A causa delle avarie frequenti della
piattaforma IlCannocchiale, dove - in
4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko
ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente.
O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a
fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con
quelli nuovi.
Post n. 219 del 15-11-2012 (trasmigrato da
IlCannocchiale.it)
La casa è un
diritto essenziale
L’Italia è un
Paese governato dagli immobiliaristi e dai costruttori edili. E dalle banche.
Nelle
Proposte del Partito Democratico (“Famiglia e Politiche sociali” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2760566.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/le-proposte-del-partito-democratico2.html ) è scritto:
La casa è un diritto
essenziale.
Per consentire ai giovani di
emanciparsi nei loro percorsi di studio, professionali e sentimentali, per
favorire la mobilità sociale e ridurre i rischi di esclusione sociale, può
essere utile l’introduzione di provvedimenti come la cedolare secca, a
condizione che sappiano coniugare i vantaggi per i proprietari e per gli
inquilini, favoriscano l’emersione delle locazioni “in nero” e incentivino il
canone concordato. Occorre inoltre rilanciare un nuovo modello di edilizia
residenziale pubblica ed efficientare il patrimonio esistente; reintegrare i
fondi per il sostegno dei disagi più gravi, promuovere concretamente l’housing
sociale ed incentivare le iniziative degli enti locali volte a sostenere i
cittadini colpiti da morosità incolpevole.
La casa, come ho scritto più volte (anche nella Lettera di PDnetwork [1]), deve costituire una delle 3 misure principali per consentire a
milioni di persone di far fronte al meglio alla crisi economica che sarà dura e
lunga (almeno 15 anni), poiché è frutto del riequilibrio in ambito planetario
della produzione, della ricchezza e del benessere:
- Reddito di cittadinanza universale;
- Riforma della legislazione sul lavoro precario, a favore dei precari;
- Piano corposo di edilizia residenziale pubblica e popolare di qualità.
[2]
Per quanto
riguarda quest’ultimo punto (come diceva un famoso architetto del passato di
cui non ricordo il nome, riecheggiando, pare, Che Guevara), le case popolari,
proprio perché destinate al popolo, bisogna costruirle di qualità. Anche
perché, aggiungo io, così durano molto a lungo. Se poi sono anche belle,
funzionali ed a basso consumo energetico, è il massimo, anche per il
benessere psicologico degli abitanti
(relazione molto sottovalutata tra l'urbanistica e l'architettura e la
psicologia delle persone).
Aggiungo due
considerazioni.
1) Il
segretario Bersani, intervistato nel
febbraio 2011 da Rainews, affermò che
le 2 principali priorità erano il lavoro
e la casa.
2) Come ho scritto più volte (cfr. ad esempio la "Lettera di
PDnetwork", nota 16), va ripristinata l’ICI sulla prima casa dei più
abbienti e col ricavato (2,5 mld) va finanziato un corposo piano pluriennale di
edilizia pubblica e popolare di qualità. [Il
governo Monti ha ripristinato l’ICI (ora IMU) sulla prima casa, ma ne ha
destinato l’introito ad avanzo primario].
[1] Lettera di
PDnetwork alla Segreteria Nazionale ed ai Gruppi parlamentari del PD http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2593370.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/lettera-di-pdnetwork-alla-segreteria.html
[2] Piano corposo di alloggi pubblici di
qualità
[Lettera di PDnetwork, nota 10] Piano di
edilizia residenziale pubblica e popolare.
GESTIONE DEL TERRITORIO
Negli ultimi decenni, tra la destra e la sinistra, non è emersa, in particolare a livello locale, una marcata differenza nel modo di governare il territorio italiano, elemento fondamentale non soltanto per le sue intrinseche finalità, ma anche per lo sviluppo del turismo (*) e la qualità della vita delle persone, influenzata sia dal controllo del proprio tempo (spostamenti da e per i luoghi di lavoro), sia dalla relazione - sottovalutata – tra il territorio (urbanistica e architettura) e la psicologia delle persone.
(*) Esprimiamo un interesse ed un auspicio particolari, ai fini della lotta al degrado e per lo sviluppo integrato e globale del territorio, rispetto a:
1) la rimappatura (in parte già esistente) del degrado storico, artistico e ambientale nazionale, attraverso un piano particolareggiato globale; 2) interventi finanziari finalizzati a recuperare tali beni ed a valorizzare le competenze specialistiche di tutto il settore (bene inestimabile del nostro Paese); 3) il rilancio del settore turistico attraverso incentivi, anche economici, alla valorizzazione ed allo sviluppo di tutto il settore.
Milioni di attuali e potenziali turisti (dell'Est europeo, di cinesi, indiani, etc.) già oggi, ma soprattutto nel futuro, vorranno conoscere quello che oggi purtroppo stiamo distruggendo piegandoci ad un ottuso pensiero economicistico, con il quale si pensa (Tremonti, Bondi) che col territorio, la sua storia, le sue bellezze, la cultura non si mangia. Noi siamo del parere opposto. Il settore potrà fare da traino al resto dell'economia se sviluppato con criteri che interagiscono più strettamente con lo sviluppo e l’interesse nazionale.
Se vogliamo cambiare, dobbiamo mettere una pietra sopra a quanto si è fatto finora e cominciare dalle basi solide che già esistono; se continueremo a distruggere queste basi, non molta speranza resterà per la rinascita del nostro Paese
Occorre, come PD, agire su tre direttrici:
1. la prima, emanando una rigorosa legge sul regime dei suoli, basata su tre pilastri: la prevalenza dell'interesse pubblico; la titolarità esclusiva pubblica delle scelte attinenti al governo del territorio; la pianificazione, in coerenza con i benchmark europei;
2. la seconda, realizzando un piano corposo di edilizia residenziale pubblica (sovvenzionata, convenzionata e autocostruita http://www.alisei.org/italia/italia.html );
3. la terza, attuando un piano di rottamazione edilizia (v. http://www.radicali.it/download/pdf/casa.pdf ).
GESTIONE DEL TERRITORIO
Negli ultimi decenni, tra la destra e la sinistra, non è emersa, in particolare a livello locale, una marcata differenza nel modo di governare il territorio italiano, elemento fondamentale non soltanto per le sue intrinseche finalità, ma anche per lo sviluppo del turismo (*) e la qualità della vita delle persone, influenzata sia dal controllo del proprio tempo (spostamenti da e per i luoghi di lavoro), sia dalla relazione - sottovalutata – tra il territorio (urbanistica e architettura) e la psicologia delle persone.
(*) Esprimiamo un interesse ed un auspicio particolari, ai fini della lotta al degrado e per lo sviluppo integrato e globale del territorio, rispetto a:
1) la rimappatura (in parte già esistente) del degrado storico, artistico e ambientale nazionale, attraverso un piano particolareggiato globale; 2) interventi finanziari finalizzati a recuperare tali beni ed a valorizzare le competenze specialistiche di tutto il settore (bene inestimabile del nostro Paese); 3) il rilancio del settore turistico attraverso incentivi, anche economici, alla valorizzazione ed allo sviluppo di tutto il settore.
Milioni di attuali e potenziali turisti (dell'Est europeo, di cinesi, indiani, etc.) già oggi, ma soprattutto nel futuro, vorranno conoscere quello che oggi purtroppo stiamo distruggendo piegandoci ad un ottuso pensiero economicistico, con il quale si pensa (Tremonti, Bondi) che col territorio, la sua storia, le sue bellezze, la cultura non si mangia. Noi siamo del parere opposto. Il settore potrà fare da traino al resto dell'economia se sviluppato con criteri che interagiscono più strettamente con lo sviluppo e l’interesse nazionale.
Se vogliamo cambiare, dobbiamo mettere una pietra sopra a quanto si è fatto finora e cominciare dalle basi solide che già esistono; se continueremo a distruggere queste basi, non molta speranza resterà per la rinascita del nostro Paese
Occorre, come PD, agire su tre direttrici:
1. la prima, emanando una rigorosa legge sul regime dei suoli, basata su tre pilastri: la prevalenza dell'interesse pubblico; la titolarità esclusiva pubblica delle scelte attinenti al governo del territorio; la pianificazione, in coerenza con i benchmark europei;
2. la seconda, realizzando un piano corposo di edilizia residenziale pubblica (sovvenzionata, convenzionata e autocostruita http://www.alisei.org/italia/italia.html );
3. la terza, attuando un piano di rottamazione edilizia (v. http://www.radicali.it/download/pdf/casa.pdf ).
2 – Piano corposo di edilizia pubblica
Quello della casa è uno dei problemi più grossi, che dovrebbe costituire un obiettivo prioritario del Partito Democratico.
Nel famoso programma di quasi 300 pagine, che fu elaborato dal Cantiere dell'Unione, il problema casa vi fu inserito per forte sollecitazione della base (La casa: un diritto di tutti, pagg. 178-180).
Il governo Berlusconi, non appena insediato, ha varato il “Piano casa”, che si è rivelato un bluff, perché è tale solo nel nome, essendo un piano di aumento delle... volumetrie; in più ha tagliato, per il 2009, 550 milioni già stanziati allo scopo dal governo Prodi nel 2007.
Occorre riprendere quelle proposte. In particolare: a) investire molto di più in edilizia pubblica; b) utilizzare la leva fiscale per scoraggiare il nero; c) ridurre il carico fiscale sugli affitti; d) disincentivare il numero di case tenute sfitte.
In Italia, ci sono circa 955.000 alloggi popolari, ma dalla fine degli anni '80, anche se i lavoratori pagavano per l'edilizia pubblica i contributi GESCAL (fino al 1994), se ne costruiscono pochissimi: in media 2.000 all'anno, contro 10 o 15 o 20 volte tanto in altri Paesi europei, come la Francia, la Germania o i Paesi scandinavi.
Negli altri Paesi europei, infatti, vengono costruiti molti più alloggi popolari, per calmierare i prezzi degli affitti e tutelare i ceti più poveri.
La proprietà della casa, a ben vedere, o un affitto agevolato (affitto sociale) sono spesso per milioni di persone percettrici di redditi bassi (salari o pensioni) ciò che fa o potrebbe fare la differenza tra un'esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà.
Principi ispiratori raccomandati: noi non crediamo al contributo determinante o prevalente dei privati alla soluzione del problema casa; occorre un piano pubblico, basato sia su nuove costruzioni, sia sulla rottamazione di quelle vecchie, per salvaguardare il più possibile prezioso suolo agricolo, ma secondo un criterio di qualità, affidandone la progettazione – di complessi-tipo replicabili, con caratteristiche di risparmio energetico ed eventualmente l’utilizzo di pannelli solari e fotovoltaici - a un architetto del livello di Renzo Piano o un altro grande architetto specialista del ramo.
Se capita di partecipare ad una visita guidata organizzata da qualche Facoltà di Architettura, anche al Sud, di diversi e variegati complessi di case popolari, si ricava facilmente che il risultato, anche in termini di durata, ma non solo, è determinato dai criteri urbanistici ed architettonici ispiratori e da progetti esecutivi basati sulla qualità.
P.S.:
L’idea e parte dei commenti di questa interessantissima trasmissione (vi si parla di edilizia residenziale pubblica, passata e futura) sembrano copiati dalla Lettera di PDnetwork (vedi sopra): ne suggerisco la visione integrale.
TELECAMERE 15/01/12
Durata: 00:50:25
Anna La Rosa e i suoi ospiti, parlano dei problemi legati alla casa
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-60f3882a-1710-4fb1-9f91-ce79a1416528.html
Quello della casa è uno dei problemi più grossi, che dovrebbe costituire un obiettivo prioritario del Partito Democratico.
Nel famoso programma di quasi 300 pagine, che fu elaborato dal Cantiere dell'Unione, il problema casa vi fu inserito per forte sollecitazione della base (La casa: un diritto di tutti, pagg. 178-180).
Il governo Berlusconi, non appena insediato, ha varato il “Piano casa”, che si è rivelato un bluff, perché è tale solo nel nome, essendo un piano di aumento delle... volumetrie; in più ha tagliato, per il 2009, 550 milioni già stanziati allo scopo dal governo Prodi nel 2007.
Occorre riprendere quelle proposte. In particolare: a) investire molto di più in edilizia pubblica; b) utilizzare la leva fiscale per scoraggiare il nero; c) ridurre il carico fiscale sugli affitti; d) disincentivare il numero di case tenute sfitte.
In Italia, ci sono circa 955.000 alloggi popolari, ma dalla fine degli anni '80, anche se i lavoratori pagavano per l'edilizia pubblica i contributi GESCAL (fino al 1994), se ne costruiscono pochissimi: in media 2.000 all'anno, contro 10 o 15 o 20 volte tanto in altri Paesi europei, come la Francia, la Germania o i Paesi scandinavi.
Negli altri Paesi europei, infatti, vengono costruiti molti più alloggi popolari, per calmierare i prezzi degli affitti e tutelare i ceti più poveri.
La proprietà della casa, a ben vedere, o un affitto agevolato (affitto sociale) sono spesso per milioni di persone percettrici di redditi bassi (salari o pensioni) ciò che fa o potrebbe fare la differenza tra un'esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà.
Principi ispiratori raccomandati: noi non crediamo al contributo determinante o prevalente dei privati alla soluzione del problema casa; occorre un piano pubblico, basato sia su nuove costruzioni, sia sulla rottamazione di quelle vecchie, per salvaguardare il più possibile prezioso suolo agricolo, ma secondo un criterio di qualità, affidandone la progettazione – di complessi-tipo replicabili, con caratteristiche di risparmio energetico ed eventualmente l’utilizzo di pannelli solari e fotovoltaici - a un architetto del livello di Renzo Piano o un altro grande architetto specialista del ramo.
Se capita di partecipare ad una visita guidata organizzata da qualche Facoltà di Architettura, anche al Sud, di diversi e variegati complessi di case popolari, si ricava facilmente che il risultato, anche in termini di durata, ma non solo, è determinato dai criteri urbanistici ed architettonici ispiratori e da progetti esecutivi basati sulla qualità.
P.S.:
L’idea e parte dei commenti di questa interessantissima trasmissione (vi si parla di edilizia residenziale pubblica, passata e futura) sembrano copiati dalla Lettera di PDnetwork (vedi sopra): ne suggerisco la visione integrale.
TELECAMERE 15/01/12
Durata: 00:50:25
Anna La Rosa e i suoi ospiti, parlano dei problemi legati alla casa
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-60f3882a-1710-4fb1-9f91-ce79a1416528.html
Post e articoli
collegati:
Sei misure da
adottare contro la crisi e per la crescita
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2767761.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/sei-misure-da-adottare-contro-la-crisi.html
Bellissimo
articolo, però manca il tema fondamentale degli alloggi pubblici.
Città
e territori come beni comuni. Nove proposte per salvare il Belpaese
di Paolo Berdini
Dopo Tangentopoli la legislazione urbanistica è stata
smantellata. Le metropoli sono diventate terreno di conquista degli
speculatori. Fiumi di cemento hanno inondato i nostri territori. Ripristinare
la legalità, bloccare le espansioni urbane, riqualificare le periferie, recuperare
il costruito abbandonato: ecco tutto ciò che andrebbe fatto per fermare il
saccheggio del territorio e delle città
La
crisi economica sarà dura e lunga (almeno 15 anni, poiché è il prodotto del riequilibrio della produzione, della
ricchezza e del benessere a livello planetario), sono necessarie tre misure:
1) riforma della legislazione sul lavoro, in particolare quello precario, a
favore dei precari, facendolo costare di più di quello stabile; 2) reddito di
cittadinanza universale per i periodi di inattività e 3) un piano corposo
pluriennale di alloggi pubblici: almeno 25 mila all'anno, il decuplo di quelli
che si sono costruiti in media negli ultimi 20 anni, da finanziare col
ripristino dell’ICI sulla prima casa dei più abbienti (2,5 mld all’anno).
L’effetto
combinato di queste tre misure: reddito di cittadinanza universale –
opportunamente disciplinato –, costo orario del lavoro precario maggiore di
quello stabile ed un alloggio ad affitto sociale, consentirebbe a 1 o 2 o 3
milioni di persone (i disoccupati sono (2012) quasi 3 milioni circa, i cassintegrati
circa mezzo milione, gli inattivi 14 milioni, di cui 9 milioni di donne, per la
più parte al Sud) di fronteggiare la crisi economica ed occupazionale per i
prossimi 5-10-15 anni.
12 MAG 2011
Solo il 51% delle famiglie italiane può permettersi l’acquisto
di una casa
RAPPORTO
WWF
Belpaese addio:
analisi e proposte per fermare il consumo del suolo
31/1/2012
- Nella Road Map ‘Anti-cemento’ di WWF e FAI: limiti alla edificazione nei
piani paesaggistici e moratoria delle nuove costruzioni, lotta all’abusivismo,
l’uso della leva fiscale, fasce di rispetto per tutelare le coste e i fiumi
Un’Italia erosa dalle lobby del cemento e del
mattone che fagocitano per sempre, al ritmo di 75 ettari al giorno, tesori
naturalistici e paesaggistici, terreni agricoli e spazi di aggregazione sociale
che non saranno più restituiti all’ambiente e alla collettività: è la
fotografia di un processo irreversibile e in crescita, quello della perdita di
territorio, che FAI e WWF tracciano nel
Dossier sul consumo del suolo “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompare” .
http://www.wwf.it/client/ricerca.aspx?root=30025&content=1
http://www.wwf.it/client/ricerca.aspx?root=30025&content=1
Titolo
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Tangenziali. Due viandanti ai bordi della città
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Autore
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Descrizione
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Milano sta cambiando. Archiviata dolorosamente
quella "da bere", del rampantismo anni Ottanta, la città si sta
trasformando da capitale della moda e della finanza a moderna metropoli
multietnica che ambisce a un ruolo sempre più centrale nella cultura europea e
occidentale. Presa coscienza che esistono molti modi per conoscere una città, e
molti modi per raccontarla, Gianni Biondillo e Michele Monina, il primo
scrittore fortemente attaccato alla sua città, e il secondo, milanese
d'adozione, da sempre appassionato di psicogeografia, decidono di mettere da
parte lo spirito del flâneur e per una volta di intraprendere un viaggio
programmatico da fare insieme: un giro intorno alla città dove l'uno è nato e
l'altro è arrivato una decina d'anni fa e che ancora non sono riusciti a
decodificare. Seguendo il margine della tangenziale di Milano, i due scrittori
cercano di tracciare una mappa della città a partire dai suoi contorni. I
viandanti della tangenziale mette in scena luoghi, personaggi, aneddoti,
storie, traiettorie sghembe, percorsi d'acqua, cantieri in corso, polaroid di
periferie, suggestioni psicogeografiche, appunti di fisiognomica cittadina,
materiali vari raccolti durante i lunghi tragitti, fatti rigorosamente a piedi.
Paolo Berdini - La città in vendita
Centri storici e mercato senza regole
2008, pp. XVIII-192, rilegato, € 25,00
Sinossi: La configurazione
urbanistica delle città è sempre stata determinata dalla struttura economica.
Ciascuna di esse riceveva riconoscibilità dal contesto naturale, dalle
caratteristiche delle produzioni che vi si svolgevano e dalla cultura
individuale e collettiva che vi si esprimeva. La fase attuale di
globalizzazione sta progressivamente cancellando le specificità. Le produzioni
avvengono in ogni angolo del mondo e la struttura commerciale di tutte le aree
urbane si sta rapidamente omologando. Nascono ovunque centri commerciali
identici per forma e per offerta di beni di consumo. Le periferie si
assomigliano sempre di più. Dalle periferie l’aggressione sta investendo i
centri storici, e cioè quelle parti delle città in cui più elevata e preziosa
era l’identità dei luoghi. Sottoposti a una pressione turistica senza
precedenti, i centri antichi si orientano a soddisfare la domanda che ne
consegue. Ed è così che artigiani e residenti scompaiono con una rapidità
spaventosa, sostituiti da negozi e megastore che potrebbero trovarsi in
qualunque altro posto del mondo, privi come sono di un legame autentico con gli
spazi che occupano. Roma ha un centro storico unico, plasmato da interventi
stratificati nel corso dei secoli. Un luogo di grande fascino che traeva la sua
più straordinaria caratteristica dall’equilibrio tra i ceti sociali che vi
abitavano e il tessuto artigianale urbano. Oggi gli abitanti sono ridotti a
meno di centomila. Erano 370 000 nel 1951. I turisti che lo frequentano ogni giorno
superano ormai il numero dei residenti stabili. I centri storici si salvano con
la buona urbanistica, affermava Antonio Cederna. A Roma l’urbanistica è stata
abbandonata: la «valorizzazione» dell’Ara Pacis all’Augusteo e il parcheggio
del Pincio sono solo gli aspetti più eclatanti dell’abbandono di una visione
unitaria dei processi di trasformazione urbana. Di un’idea di città e del suo
nucleo storico.
Una legge
bipartisan per l'architettura di qualità (progetto di legge
n°4492)
L’Italia che scompare sotto il cemento
01/02/2012 12:45
Ogni
giorno 75 ettari di superficie erosi dalle costruzioni. Il rapporto shock del
Fai e WWF sul consumo del suolo nel nostro Paese
Riqualificare il nostro patrimonio edilizio
by ADMIN on ott 31, 2012 • 00:10
Fillea
Cgil e Legambiente presentano il primo rapporto dell’Osservatorio edilizio:
Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio: 600 mila nuovi posti di
lavoro puntando su riqualificazione energetica e messa in sicurezza.
Oltre 2
milioni di abitazioni risultano vuote; 6 milioni di italiani vivono in zone ad
alto rischio idrogeologico e 3 milioni di persone abitano in zone ad alto
rischio sismico.
Il
patrimonio edilizio esistente è costituito in massima parte da case costruite
male, nelle quali fa freddo d’inverno e caldo d’estate malgrado la spesa
energetica delle famiglie sia cresciuta del 52% in 10 anni.
Ma
uscire da questa impasse è possibile.
UNO STOP AL CONSUMO DI SUOLO
di Raffaele
Lungarella 12.10.2012
Meritoriamente il Governo approva un disegno di legge per la valorizzazione
delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo. Prevede diverse
iniziative i cui risultati dipenderanno dall'attuazione che ne sarà data. Ma la
procedura per disegnare la geografia delle aree edificabili nel nostro paese
sembra macchinosa e potrebbe innescare conflitti tra territori e tra livelli
istituzionali. Meglio sarebbe se ai comuni fosse consentito di approvare nuovi
piani attuativi di aree già edificabili solo dopo la conclusione di quelli
varati in precedenza. http://t.contactlab.it/c/1000009/3281/39581301/28401
Stop al consumo di suolo: ci sono altre soluzioni
by ADMIN on dic 8, 2012 • 17:30
di
Vezio de Lucia
Non
convince la proposta del ministro Mario Catania.
Non
convince per gli antiquati e storicamente inconcludenti procedimenti a
cascata, per l’imprevedibile lunghezza dei tempi, non convince
soprattutto perché, alla fine, a decidere sono le regioni.
Che è come chiedere al gatto di Pinocchio di tenere a bada la volpe, o
viceversa.
Intendiamoci,
non tutte le regioni sono uguali. So bene che in certi posti gli spazi
aperti sono in qualche misura tutelati, soprattutto nel centro Nord. Viceversa,
nel Mezzogiorno, dal Lazio in giù (Lazio e Roma da questo punto di vista sono
profondo Sud) lo spazio aperto è considerato sempre e comunque edificabile,
farsi la casa in campagna un diritto inalienabile, e chi ha provato a metterlo
in discussione è stato rapidamente emarginato.
Insomma, con la proposta Catania, l’obiettivo logicamente prioritario, che
dovrebbe essere di imporre le misure più severe laddove maggiore è
sregolatezza, diventa francamente velleitario: ve le immaginate la Campania, il
Lazio prime della classe che bloccano le espansioni e reprimono
l’abusivismo? Servono perciò soluzioni radicalmente
diverse. E urgenti.
Continuare
con l’attuale ritmo di dissipazione del territorio, anche per pochi anni, in
attesa che le regioni si convertano al buogoverno, significherebbe toccare il
fondo, annientare materialmente l’unità d’Italia, un disastro non confrontabile
con crisi come quelle economiche e finanziarie, più o meno lunghe, più o meno
gravi, più o meno dolorose, ma dalle quali infine si viene fuori.
Il
saccheggio del territorio è irreversibile.
E
allora? Andando subito al merito, secondo me, e scusandomi del carattere anche
molto tecnico dell’esposizione, dovrebbero essere praticabili
due percorsi che provo a illustrare. […]
Sono
mesi che sto bombardando siti, forum (v. anche più sopra) e i dirigenti del PD
con le 3 proposte che io ritengo
assolutamente prioritarie (e le prime 2 credo molto efficaci in termini
elettorali) contro la crisi: 1) il lavoro,
incluso quello precario; 2) la casa; e 3) la questione femminile+questione
meridionale+rivoluzione culturale+progetto educativo (per me il terzo
punto – l’educazione, in senso lato - è forse il principale).
Il
Segretario Bersani (l’ho già scritto), il 21 febbraio 2011 a Bologna,
interrogato sul programma del PD da Rainews,
pose ai primi 2 posti il lavoro e la casa. Ma da un po’, tranne qualche fugace
citazione, si dimentica di menzionare la casa.
Ed
invece non ci vuole Einstein, ma soltanto… Catalano per capire che è proprio
l’accesso ad un alloggio ad affitto sociale che, per milioni di persone giovani
e non, può, assieme al reddito di cittadinanza anche minimo, fare la differenza
tra la sostenibilità economica e la povertà estrema.
Ecco
il tema trattato nell’articolo di un ex liberale conservatore passato da anni
nelle nostre file, Federico Orlando, e nell’intervista ad un borghese
illuminato, Piero Bassetti.
Indignados di Milano
Federico Orlando
[…]. A Milano il
comune dovrebbe preoccuparsi, insieme allo stato, di 111 mila giovani
disoccupati: tre anni fa erano 70mila. A Napoli di 146mila disoccupati, erano
123mila (Istat 2011). Ogni anno diecimila matricole universitarie chiamano
Milano “la città proibita”. Lo dice il rettore del Politecnico, Giulio Ballio,
70 anni, docente in Costruzioni d’acciaio, che dal “Corriere della Sera” chiede a Pisapia e Moratti: cosa fareste
per renderla “città amica”.
Altri “grandi vecchi” che di Milano sanno tutto, l’architetto Bellini, l’economista d’impresa Vitale, e la più giovane docente in marketing Annamaria Testa, pongono la stessa ed altre domande ai due candidati. Tutte girano intorno a cinque superproblemi: Expo, casa, giovani, lavoro, integrazione.
Giovani, casa, lavoro spesso sono tutt’uno. Incredibile, ma nelle risposte – fornite lunedì – della Moratti, il soggetto “giovani” non ricorre mai, salvo nell’aggettivo “giovani coppie” (per le case da assegnare, di cui Pisapia lamenta lo scandalo che ce ne siano 5.000 tuttora vuote). Al contrario, l’obiettivo del “ringiovanimento di Milano” e il connesso programma in funzione dei giovani occupano tutta la prima parte della risposta di Pisapia.
Meno male. Temevamo proprio che la sinistra si facesse ipnotizzare dalla violenza nera, che a Milano alcuni gruppi sociali riaccendono ogni due o tre generazioni; e che Pisapia dovesse perdere gran parte del suo tempo a ragionare col questore.
Sempre lunedì, il giornale della Confindustria, scavalcando il Censis, annunciava che entro i prossimi vent’anni gli under 35 diminuiranno in Italia ancora di 1,2 milioni di unità. E che il deserto dei giovani tuttavia non scioglie il nodo della disoccupazione e ha effetti disastrosi sul mercato della casa e sui consumi. […].
Altri “grandi vecchi” che di Milano sanno tutto, l’architetto Bellini, l’economista d’impresa Vitale, e la più giovane docente in marketing Annamaria Testa, pongono la stessa ed altre domande ai due candidati. Tutte girano intorno a cinque superproblemi: Expo, casa, giovani, lavoro, integrazione.
Giovani, casa, lavoro spesso sono tutt’uno. Incredibile, ma nelle risposte – fornite lunedì – della Moratti, il soggetto “giovani” non ricorre mai, salvo nell’aggettivo “giovani coppie” (per le case da assegnare, di cui Pisapia lamenta lo scandalo che ce ne siano 5.000 tuttora vuote). Al contrario, l’obiettivo del “ringiovanimento di Milano” e il connesso programma in funzione dei giovani occupano tutta la prima parte della risposta di Pisapia.
Meno male. Temevamo proprio che la sinistra si facesse ipnotizzare dalla violenza nera, che a Milano alcuni gruppi sociali riaccendono ogni due o tre generazioni; e che Pisapia dovesse perdere gran parte del suo tempo a ragionare col questore.
Sempre lunedì, il giornale della Confindustria, scavalcando il Censis, annunciava che entro i prossimi vent’anni gli under 35 diminuiranno in Italia ancora di 1,2 milioni di unità. E che il deserto dei giovani tuttavia non scioglie il nodo della disoccupazione e ha effetti disastrosi sul mercato della casa e sui consumi. […].
link sostituito da:
Quei
borghesi autoconvocati che a Milano tifano Pisapia
Bassetti schiera giuristi, banchieri e designer. La speranza è una fase
nuova nazionale come fu col centrosinistra negli anni '60
Il primo presidente della Regione ha raccolto 101 nomi E li riunisce in un ex circolo socialista
Il primo presidente della Regione ha raccolto 101 nomi E li riunisce in un ex circolo socialista
di ALBERTO STATERA
“Tra
il 1960 e il 1967, con la giunta del sindaco socialdemocratico Gino Cassinis,
con Bassetti assessore al Bilancio, alle Finanze e all'Organizzazione, fu
lanciato il Piano Milano che realizzò 144
mila vani di edilizia popolare, 30 scuole, il parco che costeggia viale
Forlanini. Municipalizzò il gas della Edison con una battaglia campale
appoggiata da Enrico Mattei, che aveva fondato Il Giorno, allora foglio
progressista. Si fece il primo prestito di 2 milioni sulla Borsa di New York
con l'aiuto di Raffaele Mattioli. Si creò in stazione Centrale il servizio di
assistenza al Treno della Speranza, che arrivava tutte le notti dal sud, carico
di immigrati, per i quali si istituirono corsi di alfabetizzazione”.
Regioni
CAMPANIA
Piano Nazionale di Edilizia Abitativa
30/07/2010 - L'avviso - che sarà pubblicato
sul Bollettino Ufficiale del 2 agosto 2010 - è finalizzato ad
individuare la disponibilità di soggetti pubblici, di soggetti privati ed
operatori economici a proporre e realizzare interventi di edilizia residenziale
sociale, servizi e riqualificazione urbana, promuovendo la partecipazione di
soggetti pubblici e privati sui territori compresi nei Comuni di cui alla
D.G.R. n. 572 del 22/07/2010.
Gli interventi finanziabili potranno essere
articolati secondo le 4 tipologie di seguito indicate:
- Alloggi
sociali;
- Alloggi di ERP
ai sensi della Legge Regionale 18/97 da cedere al Comune;
- Alloggi a
libero mercato;
- Alloggi a
libero mercato convenzionati ai sensi dell'art. 2 comma 12 dell'avviso.
Aggiornamento:
Scritto da: Pietro Folena in Politica nazionale - 2005
Mercoledì 13 Novembre 2013
Oltre ad una tassazione equa, a mutui più accessibili, a un sistema di
incentivi agli affitti serve un grande piano di edilizia sociale che preveda
l'utilizzo anche di fondi strutturali e Fas
Proposte per una nuova
politica abitativa
nov 8, 2013
di
Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale del Sindacato Fillea Cgil
MARTEDÌ 05 NOVEMBRE 2013
21:12
Premiato il progetto di recupero e ripopolamento della città vecchia di
Hebron e la campagna Usa per i senzatetto
Mercoledì 20
Novembre 2013
Nel 2013 la
domanda di case popolari è aumentata del 25%, e per il 2014 Federcasa stima un
incremento del 30%
POLITICHE EDILI
Rigenerazione urbana: aiuti di Stato all’edilizia
Le
trasformazioni urbane sono un affare solo per i costruttori. Sotto accusa gli
oneri d'urbanizzazione tra i più bassi d'Europa
Scritto da Sergio Ferraris il
05 novembre 2013
Il Papa ai fedeli: “Ogni famiglia abbia una casa”
22 dicembre 2013
Casa, che fine ha fatto l'housing sociale
11/02/2014
link sostituito da:
http://old.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/Casa-che-fine-ha-fatto-l-housing-sociale-22283
Moderne ed eco-compatibili:
la nuova stagione delle case popolari
apr 1, 2014
di Salvatore Lo
Balbo
Cosa non dimenticare quando
parliamo di “abitazione”: i modelli normativi italiano e spagnolo
Marta
Capesciotti 30 novembre 2015
Marta Capesciotti dà conto delle esperienze degli ordinamenti giuridici
italiano e spagnolo relativamente all'articolata interazione tra la
connotazione privatistica del bene "casa" e la natura pubblicistica
del "diritto sociale all'abitazione" a questo collegata. Capesciotti
inoltre ricorda il percorso del giudice costituzionale nei due Paesi per il
riconoscimento del diritto all'abitazione, le politiche tendenzialmente poste
in essere per darvi attuazione, oltre che gli aspetti inerenti il riparto di
competenze tra i diversi livelli di governo.
http://www.eticaeconomia.it/cosa-non-dimenticare-quando-parliamo-di-abitazione-i-modelli-normativi-italiano-e-spagnolo/
Appendice
P E R C H
E’ l’Italia, tra i grandi Paesi industriali dell’Occidente, è il Paese più
colpito dalla crisi ??? Per due ragioni riconducibili entrambe al rapporto
salari costi abitativi. (1) Perchè la BOLLA IMMOBILIARE e’ stata PIU’ GRANDE
che altrove. (2) Perchè le social house in Italia rappresentano il 3,9% del
totale delle case abitate mentre la media europea è il 17% e ad esempio in
Danimarca arrivano al 35%. Il problema è tutto qui. I costi abitativi, in
acquisto o in affitto assorbono la maggior parte del reddito familiare. Così la
famiglia è costretta a ridurre le spese per tutte le altre cose e il consumo
interno cala facendo crollare il PIL (per fortuna sostenuto dall’aumento
dell’export) e facendo aumentare la disoccupazione. Dunque caro Renzi e
soprattutto cari italiani, senza la riforma del governo del territorio che
introduca la disciplina dei prezzi immobiliari per le nuove costruzioni tutte
le altre riuforme saranno vane. L’impresa non potrà tirare la ripresa. La
disoccupazione aumenterà. E saremo costretti a vivere in un paese sempre più
povero, con pochissimi ricchi che fregheranno tutti gli altri. Cambiare il
futuro del nostro Paese è possibile ? Si. Ma è indispensabile la riforma del
governo del territorio fondata su due concetti: (1) edificabilità bene comune;
(2) disciplina dei prezzi immobiliari. Questa è l’unica via per restituire
potere d’acquisto, salvaguardare il ciclo economico, spingere il PIL, portare
il Paese verso la piena occupazione.
Il tuo commento è in attesa di moderazione
Bravo,
Francesco, bisogna dire all’Autore dell’articolo che, anziché tagliare l’Irap
(misura che affronta la crisi dal lato dell’offerta anziché della domanda), una
parte dei fantomatici 50 mld dovrebbe essere impiegata per finanziare un
corposo piano pluriennale di alloggi pubblici.
Negli ultimi 20 anni, si sono costruiti, a causa del predominio delle banche, degli immobiliaristi e dei costruttori, meno di 1/10 di alloggi pubblici rispetto agli altri Paesi europei più evoluti;
Dal rapporto 2011-2012 della CIES (tab. 3.4, pag. 101), si ricava che, nel 2009, la spesa per l’housing sociale (case popolari) è stata, in Italia, appena dello 0,02% sul PIL, contro lo 0,57% della UE27, lo 0,75% della Danimarca, lo 0,65% della Germania, lo 0,20% della Spagna, lo 0,85% della Francia e l’1,47% della Gran Bretagna, con un rapporto tra questi altri Paesi UE e l’Italia, rispettivamente, di 28,5, 37,5, 32,5, 10, 42,5 e 73,5 volte: sono dati che parlano da soli e costituiscono un vero scandalo!
Una casa ad affitto sociale (vale a dire 100-150 € al mese) può invece fare la differenza tra una esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà. Occorre perciò varare un Piano Nazionale Pluriennale di Edilizia Residenziale Pubblica di Qualità (almeno 25.000 alloggi all’anno).
Negli ultimi 20 anni, si sono costruiti, a causa del predominio delle banche, degli immobiliaristi e dei costruttori, meno di 1/10 di alloggi pubblici rispetto agli altri Paesi europei più evoluti;
Dal rapporto 2011-2012 della CIES (tab. 3.4, pag. 101), si ricava che, nel 2009, la spesa per l’housing sociale (case popolari) è stata, in Italia, appena dello 0,02% sul PIL, contro lo 0,57% della UE27, lo 0,75% della Danimarca, lo 0,65% della Germania, lo 0,20% della Spagna, lo 0,85% della Francia e l’1,47% della Gran Bretagna, con un rapporto tra questi altri Paesi UE e l’Italia, rispettivamente, di 28,5, 37,5, 32,5, 10, 42,5 e 73,5 volte: sono dati che parlano da soli e costituiscono un vero scandalo!
Una casa ad affitto sociale (vale a dire 100-150 € al mese) può invece fare la differenza tra una esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà. Occorre perciò varare un Piano Nazionale Pluriennale di Edilizia Residenziale Pubblica di Qualità (almeno 25.000 alloggi all’anno).
[Il
mio commento è stato censurato]
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