venerdì 10 luglio 2015

Educazione e ruolo della donna


A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 437 del 08-03-2014 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Educazione e ruolo della donna


Bisogna interrogarsi sulle cause

Naturalmente, per risolvere i problemi, bisogna interrogarsi sulle cause, su chi o che cosa fa sì che quella italiana sia una società bloccata o disequilibrata tra i generi e i ceti.
Quando un fenomeno è antico, profondo e diffuso, c‘è sempre, ovviamente, una dimensione prevalentemente storico-culturale.
Il nostro è un popolo antico, cinico, a-meritocratico e mammone.
I soggetti principali, checché se ne dica, che hanno agito e continuano ad agire in profondità e ne costituiscono il sostrato culturale più autentico - e conservatore - sono, da una parte, mamma-Chiesa - oscurantismo, nepotismo, controriforma, anti-giansenismo (non è l’uomo che si deve elevare per meritare la grazia, operando bene, ma il contrario) - e, dall’altra, la donna-mamma, soggetto dominante nella sfera privata. In Italia, al Sud, vige il matriarcato.
Non servono studi particolari per accertarlo. E’ sufficiente fare, come ho fatto io, una riflessione su chi comanda nelle famiglie, osservando il parentado e la cerchia amicale: nell’80% è la donna, anche se questo spesso viene negato.  

Ma il matriarcato, persino auspicato dal Prof. Veronesi nel suo ultimo libro, è invece nel Sud forse il principale freno al cambiamento, costituito in generale dal ruolo della donna, soprattutto come madre ed insegnante. Ma non è casuale, ci sono due motivi: il primo, è un problema di modello: il modello delle figlie femmine è la madre, se la madre è educata male, educherà male i propri figli e le figlie tenderanno inevitabilmente ad imitarla; il secondo, è che le figlie femmine sono trattate peggio in famiglia.

Il disequilibrio tra i generi, nella dimensione pubblica, e quindi anche nei rapporti economici, è paradossalmente conseguenza del matriarcato, il cui corollario è una sorta di divisione tacita del potere: la donna comanda in casa, l’uomo fuori dalla casa.
In una situazione siffatta, in Italia si è aggiunta l’occupazione crescente della scuola da parte delle donne nel ruolo di insegnanti, per giunta senza una selezione qualitativa dati i bassi salari, che presumibilmente ha abbassato ulteriormente il livello qualitativo medio.
A scanso di equivoci, chiarisco che, avendo avuto nella mia prima infanzia più amiche che amici, ho vissuto per decenni, fino al 1999, con un pregiudizio positivo verso le donne. Se potevo, sceglievo il medico, l’avvocato, l’insegnante, ecc. donna perché mi fidavo di più. Poi ho cambiato idea, nel senso che, in base all’esperienza, essendosi esaurito l’effetto distorcente del pregiudizio positivo, mi sono reso conto che la donna (ed essendo meridionale e vivendo al Sud mi riferisco alla donna meridionale) per tanti aspetti non è la soluzione ma il problema. Ho cercato di indagarne le cause e sono arrivato alla conclusione che è l’effetto dell’educazione in famiglia (in senso lato), che per le femmine è più severa, più repressiva, e la repressione si dispiega per prima e/o principalmente nella sfera sessuale (cfr. Sigmund Freud “La repressione delle curiosità sessuali e lo sviluppo intellettuale” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2558195.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/curiosita-sessuali-represse-e-sviluppo.html ). E questo produce inevitabilmente il tramandarsi ed il perpetuarsi di un paradigma educativo repressivo, col corollario di “resistenze”: al cambiamento, al miglioramento, individuale e collettivo.

Detto questo, ne derivano, almeno per me, come logico corollario:
1.      l’ovvia considerazione che c‘è differenza (per fortuna), ma in un contesto - positivo - di complementarità tra i generi;
2.     per nessuno, uomo o donna, neanche per un genio, esistono tutti e solo punti di forza, ma la coesistenza di punti di forza e punti di debolezza (la tanto decantata superiorità delle donne universitarie rispetto ai maschi riguarda un’infima minoranza rispetto al totale della popolazione femminile);
3.     soltanto un’adeguata educazione (basata su molto amore e poche regole buone) [*] può modificare sostanzialmente e più rapidamente l’output, sia per i singoli individui (maschi o femmine), accrescendone le qualità intellettuali (QI), psicologiche (autostima) e morali (sistema etico-normativo), sia per i popoli.
Occorre una rivoluzione culturale; occorre che la donna rinunci ad una parte del suo potere tra le mura domestiche - dove si formano i paradigmi culturali, che deve contribuire a cambiare -, a favore di un suo più marcato ruolo pubblico, di una presenza più incisiva nei posti dove si fanno le leggi, che sono in rapporto biunivoco con il retaggio culturale: ne sono influenzate e lo influenzano.

La scarsa partecipazione delle donne – in politica come nel lavoro esterno – rende l’Italia più debole e vulnerabile e condannata ad un più basso tasso di crescita. Succede la stessa cosa, secondo uno studio dell’ONU, beninteso in più ampia scala, per i paesi arabi e mussulmani in genere.
Le quote rosa per iniziare servono, ma sono solo un palliativo; occorre pensare ad un progetto educativo che abbia come soggetto ed oggetto principale le donne-madri. [*]
E’ ingenuo ed inefficace lamentarsi (la lamentela è lo sport nazionale più diffuso, sia degli uomini che, in particolare, delle donne) ed affidarsi alla generosità degli altri, soprattutto degli uomini, in particolare degli uomini politici. E’ la donna-madre-educatrice – assieme alle modalità in cui la donna-madre dispiega il suo ruolo nella famiglia – l’artefice non solo del proprio destino, del proprio ruolo e di quello dei figli/figlie, ma del carattere e del destino dell’intero popolo italiano.

[*] Educazione dei figli, in famiglia, dalla gravidanza a tre anni (e, soprattutto, i ‘post’ in esso linkati) http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753847.html .


Articolo collegato:

Aprile 2014


Nessun commento:

Posta un commento