mercoledì 20 maggio 2015

Berlusconi-Sacconi-Salvini-Giannino-Cazzola-Cottarelli, ecc. vs Monti-Fornero


Ritorno sull’argomento, poiché continua ad imperare una quasi generale DISINFORMAZIONE.
Ho già osservato in passato[1] che, sulle pensioni, Il Sole 24 ore, esperti come Giannino e Cazzola, sindacati dei lavoratori e perfino l’INPS (v. l’ultimo Osservatorio sulle pensioni), oltre a tutti i media e a politici di cattiva memoria e con la coscienza sporca come Salvini, parlano soltanto della legge Fornero (DL 201/2011, art. 24, convertito dalla legge 214/2011), alla quale attribuiscono anche tutte le misure, per vari aspetti più incisive, decise dalla legge Sacconi (DL 78/2010, art. 12, convertito dalla legge 122/2010). La stessa professoressa Fornero a “In ½ ora”, tranne un brevissimo accenno ai 10.000 esodati di Sacconi, ha coraggiosamente… millantato tutto il merito impopolare del riequilibrio dei conti pensionistici nel lungo periodo, imitando il premier Monti per il risanamento dei conti pubblici.
Io sono antimontiano (oltre che antiberlusconiano), ma sono abituato a basare i miei giudizi sui numeri e i fatti. Suggerisco perciò a tutti di valutare le norme e i numeri, facendo un’analisi comparativa.

BERLUSCONI-SACCONI VS MONTI-FORNERO

PENSIONI

Dal 1992, le riforme delle pensioni sono state 8 (Amato, 1992; Dini, 1995; Prodi, 1997; Berlusconi/Maroni, 2004; Prodi/Damiano, 2007; Berlusconi/Sacconi, 2010; Berlusconi/Sacconi, 2011; Monti-Fornero, 2011).
Oltre a quella Dini che ha introdotto il metodo contributivo, le ultime 4 riforme: Damiano (2007, in parte), Sacconi (2010 e 2011) e Fornero (2011) stanno producendo e produrranno risparmi fino al 2060 per centinaia di miliardi (cfr. MEF). Dopo le riforme, il sistema pensionistico italiano, come riconosciuto dall’UE, è tra i più severi e sostenibili in UE28.
Le riforme di Sacconi (2010 e 2011) sono più corpose, immediate e recessive di quella Fornero; in sintesi, esse hanno introdotto:
• “finestra” (= differimento dell’erogazione) di 12 mesi per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati o 18 mesi per tutti quelli autonomi;
• allungamento, senza gradualità, di 5 anni (+ “finestra”) dell’età di pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti pubbliche per equipararle a tutti gli altri a 65 anni (più finestra), tranne le lavoratrici private; e
• adeguamento triennale all’aspettativa di vita, che ha portato finora l’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi e la porterà a 67 entro il 2021, che è benchmark in UE28, cioè prima della Germania e molto prima della Francia (dopo il 2018, in forza della legge Fornero, l’adeguamento anziché triennale sarà biennale).
La riforma Fornero (2011) ha stabilito, principalmente:
• metodo contributivo pro-rata per tutti (vale a dire solo per quelli che erano precedentemente esclusi), a decorrere dall'1.1.2012;
• aumento di un anno delle pensioni di anzianità (ridenominate “anticipate”); e
• allungamento graduale entro il 2018 dell’età di pensionamento di vecchiaia delle dipendenti private da 60 anni a 65 (più finestra), per allinearle a tutti gli altri,
i cui effetti si avranno soprattutto a partire dal 2020.
NB: La legge Fornero ha opportunamente eliminato la “finestra” di 12 o 18 mesi sostituendola con un allungamento corrispondente dell’età base, ma l’allungamento (già recato dalla riforma Sacconi) è solo formale.

Cottarelli (FMI) e le pensioni

Ieri, 19 maggio, ho ascoltato al GR Carlo Cottarelli, oggi direttore esecutivo del FMI, il quale era stato intervistato da Radio Anch’io, chiedere di tagliare la spesa pensionistica perché, col 16,5%, è la più alta tra i Paesi avanzati in rapporto al Pil. E’ fuorviante, come fanno Cottarelli e l’FMI in generale, riferirsi ai dati pensionistici fino al 2013: sono vecchi e superati. Come spiegava la prof.ssa Fornero a “In ½ ora”, le riforme delle pensioni per loro natura producono i loro effetti nel lungo periodo. Dopo le 8 riforme, come ha confermato l’ultimo rapporto della Commissione Europea, con la proiezione al 2060,[2] il sistema pensionistico italiano è tra i più severi e sostenibili nel lungo periodo. Come attesta l'ultimo Osservatorio dell'INPS sulle pensioni, [3] che peraltro, ripeto, fa anch’esso l’errore – diffuso anche tra esperti – di attribuire tutto alla riforma Fornero, dimenticandosi della, per vari aspetti, più incisiva riforma Sacconi,[1] il numero di pensioni sta già calando (“Dall’analisi dell’osservatorio delle pensioni Inps vigenti all’1.1.2015 e liquidate nel 2014 emerge la conferma del trend decrescente degli ultimi anni, che vede passare le prestazioni erogate ad inizio anno da 18.363.760 nel 2012 a 18.044.221 nel 2015; una decrescita media annua dello 0,6% frenata dall’andamento inverso delle prestazioni assistenziali (pensioni agli invalidi civili e pensioni/assegni sociali), che nello stesso periodo passano da 3.560.179 nel 2012 a 3.731.626 nel 2015.), ma la spesa pensionistica cresce perché i nuovi assegni pensionistici sono più alti. Secondo il rapporto UE, ci sarà una piccola gobba nel 2036, poi la spesa pensionistica (incluse le voci spurie) calerà al 13,8% del Pil nel 2060, uno dei cali più alti in UE28.

Confronto internazionale e voci spurie

La spesa pensionistica italiana include (nel confronto internazionale) delle voci spurie, che sono:
1.     TFR (circa 1,5% del Pil);
2.     un 8% di spesa assistenziale sul totale della spesa pensionistica;
3.     un peso fiscale comparativamente maggiore (la spesa pensionistica italiana è al lordo di 40-45 mld di imposte, più vicino ai 45, purtroppo non ho un dato preciso, l’ho anche chiesto all’ISTAT, ma mi è stato risposto: solo a pagamento);
4.     un uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati negli altri Paesi), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore sociale;
5.     infine, nella spesa pensionistica degli altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi fiscali ( = minori entrate) alle pensioni integrative (v., in particolare, la Gran Bretagna).

MANOVRE CORRETTIVE
In secondo luogo, per quanto attiene a chi ha impoverito gli Italiani e risanato i conti pubblici, osservo che, nella scorsa legislatura, sono state varate (in gran parte dopo la crisi della Grecia) manovre correttive per un ammontare cumulato (cioè sommando gli effetti anno per anno) pari a 330 (trecentotrenta) mld, i cui effetti strutturali si dispiegano tuttora:
- ben 4/5, pari a 267 mld cumulati, sono ascrivibili al governo Berlusconi-Tremonti-Bossi-Sacconi, molto iniquamente addossati, in grandissima parte, sul ceto medio-basso e sui poveri (pensionandi, in particolare pensionandi disoccupati a reddito zero, precari del settore pubblico licenziati nella proporzione del 50%, dipendenti pubblici, scuola e sanità, spesa sociale delle Regioni e dei Comuni tagliata del 90%, ad alta propensione al consumo e quindi con effetti recessivi, risparmiando quasi i ricchi ed i redditi privati (tranne i farmacisti e i produttori e distributori di farmaci, in quanto fornitori del SSN);
- solo 1/5, pari a 63 mld cumulati, sono attribuibili al governo Monti, distribuiti in maniera molto più equa.
LE CIFRE. Le manovre correttive, dopo la crisi greca, sono state: • 2010, DL 78/2010 di 24,9 mld; • 2011 (a parte la legge di stabilità 2011), due del governo Berlusconi-Tremonti (DL 98/2011 e DL 138/2011, 80+60 mld), (con la scopertura di 15 mld, che Tremonti si riprometteva di coprire, la cosiddetta clausola di salvaguardia, con la delega fiscale, – cosa che ha poi dovuto fare Monti – aumentando l’IVA), e una del governo Monti (DL 201/2011, c.d. decreto salva-Italia), che cifra 32 mld “lordi” (10 sono stati “restituiti” in sussidi e incentivi); • 2012, DL 95/2012 di circa 20 mld. Quindi in totale esse assommano, rispettivamente: - Governo Berlusconi: 25+80+60 = tot. 165 mld; - Governo Monti: 22+20 = tot. 42 mld. Se si considerano gli effetti cumulati da inizio legislatura (fonte: “Il Sole 24 ore” [4]), sono: - Governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld; - Governo Monti 63,2 mld. Totale 329,5 mld. Cioè (ed è un calcolo che sa fare anche un bambino), per i sacrifici imposti agli Italiani e gli effetti recessivi Berlusconi batte Monti 4 a 1. Per l'equità e le variabili extra-tecnico-contabili (immagine e scandali), è anche peggio.

[1] Sacconi vs Fornero, qual è stato il ministro che ha riformato di più le pensioni
[3] INPS – Comunicato stampa
[4] Quattro anni di manovra: fisco pigliatutto


Post e articoli collegati:

Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti

Dialogo n. 3 nel blog neo-liberista NoisefromAmerika: pensioni
dal quale traggo:
Vítor Constâncio, Vice Presidente BCE: “è precisamente nel campo delle riforme per contenere il peso a lungo termine dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica che I paesi sotto stress hanno già effettuato aggiustamenti. L’Italia ed il Portogallo, per esempio, hanno aumenti stimati per spese legate alla longevità minimali…”. Come il grafico sottostante conferma.

Lettera a Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del FMI, sua risposta e mia replica
http://vincesko.blogspot.com/2015/05/lettera-carlo-cottarelli-direttore.html

Fondo monetario: “Italia non ha futuro radioso né sereno. Tagliare le pensioni”
8 ottobre 2014

Mentre due anni fa lo stesso FMI sosteneva:

Fmi, pensioni: riforma italiana la migliore al mondo. La difesa di Christine Lagarde alla politica di Mario Monti
L'Huffington Post
Pubblicato: 09/10/2012 08:30 CEST Aggiornato: 09/10/2012 13:10 CEST


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