sabato 16 maggio 2015

Le proposte del Partito Democratico/2 – Famiglia e Politiche sociali


A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 210 del 07-11-2012 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Le proposte del Partito Democratico/2 – Famiglia e Politiche sociali


LE PROPOSTE DEL PARTITO DEMOCRATICO/2


FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI

Un Welfare centrato sulla persona.
Al centro del nuovo welfare ci deve essere la persona come soggetto di diritti e di doveri, ossia come cittadino inserito in una rete di relazioni sociali e di responsabilità individuali e collettive. Per questo vogliamo rivendicare il ruolo decisivo dell’intervento pubblico in un rapporto di interazione positiva con le energie della società civile e come organizzatore e regolatore di meccanismi di mercato che includano tutti i cittadini. In sintesi, la nostra è una visione radicalmente diversa da quella teorizzata dal governo di destra: non la ritirata dello Stato, sperando nella supplenza contrattuale delle categorie forti e nella compassionevole carità del dono per gli “ultimi”, ma uno Stato che sia programmatore e regolatore forte di un complesso di prestazioni cui tutti hanno diritto ad accedere. Uno Stato che promuova una imprenditorialità diffusa nei soggetti di offerta pubblici, privati e non profit, in funzione dei bisogni dei cittadini e valorizzando il principio di sussidiarietà.

La riforma del Welfare su basi nuove.
Dobbiamo passare da una società centrata sul ruolo del lavoratore, maschio, adulto e “capofamiglia”, ad una società con ruoli lavorativi, familiari e relazionali ben più articolati, ma esposta ad incertezze ed a fattori di sofferenza vecchi e nuovi. Collocare il cittadino al centro del sistema di welfare significa:
·         realizzare un più avanzato equilibrio tra universalismo e assicurazioni sociali basate sulla condizione lavorativa;
·         promuovere l’uguaglianza delle opportunità per tutte le persone;
·         realizzare politiche volte a sostenere la capacità di autodeterminazione dei cittadini;
·         rafforzare il potere di scelta del cittadino per migliorare l’aderenza dei servizi ai bisogni.

Puntare sui giovani.
Vogliamo promuovere l’autonomia dei giovani, superare il ritardo e la precarietà che caratterizzano il loro ingresso nel mondo del lavoro, riaprire la speranza nel futuro. Sostenere le famiglie. Le carenze del sistema di welfare italiano scaricano sulla famiglia una pesante funzione di supplenza. Un impegno oneroso che rischia di mettere in crisi la tenuta stessa delle relazioni familiari, oltre ad avere costi pesanti soprattutto per le donne. Le famiglie vanno sostenute costruendo un contesto di servizi e di prestazioni che ne faciliti la formazione, ne migliori la qualità della vita quotidiana, le aiuti a fronteggiare le situazioni di fragilità, allevi il carico per le donne, riequilibri i ruoli di genere.

Ripartire dai più piccoli.
Il tasso di crescita del Paese, le trasformazioni del mercato del lavoro e nelle famiglie, possono essere affrontati positivamente solo attraverso una moderna cultura dell’infanzia e politiche pubbliche conseguenti. Si rende perciò necessaria una legislazione organica riguardante:
·         una Legge quadro e il Garante nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
·         un sistema integrato dei servizi che garantisca il processo educativo e sostenga conciliazione e genitorialità;
·         un sistema di media a misura di bambini e adolescenti.

Anziani e società: nuove esigenze e nuovi servizi.
L’allungamento della vita media delle persone richiede una società in cui la vita in età anziana sia una vita ancora ricca di possibilità e di relazioni umane. Per questo è necessario promuovere l’invecchiamento attivo delle persone in modo da garantire, anche a coloro che cadono in condizioni di non autosufficienza, una vita dignitosa in un contesto relazionale adeguato.

Per una civile convivenza.
Un welfare universale e delle pari opportunità si occupa di tutte le persone che vivono nel nostro territorio, promuovendone nei tempi e nei modi necessari l’accesso alla cittadinanza. Noi del PD vogliamo evitare la competizione tra i ceti più deboli della popolazione: no alla guerra tra poveri, no alla competizione tra italiani più poveri ed immigrati. Obiettivi conseguibili attraverso il
potenziamento, per tutti, della rete integrata dei servizi, la previsione del reddito di solidarietà attiva, un piano nazionale per le politiche dell’integrazione con un relativo fondo e, più in generale, un welfare universale basato su diritti e doveri. Vanno garantiti a tutti, a prescindere dalla condizione giuridica, la tutela dei diritti umani fondamentali, come la salute, la maternità e la tutela dei minori.

La casa è un diritto essenziale.
Per consentire ai giovani di emanciparsi nei loro percorsi di studio, professionali e sentimentali, per favorire la mobilità sociale e ridurre i rischi di esclusione sociale, può essere utile l’introduzione di provvedimenti come la cedolare secca, a condizione che sappiano coniugare i vantaggi per i proprietari e per gli inquilini, favoriscano l’emersione delle locazioni “in nero” e incentivino il canone concordato. Occorre inoltre rilanciare un nuovo modello di edilizia residenziale pubblica ed efficientare il patrimonio esistente; reintegrare i fondi per il sostegno dei disagi più gravi, promuovere concretamente l’housing sociale ed incentivare le iniziative degli enti locali volte a sostenere i cittadini colpiti da morosità incolpevole.

Ripartire dai soggetti deboli.
Il welfare che vogliamo realizzare garantisce una rete di servizi di sostegno alle persone disabili, rendendo effettive ed esigibili le prestazioni ed i servizi previsti dalla normativa vigente. Vogliamo rispondere ai bisogni con un approccio sociosanitario integrato, attraverso interventi domiciliari, centri diurni e residenziali, servizi di trasporto, attività di integrazione, socializzazione, inclusione sociale e lavorativa, in grado di assicurare ai disabili una vita indipendente, rasserenando le famiglie sul loro futuro attraverso il cosiddetto “dopo di noi”.Il contrasto alla povertà.Per garantire una rete di protezione di base contro la povertà, vogliamo promuovere l’istituzione di un Reddito di Solidarietà Attiva rivolto alle persone che, per qualunque ragione, si trovano in condizioni di povertà.

Una rete integrata dei servizi per un Welfare di tutti.
La rete integrata dei servizi sociali, in un contesto sempre più necessario di integrazione socio-sanitaria, così come previsto dalla Legge quadro 328 del 2000, costituisce una condizione fondamentale per realizzare un welfare locale e comunitario.L’obiettivo è garantire un contesto di vita sociale e civile più avanzato che, insieme al lavoro, permetta di conseguire i seguenti risultati:
·         l’inserimento attivo delle persone nel mondo del lavoro;
·         l’eliminazione dell’assistenzialismo e delle disuguaglianze;
·         il sostegno ai compiti di cura svolti dalle persone e dalle famiglie;
·         il superamento di tutte le fragilità;
·         il reinserimento sociale dei cittadini disabili con percorsi personalizzati.
Vogliamo denunciare il sostanziale azzeramento di tutti i fondi sociali da parte del governo e l’arretramento in una logica di welfare residuale.

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Un welfare centrato sulla persona, per dare sostegno a tutti i soggetti deboli: giovani, donne, famiglie, anziani, poveri, immigrati, disabili.
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Estrapolo alcuni punti delle proposte e vi aggiungo un commento (l’aggiornamento viene riportato tra parentesi quadre).

La riforma del Welfare su basi nuove.
·         realizzare un più avanzato equilibrio tra universalismo e assicurazioni sociali basate sulla condizione lavorativa;

Ripartire dai soggetti deboli.
Per garantire una rete di protezione di base contro la povertà, vogliamo promuovere l’istituzione di un Reddito di Solidarietà Attiva rivolto alle persone che, per qualunque ragione, si trovano in condizioni di povertà.

Preliminarmente, osservo che noi Italiani, pur affermando il valore delle peculiarità di ciascun Paese, dovremmo applicare sistematicamente il principio del benchmarking, cioè guardare ai migliori sistemi/pratiche/leggi degli altri Paesi (best practice).

Ne consegue che, siccome, per quanto riguarda il welfare, due sono gli aspetti che ci differenziano dalla maggioranza degli altri Paesi: 1) il reddito di cittadinanza universale (soltanto noi, la Grecia e l’Ungheria non lo prevediamo); e 2) le pensioni di anzianità, [sono state eliminate dalla riforma Fornero] che negli altri Paesi non esistono, la politica sociale migliore consiste nell’affrontare insieme questi due aspetti, il che ci consentirebbe sia di allinearci agli altri Paesi UE, sia di reperire nella previdenza le risorse finanziarie necessarie per il Rmg, quindi lasciandole nel capitolo “spesa sociale”, che ora è in linea con la media OCSE [invece neppure un centesimo dei cospicui risparmi vi è rimasto, sono stati destinati tutti ad avanzo primario]; sia di abbandonare la pletora di trattamenti differenziati; sia di far fronte alla vera marginalità sociale, in drammatica crescita con l’attuale crisi; sia, infine, di evitare la diffusa e negativa pratica della distinzione tra figli e figliastri.

Per le ragioni predette, ho criticato nella “Lettera di PDnetwork”  [1] tutte quelle soluzioni (DdL Ichino, proposta CGIL, proposta Draghi, PdL Madia) che si discostavano da questa impostazione universalistica e/o generale e omnicomprensiva. Per converso, trovo quindi molto apprezzabile e del tutto condivisibile l’approccio delineato in queste Proposte del PD.

Puntare sui giovani.
Vogliamo promuovere l’autonomia dei giovani, superare il ritardo e la precarietà che caratterizzano il loro ingresso nel mondo del lavoro
Le famiglie vanno sostenute costruendo un contesto di servizi e di prestazioni che ne faciliti la formazione, ne migliori la qualità della vita quotidiana, le aiuti a fronteggiare le situazioni di fragilità, allevi il carico per le donne, riequilibri i ruoli di genere.

Io sono convinto – l’ho già scritto più volte - che alla base ci debba essere prima di tutto una radicale trasformazione culturale, che sciolga i lacci e lacciuoli che frenano il processo di autonomia dei giovani, che non può che riguardare in generale la società, ma in particolare i paradigmi educativi in seno alla famiglia.
Poi, ci vogliono le leggi, e con esse le risorse, per approntare servizi dedicati.

Ripartire dai più piccoli.
Il tasso di crescita del Paese, le trasformazioni del mercato del lavoro e nelle famiglie, possono essere affrontati positivamente solo attraverso una moderna cultura dell’infanzia e politiche pubbliche conseguenti. Si rende perciò necessaria una legislazione organica riguardante:
·         una Legge quadro e il Garante nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
·         un sistema integrato dei servizi che garantisca il processo educativo e sostenga conciliazione e genitorialità;
·         un sistema di media a misura di bambini e adolescenti.

Considerazioni analoghe a quelle formulate per i giovani valgono ancor più per la primissima infanzia. Ne ho già scritto ampiamente. L’anno scorso, lessi il documento del PD elaborato dal gruppo di lavoro al Senato coordinato dalla senatrice Serafini “Un nuovo piano straordinario per un’educazione di qualita’ 0-6” (Atto Senato n. 812 http://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=sddliter&leg=16&id=31770  ), relativo alla scuola, e mi permisi di scriverle, per rilevare che bisognava partire prima e lavorando nell’ambito familiare attraverso l’assistenza alla figura centrale: la madre (v. il mio ‘post’ [2]).

La casa è un diritto essenziale.
Per consentire ai giovani di emanciparsi nei loro percorsi di studio, professionali e sentimentali, per favorire la mobilità sociale e ridurre i rischi di esclusione sociale, può essere utile l’introduzione di provvedimenti come la cedolare secca, a condizione che sappiano coniugare i vantaggi per i proprietari e per gli inquilini, favoriscano l’emersione delle locazioni “in nero” e incentivino il canone concordato. Occorre inoltre rilanciare un nuovo modello di edilizia residenziale pubblica ed efficientare il patrimonio esistente; reintegrare i fondi per il sostegno dei disagi più gravi, promuovere concretamente l’housing sociale ed incentivare le iniziative degli enti locali volte a sostenere i cittadini colpiti da morosità incolpevole.

Anche per quanto riguarda la casa, come ho scritto più volte (anche nella Lettera di PDnetwork), essa deve costituire una delle 3 misure principali per consentire a milioni di persone di far fronte al meglio alla crisi economica che sarà dura e lunga (almeno 15 anni), poiché è frutto del riequilibrio in ambito planetario della produzione, della ricchezza e del benessere:
- Reddito di cittadinanza universale;
- Riforma della legislazione sul lavoro precario, a favore dei precari;
- Piano corposo di edilizia residenziale pubblica e popolare di qualità. [3]

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, come diceva un famoso architetto del passato di cui non ricordo il nome, riecheggiando, pare, Che Guevara, le case popolari, proprio perché destinate al popolo, bisogna costruirle di qualità. Anche perché, aggiungo io, così durano molto a lungo. Se poi sono anche belle, funzionali ed a basso consumo energetico, è il massimo, anche per il benessere  psicologico degli abitanti (relazione molto sottovalutata tra l'urbanistica e l'architettura e la psicologia delle persone).

Infine, aggiungo due considerazioni.
1) Il segretario Bersani, intervistato nel febbraio 2011 da Rainews, affermò che le 2 principali priorità erano il lavoro e la casa.
2) Come ho già scritto più volte (cfr. ad esempio la "Lettera di PDnetwork", nota 16), va ripristinata l’ICI sulla prima casa dei più abbienti e col ricavato (2,5 mld) va finanziato un corposo piano pluriennale di edilizia pubblica e popolare di qualità. [Il governo Monti ha ripristinato l’ICI (ora IMU) sulla prima casa, ma ne ha destinato l’introito ad avanzo primario].

[2] Questione femminile, questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2580796.html oppure 
[3] Piano corposo di alloggi pubblici di qualità
[Lettera di PDnetwork, nota 10] Piano di edilizia residenziale pubblica e popolare.
GESTIONE DEL TERRITORIO
Negli ultimi decenni, tra la destra e la sinistra, non è emersa, in particolare a livello locale, una marcata differenza nel modo di governare il territorio italiano, elemento fondamentale non soltanto per le sue intrinseche finalità, ma anche per lo sviluppo del turismo (*) e la qualità della vita delle persone, influenzata sia dal controllo del proprio tempo (spostamenti da e per i luoghi di lavoro), sia dalla relazione - sottovalutata – tra il territorio (urbanistica e architettura) e la psicologia delle persone.
(*) Esprimiamo un interesse ed un auspicio particolari, ai fini della lotta al degrado e per lo sviluppo integrato e globale del territorio, rispetto a:
1) la rimappatura (in parte già esistente) del degrado storico, artistico e ambientale nazionale, attraverso un piano particolareggiato globale; 2) interventi finanziari finalizzati a recuperare tali beni ed a valorizzare le competenze specialistiche di tutto il settore (bene inestimabile del nostro Paese); 3) il rilancio del settore turistico attraverso incentivi, anche economici, alla valorizzazione ed allo sviluppo di tutto il settore.
Milioni di attuali e potenziali turisti (dell'Est europeo, di cinesi, indiani, etc.) già oggi, ma soprattutto nel futuro, vorranno conoscere quello che oggi purtroppo stiamo distruggendo piegandoci ad un ottuso pensiero economicistico, con il quale si pensa (Tremonti, Bondi) che col territorio, la sua storia, le sue bellezze, la cultura non si mangia. Noi siamo del parere opposto. Il settore potrà fare da traino al resto dell'economia se sviluppato con criteri che interagiscono più strettamente con lo sviluppo e l’interesse nazionale.
Se vogliamo cambiare, dobbiamo mettere una pietra sopra a quanto si è fatto finora e cominciare dalle basi solide che già esistono; se continueremo a distruggere queste basi, non molta speranza resterà per la rinascita del nostro Paese

Occorre, come PD, agire su tre direttrici:
1. la prima, emanando una rigorosa legge sul regime dei suoli, basata su tre pilastri: la prevalenza dell'interesse pubblico; la titolarità esclusiva pubblica delle scelte attinenti al governo del territorio; la pianificazione, in coerenza con i benchmark europei;
2. la seconda, realizzando un piano corposo di edilizia residenziale pubblica (sovvenzionata, convenzionata e autocostruita  
http://www.alisei.org/italia/italia.html  );
3. la terza, attuando un piano di rottamazione edilizia (v.
http://www.radicali.it/download/pdf/casa.pdf  ).

2 - PIANO CORPOSO DI EDILIZIA PUBBLICA
Quello della casa è uno dei problemi più grossi, che dovrebbe costituire un obiettivo prioritario del Partito Democratico.
Nel famoso programma di quasi 300 pagine, che fu elaborato dal Cantiere dell'Unione, il problema casa vi fu inserito per forte sollecitazione della base (La casa: un diritto di tutti, pagg. 178-180).
Il governo Berlusconi, non appena insediato, ha varato il “Piano casa”, che si è rivelato un bluff, perché è tale solo nel nome, essendo un piano di aumento delle... volumetrie; in più ha tagliato, per il 2009, 550 milioni già stanziati allo scopo dal governo Prodi nel 2007.
Occorre riprendere quelle proposte. In particolare: a) investire molto di più in edilizia pubblica; b) utilizzare la leva fiscale per scoraggiare il nero; c) ridurre il carico fiscale sugli affitti; d) disincentivare il numero di case tenute sfitte.
In Italia, ci sono circa 955.000 alloggi popolari, ma dalla fine degli anni '80, anche se i lavoratori pagavano per l'edilizia pubblica i contributi GESCAL (fino al 1994), se ne costruiscono pochissimi: in media 2.000 all'anno, contro 10 o 15 o 20 volte tanto in altri Paesi europei, come la Francia, la Germania o i Paesi scandinavi.
Negli altri Paesi europei, infatti, vengono costruiti molti più alloggi popolari, per calmierare i prezzi degli affitti e tutelare i ceti più poveri.
La proprietà della casa, a ben vedere, o un affitto agevolato (affitto sociale) sono spesso per milioni di persone percettrici di redditi bassi (salari o pensioni) ciò che fa o potrebbe fare la differenza tra un'esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà.

Principi ispiratori raccomandati: noi non crediamo al contributo determinante o prevalente dei privati alla soluzione del problema casa; occorre un piano pubblico, basato sia su nuove costruzioni, sia sulla rottamazione di quelle vecchie, per salvaguardare il più possibile prezioso suolo agricolo, ma secondo un criterio di qualità, affidandone la progettazione – di complessi-tipo replicabili, con caratteristiche di risparmio energetico ed eventualmente l’utilizzo di pannelli solari e fotovoltaici - a un architetto del livello di Renzo Piano o un altro grande architetto specialista del ramo.
Se capita di partecipare ad una visita guidata organizzata da qualche Facoltà di Architettura, anche al Sud, di diversi e variegati complessi di case popolari, si ricava facilmente che il risultato, anche in termini di durata, ma non solo, è determinato dai criteri urbanistici ed architettonici ispiratori e da progetti esecutivi basati sulla qualità.
“Lettera di PDnetwork alla Segreteria Nazionale ed ai Gruppi parlamentari PD”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2593370.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/lettera-di-pdnetwork-alla-segreteria.html

P.S.:
L’idea e parte dei commenti di questa interessantissima trasmissione (vi si parla di edilizia residenziale pubblica, passata e futura) sembrano copiati dalla Lettera di PDnetwork (vedi sopra): ne suggerisco la visione integrale.

TELECAMERE 15/01/12
Durata: 00:50:25
Anna La Rosa e i suoi ospiti, parlano dei problemi legati alla casa
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-60f3882a-1710-4fb1-9f91-ce79a1416528.html  

PROMEMORIA
Questa purtroppo era una balla di un anno fa:

Fornero: "Sì al reddito minimo garantito"
Commento:
Una buona notizia! Da un anno, un obiettivo di questo network! Sarebbe anche il segno che finalmente in un Paese stortignaccolo come il nostro, in cui le riforme approntano dei tavoli dove si colpiscono i più deboli e si dimentica quasi sempre la gamba che riguarda i ricchi, si approntano tavoli normali con le canoniche 4 gambe. D’altra parte, è una misura che è compresa nelle richieste della BCE, e costituisce l’imprescindibile premessa sia per introdurre la “flexsecurity”, sia per attuare con minori patemi d’animo per i destinatari le ulteriori misure severe sulle pensioni.

PENSIONI
I sindacati chiedono incontro con Monti
Fornero: "Sì al reddito minimo garantito"
Il giorno dopo il secco no delle parti sociali all'ipotesi del superamento dei 40 anni di contributi, Bonanni insiste: "Grave mancanza di confronto". Angeletti d'accordo con Camusso: "Non toccare il limite di contributi". Il ministro del Lavoro: "Tra prime misure metodo contributivo pro rata"
01 dicembre 2011


Post precedenti:

Le proposte del Partito Democratico/1 - Lavoro

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