Pubblico la seconda lettera che ho
inviato l’8.10 scorso alla Ragioneria Generale dello Stato, sulle sue notizie false e le
sue errate interpretazioni delle norme pensionistiche, che ho ricavato questa
volta dalla Nota di aggiornamento al DEF 2018. Alla solita errata
interpretazione della decorrenza della periodicità biennale dell’adeguamento
all’aspettativa di vita, che le ho contestato nella prima lettera, ora ha
aggiunto l’errata interpretazione di norme relative all’allungamento dell’età
di pensionamento e una sopravvalutazione dell’estensione del metodo
contributivo deciso dalla riforma Fornero, oltre alla abituale obliterazione
della riforma Sacconi. Poiché la prima errata interpretazione è presente anche in
leggi già approvate e promulgate, ho trasmesso anche questa volta la lettera,
per conoscenza, al Presidente della Repubblica. Ad oggi, non ho ricevuto alcuna
risposta.
Lettera
n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di
norme pensionistiche
Da: v
8/10/2018 17:59
A: ragioniere.generale@mef.gov.it, luciana.patrizi@mef.gov.it e altri 48+1.090
ALLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO
P.C. SIG. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, PARLAMENTO, GOVERNO, PARLAMENTARI
EUROPEI, ALTRE ISTITUZIONI, MEF, MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI,
SINDACATI, UNIVERSITA’, ASSOCIAZIONI, FONDAZIONI, MEDIA
Spett. Ragioneria
Generale dello Stato,
Traggo dalla Nota di aggiornamento al DEF 2018 (pag. 61) http://www.dt.mef.gov.it/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/def_2018/NADEF_2018.pdf#page=75 :
«La previsione della spesa pensionistica45, riportata in Figura R1, sconta gli
effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli
ultimi venti anni. Si fa riferimento, in particolare, all’applicazione del
regime contributivo (Legge n. 335/1995) e alle nuove regole introdotte con la Legge n.
214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia
ed anticipato, ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema
pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le
generazioni. Il processo di riforma ha previsto altresì l’estensione, a partire dal
2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori. Infine, a partire dal
2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli per l’accesso all’assegno
sociale) e quello contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato
indipendentemente dall’età anagrafica sono periodicamente indicizzati alle
variazioni della speranza di vita, misurata dall’ISTAT. Con medesima
periodicità ed analogo procedimento è previsto, inoltre, l’adeguamento dei
coefficienti di trasformazione in funzione delle probabilità di sopravvivenza.
Entrambi gli adeguamenti sono effettuati ogni tre anni dal 2013 al 2019, ed ogni due
anni successivamente, secondo un procedimento che rientra interamente nella sfera di azione
amministrativa e che garantisce la certezza delle date prefissate per le future
revisioni46».
Mi permetto di esternarVi che trovo grave e preoccupante che anche RGS
alimenti la DISINFORMAZIONE sulle pensioni, che ha fatto in Italia quasi 60
milioni di vittime, oltre all’estero, e che mi tocca contrastare da sei anni.
Mi permetto, pertanto, di formulare le seguenti, puntuali osservazioni critiche
(traggo i dati e i link dal mio libro-diario-denuncia “Le Tre Più Grandi
Bufale del XXI Secolo” - la prima [rectius: seconda] delle quali è la riforma delle pensioni
Fornero, da sei anni la più grande vittima di bufale, la seconda [rectius: prima] sono le
Manovre correttive della XVI legislatura e la responsabilità della Grande
Recessione e la terza sono Gli obiettivi statutari della BCE -, di prossima
pubblicazione).
1. Età di pensionamento
«nuove regole introdotte con la Legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti
di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato».
Quali regole? La riforma Fornero (L. 214/2011, art. 24) non ha toccato le
pensioni di vecchiaia, se non:
- per l’accelerazione
gradualmente entro il 2018 dell’allineamento delle donne private a
tutti gli altri a 65 anni (L. 214/2011, art. 24, comma 6), già previsto
dalla riforma SACCONI (includendo l’adeguamento all’aspettativa di vita
introdotto dalla riforma SACCONI) gradualmente entro il 2023, ma in ogni
caso 2 anni, da 65 a 67 anni (nel 2019), "finestra" di 12 mesi e
adeguamento di 12 mesi alla speranza di vita, sono dovuti a SACCONI, tranne
4 mesi in media a Damiano (L. 247/2007); e
- per la riduzione
di 6 mesi della “finestra” mobile per i lavoratori autonomi (uomini e
donne), per allinearli ai lavoratori dipendenti.
Per tutti gli altri, la riforma Fornero non c’entra: l’età di
pensionamento di vecchiaia è stata aumentata esclusivamente dalla ben più
severa riforma SACCONI (L.122/2010, art. 12, L.111/2011, L. 148/2011):
(i) di un anno (da 65 a 66 anni per i dipendenti e a 66 anni e 6 mesi per gli
autonomi) attraverso la “finestra” mobile, di 12 mesi per i dipendenti e di 18
mesi per gli autonomi; e (ii) di ben 5 anni, più “finestra” di 12 mesi, quindi
di 6 anni, per le dipendenti pubbliche (da 60 a 61 anni dal 1.1.2012 e
da 61 a 65 dal 1.1.2013, più adeguamento di 12 mesi all’aspettativa di vita).
L’attribuzione erronea da parte di tutti, inclusi professori di Lavoro e
Previdenza, alla riforma Fornero dell’aumento a 66 anni è dovuto
presumibilmente alla formulazione insufficiente e poco chiara della norma
Fornero, che non ha esplicitato il legame tra aumento dell’età base sia delle
pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che
delle pensioni anticipate (comma 10), e abolizione della “finestra” mobile
SACCONI-Damiano (comma 5).
Lo stesso fraintendimento è avvenuto anche per l’aumento da 40 anni a 41
anni e 3 mesi per le pensioni anticipate, che a leggere la norma (comma 10)
sembra deciso da Fornero - che anzi ha ridotto di 6 mesi per gli autonomi l’età
di pensionamento di 41 anni e 9 mesi, allineandoli ai dipendenti -, mentre
invece è stato deciso da SACCONI con la L. 122/2010 e la L. 111/2011.
La prova testimoniale dell’errata attribuzione a Fornero anziché a SACCONI
dell’aumento dell’età di pensionamento ve la posso fornire io, che, per colpa
della riforma SACCONI, dovetti procrastinare il pensionamento dal 1° marzo 2011
al 1° marzo 2012; quella documentale la potete reperire nel testo della legge
214/2011, art. 24, che ha aumentato l’età base ma contestualmente ha abolito la
“finestra” mobile, o in ciò che scrive la stessa professoressa Fornero nel suo
ultimo libro, lamentando l’errata attribuzione a lei:
"Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza
l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e
contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’
surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di
rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da
Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non
corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il
seguito di ulteriori aspre polemiche" (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle
riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizione nel
Kindle 3137).
2. Regime contributivo
«Il processo di riforma ha previsto altresì l’estensione, a partire dal
2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori».
Tale affermazione (che, peraltro, fanno quasi tutti da sei anni,
inclusa la professoressa Fornero talvolta nel suo libro citato) è ambigua e
fuorviante:
(i) la riforma Fornero ha, appunto, soltanto esteso il metodo
contributivo, pro rata dall’1.1.2012, ma non “a tutti i lavoratori”,
bensì soltanto a coloro che erano esclusi dalla riforma Dini del 1995 (che lo
ha introdotto), cioè coloro che al 31.12.1995 avevano già un’anzianità
contributiva di almeno 18 anni, quindi tutti relativamente anziani, che forse
oggi sono in grandissima parte già in pensione, come conferma RGS fin dalla
relazione tecnica alla L. 214/2011 (pag. 48):
«buona parte dei lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31/12/1995
hanno già acceduto al pensionamento»;
(ii) da un’analisi di RGS, cioè Voi (relazione tecnica L. 214/2011),
risulta che il “pro-rata” contributivo fa risparmiare, relativamente al periodo
dal 2012 al 2018, rispettivamente, (al netto fisco) 5, 24, 39, 70, 116, 169 e
216 milioni, e, a regime, circa 200 milioni, che poi si riducono velocemente
fino a sparire: numeri che dimostrano la scarsa incidenza della misura.
Traggo dal mio libro-diario-denuncia, che lo desume dalla relazione
tecnica:
«Estensione del sistema contributivo pro-rata dal 1° gennaio 2012 (i valori
di economia del 2018 sono sostanzialmente quelli di regime destinati a ridursi
nel tempo in ragione dell'eliminazione delle pensioni interessate dalla misura)».
3. Adeguamento all’aspettativa di vita
«gli adeguamenti sono effettuati ogni tre anni dal 2013 al 2019, ed ogni due
anni successivamente».
Come ho già osservato con e-lettera del 23.2.2018, 19:20, inviata p.c. via
PEC anche al Presidente della Repubblica (che ha promulgato la Legge di
Bilancio 2018), l’adeguamento biennale non decorre dal 2019, ma, come recita la
chiarissima norma (L. 214/2011, art. 24, comma 13), è relativo agli “adeguamenti
successivi a quello [triennale, 2019-2021, ndr] effettuato
con decorrenza 1° gennaio 2019”. Quindi, non quello del 2019, ma quello
successivo a quello del 2019, cioè nel 2022.
Se, beninteso, è questo che intendete, in linea con quanto sostiene il
Ragioniere Generale dello Stato nel decreto direttoriale emanato nel dicembre
scorso; altrimenti, se intendete che l’adeguamento che decorrerà dal 2019 è
triennale, a valere per il triennio 2019-2021, e quindi quello biennale
decorrerà dal 2022, rilevo la contraddittorietà sia col predetto decreto direttoriale,
sia con varie leggi che erroneamente lo prevedono, da ultimo la Legge di
Bilancio 2018, oltre che con la tabella riportata a pag. 42 della relazione
tecnica della L. 214/2011 (vedi appresso).
Vi informo che, dopo una lunga ricerca, ho infatti trovato che l’origine
dell’errore (che ha ingannato tutti i commentatori e gli addetti ai lavori) è
molto probabilmente nel posto più facile: la relazione tecnica della L.
214/2011. Traggo dal mio libro citato:
L’errata interpretazione viene offerta nella tabella a
pag. 42[38] (l’evidenziazione in
colore giallo dell’anno 2021 è nell’originale), la quale fa scattare
l’adeguamento biennale dal 2019, che determina lo scatto a decorrere dal 2021
anziché dal 2022.
Per contro, la stessa relazione tecnica, contraddicendo quanto riportato
dalla sua tabella a pag. 42, attesta nel commento (presumibilmente
l’estensore è persona diversa da chi ha elaborato la tabella e probabilmente di
grado gerarchico superiore) che l’adeguamento dell’età di pensionamento e del
coefficiente di trasformazione del 2019 è triennale, e lo attesta sia a pag.
38, riproducendo fedelmente e correttamente la norma di legge (art. 24, comma 13):
- il passaggio da una periodicità
triennale ad una biennale sia dell’adeguamento dei requisiti agli incrementi
della speranza di vita sia dell’aggiornamento dei coefficienti di
trasformazione con riferimento agli adeguamenti e agli aggiornamenti aventi decorrenza
successiva a quelli decorrenti dal 1° gennaio 2019;
sia, ancora più esplicitamente, a pag. 49 (dove, di tutta evidenza, manca
nel periodo da me riportato un segno di interpunzione dopo le parole “4 mesi”)
:
per i successivi adeguamenti triennali
del 2016 e del 2019 la stima di tali adeguamenti incrementativi triennali è pari
a 4 mesi[; ndr] per gli adeguamenti successivi [dal 2022, ndr] opera la nuova
periodicità biennale.
Tale errore (2021) è ripetuto in varie leggi successive, da ultimo nelle leggi
di bilancio 2017 e 2018, proposte, votate e approvate dal Parlamento e
promulgate dal Presidente della Repubblica.
Rilevo che il Servizio Studi della Camera e l’INPS (ad esempio nella Circ. n. 37
del 14.3.2012), a ridosso dell’approvazione della L.
214/2011, interpretano correttamente la norma; successivamente l’INPS – ente
pagatore delle pensioni - si allinea all’interpretazione errata di RGS (scatto
dal 2021), riportata in leggi e nel decreto direttoriale.
INPS - Circolare n. 62 del 4.4.2018
Decreto 5 dicembre 2017. Adeguamento dei requisiti di
accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita. Modifica dei
criteri per la determinazione del meccanismo di adeguamento dei requisiti di
accesso al pensionamento alla speranza di vita. Articolo 1, comma 146, della
legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per l’anno 2018)
Dal 1° gennaio 2019 si applicano i nuovi requisiti di accesso ai
trattamenti pensionistici adeguati agli incrementi della speranza di vita,
stabiliti dal decreto 5 dicembre 2017. Con effetto dal 2021 (variazione della
speranza di vita relativa al biennio 2021-2022) la legge n. 205 del
2017 ha previsto la revisione del meccanismo di calcolo dell’adeguamento alla
speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento
Legge di Bilancio 2017
232/2016, art. 1, comma 206, lettera c
206 Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge:
2 c) all'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n.
67, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In via transitoria, con
riferimento ai requisiti di cui al presente comma non trovano applicazione gli
adeguamenti alla speranza di vita di cui al citato articolo 12 del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122
del 2010, previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025 ai sensi
dell'articolo 24, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»;
Legge di bilancio 2018 – Art. 1
146 Al comma 13 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono
apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo sono aggiunte, in
fine, le seguenti parole: « , salvo quanto previsto dal presente comma »; b)
sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con riferimento agli adeguamenti
biennali di cui al primo periodo del presente comma la variazione della
speranza di vita relativa al biennio di riferimento e' computata in misura pari
alla differenza tra la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio
medesimo e la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio
precedente, con esclusione dell'adeguamento decorrente dal 1º gennaio 2021, in riferimento al
quale la variazione della speranza di vita relativa al biennio 2017-2018 e'
computata, ai fini dell'adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento,
in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati negli anni
2017 e 2018 e il valore registrato nell'anno 2016. Gli adeguamenti biennali di
cui al primo periodo del presente comma non possono in ogni caso superare i tre
mesi, salvo recupero in sede di adeguamento o di adeguamenti successivi nel
caso di incremento della speranza di vita superiore a tre mesi; gli stessi
adeguamenti non sono effettuati nel caso di diminuzione della speranza di vita
relativa al biennio di riferimento, computata ai sensi del terzo periodo del
presente comma, salvo recupero in sede di adeguamento o di adeguamenti
successivi ».
IL RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO
del Ministero dell'economia e delle finanze
di concerto con
IL DIRETTORE GENERALE DELLE POLITICHE PREVIDENZIALI E ASSICURATIVE
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Visto l'art. 24, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che
prevede che gli adeguamenti dei requisiti, previsti con cadenza triennale fino
al 1° gennaio 2019, siano effettuati a decorrere dalla predetta data con cadenza biennale;
Aggiungo, ribadendo rilievi già fatti nella mia e-lettera citata, che un’altra
errata interpretazione riguarda la norma che prescriverebbe che si
calcolino soltanto gli aumenti e non anche le diminuzioni dell’aspettativa di
vita, che invece dovrebbe valere soltanto in sede di prima applicazione: “In
sede di prima applicazione tale aggiornamento non puo' in ogni
caso superare i tre mesi e lo stesso aggiornamento non viene effettuato nel
caso di diminuzione della predetta speranza di vita”.
Il testo della norma, in entrambi i casi, è chiarissimo, per cui pare
lecito dedurre che errare è umano, perseverare diabolico.
4. Risparmi dalle riforme delle pensioni
In conclusione, osservo che anche questa volta avete citato la riforma
Fornero, oltre a quella Dini, e non la ben più severa riforma SACCONI,
della quale, peraltro, omettete nel relativo grafico, nel documento LE TENDENZE
DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO –
AGGIORNAMENTO 2017, il terzo DL di Sacconi, il 138/2011, che, estendendo la
“finestra” di 12 mesi al personale del comparto della scuola e dell’università
e rinviando il pagamento della buonuscita, ha procurato un risparmio, nel primo
triennio di applicazione, di 100 milioni nel 2012, 1.031 milioni nel 2013 e 774
milioni nel 2014, ben superiori al pro rata contributivo.
Riguardo alla riforma Fornero, RGS scrive:
«Poi la curva scende, con risparmi attorno allo 0,8% del Pil nel 2030, per
azzerarsi nel 2045, quando ai minori pensionamenti corrispondono assegni più
pesanti».
Invece la curva della
riforma SACCONI (in nero nel grafico) – mai citata da nessuno -
è bella gagliarda fino al 2060, anzi fino al 2070.
Ritengo che il Vostro sia un criterio di citazione - cui indulge perfino la
Corte dei Conti - che contrasta con i rispettivi impatti finanziari delle due
riforme SACCONI e Fornero. Infatti, l’RGS, cioè Voi, ha stimato che i risparmi
rivenienti dalle quattro riforme dal 2004 (Maroni, 2004; Damiano, 2007;
Sacconi, 2010 e 2011; e Fornero, 2011) equivalgono a 60 punti di Pil cumulati
al 2060, pari a 1.000 miliardi, e di questi soltanto un terzo viene
ascritto alla riforma Fornero, cioè 350 miliardi (poi scesi a 280 miliardi dopo i successivi
interventi legislativi). Ma, poiché lo “scalone” di Maroni fu abolito da
Damiano (che RGS non menziona) prima della sua andata in vigore e le “quote” di
Damiano furono abolite da Fornero, ciò significa che l’RGS ascrive la
grandissima parte dei residui 700 miliardi, cioè il doppio di 350
miliardi, alla riforma Sacconi, di cui però né RGS (specificamente
nel commento della sua relazione, pur riportandola nel grafico) né nessun
altro parla. Alimentando colpevolmente una vulgata che ha fatto, in Italia,
quasi 60 milioni di vittime, oltre all'estero.
Mi auguro, pertanto, (i) che provvediate ad adeguare le Vostre
determinazioni alle norme e (ii) che d’ora in poi, in stretta aderenza ai dati
da Voi elaborati, nelle Vostre citazioni sostituiate alla riforma Fornero la
ben più severa riforma SACCONI.
Cordiali saluti,
V.
PS: Allego (annulla e sostituisce quello accluso all’e-lettera del
23.2.2018):
Il quadro complessivo dell’età di pensionamento in base alle norme e ai
loro autori è il seguente (nel 2019):
QUOTE: abolite dalla riforma Fornero (commi 3 e 10).
PENSIONE ANTICIPATA (ex anzianità)
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 40 anni nel 2010) a 43
anni e 3 mesi e di questi 3 anni e 3 mesi in più 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9
mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di
Damiano) e 2 anni sono di Fornero o 1 anno e 6 mesi relativamente agli
autonomi. I tre mesi in più sono stati decisi dal DL 98/2011
(L. 111/2011), art. 18, comma 22ter: più 1 mese per chi
matura i requisiti nel 2012, più 2 mesi per chi li matura nel 2013, e più 3
mesi per chi li matura nel 2014. Quindi si arriva a 41 anni e 1 mese o 2 o 3
per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti e 41 anni e 7 mesi o 8 o 9 per i
lavoratori e le lavoratrici autonomi.
- L'età di pensionamento delle donne salirà (da 40 anni) a 42 anni e 3
mesi, e di questi 2 anni e 3 mesi in più, 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi
relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di
Damiano) e 1 anno o 6 mesi sono di Fornero.
PENSIONE DI VECCHIAIA
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel
2019 e questi 2 anni in più sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano;
quindi la Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6
mesi per gli autonomi).
- L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico salirà (da 60)
quasi senza gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito
della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia
dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età
tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di
adeguamento all'aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in
più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la
Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato
(da 60) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”,
previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento
automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in
ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di
Damiano.
Va aggiunto (i) che la riforma Fornero ha ridotto da 18
(previsto dalla riforma Sacconi) a 12 mesi la “finestra” degli autonomi (uomini
e donne); (ii) che la riforma Fornero ha aumentato l'età base di vecchiaia e di
anzianità di 1 anno (rispettivamente da 65 a 66 e da 40 a 41), ma solo
formalmente, poiché ha abolito contestualmente la “finestra” di 12 o 18
mesi, di Damiano (4 mesi in media) e Sacconi (8 o 14 mesi), ma senza
evidenziarne il legame, così si è intestata entrambe le misure; (iii) che, dal
2022, in forza della legge Fornero (L. 214/2011,
art. 24, comma 13), l'adeguamento automatico diverrà
biennale (“13 Gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita
successivi a quello [triennale, ndr] effettuato con decorrenza
1° gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale”), ma, appunto, è solo
un'accelerazione del meccanismo deciso da Sacconi; e (iv) che la riforma
Fornero ha soltanto esteso, pro rata dall’1.1.2012, il metodo contributivo
– introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – a coloro
che ne erano esclusi, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di
contributi, quindi tutti relativamente anziani.
Allego
la lettera in formato word docx.
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