A causa delle avarie frequenti della
piattaforma IlCannocchiale, dove - in
4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko
ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente.
O, meglio, di tenermi
pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di
5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 483 del 22-09-14 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Art. 18, tra
Renzi, la Germania e Sacconi
Carlo Clericetti
18 SET 2014
L’art. 18? I tedeschi ce l’hanno
Preliminarmente,
provo a fare il punto sulla situazione dei lavoratori protetti dall’art. 18.
ARTICOLO 18. Poche imprese interessate, ma tutelati
oltre la metà dei dipendenti privati italiani
Sono poche le
aziende sottoposte alla disciplina all’articolo 18, ma oltre la metà dei lavoratori dipendenti
italiani del settore privato sono tutelati da questo istituto. I numeri
elaborati dalla CGIA ci dicono che l’articolo 18 “interessa” il 2,4 per cento
delle aziende ed il 57,6 per cento dei lavoratori dipendenti italiani occupati
nel settore privato dell’industria e dei servizi.
In termini
assoluti, su poco meno di 4.426.000 imprese presenti in Italia, solo 105.500
circa hanno più di 15 addetti.
Per quanto
riguarda i lavoratori, invece, la CGIA ricorda che dalla totalità degli addetti
presenti in Italia (pari a poco più di 22 milioni di unità) sono stati
“rimossi” i lavoratori autonomi, quelli del pubblico impiego, i dipendenti
dell’agricoltura e tutti quelli con un contratto a tempo determinato che, per
legge, non sono “coperti” da questa norma.
Pertanto, su
oltre 11.300.000 operai e impiegati presenti nel nostro Paese (*), quasi
6.507.000 (**) lavorano alle dipendenze di aziende con più di 15 dipendenti,
soglia oltre la quale si applica l’articolo 18.
Poi,
analizzo sinteticamente le alternative possibili, che sono tre:
1.
il tentativo di cancellazione dell’art. 18 viene sconfitto;
2.
in subordine, si riesce ad adottare in Italia la legge tedesca, che affida al
giudice il potere discrezionale di ordinare il reintegro o stabilire un
indennizzo;
3.
il tentativo di cancellare l’art. 18 ha successo.
Nella
prima ipotesi, tutto rimane come ora, inclusa la pressione degli organismi
europei (UE e BCE), che usano la riforma del lavoro come alibi per non fare
quello che tocca a loro fare.
Nella
seconda, è presumibile ci sia un aumento delle cause di lavoro, in una
situazione dei Tribunali già molto deficitaria.
Nella
terza, la più probabile, è necessario – se non indispensabile -
controbilanciare il potere accresciuto degli imprenditori, inserendo nella
nuova disciplina legislativa due condizioni sospensive:
a) la previsione e
l’effettiva implementazione di un sistema adeguato di ammortizzatori sociali:
-
indennità di disoccupazione: in passato, quando (anche
il Centrosinistra) hanno progettato le loro belle e
razionali riforme, si sono preoccupati di considerare tutte le variabili in
gioco, ma poi, quando le hanno tradotte in articolati di legge di attuazione,
per problemi di copertura finanziaria, ma anche per un fatto - come dire? - di
cultura, di logica e di etica di fondo nazionale piuttosto stortignaccole e
strabiche, hanno omesso sempre una gamba del tavolo, quelle delle
tutele universali;
-
strutture per l'impiego, la formazione ed il
reimpiego.
Infatti, assieme agli ammortizzatori sociali, sono necessari servizi
attivi per l'impiego ed il reimpiego (non baracconi inefficienti come i Centri
per l’impiego attuali che servono soltanto a quelli che vi lavorano: meno del
5% trova lavoro tramite loro), che coinvolgano economicamente e operativamente
le aziende che licenziano; e, infine,
-
agenzia centrale, perché occorre affrontare la variabile critica di qualunque
riforma: la Pubblica Amministrazione italiana, la peggiore del mondo
occidentale, che faccia capo ad un Sottosegretario di Stato di alto profilo
operativo;
b) attuare
finalmente la normativa sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, già
da tempo all’esame del Parlamento.
***
I tre [ex] ministri sedicenti socialisti
Poiché nell’articolo di Carlo Clericetti si parla
– negativamente – del sedicente socialista Brunetta, ma non dell’altro
sedicente socialista Sacconi, che, a mio avviso, di Brunetta è sicuramente peggiore,
riporto un mio vecchio post, che,
purtroppo, data la loro permanenza sulla scena politica e, sfortunatamente,
persino nella maggioranza, è ancora attuale. Per fortuna, il terzo sedicente
socialista, Tremonti, ora è fuori dai giochi. Per onestà, devo ammettere che mi
illudevo sul ripensamento della classe operaia, dissuasa peraltro dallo spostamento
destrorso, almeno in tema di lavoro, del PD.
Negli anni '70, dopo l'approvazione dello statuto
dei lavoratori [1] – frutto dell'opera riformatrice della commissione
presieduta dal socialista Gino Giugni, voluta dal socialista Giacomo Brodolini
- e la crescita dei conflitti sindacali
(le aziende erano un po' “fasciste” allora), per gestire le relazioni col
personale le grandi aziende spesso assumevano sociologi provenienti dalla
Facoltà di Sociologia di Trento (dove, ad esempio, hanno studiato Renato Curcio
e Mara Cagol, fondatori delle BR), famosa per il suo radicalismo di sinistra
già dagli anni '60 (tant'è che a noi militari di leva era fatto divieto
addirittura di passarvi davanti, quando andavamo in libera uscita; erano gli
anni - '67-68 - quando, detto per inciso, più o meno si
concludeva la stagione degli attentati dinamitardi in Alto Adige).
In questi ultimi decenni, parecchi esponenti di
sinistra sono passati all'altra sponda politica, diventando parlamentari,
consiglieri, maitre a penser,
direttori di giornale, portavoce e così via.
Poi, come epilogo della storia, per realizzare
una politica di destra e portare avanti – come dire? - la riforma delle riforme
socialiste, Berlusconi si è avvalso dell'opera assidua di tre ministri
socialisti: Tremonti, Brunetta e Sacconi. I
tre ministri, per la bisogna, si sono avvalsi a loro volta dell'appoggio
della UIL, socialista (oltre che della CISL).
Intanto, anche gli operai sembravano avere
abbandonato i partiti di sinistra e votavano in prevalenza per il centrodestra.
Situazione davvero bizzarra, ma, dopo le manovre
finanziarie correttive per 330 mld da inizio legislatura (importi cumulati
266,3 mld il governo Berlusconi e 63,2 mld il governo Monti), per la più parte
vere macellerie sociali, e l’attacco, parzialmente respinto, all’art. 18 ed al
welfare, forse anche foriera di cambiamenti. […]
Il Prof. Monti e lo statuto dei lavoratori, manovra diversiva, in parte
persino inconsapevole
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753968.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/il-prof-monti-e-lo-statuto-dei.html
Cclericetti 19
settembre 2014 alle 00:10
Ha ragione. Brunetta è più
folcloristico, ma il vero deus ex machina della distruzione dei diritti dei
lavoratori è Sacconi, che può vantarsi di essere stato il più reazionario tra i
ministri del Lavoro della Repubblica. Di lui è bene ricordare, oltre
all’assiduo impegno per spaccare il sindacato ed emarginare la Cgil,
l’abolizione delle norme contro le dimissioni in bianco introdotte dal
precedente governo di centro-sinistra, che provocò nell’anno successivo, come
certificato dall’Istat, una impennata di “dimissioni” (ossia licenziamenti) in
particolare di lavoratrici che aspettavano un figlio.
@Carlo
Clericetti
Su
Sacconi conservo un ampio archivio, incluse 3 letteracce che gli ho scritto tra
il 2010 e il 2011 (questa è la terza, la più breve e forse (?) più dura http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2689326.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/04/lettera-n-3-al-ministro-maurizio-sacconi.html
).
Nel
suo “curriculum”, vanno aggiunti:
-
la sua posizione “umanitaria” e fondamentalista nel caso Englaro di tutela
della vita vegetativa;
-
le decisioni crudeli nei riguardi di vite concretissime e debolissime con le
manovre correttive;
-
la sua filoconfindustriale avversione ai precari, anche reintroducendo le
tipologie contrattuali più vessatorie, che erano state abolite dal precedente
governo Prodi (ministro del Lavoro, Damiano);
-
assieme a Tremonti e, in parte, Brunetta, è stato un tenace, inverecondo
costruttore di una campagna sistematica, paramafiosa di DISINFORMAZIONE, tesa a
propalare assiduamente dati edulcorati o falsi;
-
le sue diatribe a cadenza mensile con la Banca d’Italia sul tasso di
disoccupazione;
-
le sue sortite livorose, faziose, perfide, insincere, maramaldesche,
antipopolari lungo tutto il suo ministero;
-
secondo il presidente di un’associazione di Milano che coinvolsi in una web invasion sulla prima manovra correttiva lacrime e sangue (il DL
78/2010), è (era?) uomo di Bombassei, allora vice presidente di Confindustria;
a giudicare dalle misure delle manovre correttive, vera macelleria sociale, e,
un anno dopo (2011), dalla sua proclamazione di fedeltà alla causa di
Confindustria, mentre gli altri 2 ministri si erano defilati, non ebbi
difficoltà a crederlo;
-
la sua sorpresa o il suo rifiuto di ammettere che la Confindustria criticasse
il governo quando questa, nel pieno dell’incendio da spread) cominciò a
bombardare di critiche il governo Berlusconi-Tremonti-Bossi-Sacconi;
-
anche Eugenio Scalfari scrisse che tutti e tre erano senza vergogna, ma che il
peggiore dei tre ex ministri sedicenti socialisti era Sacconi
-
che sia mediocre, basta leggere la sua “bibliografia” e la sua presentazione
del suo libro bianco sul lavoro o la sua intervista davvero delirante
all’inserto satirico del “Corriere della Sera” del 30 agosto 2010, che allego:
E
pensare che era il ministro che riscuoteva il maggiore apprezzamento dagli
Italiani. Data l’elevata percentuale (oltre il 60%), doveva riscuotere
purtroppo anche quello di parecchi del centrosinistra: l’Italia è proprio piena
di allocchi. Anche a sinistra.
Ho
posto, più sopra, come seconda condizione sospensiva per l’attuazione della
riforma dell’art. 18:
b)
attuare finalmente la normativa sulla partecipazione dei lavoratori
nell’impresa, già da tempo all’esame del Parlamento.
Aggiungo
al curriculum di Sacconi (nel post allegato in fondo c’è un piccolo dossier sul
tema, in cui cito anche la collaborazione stretta tra Sacconi e Bombassei per
ritardare la discussione sul DdL sulla partecipazione):_
UN ANNO FA SACCONI CHIESE E OTTENNE DA SINDACATI E CONFINDUSTRIA UN “AVVISO
COMUNE” PER LA SOSPENSIONE DI UN ANNO DELL’ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE UNIFICATO
SUL QUALE SI ERA REGISTRATA UN LARGHISSIMO CONSENSO IN SENO ALLA COMMISSIONE
LAVORO DEL SENATO; ORA L’ANNO STA PER SCADERE, MA IL MINISTRO INSISTE
NELL’OPPORSI ALLA RIPRESA DELL’ITER
PARLAMENTARE DEL PROGETTO
Interrogazione presentata alla Presidenza
del Senato il 15 settembre 2010
Partecipazione
dei lavoratori alla proprietà ed al controllo delle aziende
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2586257.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/partecipazione-dei-lavoratori-alla.html
Appendice
IL GOVERNO E LE
SCELTE
I tanti scontri e la spallata finale
La battaglia tra
il premier Matteo Renzi e la Cgil ricorda altri scontri. Stavolta non si tratta
di corteggiare gli elettori del centrodestra, in ballo gli assetti della
società italiana
di Dario Di Vico
20 settembre
2014
@Dario Di Vico. 1) Il discorso dei mini job è incompleto: per accrescere la
competitività dei suoi prodotti rispetto ai suoi partner UE (tra cui l’Italia),
la Germania finanzia la deflazione dei salari tedeschi (400€ mensili per oltre
7 milioni di mini job) attraverso il suo robusto welfare (reddito minimo
garantito di 364€ mensili e sussidio integrale all’affitto), che configurano
aiuti di Stato alle imprese, vietati dall'UE. 2) La riforma dell’art. 18 è indispensabile controbilanciare il
potere accresciuto degli imprenditori, inserendo nella nuova disciplina
legislativa due condizioni sospensive: a) la previsione e l’effettiva
implementazione di un sistema adeguato e costoso di ammortizzatori sociali:
indennità di disoccupazione, strutture efficienti per l'impiego, la formazione
ed il reimpiego (non baracconi inefficienti come i Centri per l’impiego), che
coinvolgano economicamente e operativamente le aziende che licenziano; e,
infine agenzia centrale che faccia capo ad un Sottosegretario di Stato di alto
profilo operativo; b) attuare
finalmente la normativa sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, già
da tempo all’esame del Parlamento. 3)
Quando, Lei, Dario Di Vico, proporrà un’imposta patrimoniale sui ricchi per
finanziare la riforma dell’art. 18?
***
LA RIFORMA DEL
LAVORO
Lavoro, ancora duello interno al Pd
Art.18, la Uil apre. Squinzi: eliminarlo
Art.18, la Uil apre. Squinzi: eliminarlo
Renzi alla
minoranza del partito: «Cascate male, io cambio davvero». Cuperlo: basta
propaganda e ultimatu. Confindustria: l’art. 18 frena gli investimenti.
Sindacati divisi.
di Redazione
online
1 settembre 2014
Quattro domande a Giorgio Squinzi: 1) Se
considera un modello il mercato del lavoro tedesco e continua a tirare in ballo
l’abolizione dell’articolo 18, lo sa che i tedeschi l’articolo 18 ce l’hanno”
2) Se ha come modello la Germania e i suoi mini job, per accrescere la
flessibilità e la competitività dei prodotti, lo sa che la Germania finanzia la
deflazione dei salari tedeschi (400€ mensili per oltre 7 milioni di mini job)
attraverso il suo robusto welfare (reddito minimo garantito di 364€ mensili e
sussidio integrale all’affitto), che configurano aiuti di Stato alle imprese,
vietati dall'UE? L’Italia farà altrettanto? E, soprattutto, le verrà consentito
dall’UE? 3) Solleciterà che ci sia anche in Italia, come in Germania
(Mitbestimmung: “Una legge del 1976 stabilisce che nelle aziende più grandi i
lavoratori siano rappresentati da metà dei membri di un consiglio di
sorveglianza. In quelle più piccole i dipendenti controllano un terzo delle
poltrone. I membri restanti rappresentano invece gli azionisti”), il varo e
l’attuazione della legge sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa,
della quale si discute da anni in Parlamento? 4) Infine, quando Giorgio Squinzi
(ri-ri)proporrà (dopo le proposte del 2011 e del 2012, quando l’incendio da
spread bruciava Casa Italia) un’imposta patrimoniale sui ricchi, per finanziare
la costosa (ammortizzatori sociali e servizi attivi efficienti per l’impiego,
la formazione ed il reimpiego) riforma dell’art. 18?
Articolo
collegato:
Riccardo Realfonzo - 26
settembre 2014
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