lunedì 19 novembre 2018

Lettera a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulle pensioni



Pubblico la lettera che ho inviato quattro giorni fa a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulla riforma delle pensioni Fornero, ennesimo esempio di un rappresentante della categoria dei giornalisti che scrive di cose – le pensioni - che non conosce, ma che fanno tanto audience. Ad oggi, non ho ricevuto nessuna risposta.

Lettera a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulle pensioni
Da:  v
15/11/2018  22:20
A:  redazione@linkiesta.it,    francesco.cancellato@linkiesta.it     e altri 47+95

ALLA C.A. DEL DOTT. FRANCESCO VECCHI
P.C. DIRETTORE FRANCESCO CANCELLATO

Egr. Dott. Vecchi,

Traggo dal Suo articolo pubblicato su LINKIESTA del 14 novembre 2018 “Quota 100? È una fabbrica di pensionati poveri”:

“A 62 anni si riceverebbe infatti un assegno da 685 euro, a 63 anni 737 euro, a 64 anni 790 euro e così via fino a chi prenderebbe 935 euro se decidesse di andare in pensione a 66 anni, cioè un anno prima di quanto previsto dalla Fornero”.
Mi spiace constatare che anche Lei scrive di pensioni senza conoscere bene la normativa pensionistica, come quasi tutti i 60 milioni di Italiani, inclusi i sedicenti esperti previdenziali, oltre all’estero.
Scusi, da dove ha ricavato che è stata la riforma Fornero ad avere fissato l’età di pensionamento a 67 anni? Ah, lo dicono tutti. La informo che si sbagliano tutti, perché l’età di pensionamento di vecchiaia oggi a 66 anni e 7 mesi e nel 2019 a 67 è dovuta esclusivamente alla severissima e misconosciutissima riforma Sacconi (Legge 30.7.2010, n.122, art. 12, più Legge 15.7.2011, n. 111, Legge 14.9.2011, n. 148).[1]
[1] PENSIONE DI VECCHIAIA (2019)
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi 2 anni in più sono di Sacconi, un anno da 65 a 66 tramite la “finestra” e un anno per effetto dell’adeguamento all’aspettativa di vita, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi).
- L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico è salita (da 60 nel 2010) quasi senza gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento all'aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da 60 nel 2010) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”, previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.
Aggiungo che la stessa professoressa Fornero ha lamentato recentemente sia nel suo ultimo libro Chi ha paura delle riforme. Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni, sul quale l’INKIESTA le ha fatto un articolo-intervista (Un’aliena a Palazzo: così hanno incastrato Elsa Fornero”), sia in interviste (ad esempio a Radio1-Zapping del 22 giugno u.s.) l’attribuzione errata alla sua riforma dell’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni (e di un anno e 3 mesi dell’età di pensionamento anticipato).[2]
[2] "Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. Nel commentare quest’ultima misura, mi sia consentita un’annotazione sullo stile di governo dei tecnici (e in ogni caso della sottoscritta): mentre le finestre erano state introdotte con lo scopo di ritardare il pensionamento senza farlo ben comprendere all’opinione pubblica, la loro cancellazione rispondeva a un criterio di trasparenza, riassumibile nel messaggio: «se hai maturato il diritto al pensionamento è assurdo che ti si chieda un anno di “attesa”, peraltro non contato a fini pensionistici». La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche” (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizioni nel Kindle 3137-3141).
Spero di esserle stato utile. Ne faccia buon uso.
Cordiali saluti,
V.


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