Ritorno
sull’argomento, poiché continua ad imperare una quasi generale DISINFORMAZIONE.
Ho
già osservato in passato[1] che, sulle
pensioni, Il Sole 24 ore, esperti
come Giannino e Cazzola, sindacati dei lavoratori e perfino l’INPS (v. l’ultimo
Osservatorio sulle pensioni), oltre a tutti i media e a politici di cattiva
memoria e con la coscienza sporca come Salvini, parlano soltanto della legge
Fornero (DL 201/2011, art. 24, convertito dalla legge 214/2011), alla quale
attribuiscono anche tutte le misure, per vari aspetti più incisive, decise
dalla legge Sacconi (DL 78/2010, art. 12, convertito dalla legge 122/2010). La
stessa professoressa Fornero a “In ½ ora”, tranne un brevissimo accenno ai 10.000
esodati di Sacconi, ha coraggiosamente… millantato tutto il merito impopolare del
riequilibrio dei conti pensionistici nel lungo periodo, imitando il premier
Monti per il risanamento dei conti pubblici.
Io
sono antimontiano (oltre che antiberlusconiano), ma sono abituato a basare i
miei giudizi sui numeri e i fatti. Suggerisco perciò a tutti di valutare le
norme e i numeri, facendo un’analisi comparativa.
BERLUSCONI-SACCONI
VS MONTI-FORNERO
PENSIONI
Dal 1992, le
riforme delle pensioni sono state 8 (Amato, 1992; Dini, 1995; Prodi, 1997;
Berlusconi/Maroni, 2004; Prodi/Damiano, 2007; Berlusconi/Sacconi, 2010;
Berlusconi/Sacconi, 2011; Monti-Fornero, 2011).
Oltre a quella Dini che ha introdotto il metodo
contributivo, le ultime 4 riforme: Damiano (2007, in parte), Sacconi (2010 e
2011) e Fornero (2011) stanno producendo e produrranno risparmi fino al 2060
per centinaia di miliardi (cfr. MEF). Dopo le riforme, il sistema pensionistico
italiano, come riconosciuto dall’UE, è tra i più severi e sostenibili in UE28.
Le riforme
di Sacconi (2010 e 2011) sono più corpose, immediate e recessive di quella
Fornero; in sintesi, esse hanno introdotto:
• “finestra” (= differimento
dell’erogazione) di 12 mesi per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e
privati o 18 mesi per tutti quelli autonomi;
•
allungamento, senza gradualità, di 5 anni (+ “finestra”) dell’età di
pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti pubbliche per
equipararle a tutti gli altri a 65 anni (più finestra), tranne le lavoratrici
private; e
•
adeguamento triennale all’aspettativa di vita, che ha portato finora l’età di pensionamento
di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi e la porterà a 67 entro il 2021, che è benchmark in UE28, cioè prima della
Germania e molto prima della Francia (dopo il 2018, in forza della legge
Fornero, l’adeguamento anziché triennale sarà biennale).
La riforma
Fornero (2011) ha stabilito, principalmente:
•
metodo contributivo pro-rata per tutti (vale a dire solo per quelli che erano
precedentemente esclusi), a decorrere dall'1.1.2012;
•
aumento di un anno delle pensioni di anzianità (ridenominate “anticipate”); e
•
allungamento graduale entro il 2018 dell’età di pensionamento di vecchiaia
delle dipendenti private da 60 anni a 65 (più finestra), per allinearle a tutti
gli altri,
i
cui effetti si avranno soprattutto a partire dal 2020.
NB: La legge Fornero ha opportunamente
eliminato la “finestra” di 12 o 18 mesi sostituendola con un allungamento
corrispondente dell’età base, ma l’allungamento (già recato dalla riforma
Sacconi) è solo formale.
Cottarelli (FMI)
e le pensioni
Ieri, 19 maggio, ho ascoltato al GR
Carlo Cottarelli, oggi direttore esecutivo del FMI, il quale era
stato intervistato da Radio Anch’io,
chiedere di tagliare la spesa pensionistica perché, col 16,5%, è la più alta tra i Paesi
avanzati in rapporto al Pil. E’ fuorviante, come fanno Cottarelli e l’FMI in
generale, riferirsi ai dati pensionistici fino al 2013: sono vecchi e superati.
Come spiegava la prof.ssa Fornero a “In ½ ora”, le riforme delle pensioni per
loro natura producono i loro effetti nel lungo periodo. Dopo le 8 riforme, come ha confermato
l’ultimo rapporto della Commissione Europea, con la proiezione al 2060,[2]
il sistema pensionistico italiano è tra i più severi e sostenibili nel lungo
periodo. Come attesta l'ultimo
Osservatorio dell'INPS sulle pensioni, [3] che peraltro, ripeto, fa anch’esso
l’errore – diffuso anche tra esperti – di attribuire tutto alla riforma
Fornero, dimenticandosi della, per vari aspetti, più incisiva riforma Sacconi,[1] il numero di pensioni sta già calando (“Dall’analisi
dell’osservatorio delle pensioni Inps vigenti all’1.1.2015 e liquidate nel 2014
emerge la conferma del trend decrescente degli ultimi anni, che vede passare le
prestazioni erogate ad inizio anno da 18.363.760 nel 2012 a 18.044.221 nel
2015; una decrescita media annua dello 0,6% frenata dall’andamento inverso
delle prestazioni assistenziali (pensioni agli invalidi civili e
pensioni/assegni sociali), che nello stesso periodo passano da 3.560.179 nel
2012 a 3.731.626 nel 2015.”), ma la spesa pensionistica cresce
perché i nuovi assegni pensionistici sono più alti. Secondo il rapporto UE, ci sarà una piccola gobba
nel 2036, poi la spesa pensionistica (incluse le voci spurie) calerà al 13,8%
del Pil nel 2060, uno dei cali più alti in UE28.
Confronto internazionale e voci spurie
La spesa pensionistica
italiana include (nel confronto internazionale) delle voci spurie, che sono:
1.
TFR
(circa 1,5% del Pil);
2.
un
8% di spesa assistenziale sul totale della spesa pensionistica;
3.
un
peso fiscale comparativamente maggiore (la spesa pensionistica italiana è al
lordo di 40-45 mld di imposte, più vicino ai 45, purtroppo non ho un dato
preciso, l’ho anche chiesto all’ISTAT, ma mi è stato risposto: solo a
pagamento);
4.
un
uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati
negli altri Paesi), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore
sociale;
5.
infine,
nella spesa pensionistica degli altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi
fiscali ( = minori entrate) alle pensioni integrative (v., in particolare, la Gran
Bretagna).
MANOVRE CORRETTIVE
In secondo luogo, per quanto
attiene a chi ha impoverito gli Italiani e risanato i conti pubblici, osservo
che, nella scorsa legislatura, sono state varate (in gran parte dopo la crisi
della Grecia) manovre correttive per un ammontare cumulato (cioè sommando gli
effetti anno per anno) pari a 330 (trecentotrenta) mld, i cui effetti strutturali
si dispiegano tuttora:
- ben 4/5, pari a 267 mld
cumulati, sono ascrivibili al governo Berlusconi-Tremonti-Bossi-Sacconi, molto
iniquamente addossati, in grandissima parte, sul ceto medio-basso e sui poveri
(pensionandi, in particolare pensionandi disoccupati a reddito zero, precari
del settore pubblico licenziati nella proporzione del 50%, dipendenti pubblici,
scuola e sanità, spesa sociale delle Regioni e dei Comuni tagliata del 90%, ad
alta propensione al consumo e quindi con effetti recessivi, risparmiando quasi
i ricchi ed i redditi privati (tranne i farmacisti e i produttori e
distributori di farmaci, in quanto fornitori del SSN);
- solo 1/5, pari a 63 mld
cumulati, sono attribuibili al governo Monti, distribuiti in maniera molto più
equa.
LE CIFRE. Le manovre correttive, dopo la
crisi greca, sono state: • 2010, DL 78/2010 di 24,9 mld; • 2011 (a parte la
legge di stabilità 2011), due del governo Berlusconi-Tremonti (DL 98/2011 e DL
138/2011, 80+60 mld), (con la scopertura di 15 mld, che Tremonti si
riprometteva di coprire, la cosiddetta clausola di salvaguardia, con la delega
fiscale, – cosa che ha poi dovuto fare Monti – aumentando l’IVA), e una del
governo Monti (DL 201/2011, c.d. decreto salva-Italia), che cifra 32 mld
“lordi” (10 sono stati “restituiti” in sussidi e incentivi); • 2012, DL 95/2012
di circa 20 mld. Quindi in totale esse assommano, rispettivamente: - Governo
Berlusconi: 25+80+60 = tot. 165 mld; - Governo Monti: 22+20 = tot. 42 mld. Se
si considerano gli effetti cumulati da inizio legislatura (fonte: “Il Sole 24
ore” [4]), sono: - Governo
Berlusconi-Tremonti 266,3 mld; - Governo Monti 63,2 mld. Totale 329,5 mld. Cioè
(ed è un calcolo che sa fare anche un bambino), per i sacrifici imposti agli
Italiani e gli effetti recessivi Berlusconi batte Monti 4 a 1. Per l'equità e
le variabili extra-tecnico-contabili (immagine e scandali), è anche peggio.
[1] Sacconi vs
Fornero, qual è stato il ministro che ha riformato di più le pensioni
[2] Annual Ageing Report http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/ageing_report/index_en.htm
[3] INPS –
Comunicato stampa
[4] Quattro anni di manovra: fisco pigliatutto
Post e articoli collegati:
Il lavoro
‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
Dialogo
n. 3 nel blog neo-liberista NoisefromAmerika:
pensioni
dal quale traggo:
Vítor Constâncio, Vice Presidente BCE: “è precisamente
nel campo delle riforme per contenere il peso a lungo termine
dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica che I paesi sotto
stress hanno già effettuato aggiustamenti. L’Italia ed il Portogallo, per
esempio, hanno aumenti stimati per spese legate alla longevità minimali…”. Come
il grafico sottostante conferma.
Lettera a Carlo
Cottarelli, direttore esecutivo del FMI, sua risposta e mia replica
http://vincesko.blogspot.com/2015/05/lettera-carlo-cottarelli-direttore.html
Fondo monetario: “Italia non
ha futuro radioso né sereno. Tagliare le pensioni”
8 ottobre 2014
Mentre due anni fa lo stesso FMI sosteneva:
Fmi, pensioni: riforma italiana la migliore al
mondo. La difesa di Christine Lagarde alla politica di Mario Monti
L'Huffington
Post
Pubblicato:
09/10/2012 08:30 CEST Aggiornato: 09/10/2012 13:10 CEST
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