lunedì 11 maggio 2015

Il Prof. Monti e lo statuto dei lavoratori, manovra diversiva, in parte persino inconsapevole

A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato finora quasi 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 183 del 15-09-2012 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Il Prof. Monti e lo statuto dei lavoratori, manovra diversiva, in parte persino inconsapevole


Negli anni '70, dopo l'approvazione dello statuto dei lavoratori [1] – frutto dell'opera riformatrice della commissione presieduta dal socialista Gino Giugni, voluta dal socialista Giacomo Brodolini -  e la crescita dei conflitti sindacali (le aziende erano un po' “fasciste” allora), per gestire le relazioni col personale le grandi aziende spesso assumevano sociologi provenienti dalla Facoltà di Sociologia di Trento (dove, ad esempio, hanno studiato Renato Curcio e Mara Cagol, fondatori delle BR), famosa per il suo radicalismo di sinistra già dagli anni '60 (tant'è che a noi militari di leva era fatto divieto addirittura di passarvi davanti, quando andavamo in libera uscita; erano gli anni -  '67-68 -  quando, detto per inciso, più o meno si concludeva la stagione degli attentati dinamitardi in Alto Adige).
In questi ultimi decenni, parecchi esponenti di sinistra sono passati all'altra sponda politica, diventando parlamentari, consiglieri, maitre a penser, direttori di giornali, portavoce e così via.
Poi, come epilogo della storia, per realizzare una politica di destra e portare avanti – come dire? - la riforma delle riforme socialiste, Berlusconi si è avvalso dell'opera assidua di tre ministri socialisti: Tremonti, Brunetta e Sacconi. I  tre ministri, per la bisogna, si sono avvalsi a loro volta dell'appoggio della UIL, socialista (oltre che della CISL).
Intanto, anche gli operai sembravano avere abbandonato i partiti di sinistra e votavano in prevalenza per il centrodestra.
Situazione davvero bizzarra, ma, dopo le manovre finanziarie correttive per 330 mld da inizio legislatura (importi cumulati 266,3 mld il governo Berlusconi e 63,2 mld il governo Monti), per la più parte vere macellerie sociali, e l’attacco, parzialmente respinto, all’art. 18 ed al welfare, forse anche foriera di cambiamenti.

Io credo che il premier Monti, persona onesta, nell’accusare l’art. 18 di aver frenato l’occupazione,  abbia parlato nella veste di professore e sia stato sincero. Ma non credo sia questo il punto fondamentale. Richiamerei invece l’attenzione  sul perché, nell’arco di pochi giorni, abbia prima demandato alle parti sociali l’onere dell’aumento della produttività (ben sapendo che esse da sole, senza risorse pubbliche, quasi sicuramente non potranno farlo), poi abbia attaccato l’art. 18 – argomento come si sa molto sensibile - imputando ad esso la colpa di aver frenato l’occupazione.
Io credo che dipenda dal fatto che il suo governo è arrivato al capolinea, ed egli intimamente lo sa.
Come ho già scritto qui [2] e su “Europa” dell’8 settembre scorso, [3] “l’agenda Monti è insufficiente. Giorni fa, a Bari, lo stesso Monti - con una sorta di "confessione" freudiana - ha criticato le sue stesse misure, prese singolarmente, perché asfittiche. Il governo Monti è arrivato al capolinea nel momento in cui il suo ministro principale, quello dell'Economia, Vittorio Grilli, già direttore generale del medesimo ministero quando era retto da Tremonti, autore delle manovre pesanti e molto inique del governo Berlusconi (quella di Monti è molto più equa), in 2 interviste al “Corriere” e a “Repubblica” ha dichiarato che lui le indispensabili risorse per finanziare la crescita economica, per ridurre celermente l’enorme debito pubblico e per finanziare, ad esempio, come "suggerito" dalla Lettera della BCE, il potenziamento degli ammortizzatori sociali, unica misura della Lettera finora non attuata (osservo che nessun Euro degli ingentissimi risparmi derivanti dalle riforme Sacconi e Fornero delle pensioni è rimasto nel capitolo di spesa "welfare") NON intende chiederle agli unici che, dopo manovre finanziarie correttive per ben 330 mld [4] addossate in gran parte sul ceto medio-basso e persino sui poveri, oggi le hanno, cioè il 10% che possiede quasi la metà della ricchezza nazionale, attraverso un'imposta patrimoniale e/o un prestito forzoso. Lo potrà e dovrà fare soltanto un governo di centrosinistra”.


[1] Statuto dei lavoratori (Wikipedia)
[2] Il governo Monti al capolinea
[3] Effetto SuperMario sul voto
link sostituito da:
[4] Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
Traggo da “Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti”:
Riepilogo [delle manovre finanziarie correttive da inizio legislatura, valori cumulati]:
- governo Berlusconi-Tremonti  266,3 mld;
- governo Monti  63,2 mld.
Guardando le nude cifre, e mi dispiace molto dirlo, l’Italia l’ha “salvata” più Berlusconi (in maniera molto iniqua) che Monti.


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Aggiornamento:
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28 ottobre 2012

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