giovedì 2 luglio 2015

Sud, la soluzione è prima di tutto culturale


A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 399 del 03-11-13 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Sud, la soluzione è prima di tutto culturale

Candidato alla segreteria del Partito Democratico
Gli altri candidati hanno altre priorità, solo la mia mozione poggia sul Sud
Pubblicato: 30/10/2013 13:36


NON E’ SOLTANTO UN PROBLEMA DI RISORSE FINANZIARIE.

1) Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali
“Nel Mezzogiorno risiede un terzo della popolazione italiana; si produce solo un quarto del prodotto interno; si genera soltanto un decimo delle esportazioni italiane. Un innalzamento duraturo del tasso di crescita di tutto il Paese non può prescindere dal superamento del sottoutilizzo delle risorse al Sud” (p. 7).
“A metà di questo decennio il PIL pro capite delle regioni meridionali non raggiungeva il 60 per cento di quello centro-settentrionale; alla metà degli anni sessanta tale ritardo era di dimensioni identiche.
La frattura territoriale nel nostro paese appare almeno altrettanto ampia, anche con riferimento ad indicatori di sviluppo più direttamente correlati alle condizioni materiali di vita delle popolazioni, come i tassi di occupazione, la diffusione della povertà, i livelli di istruzione o il funzionamento dei servizi pubblici locali. L’elevata ampiezza percepita dei trasferimenti di risorse effettuati nel corso dei decenni in favore delle aree meridionali acuisce il senso di insoddisfazione verso le attuali dimensioni del dualismo territoriale italiano”
(p. 427).
“Fino alla conclusione del XIX secolo, il PIL pro capite delle regioni meridionali non scese mai al di sotto del 90 per cento di quello centro-settentrionale”
(p. 427).
“Il dualismo economico italiano, che vede una quota rilevante della popolazione risiedere in un’area molto povera rispetto alla media nazionale, si presenta assai più grave rispetto agli altri paesi con livelli di sviluppo similari e si avvicina invece alle condizioni di disparità che caratterizzano i paesi economicamente meno avanzati” (pag. 430).
“I maggiori divari di reddito che il nostro paese mostra nel confronto internazionale sembrano quindi dipendere per intero dall’anomala dimensione della distanza fra regioni nelle diverse componenti del tasso di occupazione: la quota di forza lavoro occupata e, soprattutto, il tasso di attività della popolazione in età da lavoro. Quest’ultima variabile, in particolare, mostra un divario tra Mezzogiorno e Centro Nord di quasi 27 punti percentuali (Tavola 11), mentre nei paesi di confronto esso è mediamente inferiore a 5 punti” (pag. 435).

2) A partire dal 1998-’99, ho cercato di approfondire – in maniera empirica ed un po’ dilettantesca - le cause della situazione meridionale e soprattutto della mentalità di noi meridionali, causa ed effetto insieme del sottosviluppo del Sud, come tutti gli indicatori attestano, arrivando ad alcune conclusioni che investono – ovviamente, direi - la dimensione culturale-antropologica e che indicano, quindi, le modalità più efficaci di intervento.
Per lo sviluppo del Sud, due, a mio avviso, sono i principali freni ed ostacoli “culturali” al cambiamento: il primo è quello riassumibile nell’espressione “ogni meridionale si crede un padreterno, quindi perfetto, non ha bisogno di migliorare”
E' il principe di Salina che parla (ne “Il Gattopardo”): “Rimasero [gli ufficiali inglesi, ndr] estasiati dal panorama, della irruenza della luce; confessarono però che erano stati pietrificati osservando lo squallore, la vetustà, il sudiciume delle strade di accesso. (…) Vengono [i garibaldini, ndr] per insegnarci le buone creanze ma non lo potranno fare, perché noi siamo dèi. (…) i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti (…).”
Ma è da leggere, ovviamente, in senso opposto: in Ricordi della casa dei morti, Dostoevskij scrive: “Di certo si doveva credere un uomo molto intelligente, come accade per solito a tutti gli uomini ottusi e limitati”. 

3) L’altro freno è rappresentato dalla donna meridionale. Senza alcun intento anti-femminista, anzi come frutto di una lunga e profonda riflessione partita da un pregiudizio inizialmente positivo, io reputo la donna meridionale (prepotenza privata, assenza pubblica: binomio forse non casuale) uno dei 2 principali fattori di conservazione e di freno nel Sud, soprattutto nel suo ruolo di mamma e/o d’insegnante.
Con qualche attenzione anche al ruolo di mamma Chiesa.
Mamma + insegnante-donna (oggigiorno, la stragrande maggioranza del corpo docente) + Chiesa sono state e sono oggi – forse ancora di più – una miscela formidabile e preponderante nell’educazione delle generazioni meridionali. Io credo fermissimamente che il Sud (e l’Italia) abbia molto bisogno di padri (e di amministratori pubblici) congruamente severi – quasi assenti - e meno di mamme, onnipresenti. Scrive Anna Maria Ortese ne Il mare non bagna Napoli: “Esiste, nelle estreme e più lucenti terre del Sud, un ministero nascosto per la difesa della natura dalla ragione, un genio materno, d’illimitata potenza, alla cui cura gelosa e perpetua è affidato il sonno in cui dormono quelle popolazioni”.

4) Partecipazione della donna e indice di sviluppo di un Paese.
Nella (lunga ed ultima) nota 18-Questione femminile e Mezzogiorno, in un documento di 11 pagine con delle mie proposte (http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2593370.html 
oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/lettera-di-pdnetwork-alla-segreteria.html), tutti i dati economici dimostrano:
a) la correlazione tra ruolo e grado di partecipazione della donna e indice di sviluppo di un Paese;
- secondo il IV Rapporto Onu sullo sviluppo umano nei paesi arabi “il tasso di occupazione femminile (cioè la percentuale di donne dai 15 anni in su che forniscono lavoro o sarebbero disponibili a farlo) si ferma al 33%, rimanendo così il più basso del mondo”.
E “gli autori del Rapporto non esitano a sostenere che proprio dalla conquista della piena autonomia da parte delle donne potrebbe partire la rinascita commerciale, economica e culturale dei paesi arabi”.;

- dal Rapporto ONU sullo Sviluppo Umano 2010, si ricava che:
“I paesi arabi includono cinque dei 10 “Top Movers” ovvero le nazioni (sulle 135 oggetto della ricerca) che hanno mostrato la migliore performance nell’ISU [Indice di Sviluppo Umano] a partire dal 1970: Oman (n.1), Arabia Saudita (n. 5), Tunisia (n. 7), Algeria (n. 9) e Marocco (n. 10). Nell’Indice di disuguaglianza di genere (IDG), tuttavia, gli Stati arabi registrano un ISU regionale medio del 70 percento, ben al di sopra della perdita mondiale media del 56 percento. All’ultimo posto nella classifica mondiale relativa all’IDG è lo Yemen, con una perdita ISU dell’85 percento”;
- dal Rapporto ISTAT relativo al II trim. 2010 (tabb. 13 e 14) , si ricava che il dato aggregato italiano di inattività delle donne, pari al 48,6% (39,4% al Nord e 42,4% al Centro) è determinato dal peso negativo del Sud: “Nel Mezzogiorno, il tasso di inattività della componente femminile rimane particolarmente elevato ed è pari al 63,5 per cento”, (contro il 33,7 dei maschi).
Occorrerebbe – come per i Paesi arabi – rimuovere questo macigno operando congiuntamente su due direttrici: quella economica e quella culturale;

b) che anche la fredda Germania dell’Est (cfr. “Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali”), destinataria di imponenti risorse dopo l’unificazione (molto superiori a quelle riversate nel nostro Mezzogiorno *), dopo aver migliorato notevolmente tutti i propri indicatori in un arco temporale relativamente breve, non riesce a colmare i 'gap', a parere di molti, per motivi culturali.
* In 40 anni, la politica straordinaria ha speso nel Sud non più dello 0,7 per cento del Pil; per contro, per osservatori autorevoli tedeschi, “l’unità nazionale è un valore che trascende la logica economica, per il quale può ben valere la pena sacrificare il 5 per cento del PIL” - maggiore di quello italiano -  secondo le regole del federalismo cooperativo (Politikverflechtung), che costituisce il carattere saliente del modello politico tedesco. Secondo stime non ufficiali i trasferimenti lordi sarebbero ammontati per il periodo 1991-2003 a 1.250-1500 miliardi di euro, equivalenti a una media di 96-115 miliardi annui”) (pag. 486).

Conclusione. Per il Sud, dato il sostanziale fallimento delle modalità con le quali si è affrontato finora la questione meridionale, occorre prefigurare soluzioni innovative, e cioè: a) prima di tutto, una rivoluzione culturale ed un correlato Progetto educativo quinquennale o decennale, basato sul ruolo cruciale della donna, come madre e insegnante (v. “Educazione dei figli, in famiglia, dalla gravidanza a tre anni”  
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753847.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/educazione-dei-figli-in-famiglia-dalla.html); poi ovviamente b) investimenti infrastrutturali; c) una Pubblica Amministrazione efficiente; e last but not least d) una classe dirigente all'altezza del compito; se occorre, il commissariamento delle Regioni inadempienti (il problema – permettetemi la battuta - è forse dove trovare il commissario da designare) o l'adozione della proposta della SVIMEZ, cioè una sorta di unificazione-centralizzazione dell'amministrazione pubblica del Mezzogiorno.


Aggiornamento

Istat, l’Italia spreca il capitale umano delle donne
24/02/2014
http://www.businesspeople.it/newsletter/read/f5a78fe229cb7ff48e527ee3bda04cc3/86410

Il valore monetario dello stock di capitale umano in Italia

Radio3 – Tutta la città ne parla
24/02/2014
Capitale umano


Appendice

Superutente di HuffPost
Mummy 1st of all
19:02 su 30/10/2013
Questa proprio ce la potevi risparmiare.. la solita visione ottusa e vetusta, molto triste. Apri i tuoi orizzonti!

19:57 su 30/10/2013
Mi spiace, il tuo è un giudizio ineducato, deludente ed esagerato. Sai già, vero, che tutte le affermazioni esagerate rinviano a motivazioni “sottostanti”? E spesso sono indizio di coda di paglia? Ho capito, te la sei presa perché hai dedotto dalle mie osservazioni che era ottuso e vetusto il tuo (vostro) giudizio su Michelle Hunziker
(cfr. Dialogo sulle due Michelle 
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2795437.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/07/dialogo-sulle-due-michelle.html ).

PS: Sei meridionale, come me? O hai vissuto molto nel Sud?
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Superutente di HuffPost
Mummy 1st of all
20:18 su 30/10/2013
"Sai già, vero, che tutte le affermazioni esagerate rinviano a motivazioni "sottostanti"?"... Cosa ti hanno fatto in ordine:
1) le donne meridionali?
2) le insegnanti?
3) le mamme?
P.S. Naturalmente scherzo. Siamo entrambi meridionali e sappiamo quindi che ci sono una varietà infinita di modi di essere donna anche al sud. Altrimenti rischiamo di buttare tutto in macchietta.

20:58 su 30/10/2013
1) Perché evitare di parlarne? Secondo me, come ho scritto in calce all’articolo sulle 2 Michelle, “il ruolo "conservatore" della donna, segnatamente in campo educativo - familiare, soprattutto, e scolastico - è, in base alla mia esperienza, in particolare al Sud, forse il principale problema italiano, assieme a quello della Chiesa cattolica. E, quindi, la variabile prioritaria da affrontare per la soluzione degli altri”.

2) No, mi spiace, le mie non sono affatto considerazioni esagerate e non sono basate su alcun pregiudizio negativo, anzi.
Traggo da questo che è uno dei miei 4 post sull’educazione (allegato in quello già linkato più sotto nella conclusione) e che t'invito a leggere attentamente.

“[…] A scanso di equivoci, chiarisco che, avendo avuto nella mia prima infanzia più amiche che amici, ho vissuto per decenni, fino al 1999, con un pregiudizio positivo verso le donne. Se potevo, sceglievo il medico, l’avvocato, l’insegnante, ecc. donna perché mi fidavo di più. Poi ho cambiato idea, nel senso che, in base all’esperienza, essendosi esaurito l’effetto distorcente del pregiudizio positivo, mi sono reso conto che la donna (ed essendo meridionale e vivendo al Sud mi riferisco alla donna meridionale) per tanti aspetti non è la soluzione ma il problema".

(continua/1)

20:59 su 30/10/2013
 (segue)

“Ho cercato di indagarne le cause e sono arrivato alla conclusione che è l’effetto dell’educazione in famiglia (in senso lato), che per le femmine è più severa, più repressiva, e la repressione si dispiega per prima e/o principalmente nella sfera sessuale. […]”.
“L’istruzione è alleanza famiglia-scuola”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753849.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/listruzione-e-alleanza-famiglia-scuola.html

3) Infine, quando ne parlo o ne scrivo, ho sempre riscontrato una reazione molto negativa almeno nel 90% delle donne meridionali e non, ma quando ho la possibilità di motivare compiutamente (in particolare affrontandone l’"eziologia") sono sempre – sempre – riuscito a convincerle.

21:15 su 30/10/2013
Mi piaccoiono i suoi ragionamenti, le sue fonti e le sue critiche, manca solo un elemento basilare, che e' causa/effetto di quello che lei scrive: la criminalita' organizzata e una cultura del malaffare e dello spregio della cosa pubblica diffusi capillarmente.
Risolvere, seriamente, seppur parzialmente, questo problema creerebbe un indotto culturale, economico, sociale e politico inaudito, ma se ha gia' citato lo splendido principe di salina credo che ne' lei ne' io ci facciamo illusioni
Permalink

00:32 su 31/10/2013
Ha ragione, è basilare, si può dire che è la quintessenza della cultura meridionale. Non poteva quindi mancare nelle mie riflessioni sul Sud. Ne ho scritto varie volte, ad es. qui (peraltro, la Calabria è la Regione di Gianni Pittella [mi correggo, è lucano]):

“[…] Le mafie sono un problema serissimo, una vera emergenza nazionale, non solo del Sud.
Detto questo, io sono campano, e credo che la criminalità organizzata sia sì un problema di polizia e magistratura, ma anche un fatto economico di proporzioni colossali (100 miliardi di "fatturato" annuo, pari al 7% del PIL) e soprattutto un fenomeno profondamente culturale, che vede l'omologazione di troppa parte della società meridionale su regole "mafiose": omertà, inerzia, prepotenza, favoritismi, connivenze.
Occorre unire le forze ed attuare una strategia di contrasto feroce, massiccio e di lungo periodo su 4 direttrici: giudiziaria, militare, economica e culturale.

Ora aggiungo che queste 4 direttrici di attacco devono partire insieme ed operare parallelamente, sapendo che la “riforma” culturale è un obiettivo essenziale, e di lungo termine, che deve basarsi prioritariamente sul coinvolgimento delle donne meridionali, che devono diventarne l'oggetto ed il soggetto principale, trasformandosi da problema e fattore di conservazione a risorsa e motore del cambiamento”.

(continua/1)

00:34 su 31/10/2013
 (segue)

“Io da molto tempo ritengo che dev'essere proprio la Calabria, più ancora della Sicilia e della Campania, l'epicentro di questo terremoto benefico, il fulcro di questa rinascita: il Sud uscirà dalla sua condizione di minorità soltanto quando la Calabria giungerà ad un livello di progresso socio-economico-culturale in linea con il resto d'Italia. […]”
“Dialogo sulla Calabria, sul Mezzogiorno”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2783416.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/dialogo-sulla-calabria-sul-mezzogiorno.html

Oppure qui:

“Onorata? Questo aggettivo ha tutta l'aria di un - come dire? - lapsus freudiano [1] capovolto: ascoltate le sue dichiarazioni, non tradisce il pensiero, ma lo rafforza, ne costituisce la quintessenza, il sostrato educativo fondamentale, che - si badi - per le generazioni meridionali, ed in particolare per quelle mafiose o camorriste o 'ndranghetiste, è soprattutto quello inculcato dalla madre. [2] Detto su basi empiriche ed intuitive e non di studi particolari, dal punto di vista educativo, la società meridionale, segnatamente nell'"enclave" criminale, è ancora oggi, dopo secoli, una società matriarcale”.
“Lucia Riina e il lapsus freudiano capovolto”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2790748.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lucia-riina-e-il-lapsus-freudiano.html

28 Fans
ho quotato i bei post di vincesko (li trovo ricchi di riflessione e voglia di approfondimento sinceri)...personalmente concordo con una visione del sud d'italia (forse non tutto) mondo a se stante, mosso da logiche pietrificate dal tempo e che non è possibile modificare se non si conosce (e rispetta)...questo rende possibile un cambiamento in positivo, solo dall'interno...concordo con l'interessante lavoro di g. pittella, che probabilmente segretario del partito non diventerà, ma che ritengo, x essere proseguito, dovrà almeno vedere un suo trasferimento da bruxelles al parlamento nazionale. a vincesko mi permetto di suggerire, di elaborare un pari ragionamento, anche x il nord d'italia...scoprirà (ma lo sa), un altro mondo, ma che x complessità e vincoli, non ha niente da invidiare al sud d'italia.

36 Fans
Le mie riflessioni sul Sud hanno una base quasi esclusivamente empirica. Ho lavorato al Nord (Milano) per quasi 6 anni, ma negli anni '70, perciò troppo lontano nel tempo. Dai commenti che leggo da alcuni anni nel web, temo di rilevare, per alcuni aspetti, ad es. il "conservatorismo" della donna e soprattutto la terribile inclinazione alla lamentela sterile (In Italia, Paese femmina, la lamentela non è peccato http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2791596.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/in-italia-paese-femmina-la-lamentela.html ), una certa omologazione del Nord al Sud (forse, il problema della mutazione antropologica in senso involutivo in atto effettivamente è nazionale).
Molto meno, per fortuna, per la dannosissima invidia sociale (cfr. post sulla Calabria ed altri):
"Per chi non è del Sud è difficile capire che un altro dei pilastri della cultura meridionale – probabilmente il portato del cattolicesimo e che si tramanda di generazione in generazione - è l'invidia ed il conservatorismo sociale - l'altra faccia del “noi siamo dèi” -, per cui, invece che considerarlo uno stimolo all'emulazione ed al miglioramento, si giudica negativamente il successo dell'altro ed impera un meccanismo automatico, una sorta di riflesso condizionato delle persone, che sono “costrette” a frenare qualunque iniziativa privata o, soprattutto, pubblica, e favoriscono una omologazione in cui poi riescono a prevalere sempre gli stessi".

Comunque, grazie per l'apprezzamento.

***

La Ortese in quel passo non faceva che reinterpretare la Natura Matrigna di Leopardiana memoria, che diventava madre opprimente. Ma più in là con gli anni affermò di aver superato questa sua credenza giovanile, e di non credere più che sia la Natura a nuocere ai propri figli. Non la identificava con alcuno spirito femminil-materno (le sue posizioni non sono mai così nette), men che meno incarnato nelle donne meridionali, alle quali, con un ragionamento veramente d'antan, lei attribuisce la responsabilità della perpetuazione di sistemi familisti vetusti e moralmente sbagliati. Sa che queste erano le stesse argomentazioni usate da alcune delle prime femministe per promuovere l'istruzione femminile? Cambiare le donne per cambiare la società, dicevano, perchè le donne non sono all'altezza del loro compito, e occorre fare in modo che esse possano davvero essere mogli e madri e compagne. Il fatto che vengano ancora utilizzate, con tutti i loro limiti, mi sconcerta. Il soggetto femminile, esattamente come quello maschile è, grazie a Dio, qualcosa di più sfuggente e complesso. E soprattutto la mamma di cui lei parla, contrapposta al padre severo, è un'invenzione maschile, non femminile.
Ovviamente specifico che sono donna e meridionale, e non sono l'eccezione che conferma la regola.
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1) La Ortese: a) non è responsabile di nulla nella mia tesi; b) c'entra soltanto poiché mi serviva a corroborarla; c) in effetti, io non so perché ella l'abbia scritto, ma è un fatto incontrovertibile che NON scriva affatto della NATURA MATRIGNA, fatto fisico o chessò ereditario, inscritto nei geni, ma del ruolo sociale della donna-madre: "un ministero nascosto per la difesa della natura dalla ragione, un genio materno, d’illimitata potenza, alla cui cura gelosa e perpetua è affidato il sonno in cui dormono quelle popolazioni", che è un dato CULTURALE.
2) I problemi seri di Giacomo Leopardi sono dovuti anche - anche - ad una madre assente e calda come un ghiacciolo (oggi si direbbe anaffettiva).
3) Ho già scritto, replicando a Simona, che almeno il 90% delle donne reagisce male, ma che le convinco TUTTE se posso motivare compiutamente la tesi; perché non legge attentamente i miei 4 post sull'educazione?

PS: Detto beninteso in generale, la mia lunga esperienza mi ha insegnato che (quasi) sempre la negazione in toto o in parte di un "problema" è indizio certo della sua sussistenza, e che l'intensità (nei colloqui diretti, è grandemente significativo il tempo di reazione e il tono di voce) della negazione è direttamente correlata al suo grado di gravità.

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In breve: 1) è il sentimento, non la metafora in cui si incarna che è di derivazione leopardiana. E no, AO non chiama in causa un ruolo sociale della donna madre, ma la pura funzione materna. Un pò come gli uomini identificano in Dio una funzione paterna. Un'astrazione. Vista dal suo lato più oscuro, ambigua quanto vuole. Ma non dato culturale, bensì metafisico. Che noi lettori/interpreti possiamo vedere come COSTRUZIONE culturale. Che è una cosa diversa (e presuppone un percorso di adattamento e resistenza).
2)(Mi perdoni la battuta) Può darsi ma non tutti quelli che hanno una mamma anaffettiva sono Leopardi.
3) Ovvio, se la tesi è motivata. Ma anche le mie obiezioni lo sono. Quando avrò tempo li leggerò senz'altro. Però non richiami la reazione rabbiosa: lo sento rimproverare spesso alle interlocutrici donne, e mi dà l'impressione di un tentativo di svalutarne le posizioni riportandole ad un ambito umorale. Ma le assicuro che usiamo ragione e sentimento in proporzioni non dissimili dagli uomini.

In sostanza lei asserisce che in genere quanto più ha ragione tanto più gli altri le danno torto? Può darsi, ma è una casistica che, almeno per me, non c'entra. Preferisco pensare piuttosto che quando ci si confronta apertamente si finisce inevitabilmente con l'evolvere le proprie posizioni, se la discussione è seria...

Ah, non ha letto ancora i miei 4 post? Perciò filosofeggia e sciorina arzigogoli sulla Ortese e fa battute sul povero e sfortunato uomo di cognome Leopardi, che aveva una madre assente e anaffettiva ed un padre troppo presente. Lasci stare la filosofia, che Lei mi pare usi come schermo, come cortina fumogena per non affrontare il tema in discussione, che è di natura psicologica e non è affatto quello che Lei ipotizzava nel Suo 1° commento, parlando di padre severo, ecc. ecc., ma esattamente il contrario, come si deduce facilmente anche dal mio 1° commento frazionato in 6 parti - che, per metà, è un’estrema sintesi dei 4 post - ed è la preponderanza della figura materna rispetto a quella paterna, in particolare nel rapporto (edipico) tra madre e figlie femmine. Se Lei leggerà il post “Questione femminile, questione meridionale, progetto educativo”, vedrà che, sulla base della mia esperienza (deve considerare che si tratta di mie deduzioni sulla base di numerosi casi concreti), io ho scritto che la miscela più dannosa per le figlie sembra - è - quella di un padre assente ed una madre castrante.

Torto non è la parola giusta, meglio parlare di resistenza ad ammettere con se stessi il “problema” (chi più, chi meno, lo facciamo tutti).

Io ho una concezione (quasi) perfettamente paritaria tra uomo e donna, proprio per questo non fingo benevolenza con le donne, che “bastono” volentieri quando lo meritano, esattamente come faccio con gli interlocutori maschi, quando lo meritano.

Non filosofeggio più di quanto lei psicanalizzi, mi sembra.. Comunque mi pareva di essere stata chiara e non arzigogogolata... Non concordo su di un punto che lei esprime, tra l'altro molto chiaramente, e ribadisce anche adesso: un legame causale tra un presunto spirito materno incarnato dalle donne meridionali e l'arretratezza culturale del sud, che AO esprimerebbe in quel passo che ha citato. A me questa sembra una eccessiva semplificazione e una forzatura delle parole della O. Quanto alle sue idee sulla (quasi) parità maschi-femmine, mi fa sempre piacere sentir dire che le bastonature debbono toccare nello stesso modo a entrambi i sessi, ma la mia obiezione verteva su di un altro punto, ed era più generale: il richiamo all'arrabbiatura femminile è in genere il modo più usato da interlocutori maschi - esperienza personale - per dare torto alle donne a prescindere.
Infine, lungi da me svalutare le sue idee, che certamente saranno il frutto di lavoro e analisi attente. Ma questo di per sè non vuol dire che la mia obiezione non sia fondata.

Scusi, quale obiezione? Lei fa obiezioni non pertinenti: filosofiche e non psicologiche. Lasci stare la Ortese, Le ho già detto che non c'entra, l'ho "usata" per corroborare la mia tesi. E, in ogni caso, Lei non considera che esistono sempre 2 piani di espressione, per tutti: quello superficiale, apparente e quello "sottostante": anche la Ortese era una donna e una figlia; Lei può escludere che, in quella fase della sua vita, non si dispiegassero gli effetti del complesso edipico, che l’hanno subliminalmente condizionata? Cosa che sicuramente sarà successa anche al grande poeta Leopardi. E a Lei, che mena il can per l’aia…
Inoltre, il problema del nesso causale è un po' più complesso di quel che Lei pensa. Lei (forse) ignora (se leggesse il mio post citato sopra colmerebbe questa lacuna) che, nella civile Austria, nell'800 e nei primi anni del '900, si discuteva tra gli intellettuali del perché la donna fosse un essere inferiore. E Freud dà la sua spiegazione, in contrasto con quella degli altri, e che per me è condivisibile ed ancora attuale.
La prego di astenersi dal replicare prima di aver letto attentamente i miei 4 post e quelli ev. in essi linkati.

0 Fans
Mi sembra che lei dia per scontate troppe cose: per esempio, che dovrei adottare necessariamente il suo punto di vista, che lei definisce psicologico, cioè darle ragione, per avere ragione. Lei dice che O non c'entra ma si affretta a chiamare in causa anche per lei un'intrpretazione psicanalitica, per mostrare indirettamente che la sua esperienza materna sta dietro certe affermazioni.
Non condivido che le donne si limitino ad applicare un modello (quello materno) maschile, che lei legittima con la psicanalisi, perchè è questo il materno di cui parla: una costruzione culturale secolare complessa e maschile. Non lo condivido perchè è la riproposizione delle donne intrappolate nel binomio vittime/carnefici (o salvatrici). O totalmente passive agli stimoli o responsabili di qualcosa in quanto donne. Il problema non sono le madri iperprotettive (che sono di meno di quelle che lei pensa) che non si trovano solo al Sud. Le matrone sono qualcosa di lontano anni luce da quel che pensa. E soprattutto, sono molto diverse l'una dall'altra: Il conservatorismo femminile non deriva da una interpretazione sbagliata del proprio ruolo.
Vuole proprio che li legga questi post: ma ribadisco che lei è stato abbastanza chiaro qui sull'HP, e onestamente questa sua insistenza (come altro chiamarla?) disturba alquanto. E temo che anche stavolta sarà solo un ribadire che parlo troppo difficile (filosofeggio) per aggirare il problema.
Spero di non ignorare troppo della storia delle donne, per questo ribadisco che le sue argomentazioni sono le stesse di alcune esponenti della Prima Ondata. Infine: legga pure Irigaray.


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