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venerdì 12 ottobre 2018

Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche




Pubblico la seconda lettera che ho inviato l’8.10 scorso alla Ragioneria Generale dello Stato, sulle sue notizie false e le sue errate interpretazioni delle norme pensionistiche, che ho ricavato questa volta dalla Nota di aggiornamento al DEF 2018. Alla solita errata interpretazione della decorrenza della periodicità biennale dell’adeguamento all’aspettativa di vita, che le ho contestato nella prima lettera, ora ha aggiunto l’errata interpretazione di norme relative all’allungamento dell’età di pensionamento e una sopravvalutazione dell’estensione del metodo contributivo deciso dalla riforma Fornero, oltre alla abituale obliterazione della riforma Sacconi. Poiché la prima errata interpretazione è presente anche in leggi già approvate e promulgate, ho trasmesso anche questa volta la lettera, per conoscenza, al Presidente della Repubblica. Ad oggi, non ho ricevuto alcuna risposta.

Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche
Da:  v
8/10/2018 17:59
A:  ragioniere.generale@mef.gov.it,    luciana.patrizi@mef.gov.it     e altri 48+1.090

ALLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO
P.C. SIG. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, PARLAMENTO, GOVERNO, PARLAMENTARI EUROPEI, ALTRE ISTITUZIONI, MEF, MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI, SINDACATI, UNIVERSITA’, ASSOCIAZIONI, FONDAZIONI, MEDIA 
Spett. Ragioneria Generale dello Stato,
«La previsione della spesa pensionistica45, riportata in Figura R1, sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli ultimi venti anni. Si fa riferimento, in particolare, all’applicazione del regime contributivo (Legge n. 335/1995) e alle nuove regole introdotte con la Legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato, ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni. Il processo di riforma ha previsto altresì l’estensione, a partire dal 2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori. Infine, a partire dal 2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli per l’accesso all’assegno sociale) e quello contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica sono periodicamente indicizzati alle variazioni della speranza di vita, misurata dall’ISTAT. Con medesima periodicità ed analogo procedimento è previsto, inoltre, l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione in funzione delle probabilità di sopravvivenza. Entrambi gli adeguamenti sono effettuati ogni tre anni dal 2013 al 2019, ed ogni due anni successivamente, secondo un procedimento che rientra interamente nella sfera di azione amministrativa e che garantisce la certezza delle date prefissate per le future revisioni46».
Mi permetto di esternarVi che trovo grave e preoccupante che anche RGS alimenti la DISINFORMAZIONE sulle pensioni, che ha fatto in Italia quasi 60 milioni di vittime, oltre all’estero, e che mi tocca contrastare da sei anni. Mi permetto, pertanto, di formulare le seguenti, puntuali osservazioni critiche (traggo i dati e i link dal mio libro-diario-denuncia “Le Tre Più Grandi Bufale del XXI Secolo” - la prima [rectius: seconda] delle quali è la riforma delle pensioni Fornero, da sei anni la più grande vittima di bufale, la seconda [rectius: prima] sono le Manovre correttive della XVI legislatura e la responsabilità della Grande Recessione e la terza sono Gli obiettivi statutari della BCE -, di prossima pubblicazione).

1. Età di pensionamento
«nuove regole introdotte con la Legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato».
Quali regole? La riforma Fornero (L. 214/2011, art. 24) non ha toccato le pensioni di vecchiaia, se non:
  • per l’accelerazione gradualmente entro il 2018 dell’allineamento delle donne private a tutti gli altri a 65 anni (L. 214/2011, art. 24, comma 6), già previsto dalla riforma SACCONI (includendo l’adeguamento all’aspettativa di vita introdotto dalla riforma SACCONI) gradualmente entro il 2023, ma in ogni caso 2 anni, da 65 a 67 anni (nel 2019), "finestra" di 12 mesi e adeguamento di 12 mesi alla speranza di vita, sono dovuti a SACCONI, tranne 4 mesi in media a Damiano (L. 247/2007); e
  • per la riduzione di 6 mesi della “finestra” mobile per i lavoratori autonomi (uomini e donne), per allinearli ai lavoratori dipendenti.
Per tutti gli altri, la riforma Fornero non c’entra: l’età di pensionamento di vecchiaia è stata aumentata esclusivamente dalla ben più severa riforma SACCONI (L.122/2010, art. 12, L.111/2011, L. 148/2011): (i) di un anno (da 65 a 66 anni per i dipendenti e a 66 anni e 6 mesi per gli autonomi) attraverso la “finestra” mobile, di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi; e (ii) di ben 5 anni, più “finestra” di 12 mesi, quindi di 6 anni, per le dipendenti pubbliche (da 60 a 61 anni dal 1.1.2012 e da 61 a 65 dal 1.1.2013, più adeguamento di 12 mesi all’aspettativa di vita).
L’attribuzione erronea da parte di tutti, inclusi professori di Lavoro e Previdenza, alla riforma Fornero dell’aumento a 66 anni è dovuto presumibilmente alla formulazione insufficiente e poco chiara della norma Fornero, che non ha esplicitato il legame tra aumento dell’età base sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), e abolizione della “finestra” mobile SACCONI-Damiano (comma 5).
Lo stesso fraintendimento è avvenuto anche per l’aumento da 40 anni a 41 anni e 3 mesi per le pensioni anticipate, che a leggere la norma (comma 10) sembra deciso da Fornero - che anzi ha ridotto di 6 mesi per gli autonomi l’età di pensionamento di 41 anni e 9 mesi, allineandoli ai dipendenti -, mentre invece è stato deciso da SACCONI con la L. 122/2010 e la L. 111/2011.
La prova testimoniale dell’errata attribuzione a Fornero anziché a SACCONI dell’aumento dell’età di pensionamento ve la posso fornire io, che, per colpa della riforma SACCONI, dovetti procrastinare il pensionamento dal 1° marzo 2011 al 1° marzo 2012; quella documentale la potete reperire nel testo della legge 214/2011, art. 24, che ha aumentato l’età base ma contestualmente ha abolito la “finestra” mobile, o in ciò che scrive la stessa professoressa Fornero nel suo ultimo libro, lamentando l’errata attribuzione a lei:
"Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche" (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizione nel Kindle 3137).

2. Regime contributivo
«Il processo di riforma ha previsto altresì l’estensione, a partire dal 2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori».
Tale affermazione (che, peraltro, fanno quasi tutti da sei anni, inclusa la professoressa Fornero talvolta nel suo libro citato) è ambigua e fuorviante:
(i) la riforma Fornero ha, appunto, soltanto esteso il metodo contributivo, pro rata dall’1.1.2012, ma non “a tutti i lavoratori”, bensì soltanto a coloro che erano esclusi dalla riforma Dini del 1995 (che lo ha introdotto), cioè coloro che al 31.12.1995 avevano già un’anzianità contributiva di almeno 18 anni, quindi tutti relativamente anziani, che forse oggi sono in grandissima parte già in pensione, come conferma RGS fin dalla relazione tecnica alla L. 214/2011 (pag. 48):
«buona parte dei lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31/12/1995 hanno già acceduto al pensionamento»;
(ii) da un’analisi di RGS, cioè Voi (relazione tecnica L. 214/2011), risulta che il “pro-rata” contributivo fa risparmiare, relativamente al periodo dal 2012 al 2018, rispettivamente, (al netto fisco) 5, 24, 39, 70, 116, 169 e 216 milioni, e, a regime, circa 200 milioni, che poi si riducono velocemente fino a sparire: numeri che dimostrano la scarsa incidenza della misura.
Traggo dal mio libro-diario-denuncia, che lo desume dalla relazione tecnica:
«Estensione del sistema contributivo pro-rata dal 1° gennaio 2012 (i valori di economia del 2018 sono sostanzialmente quelli di regime destinati a ridursi nel tempo in ragione dell'eliminazione delle pensioni interessate dalla misura)».

3. Adeguamento all’aspettativa di vita
«gli adeguamenti sono effettuati ogni tre anni dal 2013 al 2019, ed ogni due anni successivamente».
Come ho già osservato con e-lettera del 23.2.2018, 19:20, inviata p.c. via PEC anche al Presidente della Repubblica (che ha promulgato la Legge di Bilancio 2018), l’adeguamento biennale non decorre dal 2019, ma, come recita la chiarissima norma (L. 214/2011, art. 24, comma 13), è relativo agli “adeguamenti successivi a quello [triennale, 2019-2021, ndr] effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019”. Quindi, non quello del 2019, ma quello successivo a quello del 2019, cioè nel 2022.
Se, beninteso, è questo che intendete, in linea con quanto sostiene il Ragioniere Generale dello Stato nel decreto direttoriale emanato nel dicembre scorso; altrimenti, se intendete che l’adeguamento che decorrerà dal 2019 è triennale, a valere per il triennio 2019-2021, e quindi quello biennale decorrerà dal 2022, rilevo la contraddittorietà sia col predetto decreto direttoriale, sia con varie leggi che erroneamente lo prevedono, da ultimo la Legge di Bilancio 2018, oltre che con la tabella riportata a pag. 42 della relazione tecnica della L. 214/2011 (vedi appresso).
Vi informo che, dopo una lunga ricerca, ho infatti trovato che l’origine dell’errore (che ha ingannato tutti i commentatori e gli addetti ai lavori) è molto probabilmente nel posto più facile: la relazione tecnica della L. 214/2011. Traggo dal mio libro citato:
L’errata interpretazione viene offerta nella tabella a pag. 42[38] (l’evidenziazione in colore giallo dell’anno 2021 è nell’originale), la quale fa scattare l’adeguamento biennale dal 2019, che determina lo scatto a decorrere dal 2021 anziché dal 2022.
Per contro, la stessa relazione tecnica, contraddicendo quanto riportato dalla sua tabella a pag. 42, attesta nel commento (presumibilmente l’estensore è persona diversa da chi ha elaborato la tabella e probabilmente di grado gerarchico superiore) che l’adeguamento dell’età di pensionamento e del coefficiente di trasformazione del 2019 è triennale, e lo attesta sia a pag. 38, riproducendo fedelmente e correttamente la norma di legge (art. 24, comma 13):
- il passaggio da una periodicità triennale ad una biennale sia dell’adeguamento dei requisiti agli incrementi della speranza di vita sia dell’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione con riferimento agli adeguamenti e agli aggiornamenti aventi decorrenza successiva a quelli decorrenti dal 1° gennaio 2019;
sia, ancora più esplicitamente, a pag. 49 (dove, di tutta evidenza, manca nel periodo da me riportato un segno di interpunzione dopo le parole “4 mesi”) :
per i successivi adeguamenti triennali del 2016 e del 2019 la stima di tali adeguamenti incrementativi triennali è pari a 4 mesi[; ndr] per gli adeguamenti successivi [dal 2022, ndr] opera la nuova periodicità biennale.
Tale errore (2021) è ripetuto in varie leggi successive, da ultimo nelle leggi di bilancio 2017 e 2018, proposte, votate e approvate dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica.
Rilevo che il Servizio Studi della Camera e l’INPS (ad esempio nella Circ. n. 37 del 14.3.2012), a ridosso dell’approvazione della L. 214/2011, interpretano correttamente la norma; successivamente l’INPS – ente pagatore delle pensioni - si allinea all’interpretazione errata di RGS (scatto dal 2021), riportata in leggi e nel decreto direttoriale.
INPS - Circolare n. 62 del 4.4.2018
Decreto 5 dicembre 2017. Adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita. Modifica dei criteri per la determinazione del meccanismo di adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento alla speranza di vita. Articolo 1, comma 146, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per l’anno 2018)
Dal 1° gennaio 2019 si applicano i nuovi requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici adeguati agli incrementi della speranza di vita, stabiliti dal decreto 5 dicembre 2017. Con effetto dal 2021 (variazione della speranza di vita relativa al biennio 2021-2022) la legge n. 205 del 2017 ha previsto la revisione del meccanismo di calcolo dell’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento
Legge di Bilancio 2017
232/2016, art. 1, comma 206, lettera c
206 Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge:
2 c) all'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In via transitoria, con riferimento ai requisiti di cui al presente comma non trovano applicazione gli adeguamenti alla speranza di vita di cui al citato articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025 ai sensi dell'articolo 24, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»;
Legge di bilancio 2018 – Art. 1
146 Al comma 13 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « , salvo quanto previsto dal presente comma »; b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con riferimento agli adeguamenti biennali di cui al primo periodo del presente comma la variazione della speranza di vita relativa al biennio di riferimento e' computata in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio medesimo e la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente, con esclusione dell'adeguamento decorrente dal 1º gennaio 2021, in riferimento al quale la variazione della speranza di vita relativa al biennio 2017-2018 e' computata, ai fini dell'adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento, in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati negli anni 2017 e 2018 e il valore registrato nell'anno 2016. Gli adeguamenti biennali di cui al primo periodo del presente comma non possono in ogni caso superare i tre mesi, salvo recupero in sede di adeguamento o di adeguamenti successivi nel caso di incremento della speranza di vita superiore a tre mesi; gli stessi adeguamenti non sono effettuati nel caso di diminuzione della speranza di vita relativa al biennio di riferimento, computata ai sensi del terzo periodo del presente comma, salvo recupero in sede di adeguamento o di adeguamenti successivi ».
IL RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO           
del Ministero dell'economia e delle finanze
 di concerto con
IL DIRETTORE GENERALE DELLE POLITICHE PREVIDENZIALI E ASSICURATIVE
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Visto l'art. 24, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che prevede che gli adeguamenti dei requisiti, previsti con cadenza triennale fino al 1° gennaio 2019, siano effettuati a decorrere dalla predetta data con cadenza biennale;
Aggiungo, ribadendo rilievi già fatti nella mia e-lettera citata, che un’altra errata interpretazione riguarda la norma che prescriverebbe che si calcolino soltanto gli aumenti e non anche le diminuzioni dell’aspettativa di vita, che invece dovrebbe valere soltanto in sede di prima applicazione: “In sede di prima applicazione tale aggiornamento non puo' in ogni caso superare i tre mesi e lo stesso aggiornamento non viene effettuato nel caso di diminuzione della predetta speranza di vita”.
Il testo della norma, in entrambi i casi, è chiarissimo, per cui pare lecito dedurre che errare è umano, perseverare diabolico.

4. Risparmi dalle riforme delle pensioni
In conclusione, osservo che anche questa volta avete citato la riforma Fornero, oltre a quella Dini, e non la ben più severa riforma SACCONI, della quale, peraltro, omettete nel relativo grafico, nel documento LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017, il terzo DL di Sacconi, il 138/2011, che, estendendo la “finestra” di 12 mesi al personale del comparto della scuola e dell’università e rinviando il pagamento della buonuscita, ha procurato un risparmio, nel primo triennio di applicazione, di 100 milioni nel 2012, 1.031 milioni nel 2013 e 774 milioni nel 2014, ben superiori al pro rata contributivo.
Riguardo alla riforma Fornero, RGS scrive:
«Poi la curva scende, con risparmi attorno allo 0,8% del Pil nel 2030, per azzerarsi nel 2045, quando ai minori pensionamenti corrispondono assegni più pesanti».
Invece la curva della riforma SACCONI (in nero nel grafico) – mai citata da nessuno - è bella gagliarda fino al 2060, anzi fino al 2070.
Ritengo che il Vostro sia un criterio di citazione - cui indulge perfino la Corte dei Conti - che contrasta con i rispettivi impatti finanziari delle due riforme SACCONI e Fornero. Infatti, l’RGS, cioè Voi, ha stimato che i risparmi rivenienti dalle quattro riforme dal 2004 (Maroni, 2004; Damiano, 2007; Sacconi, 2010 e 2011; e Fornero, 2011) equivalgono a 60 punti di Pil cumulati al 2060, pari a 1.000 miliardi, e di questi soltanto un terzo viene ascritto alla riforma Fornero, cioè 350 miliardi (poi scesi a 280 miliardi dopo i successivi interventi legislativi). Ma, poiché lo “scalone” di Maroni fu abolito da Damiano (che RGS non menziona) prima della sua andata in vigore e le “quote” di Damiano furono abolite da Fornero, ciò significa che l’RGS ascrive la grandissima parte dei residui 700 miliardi, cioè il doppio di 350 miliardi, alla riforma Sacconi, di cui però né RGS (specificamente nel commento della sua relazione, pur riportandola nel grafico) né nessun altro parla. Alimentando colpevolmente una vulgata che ha fatto, in Italia, quasi 60 milioni di vittime, oltre all'estero.
Mi auguro, pertanto, (i) che provvediate ad adeguare le Vostre determinazioni alle norme e (ii) che d’ora in poi, in stretta aderenza ai dati da Voi elaborati, nelle Vostre citazioni sostituiate alla riforma Fornero la ben più severa riforma SACCONI.
Cordiali saluti,
V.

PS: Allego (annulla e sostituisce quello accluso all’e-lettera del 23.2.2018):
Il quadro complessivo dell’età di pensionamento in base alle norme e ai loro autori è il seguente (nel 2019):
QUOTE: abolite dalla riforma Fornero (commi 3 e 10).
PENSIONE ANTICIPATA (ex anzianità)
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 40 anni nel 2010) a 43 anni e 3 mesi e di questi 3 anni e 3 mesi in più 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 2 anni sono di Fornero o 1 anno e 6 mesi relativamente agli autonomi. I tre mesi in più sono stati decisi dal DL 98/2011 (L. 111/2011), art. 18, comma 22ter: più 1 mese per chi matura i requisiti nel 2012, più 2 mesi per chi li matura nel 2013, e più 3 mesi per chi li matura nel 2014. Quindi si arriva a 41 anni e 1 mese o 2 o 3 per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti e 41 anni e 7 mesi o 8 o 9 per i lavoratori e le lavoratrici autonomi.
- L'età di pensionamento delle donne salirà (da 40 anni) a 42 anni e 3 mesi, e di questi 2 anni e 3 mesi in più, 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 1 anno o 6 mesi sono di Fornero.
PENSIONE DI VECCHIAIA
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi 2 anni in più sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi).
- L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico salirà (da 60) quasi senza gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento all'aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da 60) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”, previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.
Va aggiunto (i) che la riforma Fornero ha ridotto da 18 (previsto dalla riforma Sacconi) a 12 mesi la “finestra” degli autonomi (uomini e donne); (ii) che la riforma Fornero ha aumentato l'età base di vecchiaia e di anzianità di 1 anno (rispettivamente da 65 a 66 e da 40 a 41), ma solo formalmente, poiché ha abolito contestualmente la “finestra” di 12 o 18 mesi, di Damiano (4 mesi in media) e Sacconi (8 o 14 mesi), ma senza evidenziarne il legame, così si è intestata entrambe le misure; (iii) che, dal 2022, in forza della legge Fornero (L. 214/2011, art. 24, comma 13), l'adeguamento automatico diverrà biennale (“13 Gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita successivi a quello [triennale, ndr] effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale”), ma, appunto, è solo un'accelerazione del meccanismo deciso da Sacconi; e (iv) che la riforma Fornero ha soltanto esteso, pro rata dall’1.1.2012, il metodo contributivo – introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – a coloro che ne erano esclusi, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di contributi, quindi tutti relativamente anziani.

Allego la lettera in formato word docx.


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