Pubblico
la lettera che ho inviato quattro giorni fa a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulla
riforma delle pensioni Fornero, ennesimo esempio di un rappresentante della
categoria dei giornalisti che scrive di cose – le pensioni - che non conosce,
ma che fanno tanto audience. Ad oggi,
non ho ricevuto nessuna risposta.
Lettera a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa
sulle pensioni
Da: v
15/11/2018 22:20
A: redazione@linkiesta.it, francesco.cancellato@linkiesta.it e altri 47+95
ALLA C.A. DEL
DOTT. FRANCESCO VECCHI
P.C. DIRETTORE
FRANCESCO CANCELLATO
Egr.
Dott. Vecchi,
Traggo dal Suo articolo pubblicato su LINKIESTA del 14 novembre 2018 “Quota 100? È una fabbrica di pensionati poveri”:
“A 62 anni si riceverebbe infatti un assegno da 685 euro, a 63 anni 737 euro, a 64 anni 790 euro e così via fino a chi prenderebbe 935 euro se decidesse di andare in pensione a 66 anni, cioè un anno prima di quanto previsto dalla Fornero”.
Mi spiace
constatare che anche Lei scrive di pensioni senza conoscere bene la normativa
pensionistica, come quasi tutti i 60 milioni di Italiani, inclusi i sedicenti
esperti previdenziali, oltre all’estero.
Scusi, da
dove ha ricavato che è stata la riforma Fornero ad avere fissato l’età di
pensionamento a 67 anni? Ah, lo dicono tutti. La informo che si sbagliano
tutti, perché l’età di pensionamento di vecchiaia oggi a 66 anni e 7 mesi e nel
2019 a 67 è dovuta esclusivamente alla severissima e misconosciutissima riforma Sacconi (Legge 30.7.2010, n.122,
art. 12, più Legge 15.7.2011, n.
111, Legge 14.9.2011, n. 148).[1]
[1] PENSIONE DI VECCHIAIA (2019)
- L'età di pensionamento
degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi 2 anni in più
sono di Sacconi, un anno da 65 a 66 tramite la “finestra” e un anno per effetto
dell’adeguamento all’aspettativa di vita, tranne 4 mesi in media di Damiano;
quindi la Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6
mesi per gli autonomi).
- L'età di pensionamento
delle donne del settore pubblico è salita (da 60 nel 2010) quasi senza
gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito della Sentenza del 13
novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età
tra 60 e 65 anni), più
“finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento all'aspettativa di vita, e a
67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi
in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell'età di
pensionamento delle donne del settore privato (da 60 nel 2010) a tutti gli
altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”, previsto da Sacconi
gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento automatico), è stato
accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in ogni caso 2 anni (da 65
a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.
Aggiungo
che la stessa professoressa Fornero ha lamentato
recentemente sia nel suo ultimo libro “Chi
ha paura delle riforme. Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, sul quale l’INKIESTA le ha fatto un
articolo-intervista (“Un’aliena
a Palazzo: così hanno incastrato Elsa Fornero”), sia in interviste (ad esempio a Radio1-Zapping
del 22 giugno u.s.) l’attribuzione errata alla sua riforma
dell’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni (e di un
anno e 3 mesi dell’età di pensionamento anticipato).[2]
[2] "Rispondeva infine essenzialmente a criteri di
trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti
anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un
po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. Nel commentare quest’ultima
misura, mi sia consentita un’annotazione sullo stile di governo dei tecnici (e
in ogni caso della sottoscritta): mentre le finestre erano state introdotte con
lo scopo di ritardare il pensionamento senza farlo ben comprendere all’opinione
pubblica, la loro cancellazione rispondeva a un criterio di trasparenza,
riassumibile nel messaggio: «se hai maturato il diritto al pensionamento è
assurdo che ti si chieda un anno di “attesa”, peraltro non contato a fini
pensionistici». La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in
più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art.
12, commi 1 e 2]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento
dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre
polemiche” (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni
e verità sulle pensioni”, posizioni nel Kindle 3137-3141).
Spero di esserle stato utile. Ne
faccia buon uso.
Cordiali saluti,
V.
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