martedì 9 giugno 2015

Lettera ai media, al Governo, al PD e ai sindacati: le pensioni e Carlo Cottarelli


Data l’importanza e l’attualità del tema pensioni, al quale ho già dedicato vari post, e come necessaria CONTROINFORMAZIONE, riporto la lettera che ho inviato ad alcuni media, al Governo, al PD e ai sindacati, dopo avere ascoltato di nuovo le dichiarazioni infondate di Carlo Cottarelli sulla spesa pensionistica, questa volta al Festival dell'Economia.
Com'è noto, dopo la sua intervista a Radio Anch'io, in cui ha fatto delle affermazioni infondate sulla spesa pensionistica, dichiarazioni che ovviamente hanno avuto una grande eco sui media, ho avuto un dialogo via e-mail con Carlo Cottarelli, in cui ho dimostrato documentalmente che le sue argomentazioni erano infondate. Ciononostante, egli le ha ribadite al Festival dell'Economia di Trento, con altrettanta eco sui media. Chissà, forse le ha anche scritte nel suo libro uscito da poco, che io non ho letto. Allora, anche per "punirlo", ho scritto questa lettera ai principali media, al Governo, al PD e ai sindacati.
Uno dei primi risultati della mia lettera è l’articolo di oggi di Roberto Petrini su Repubblica (v., in fondo, articolo collegato), che è uno dei destinatari della lettera; ho anche avuto con lui, su sua richiesta, un lungo e cordiale colloquio telefonico.

Destinatari:

01 giugno 2015 
redazione.internet@ansa.it;tg1@rai.it;tg2@rai.it;direttoretg3@rai.it;rainews24@rai.it;e.mauro@repubblica.it;lfontana@corriere.it;lettera@lastampa.it;redazioneweb@ilmessaggero.it;grr@rai.it;ballaro@rai.it
p.c. tito.boeri@inps.it
01 giugno 2015
lucia.annunziata@huffingtonpost.it,c.clericetti@repubblica.it, f.bei@repubblica.it, m.ruffolo@repubblica.it,r.petrini@repubblica.it, e.polidori@repubblica.it, r.mania@repubblica.it,emarro@corriere.it, fbasso@corriere.it, dcomegna@corriere.it, gstringa@corriere.it,teodoro.chiarelli@lastampa.it, segreteria.direttore@ilmessaggero.it, roberto.stigliano@ilmessaggero.it
p.c. segreteriausg@governo.it

Dopo la trasmissione “Ballarò” del 2 giugno 2015, nel corso della quale Filippo Taddei, responsabile Economia e Lavoro del PD, ha fatto riferimento alla dichiarazione di Carlo Cottarelli, ritenendola fondata:

f.taddei@partitodemocratico.it
p.c. segretario@partitodemocratico.it;guerini_lorenzo@camera.it
Caro Prof. Taddei,
Dopo averLa ascoltata alla trasmissione “Ballarò” di oggi 2 giugno 2015 citare – come fonte attendibile - i dati errati di Carlo Cottarelli sulla spesa pensionistica e menzionare esclusivamente la riforma Fornero, mi permetto trasmetterLe per opportuna conoscenza

Ferruccio de Bortoli (tramite sito del Corriere del Ticino) (anch'egli ospite di "Ballarò")

03 giugno 2015
m.landini@fiom.it
p.c. s.camusso@cgil.it;nazionale@spi.cgil.it; c.cantone@spi.cgil.it; segreteria.generale@cisl.it; segreteriagenerale@uil.it
Caro Maurizio Landini,
Dopo averLa ascoltata alla trasmissione “Ballarò” di ieri 2 giugno 2015 confutare ma non abbastanza Filippo Taddei citare – come fonte attendibile - i dati errati di Carlo Cottarelli sulla spesa pensionistica e menzionare esclusivamente la riforma Fornero, mi permetto trasmetterLe per opportuna conoscenza. 

E, oggi, 9 giugno:

letterealsole@ilsole24ore.com;segreteria@ilfattoquotidiano.it; redazioneweb@ilfattoquotidiano.it;direzione@quotidiano.net; lettere@avvenire.it; economia@avvenire.it; redazioneinternet@ilmattino.it;ditelo@ilmattino.it; ildirettore@ilfoglio.it; loprete@ilfoglio.it; direzione@quotidiano.net;segreteria@ilgiornale.it; marcello.zacche@ilgiornale.it; lacitta@rai.it; primapagina@rai.it;radioanchio@rai.it; info@cgiamestre.com; stefano.discanno@linchiestaquotidiano.it
laura.maletti@liberoquotidiano.it;claudio.antonelli@liberoquotidiano.it

segreteriaministropoletti@lavoro.gov.it
segreteriaministropadoan@tesoro.gov.it (l’indirizzo è errato, provvederò domani).
Fatto, l'indirizzo corretto è: segreteria.ministro@tesoro.it.


Testo della lettera:

In generale e in riferimento in particolare alle dichiarazioni del direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Carlo Cottarelli, sulle pensioni (v., ad esempio, questo articolo:
FESTIVAL ECONOMIA DI TRENTO
SPENDING REVIEW, COTTARELLI: PENSIONI E SANITÀ MENO TAGLIATE
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Spending-review-Cottarelli-pensioni-e-sanita-meno-tagliate-73aa0d2f-3f28-47f3-9d73-671382fe10f7.html ),
osservo, scusandomi in anticipo della necessaria lunghezza.

Pensioni

Primo punto: Sacconi vs Fornero

Il mondo delle pensioni, non solo per il volgo, ma anche secondo tutti gli esperti, ormai si divide tra prima e dopo Fornero. Come se prima della legge Fornero, che è soltanto l’ottava riforma delle pensioni dal 1992, non ci fossero stati interventi pesanti sul sistema pensionistico.
Osservo, infatti, che, sulle pensioni, Il Sole 24 ore [1], esperti come Giannino [2] e Cazzola,[3] sindacati dei lavoratori [4] e perfino l’INPS (v. l’ultimo Osservatorio sulle pensioni),[5] ai quali si può aggiungere il PdC Renzi, oltre a tutti i media e a politici di cattiva memoria e con la coscienza sporca come Salvini (Lettera all’On. Matteo Salvini[6]), parlano soltanto della legge Fornero (DL 201 del 6 dicembre 2011, art. 24, convertito dalla legge 214/2011), alla quale attribuiscono anche tutte le misure, per vari aspetti più incisive, decise dalla legge Sacconi (DL 78 del 31 maggio 2010, art. 12, convertito dalla legge 122/2010). La stessa professoressa Fornero a “In ½ ora”, tranne un brevissimo accenno ai 10.000 esodati di Sacconi, ha coraggiosamente… millantato tutto il merito impopolare del riequilibrio dei conti pensionistici nel lungo periodo,[7] imitando il premier Monti per il risanamento dei conti pubblici.[8]

Dal 1992, le riforme delle pensioni sono state 8 (Amato, 1992; Dini, 1995; Prodi, 1997; Berlusconi/Maroni, 2004; Prodi/Damiano, 2007; Berlusconi/Sacconi, 2010; Berlusconi/Sacconi, 2011; Monti-Fornero, 2011).
Le riforme di Sacconi (2010 e 2011) sono più corpose, immediate e recessive di quella Fornero; in sintesi, esse hanno introdotto:
• “finestra” ( = differimento dell’erogazione) di 12 mesi per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati o 18 mesi per tutti quelli autonomi;
• allungamento, senza gradualità, di 5 anni (+ “finestra”) dell’età di pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti pubbliche per equipararle a tutti gli altri a 65 anni (più finestra), tranne le lavoratrici private; e
• adeguamento triennale all’aspettativa di vita, che ha portato finora l’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi e la porterà a 67 entro il 2021, che è benchmark in UE28, cioè prima della Germania e molto prima della Francia (dopo il 2019, in forza della legge Fornero, l’adeguamento anziché triennale sarà biennale).
La riforma Fornero (2011) ha stabilito, principalmente:
• metodo contributivo pro-rata per tutti (vale a dire solo per quelli che erano precedentemente esclusi, cioè coloro che nel 1995 avevano già 18 anni di contributi versati), a decorrere dall'1.1.2012;
• aumento di un anno delle pensioni di anzianità (ridenominate “anticipate”); e
• allungamento graduale entro il 2018 dell’età di pensionamento di vecchiaia delle dipendenti private da 60 anni a 65 (più finestra), per allinearle a tutti gli altri,
i cui effetti si avranno soprattutto a partire dal 2020.
NB: La legge Fornero ha opportunamente eliminato la “finestra” di 12 o 18 mesi sostituendola con un allungamento corrispondente dell’età base ed equiparando i lavoratori autonomi ai lavoratori dipendenti, ma l’allungamento (già recato dalla riforma Sacconi) è solo formale.

Secondo punto: Risparmi e sostenibilità nel lungo periodo

Oltre a quella Dini che ha introdotto il metodo contributivo, le ultime 4 riforme: Damiano (2007, in parte), Sacconi (2010 e 2011) e Fornero (2011) stanno producendo e produrranno risparmi fino al 2060 per centinaia di miliardi di € (cfr. MEF).
Dopo le riforme, il sistema pensionistico italiano, come riconosciuto dall’UE, è tra i più severi e sostenibili in UE28.[9]

Terzo punto: Confronto internazionale

E’ fuorviante riferirsi ai dati pensionistici fino al 2013: sono vecchi e superati. Come spiegava la prof.ssa Fornero a “In ½ ora”, le riforme delle pensioni per loro natura producono i loro effetti nel lungo periodo. Dopo le 8 riforme varate dal 1992, come ha confermato l’ultimo rapporto della Commissione Europea, con la proiezione al 2060,[9] il sistema pensionistico italiano è tra i più severi e sostenibili nel lungo periodo. Come attesta l'ultimo Osservatorio dell'INPS sulle pensioni,[5] il numero di pensioni sta già calando (“Dall’analisi dell’osservatorio delle pensioni Inps vigenti all’1.1.2015 e liquidate nel 2014 emerge la conferma del trend decrescente degli ultimi anni, che vede passare le prestazioni erogate ad inizio anno da 18.363.760 nel 2012 a 18.044.221 nel 2015; una decrescita media annua dello 0,6% frenata dall’andamento inverso delle prestazioni assistenziali (pensioni agli invalidi civili e pensioni/assegni sociali), che nello stesso periodo passano da 3.560.179 nel 2012 a 3.731.626 nel 2015”), ma la spesa pensionistica cresce perché i nuovi assegni pensionistici sono più alti. Secondo il rapporto UE, ci sarà una piccola gobba nel 2036, poi la spesa pensionistica (incluse le voci spurie) calerà al 13,8% del Pil nel 2060, uno dei cali più alti in UE28.

La spesa pensionistica italiana, infatti, include (nel confronto internazionale) delle voci spurie (si confrontano le pere con le mele), che sono:
1.     TFR, che è salario differito e può essere riscosso anche decenni prima del pensionamento[10] (circa 1,5% del Pil);
2.     un 8% di spesa assistenziale sul totale della spesa pensionistica;[11]
3.     un peso fiscale comparativamente maggiore (la spesa pensionistica italiana è al lordo di 42-45 mld di imposte, più vicino ai 45);
4.     un uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati negli altri Paesi, dove non vengono classificati spesa pensionistica), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore sociale;
5.     infine, nella spesa pensionistica degli altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi fiscali ( = minori entrate) alle pensioni integrative (v., in particolare, la Gran Bretagna).

a) Se si considera la spesa pensionistica al netto delle imposte[12] (che sono una partita di giro), il divario tra l’Italia e gli altri Paesi cala di almeno mezzo punto se non di uno intero; infatti, a fronte di una diminuzione di circa 2 punti percentuali dell’Italia (dal 15,44% al 13,49%, dati 2009), gli altri Paesi calano in media sotto il punto percentuale (ad esempio, la Francia dal 13,73% al 12,82%, la Germania dal 11,25% al 10,86%, il Giappone dal 10,17% al 9,50% e la Spagna dal 9,28% all’8,99%).
b) Inoltre, se si depura la spesa pensionistica dalle prime due voci spurie (TFR e spesa assistenziale, che assommano a quasi 45 mld, cioè a quasi il 3% del Pil), e si somma la terza voce (altri 45 mld: le tasse sono una partita di giro, l’INPS paga l’assegno pensionistico netto e gira il resto all’Erario, alle Regioni e agli Enti locali), per un ammontare totale di 90 mld, l’incidenza sul Pil scende di ben oltre 4 punti percentuali.
In totale, dunque, se questi miei calcoli sono corretti, il rapporto diminuisce – già ora - dal 16,8% ad un massimo del 12,5%, vale a dire già adesso è inferiore di oltre un punto al 13,8% stimato dalla Commissione Europea per il 2060.
c) Infine - ed è soltanto un di più esplicativo - andrebbe anche tenuto presente che il rapporto spesa/Pil è influenzato ovviamente anche dal denominatore, calato in Italia, negli ultimi 7 anni, di quasi 10 punti percentuali, molto più che in altri Paesi.

Quarto punto: RGS

L’RGS è nota per sovrastimare le spese e sottostimare le entrate.
Sulle pensioni, le sue proiezioni, comunque superate dal rapporto della Commissione Europea, sono superiori a quelle dell’OCSE, area più disomogenea dell’UE, anche per il peso della voce “pensioni private”.[13]

Quinto punto: Sentenza della Consulta

Precisato che io sono favorevole al ricalcolo delle pensioni col metodo contributivo, al di sopra di una certa soglia, io sono critico verso la sentenza della Consulta, la cui sentenza peraltro ha registrato un risultato di 6 a 6, ed è passata soltanto per il voto che vale doppio dell’ineffabile presidente Criscuolo. In ogni caso, il congelamento dell'indicizzazione delle pensioni superiori a circa 1.400€ lordi (circa 1.100€ netti) fu un errore, poiché – come ha rilevato la stessa Corte Cost. - la soglia era troppo bassa e non fu prevista la progressività. Quindi, come ha sostenuto – e legiferato - il governo, non è obbligatorio restituire tutto a tutti.

In conclusione, mi auguro che si ritengano utili queste mie osservazioni e se ne facciano tesoro in futuro.
Cordiali saluti
V.

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Note:

[1] Cosa prevede la Riforma Fornero
di Ma.l.C.  20 gennaio 2015

[2] Lettera a Oscar Giannino
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2829755.html oppure

[3] Inps, come saranno le pensioni alla Boeri
08-03–2015 Giuliano Cazzola

http://formiche.us8.list-manage.com/track/click?u=36b7a9702ea86a9f69b819156&id=3123781124&e=07e3b92ad9

[4] LA PENSIONE DI VECCHIAIA E DI ANZIANITA' PRIMA E DOPO LA RIFORMA FORNERO
marzo 2012

http://www.sindacatopadano.org/Pensioni_Fornero.pdf

Le pensioni. Prima, durante e dopo la “Fornero”
11 Luglio 2012
http://www.cgilprovinciadiroma.it/Documento%20pensioni%2011%20lluglio.pdf
[5] Osservatorio sulle pensioni
Data pubblicazione: 30/04/2015
L’Osservatorio statistico sulle pensioni è stato aggiornato con i dati relativi alle pensioni vigenti al 1°gennaio 2015 e liquidate nel 2014.
Dall’analisi dei dati emerge la conferma del trend decrescente degli ultimi anni che vede passare le prestazioni erogate ad inizio anno da 18.363.760 nel 2012 a 18.044.221 nel 2015; una decrescita media annua dello 0,6% frenata dall’andamento inverso delle prestazioni assistenziali che nello stesso periodo passano da 3.560.179 nel 2012 a 3.731.626 nel 2015.
Il fenomeno è da attribuirsi sia all’esaurimento del collettivo delle pensioni di invalidità liquidate ante Legge 222/1984, sia all’inasprimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e di anzianità determinato dalla Legge 214/2011.
Di contro l’importo medio mensile erogato risulta in costante crescita, passando da 780,14 euro nel 2012 a 825,06 euro nel 2015.
Ciò è dovuto essenzialmente agli effetti della perequazione automatica delle pensioni e all’effetto sostituzione delle pensioni eliminate con le nuove liquidate che presentano mediamente importi maggiori.
["L’importo complessivo annuo risulta pari a 192,6 miliardi di euro, di cui 173 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali. Il 66% dell’importo è erogato dalle gestioni lavoratori dipendenti, il 23,8% da quelle dei lavoratori autonomi, il 10,1% da quelle assistenziali". Come si può notare, l'importo della spesa pensionistica è molto distante - e francamente non so perché in dettaglio - dai circa 270 mld annui che entra nelle varie statistiche, ndr]
NB: Come si può notare, anche l'INPS attribuisce erroneamente il calo del numero delle pensioni solo "all’inasprimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e di anzianità determinato dalla Legge 214/2011 [Fornero]".

Lettera al presidente dell’INPS Tito Boeri

[6] Lettera all’On. Matteo Salvini

[8] Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
Riepilogo delle manovre correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld;
- governo Monti 63,2 mld;
Totale  329,5 mld.

[9] La spesa per pensioni nella Ue: in Italia i maggiori risparmi tra qui e il 2060
Il rapporto della Commissione prevede per il Belpaese un picco di spese nel 2036, al 15,9% del Pil, poi una discesa netta. Nel 2060 si spenderanno 1,9 punti in meno di Pil rispetto al 2013, solo Croazia, Danimarca, Lituania e Francia taglieranno di più. L'effetto delle riforme: l'età di ritiro dal lavoro spostata di oltre cinque anni   14 maggio 2015

Vítor Constâncio, Vice Presidente BCE: “è precisamente nel campo delle riforme per contenere il peso a lungo termine dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica che I paesi sotto stress hanno già effettuato aggiustamenti. L’Italia ed il Portogallo, per esempio, hanno aumenti stimati per spese legate alla longevità minimali…”. Come il grafico sottostante conferma.
http://www.gustavopiga.it/2015/6-ragioni-per-stare-con-la-corte-costituzionale/

Annual Ageing Report

[10] TFR
Ed Eurostat, l’OCSE e l’FMI considerano il TFR spesa pensionistica (!).

Trattamento di fine rapporto (da Wikipedia)
Il trattamento di fine rapporto, sigla TFR, chiamato anche liquidazione o buonuscita, è in Italia una porzione di retribuzione al lavoratore subordinato differita alla cessazione del rapporto di lavoro, effettuata da parte del datore di lavoro.
Con il decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 è stata emanata la nuova riforma della previdenza complementare, regolando la destinazione del TFR ai fondi pensione complementari, tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

Trattamento di fine rapporto (da INPS)

Il Tfr in busta paga è un flop: chiesto da 0,1% dei dipendenti
La Fondazione consulenti del lavoro ha analizzato un milione di posizioni e ha scoperto che solo 567 dipendenti hanno chiesto all'azienda l'anticipo. La norma, in vigore da aprile, penalizza i redditi oltre i 15 mila euro
30 maggio 2015

[11] Trattamenti pensionistici e beneficiari: un’analisi territoriale
Le pensioni Ivs sono il 78,3% dei trattamenti erogati dal sistema pensionistico italiano e assorbono il 90,5% della spesa complessiva. Più nel dettaglio le pensioni di vecchiaia rappresentano il 52,2% delle prestazioni e il 71,8% della spesa; le pensioni di invalidità rispettivamente il 5,6% e il 4,0%, mentre le pensioni ai superstiti rappresentano il 20,6% dei trattamenti complessivamente erogati e il 14,7% della spesa complessiva. Le pensioni assistenziali sono il 18,2% del totale e assorbono il 7,9% della spesa. Le indennitarie incidono, infine, per il 3,5% sul numero dei trattamenti e per l’1,7% sulla spesa complessiva (Tavola 5)”.

[12] Gross and Net Public Pension Expenditure (% of GDP) – 2009
(figura 6.2 pag. 171 di Pension at a Glance, e l'ultimo è riportato in OECD Pensions at a Glance 2013)

[13] Evoluzione della spesa pensionistica in rapporto al Pil
Riporto le rispettive evoluzioni RGS e OCSE della Spesa pensioni/Pil (%) fino al 2035:
RGS: 2010=15,3; 2015=16,2; 2020=15,5; 2025=15,2; 2030=15,2%; 2035=15,8.
OCSE: 2010=15,3; 2015=14,9; 2020=14,5; 2025=14,4; 2030=14,5%; 2035=15,0.


Post scriptum:
Sulla spesa pensionistica, dopo la sua recente intervista a Radio Anch’io, ho avuto uno scambio di email con Carlo Cottarelli, che però, sebbene le prove documentali lo smentiscano, continua purtroppo a disinformare:

Lettera a Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del FMI, sua risposta e mia replica
Se la piattaforma IlCannocchiale è in avaria, cliccare qui sotto.  http://vincesko.blogspot.com/2015/05/lettera-carlo-cottarelli-direttore.html


Articolo collegato:

Allego un articolo di oggi di Roberto Petrini, tra i destinatari della mia lettera, del quale rilevo solo un doppio errore, laddove scrive: “Intanto Cottarelli ha subito dopo riconosciuto che il dato del 16,5 comprende anche 2 punti percentuali di assistenza contenute nel bilancio dell’Inps (pensioni e assegni invalidità, pensioni di guerra, Tfr: si tratta di erogazioni che non dipendono né dagli anni di contributi né dalla anzianità, dunque non sono pensioni) e dunque si scende al 14,5 per cento”. Il TFR non è incluso né nell’assistenza, né nel 2% (v., sopra, il terzo punto).

Dialogo intorno alla previdenza, tra un rigorista e un pensionando
di ROBERTO PETRINI
09 giugno 2015

E-mail collegata:

La CONTROINFORMAZIONE è necessaria e quasi un dovere per me, ma è una fatica di Sisifo. Tra i media destinatari della lettera, c’era il GR Rai, il quale però nell’edizione delle 13:45 di oggi 11 giugno, su Radio3, ha diffuso una notizia infondata, per cui gli ho inviato la seguente e-mail: 

grr@rai.it  11 giu 2015 - 14:44
Oggetto: Notizia infondata del GR3 delle 13:45: Corte dei Conti e welfare
Caro Direttore,
Segnalo che al GR3 delle 13:45 è stata data una notizia infondata, cioè che la Corte dei Conti, nel suo “Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica” (http://www.corteconti.it/in_vetrina/dettaglio.html?resourceType=/_documenti/in_vetrina/elem_0199.html),abbia segnalato la necessità della riduzione della spesa pensionistica, quando ha parlato di welfare, poiché, come ho verificato, salvo errori, dall’analisi del Rapporto, il riferimento è alla spesa sanitaria.
D'altronde sarebbe stato grave, anche se non del tutto sorprendente, che la Corte dei Conti avesse potuto partecipare all'opera di DISINFORMAZIONE sulle pensioni. Colgo l’occasione per suggerire di trasmettere a chi ha letto la notizia falsa il testo della mia e-mail che Vi ho trasmesso in data 1 giu 2015 13:51 e avente ad oggetto: Le pensioni e Carlo Cottarelli, che ho poi trascritto (con l’elenco di tutti i destinatari) nel post Lettera ai media, al governo, al PD e ai sindacati: le pensioni e Carlo Cottarelli    http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2833739.html oppure, se la piattaforma IlCannocchiale è in avaria, http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lettera-ai-media-al-governo-al-pd-e-ai.html .
Cordiali saluti
V.



Post e articolo collegati:

Lettera alla Professoressa Elsa Fornero su pensioni e manovre correttive


Anche l’On. Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, se n’è accorto.

(AdnKronos) - “La spesa pensionistica in relazione al prodotto interno lordo va calcolata bene”. Lo ha segnalato Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro, a margine del convegno sul 4° Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano organizzato oggi da Itinerari Previdenziali alla Camera. “Non possiamo più accettare questo dato dell’Istat - ha sottolineato - che parla di un 16% quando in realtà in quel conteggio abbiamo anche la parte assistenziale, ma, ancor più grave, la parte relativa alle tasse che si pagano sulle pensioni. Su 217 miliardi ne abbiamo 50 di tasse che vengono restituiti allo Stato. Se noi agiamo sul netto depurando la spesa pensionistica, ci accorgiamo che la percentuale cala all’11,5%. Siamo allineati con il resto dell’Europa”. In realtà, ha chiarito, “questi attacchi reperiscono risorse che vanno a debito non tanto per tenere in equilibrio il sistema. L’assistenza, anche questa va esaminata a parte, ha bisogno di essere monitorata perché può sfuggire al controllo. Ci sono molte asimmetrie che la legislazione dovrebbe in qualche modo mettere in ordine”. (Ada/AdnKronos)
link sostituito da:


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