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magnagrecia7 15
giugno 2015 alle 23:11
@Cclericetti (15 giugno 2015 alle 19:21)
Dialogo tra sordi e tricoteuse
A scuola, il concetto di funzione sociale dell’azienda, del contemperamento degli interessi interni con quelli esterni (collettività), si insegna e fa parte del bagaglio teorico di qualunque studente di Economia,[1] presumo anche di Domenicobasile, che adesso lo ha dimenticato (nessuna dimenticanza è casuale). E’ che quando lo si deve applicare in concreto sorgono i problemi. Vuoi per l’educazione dell’imprenditore, vuoi per difficoltà oggettive (gestionali, dimensionali, reddituali, ecc.). Esso comunque rimane un problema microeconomico, circoscritto cioè all’ambito decisionale della singola azienda. Anche se poi la somma della maggioranza delle singole aziende può caratterizzare la cultura (insieme di valori) imprenditoriale, se non di un intero Paese, almeno di singoli distretti o città (si pensi all’area di Ivrea con l’Olivetti).[2]
Oggi, cioè negli ultimi 3 decenni, però, si è andata concretizzando, per l’operare sinergico di vari fattori (sconfitta del comunismo, globalizzazione, nascita e/o consolidamento di multinazionali globali, segnatamente di quelle finanziarie, prevalenza della cultura accademica di stampo neo-liberista, debolezza crescente dei decisori politici, riforma involutiva delle leggi bancarie) un sistema economico-finanziario-industriale-commerciale di tali dimensioni e potere d’influenza da sovvertire ogni equilibrio tra i soggetti coinvolti direttamente e indirettamente e qualunque possibilità di contemperare gli interessi privati e pubblici.
In fondo, nulla di nuovo sotto il sole. Tranne per le dimensioni. Che sono diventate planetarie dal punto di vista spaziale, coinvolgono miliardi di persone e vedono in gioco cifre sesquipedali dell’ordine di migliaia di miliardi di dollari.
Domenicobasile ha descritto il meccanismo finanziario come una piramide capovolta con in cima un cervellone che specula in trilioni di dollari ogni giorno. Ma lo racconta, da bravo soldatino asservito alla causa dei ricchi e zelante agit-prop, come se fosse un dato di natura, immodificabile. Poiché, nella sua visione distorta, degna di un trattamento da TSO[3] o, verrebbe voglia, da tricoteuse,[4] le regole devono valere solo per i poveri cristi, e non anche per la finanza speculativa, sia vietando determinate operazioni speculative (ad esempio sul grano),[5] sia assoggettandole a una tassa (TTF),[6] destinandone il ricavato alla crescita e ai poveri cristi.
CaroCClericetti, è inutile discutere, è tempo perso, è un dialogo tra sordi; lo ha capito bene il patron di Cartier,[7] sta arrivando – deve arrivare – di nuovo il tempo delle tricoteuse, sia per i ricchi speculatori che per i loro scherani e agit-prop…[8]
A scuola, il concetto di funzione sociale dell’azienda, del contemperamento degli interessi interni con quelli esterni (collettività), si insegna e fa parte del bagaglio teorico di qualunque studente di Economia,[1] presumo anche di Domenicobasile, che adesso lo ha dimenticato (nessuna dimenticanza è casuale). E’ che quando lo si deve applicare in concreto sorgono i problemi. Vuoi per l’educazione dell’imprenditore, vuoi per difficoltà oggettive (gestionali, dimensionali, reddituali, ecc.). Esso comunque rimane un problema microeconomico, circoscritto cioè all’ambito decisionale della singola azienda. Anche se poi la somma della maggioranza delle singole aziende può caratterizzare la cultura (insieme di valori) imprenditoriale, se non di un intero Paese, almeno di singoli distretti o città (si pensi all’area di Ivrea con l’Olivetti).[2]
Oggi, cioè negli ultimi 3 decenni, però, si è andata concretizzando, per l’operare sinergico di vari fattori (sconfitta del comunismo, globalizzazione, nascita e/o consolidamento di multinazionali globali, segnatamente di quelle finanziarie, prevalenza della cultura accademica di stampo neo-liberista, debolezza crescente dei decisori politici, riforma involutiva delle leggi bancarie) un sistema economico-finanziario-industriale-commerciale di tali dimensioni e potere d’influenza da sovvertire ogni equilibrio tra i soggetti coinvolti direttamente e indirettamente e qualunque possibilità di contemperare gli interessi privati e pubblici.
In fondo, nulla di nuovo sotto il sole. Tranne per le dimensioni. Che sono diventate planetarie dal punto di vista spaziale, coinvolgono miliardi di persone e vedono in gioco cifre sesquipedali dell’ordine di migliaia di miliardi di dollari.
Domenicobasile ha descritto il meccanismo finanziario come una piramide capovolta con in cima un cervellone che specula in trilioni di dollari ogni giorno. Ma lo racconta, da bravo soldatino asservito alla causa dei ricchi e zelante agit-prop, come se fosse un dato di natura, immodificabile. Poiché, nella sua visione distorta, degna di un trattamento da TSO[3] o, verrebbe voglia, da tricoteuse,[4] le regole devono valere solo per i poveri cristi, e non anche per la finanza speculativa, sia vietando determinate operazioni speculative (ad esempio sul grano),[5] sia assoggettandole a una tassa (TTF),[6] destinandone il ricavato alla crescita e ai poveri cristi.
CaroCClericetti, è inutile discutere, è tempo perso, è un dialogo tra sordi; lo ha capito bene il patron di Cartier,[7] sta arrivando – deve arrivare – di nuovo il tempo delle tricoteuse, sia per i ricchi speculatori che per i loro scherani e agit-prop…[8]
Vincesko
·
cclericetti 16
giugno 2015 alle 00:30
Vincesko, non
considero tempo perso discutere con chiunque ritenga in buona fede (come NON è,
per esempio, qualche economista che scrive su grandi giornali). Anche chi ha
visioni molto lontane dalle mie - se, appunto, è in buona fede - magari prima o
poi qualche idea la cambia, come a volte le ho cambiate io quando vedevo che i
fatti non mi davano ragione. La discussione diventa inutile solo quando ci si
scontra con una fede, perché in quel caso non c'è ragionamento che tenga,
oppure se lo scopo non è arrivare a interpretare al meglio quello che succede,
ma sostenere un "partito".
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magnagrecia7 16
giugno 2015 alle 11:40
@CClericetti (16/6/2015 00:30)
D'accordissimo, ovviamente mi posso sbagliare, ma temo che, come struttura psicologica, Domenicobasile sia un po' della stessa pasta di gorby7 (e di milioni di altri): è innamorato delle sue tesi, anche se sono clamorosamente faziose e cozzano col principio di realtà. Oppure è in malafede e fa l'agit-prop per guadagnarsi la pagnotta. Io propendo (in gran parte) per la prima ipotesi.
Vincesko
D'accordissimo, ovviamente mi posso sbagliare, ma temo che, come struttura psicologica, Domenicobasile sia un po' della stessa pasta di gorby7 (e di milioni di altri): è innamorato delle sue tesi, anche se sono clamorosamente faziose e cozzano col principio di realtà. Oppure è in malafede e fa l'agit-prop per guadagnarsi la pagnotta. Io propendo (in gran parte) per la prima ipotesi.
Vincesko
PS: Segnalo un refuso: http://dizionari.corriere.it/dizionario-si-dice/I/interdisciplinarita.shtml
___________________________
Note:
Equazione del profitto in termini sociali
[2] Olivetti https://it.wikipedia.org/wiki/Olivetti
Adriano Olivetti
Uomo di grande e singolare rilievo nella storia
italiana del secondo dopoguerra,
si distinse per i suoi innovativi progetti industriali basati sul principio
secondo cui il profitto aziendale deve essere reinvestito a beneficio della
comunità.[2]
[4] Tricoteuse https://it.wikipedia.org/wiki/Tricoteuse
[5] Promemoria
delle misure anti-crisi
[6] TTF, una
buona notizia per i milioni di povericristi
[7] Cartier, il proprietario svela la sua più grande paura: "Che i poveri
insorgano e facciano cadere i ricchi"
Redazione,
L'Huffington Post
Pubblicato:
13/06/2015 16:31 CEST Aggiornato: 13/06/2015 16:31 CEST
[8] Agit-prop http://it.wikipedia.org/wiki/Agit-Prop
Post collegato:
Dialogo su L’alternativa all’economia del pensiero unico
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2834028.html
oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/dialogo-su-lalternativa-alleconomia-del.html
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