Pubblico
qui, poiché lo ritengo utile ai fini di una completa e corretta informazione,
la lettera che ho inviato, in data 20 maggio, a Carlo Cottarelli, attualmente direttore esecutivo del Fondo
Monetario Internazionale (FMI), sul tema molto dibattuto delle pensioni, dopo
la sua intervista a Radio Anch’io, la sua risposta che ho ricevuto il giorno
dopo e la mia replica di oggi. E lo sviluppo successivo del dialogo, con un epilogo quasi sorprendente.
All’interno (anche nel post
allegato in fondo e via via a ritroso negli altri), trovate tutte le misure
pensionistiche adottate per far fronte alla crisi economica e adempiere le
disposizioni dell’UE e della BCE, e le prove documentali della quasi generale
DISINFORMAZIONE imperante sul tema (ieri ho anche scritto a Roberto Mania di Repubblica),
incluse le lettere a un supposto esperto come
Oscar Giannino, al presidente
dell’INPS Tito Boeri e all’on. Matteo
Salvini, politico mendace, populista e fintamente paranoico, che andrebbe
sbugiardato in diretta tv, il quale dimentica ad arte quella duplice di Sacconi
(2010 e 2011), votata dalla Lega Nord, ancor più incisiva della tanto decantata
e vituperata riforma Fornero, del dicembre 2011, oggetto di strali quotidiani, di
referendum e di speculazione politica.
Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
20 mag 2015 - 19:38
|
|
A:
|
||
CC:
|
<clagarde@imf.org>
|
Egr. Dott. Cottarelli,
Ieri, 19 maggio, L’ho ascoltata al GR,
intervistato da Radio Anch’io,
chiedere di tagliare la spesa pensionistica perché, col 16,5%, è la più alta
tra i Paesi avanzati in rapporto al Pil. Mi permetto di osservare, scusandomi
in anticipo della lunghezza:
- Dal 1992, le
riforme delle pensioni sono state 8 (Amato, 1992; Dini, 1995; Prodi, 1997;
Berlusconi/Maroni, 2004; Prodi/Damiano, 2007; Berlusconi/Sacconi, 2010;
Berlusconi/Sacconi, 2011; Monti-Fornero, 2011).
Oltre a quella
Dini che ha introdotto il metodo contributivo, le ultime 4 riforme: Damiano
(2007, in parte), Sacconi (2010 e 2011) e Fornero (2011) stanno producendo e produrranno
risparmi fino al 2060 per centinaia di miliardi di € (cfr. MEF). Dopo le riforme,
il sistema pensionistico italiano, come riconosciuto dall’UE, è tra i più
severi e sostenibili in UE28.
Le riforme
di Sacconi (2010 e 2011) sono più corpose, immediate e recessive di quella
Fornero; in sintesi, esse hanno introdotto:
• “finestra” (= differimento
dell’erogazione) di 12 mesi per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e
privati o 18 mesi per tutti quelli autonomi;
•
allungamento, senza gradualità, di 5 anni (+ “finestra”) dell’età di
pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti pubbliche per
equipararle a tutti gli altri a 65 anni (più finestra), tranne le lavoratrici
private; e
•
adeguamento triennale all’aspettativa di vita, che ha portato finora l’età di
pensionamento di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi e la porterà a 67 entro il 2021,
che è benchmark in UE28, cioè prima
della Germania e molto prima della Francia (dopo il 2018, in forza della legge
Fornero, l’adeguamento anziché triennale sarà biennale).
La riforma
Fornero (2011) ha stabilito, principalmente:
•
metodo contributivo pro-rata per tutti (vale a dire solo per quelli che erano
precedentemente esclusi), a decorrere dall'1.1.2012;
•
aumento di un anno delle pensioni di anzianità (ridenominate “anticipate”); e
•
allungamento graduale entro il 2018 dell’età di pensionamento di vecchiaia
delle dipendenti private da 60 anni a 65 (più finestra), per allinearle a tutti
gli altri,
i
cui effetti si avranno soprattutto a partire dal 2020.
NB: La legge Fornero ha opportunamente
eliminato la “finestra” di 12 o 18 mesi sostituendola con un allungamento
corrispondente dell’età base, ma l’allungamento (già recato dalla riforma
Sacconi) è solo formale.
- E’ fuorviante, come fa Lei - e l’FMI in generale -,[1] riferirsi
ai dati pensionistici fino al 2013: sono vecchi e superati. Come spiegava la
prof.ssa Fornero a “In ½ ora”, le riforme delle pensioni per loro natura
producono i loro effetti nel lungo periodo. Dopo le 8 riforme varate dal 1992, come ha
confermato l’ultimo rapporto della Commissione Europea, con
la proiezione al 2060,[2] il sistema pensionistico italiano è tra i più
severi e sostenibili nel lungo periodo. Come attesta l'ultimo Osservatorio dell'INPS sulle pensioni, [3] che peraltro fa anch’esso l’errore – diffuso anche
tra esperti , oltre che in politici dalla memoria corta e
dalla cattiva coscienza come Matteo Salvini e (quasi) tutti i media – di attribuire tutto alla riforma Fornero,
dimenticandosi della, per vari aspetti, più incisiva riforma Sacconi, il numero di pensioni sta già calando (“Dall’analisi dell’osservatorio delle
pensioni Inps vigenti all’1.1.2015 e liquidate nel 2014 emerge la conferma del
trend decrescente degli ultimi anni, che vede passare le prestazioni erogate ad
inizio anno da 18.363.760 nel 2012 a 18.044.221 nel 2015; una decrescita media
annua dello 0,6% frenata dall’andamento inverso delle prestazioni assistenziali
(pensioni agli invalidi civili e pensioni/assegni sociali), che nello stesso periodo
passano da 3.560.179 nel 2012 a 3.731.626 nel 2015”), ma la spesa pensionistica cresce
perché i nuovi assegni pensionistici sono più alti. Secondo il rapporto UE, ci
sarà una piccola gobba nel 2036, poi la spesa pensionistica (incluse le voci
spurie) calerà al 13,8% del Pil nel 2060, uno dei cali più alti in UE28.
Confronto internazionale e voci spurie
La spesa pensionistica
italiana include (nel confronto internazionale) delle voci spurie, che sono:
1.
TFR
(circa 1,5% del Pil);
2.
un
8% di spesa assistenziale sul totale della spesa pensionistica;
3.
un
peso fiscale comparativamente maggiore (la spesa pensionistica italiana è al
lordo di 40-45 mld di imposte, più vicino ai 45, purtroppo non ho un dato
preciso, l’ho anche chiesto all’ISTAT, ma mi è stato risposto: solo a
pagamento);
4.
un
uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati
negli altri Paesi), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore
sociale;
5.
infine,
nella spesa pensionistica degli altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi
fiscali ( = minori entrate) alle pensioni integrative (v., in particolare, la Gran
Bretagna).
Fondo monetario: “Italia non ha futuro radioso né
sereno. Tagliare le pensioni”
8 ottobre 2014
Mentre due anni prima lo stesso FMI sosteneva:
Fmi, pensioni: riforma italiana la migliore al
mondo. La difesa di Christine Lagarde alla politica di Mario Monti
L'Huffington
Post
Pubblicato:
09/10/2012 08:30 CEST Aggiornato: 09/10/2012 13:10 CEST
[2] Annual Ageing Report
[3] INPS –
Comunicato stampa
In
conclusione, mi auguro che Lei (e il FMI) ritenga utili queste mie osservazioni
e ne faccia tesoro in futuro.
Cordiali
saluti
V.
Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
21 mag 2015 - 21:03
|
|
A:
|
||
CC:
|
"Lagarde, Christine"<CLagarde@imf.org>
|
Gentile V.
La ringrazio molto per questa sua dettagliata spiegazione. Su molti punti ha ragione incluso il fatto Che le riforme pensionistiche introdotte in passato comporteranno nei prossimi decenni una riduzione della spesa per pensioni sul Pil. È un fatto che io stesso ho più volte sottolineato anche quando ero capo del Dipartimento di finanza pubblica del fondo monetario. Infatti una delle tavole del Fiscal Monitor, la pubblicazione del fondo monetario che io ho introdotto e che si occupa di politica fiscale, contiene proprio le proiezioni di crescita della spesa pubblica paese per paese e mostra come l'Italia sia messa in un'ottima posizione per i prossimi decenni in termini di variazione della spesa. Purtroppo il livello attuale della spesa è molto elevato, e, anche correggendo per i fattori che lei elenca, secondo i miei calcoli la spesa pensionistica italiana rimane la più alta tra i paesi avanzati. Questo è dovuto soltanto in parte alla struttura demografica della popolazione. In buona parte è invece dovuto al Al livello delle pensioni passate. Grazie alle riforme questa anomalia sparirà nei prossimi decenni ma occorreranno circa trent'anni perché la più alta spesa italiana sia dovuto solo a fattori demografici.
Spero che questi miei commenti le siano utili.
Grazie di nuovo
Cordialmente
Carlo Cottarelli
Inviato da iPhone
La ringrazio molto per questa sua dettagliata spiegazione. Su molti punti ha ragione incluso il fatto Che le riforme pensionistiche introdotte in passato comporteranno nei prossimi decenni una riduzione della spesa per pensioni sul Pil. È un fatto che io stesso ho più volte sottolineato anche quando ero capo del Dipartimento di finanza pubblica del fondo monetario. Infatti una delle tavole del Fiscal Monitor, la pubblicazione del fondo monetario che io ho introdotto e che si occupa di politica fiscale, contiene proprio le proiezioni di crescita della spesa pubblica paese per paese e mostra come l'Italia sia messa in un'ottima posizione per i prossimi decenni in termini di variazione della spesa. Purtroppo il livello attuale della spesa è molto elevato, e, anche correggendo per i fattori che lei elenca, secondo i miei calcoli la spesa pensionistica italiana rimane la più alta tra i paesi avanzati. Questo è dovuto soltanto in parte alla struttura demografica della popolazione. In buona parte è invece dovuto al Al livello delle pensioni passate. Grazie alle riforme questa anomalia sparirà nei prossimi decenni ma occorreranno circa trent'anni perché la più alta spesa italiana sia dovuto solo a fattori demografici.
Spero che questi miei commenti le siano utili.
Grazie di nuovo
Cordialmente
Carlo Cottarelli
Inviato da iPhone
R: Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
22 mag 2015 - 10:27
|
|
A:
|
||
CC:
|
<clagarde@imf.org>
|
Egr.
Dott. Cottarelli,
La
ringrazio della Sua cortese risposta. Mi permetta, però, di fare tre ulteriori
osservazioni:
1. Se si considera
la spesa pensionistica al netto delle imposte[1] (che sono una partita di
giro), il divario tra l’Italia e gli altri Paesi cala di almeno mezzo punto se
non di uno intero; infatti, a fronte di una diminuzione di circa 2 punti
percentuali dell’Italia (dal 15,44% al 13,49%, dati 2009), gli altri Paesi
calano in media sotto il punto percentuale (ad esempio, la Francia dal 13,73%
al 12,82%, la Germania dal 11,25% al 10,86%, il Giappone dal 10,17% al 9,50% e
la Spagna dal 9,28% all’8,99%).
2. Inoltre, se si
depura la spesa pensionistica dalle prime due voci spurie (TFR e spesa
assistenziale,[2] che assommano a quasi 45 mld, cioè a quasi il 3% del Pil),
l’incidenza sul Pil, sommando i tre effetti, scende di oltre 4 punti percentuali,[3]
non di 2 come affermato da Lei a Radio
Anch’io.
In
totale, dunque, se questi miei calcoli sono corretti, il rapporto diminuisce –
già ora - dal 16,5% ad un massimo del 12,5%, vale a dire già adesso è inferiore
di oltre un punto al 13,8% stimato dalla Commissione Europea per il 2060.
3. Infine,
andrebbe anche tenuto presente che il rapporto spesa/Pil è influenzato
ovviamente anche dal denominatore, calato in Italia, negli ultimi 7 anni, di
quasi 10 punti percentuali, molto
più che in altri Paesi.
Va
da sé, tuttavia, che anche a mio avviso non sarebbe da scartare, anche per
ragioni di equità, il ricalcolo delle pensioni secondo il metodo contributivo,
al di sopra di una certa soglia, o almeno l'applicazione di un contributo di
solidarietà sulla parte non coperta dai contributi.
[1] Gross and Net Public
Pension Expenditure (% of GDP) - 2009
(figura 6.5 pg. 171 di Pension at a Glance, e l'ultimo
è riportato in OECD Pensions at a Glance 2013)
[2] Trattamenti pensionistici e beneficiari:
un’analisi territoriale
“Le pensioni Ivs sono il 78,3% dei
trattamenti erogati dal sistema pensionistico italiano e assorbono il 90,5%
della spesa complessiva. Più nel dettaglio le pensioni di vecchiaia
rappresentano il 52,2% delle prestazioni e il 71,8% della spesa; le pensioni di
invalidità rispettivamente il 5,6% e il 4,0%, mentre le pensioni ai superstiti
rappresentano il 20,6% dei trattamenti complessivamente erogati e il 14,7%
della spesa complessiva. Le pensioni
assistenziali sono il 18,2% del totale e assorbono il 7,9% della spesa. Le
indennitarie incidono, infine, per il 3,5% sul numero dei trattamenti e per
l’1,7% sulla spesa complessiva (Tavola 5)”.
[3] Riporto le rispettive evoluzioni RGS e OCSE della
Spesa pensioni/Pil (%) fino al 2035:
RGS:
2010=15,3; 2015=16,2; 2020=15,5; 2025=15,2; 2030=15,2%; 2035=15,8.
OCSE:
2010=15,3; 2015=14,9; 2020=14,5; 2025=14,4; 2030=14,5%; 2035=15,0.
Cordiali
saluti
V.
Re: R: Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
22 mag 2015 - 15:57
|
|
A:
|
"v."
|
|
CC:
|
"Lagarde, Christine"<CLagarde@imf.org>
|
Devo essere stringato purtroppo ma grazie per la risposta. Non
sono pero' d'accordo su molti dei suoi punti. La correzione per le tasse non mi
sembra appropriata perche' allora occorrerebbe correggere anche per i maggiori
servizi che i pensionati ricevono se le tasse in Italia sono piu' alte che
altrove
Non mi pare sia corretto correggere anche per le liquidazioni che comunque sono soldi che vanno a chi si sta pensionando
Sul PIL anche i dati degli altri paesi dovrebbero essere corretti per l output gap, anche se per l Italia la correzione sarebbe maggiore
Inoltre si dovrebbe correggere il benchmark estero per il fatto che l Italia si pup' permettere una minore spesa primaria perche' spendiamo di piu' per interessi
Infine occorrerebbe depurare anche i dati degli altri paesi per possibili inappropriate classificazioni di spese di assistenza
Cordiali saluti
Carlo Cottarelli
Inviato da iPhone
Non mi pare sia corretto correggere anche per le liquidazioni che comunque sono soldi che vanno a chi si sta pensionando
Sul PIL anche i dati degli altri paesi dovrebbero essere corretti per l output gap, anche se per l Italia la correzione sarebbe maggiore
Inoltre si dovrebbe correggere il benchmark estero per il fatto che l Italia si pup' permettere una minore spesa primaria perche' spendiamo di piu' per interessi
Infine occorrerebbe depurare anche i dati degli altri paesi per possibili inappropriate classificazioni di spese di assistenza
Cordiali saluti
Carlo Cottarelli
Inviato da iPhone
R: Re: R: Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
v.
|
22 mag 2015 - 18:33
|
A:
|
||
CC:
|
<clagarde@imf.org>
|
La
ringrazio molto per la risposta e soprattutto perché su vari punti Lei non è d’accordo,
poiché mi dà agio di risponderle ancora più approfonditamente nel merito e
forse la possibilità di farLe cambiare opinione in tema di spesa pensionistica
italiana, argomento molto delicato e molto dibattuto.
1.
Correzione per le tasse
a)
le tasse sono una partita di giro, l’INPS paga l’assegno pensionistico netto e
gira il resto all’Erario, alle Regioni e agli Enti locali;
b)
dall’ultimo Osservatorio dell’INPS sulle pensioni (che ho già allegato), traggo
che “L’importo complessivo annuo risulta pari a 192,6 miliardi di
euro, di cui 173 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali.
Il 66% dell’importo è erogato dalle gestioni lavoratori dipendenti, il 23,8% da
quelle dei lavoratori autonomi, il 10,1% da quelle assistenziali”. Francamente, non so neanche il motivo
esatto della notevole differenza e mi sono chiesto anche io perché, ma come si
vede l’importo è lontanissimo dai 270 mld o più che va al numeratore del
rapporto spesa/Pil nelle statistiche nazionali e internazionali;
c)
considerare i maggiori servizi che i pensionati
ricevono: perché no? Ma Lei sarà senz’altro d’accordo con me sul fatto che
esulerebbero dal capitolo della spesa pensionistica, che è l’unico oggetto del
nostro dialogo.
2.
TFR
Non
è vero, il TFR viene liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro e, per
particolari motivi (acquisto della casa e spese sanitarie), anche in costanza
del rapporto di lavoro. Pertanto è semplicemente un errore assimilarlo alla
pensione.
3.
Pil
Sono
d’accordo, ma la mia osservazione n. 3 era soltanto un di più esplicativo.
4.
Altri Paesi
Sono
d’accordo, perché no? Anche se ho il sospetto che comunque l’Italia ci
guadagnerebbe (v. in particolare la spesa per housing sociale, che è a mio avviso una provvidenza che fa la
differenza tra un’esistenza difficile ma sostenibile e la povertà, ed è in
Italia inferiore ad 1/20 rispetto ai Paesi di confronto, tranne la Spagna,
rispetto alla quale è “solo” 1/10).
Cordiali
saluti
V.
PS:
Mi scusi se non l’ho fatto prima, ma La informo che, data l’importanza, ho
pubblicato questo nostro dialogo nel mio blog Vincesko (http://vincesko.ilcannocchiale.it
e http://vincesko.blogspot.it), nella
mia bacheca Facebook e finora su 2 siti (blog di Carlo Clericetti su Repubblica e NoisefromAmerika), in modo che Lei possa controllare che non sto
cambiando una virgola (a meno che non sia un refuso) e possa se vuole
interloquire, riferendosi al mio nickname.
Allegato:
Imposizione fiscale, TFR, Pensioni private (ecc.).
Allego (del prof. Felice Roberto Pizzuti, ho letto cose analoghe più
recenti, ma ora non le trovo):
Spesa sociale, Italia e Ue a confronto a cura di Felice
Roberto Pizzuti* (29/11/2009)
[…] Caratteristiche della spesa pensionistica in Italia
Quanto alla presunta «anomalia» dell’Italia, che destinerebbe una parte
considerevole di risorse alla vecchiaia, un più attento esame dei dati e dei
criteri di classificazione, non sempre uniformi, adottati in sede Eurostat
porta a ridimensionare l’entità della nostra spesa previdenziale. In primo
luogo, va osservato che per l’Italia le indennità liquidate al lavoratore
all’interruzione del rapporto di lavoro (1,3% del Pil), quali il Trattamento
di fine rapporto (Tfr) nel settore privato e i Trattamenti di fine servizio
(Tfs) nel pubblico impiego, sono incluse indebitamente nella spesa per pensioni,
indipendentemente dall’età del percettore. Si tratta, invece, di salario
differito a momenti successivi, determinati o dalla richiesta dei lavoratori
per sostenere spese eccezionali (sanitarie, acquisto casa, ecc.) o dalla
cessazione del rapporto di lavoro, che non necessariamente coincide con il
pensionamento. […]
Traggo sempre dall’analisi del prof. Felice Roberto Pizzuti:
Esiste, poi, un’elevata sostituibilità fra i vari tipi di intervento,
riconducibili, da un lato, alla vecchiaia e superstiti e, dall’altro,
all’invalidità e disoccupazione; i paesi, cioè, adottano differenti strumenti
per perseguire le medesime finalità e per «coprire» bisogni simili. Ad esempio,
in Italia, le pensioni di anzianità hanno anche rappresentato, in modo
improprio, un canale di uscita dal mercato del lavoro, in assenza di adeguati
sussidi di disoccupazione; anche il Tfr, oltre a fornire un capitale al momento
del pensionamento, ha svolto la funzione di «ammortizzatore sociale» in caso di
licenziamento. In altri paesi, invece, per queste stesse finalità, è stato
ampio il ricorso a forme specifiche di indennità di disoccupazione, a pensioni
anticipate e, come in Olanda e Svezia, a pensioni di invalidità interpretate in
senso socio-economico. Pertanto, se si procede a considerate congiuntamente le
funzioni di vecchiaia, superstiti, invalidità e disoccupazione, nonché a
depurare il dato italiano dalle indennità di fine lavoro, il nostro paese
presenta livelli di spesa pressoché in linea con la media dei Quindici e
inferiori a quelli della Francia. Altri fattori portano a sovrastimare il dato italiano;
il fatto che i piani pensionistici privati individuali, ad esempio, non vengono
considerati sempre e per tutti i paesi nella rilevazione Eurostat (3), porta a
sottostimare i livelli di spesa dei paesi anglosassoni, dove tali forme di
risparmio sono molto diffuse. Inoltre,
le prestazioni sociali sono considerate al lordo del prelievo fiscale e questo
non consente di fornire una misura del reddito disponibile effettivamente
trasferito al pensionato, anche perché i regimi fiscali riservati alle prestazioni
e alle pensioni nei vari paesi sono alquanto differenti. […]
Traggo da un’analisi di Roberto Fantozzi:
La spesa per protezione sociale in Italia e in Europa Roberto Fantozzi
15 maggio 2014
[…] Tornando alla divergenza va anzitutto considerato che l’Italia è
caratterizzata da una popolazione più anziana rispetto agli altri partner
comunitari). Comunque, nella voce “Old age” di Esspros (quella su cui si basano
i confronti fra paesi), oltre alle pensioni sociali e ad altri sussidi (il 4,3%
della spesa totale), sono incluse anche le erogazioni per trattamenti di
fine rapporto privati e pubblici (Tfr e Tfs, una peculiarità italiana), che
nel 2011 ammontavano all’11.6% della spesa totale. Come è noto, tali erogazioni
costituiscono una forma di salario differito e non una misura di carattere
previdenziale a tutela del rischio di vecchiaia; infatti, esse sono disponibili
in qualsiasi momento si interrompa la relazione contrattuale (anche ben prima
del pensionamento) e possono essere anticipate in presenza di specifiche
esigenze del lavoratore (spese mediche ed acquisto della prima casa).
Traggo, sempre dall’analisi di Roberto Fantozzi:
I confronti internazionali risentono anche del tipo di strumento scelto dai
vari paesi per fronteggiare varie tipologie di rischio sociale (ad esempio,
povertà o disoccupazione dei lavoratori anziani). Storicamente, a causa di
limiti strutturali del sistema di welfare, l’Italia ha fatto ricorso al sistema
pensionistico (anche mediante pensionamenti anticipati) per far fronte ad
esigenze assistenziali ed occupazionali. Diversamente, altri paesi (soprattutto
nel Nord Europa), in caso di uscita anticipata dall’attività, erogano generosi
sussidi di invalidità o disoccupazione, che non sono contabilizzati nella spesa
previdenziale, pur svolgendo una funzione del tutto analoga alle pensioni di
anzianità. Va anche considerato che il carico effettivo per il bilancio
pubblico dipende dal grado di imposizione fiscale sulle prestazioni erogate.
Quest’ultimo differisce significativamente nei vari paesi: in Italia le
pensioni sono soggette alle normali aliquote Irpef mentre altrove (in primis in
Francia e Germania) la loro tassazione è fortemente agevolata. Se si considera
la spesa al netto delle imposte, le differenze fra paesi risultano molto meno
evidenti. In generale, per valutare l’effettivo impatto della spesa sociale sul
bilancio pubblico bisognerebbe detrarre dalla spesa le imposte dirette e
indirette ad essa connesse e aggiungervi gli esborsi (in termini di minori
entrate) derivanti dalle agevolazioni fiscali offerte a chi partecipa a fondi
sanitari e previdenziali privati. Inoltre, per presentare confronti
internazionali esaustivi, si dovrebbe tener conto anche della spesa privata per
prestazioni di protezione sociale (riguardante soprattutto le pensioni erogate
dai fondi privati e la spesa privata per sanità e assistenza da parte delle
famiglie), dal momento che il finanziamento di tale spesa va a incidere sul
costo del lavoro e sulla competitività di un paese.
Da qualche anno l’Ocse rielabora alcune statistiche relative alla spesa
sociale al lordo e al netto delle componenti private e dell’imposizione fiscale
che consentono di valutare quanto incidano nei confronti internazionali sia i
diversi meccanismi di imposizione e agevolazione fiscale sia il trattamento
riservato agli schemi privati (figura 4, riferita al 2009). Con riferimento
alla sola spesa pubblica lorda (quella solitamente presa in esame nei confronti
internazionale), le differenze fra paesi risultano sostanziali e Stati Uniti e
Regno Unito appaiono come outliers. Tuttavia, l’aggiunta della spesa sociale
privata modifica completamente il quadro e i due paesi Anglosassoni cessano di
apparire parsimoniosi. Infine, i risultati cambiano significativamente se dalla
spesa si sottraggono le entrate fiscali ad essa corrispondenti (in Italia la
quota di quota di imposte dirette sulle prestazioni sociali è molto alta,
inferiore soltanto a quelle della Svezia) e si aggiungono le agevolazioni
fiscali. In particolare, la spesa sociale netta italiana in rapporto al Pil
(25,5%) risulta superiore, e di poco, soltanto a quella spagnola (25,2%) mentre
è di poco inferiore a quella svedese (26,1%) e ampiamente inferiore a quella di
Francia (32,1%), Stati Uniti (28,9%), Regno Unito (27,7%) e Germania (27,5%).
Re: R: Re: R: Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
22 mag 2015 - 18:56
|
|
A:
|
"v."
|
|
CC:
|
"Lagarde, Christine"<CLagarde@imf.org>
|
La ringrazio ma resto del mio parere per i motivi che le ho
spiegato e che non credo siano toccati dai suoi controargomenti. Pero', sarebbe
stato un po' piu' corretto avvertirmi prima della sua intenzione di postare il
dialogo.
Mah! Solo per una questione di principio.
Cordialmente
Carlo Cottarelli
Inviato da iPhone
Mah! Solo per una questione di principio.
Cordialmente
Carlo Cottarelli
Inviato da iPhone
R: Re: R: Re: R: Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
v.
|
22 mag 2015 - 20:05
|
A:
|
||
CC:
|
<clagarde@imf.org>
|
Ha
ragione, chiedo scusa ancora, ma non pensavo che il dialogo si sarebbe
prolungato tanto e così a fondo; né l'argomento e le argomentazioni mi
sembravano tali da impedirne la pubblicazione. E poi anche perché fin
dall'inizio la mia email era indirizzata per conoscenza ad una terza persona.
Per
quanto riguarda l'oggetto del dialogo, io in definitiva ho esposto dei fatti,
difficile non essere d'accordo con dei fatti, e ardisco pensare che nel suo
intimo sia d'accordo che non è corretto tecnicamente, anzi addirittura
strampalato, considerare un'uscita/spesa ciò che è un'entrata/ricavo (le tasse)
o il TFR spesa pensionistica, quando può essere incassato anche decenni prima
del pensionamento.
In
ogni caso, mi auguro possiate (mi perdoni il plurale, ma in questo caso è
d'obbligo) cambiare opinione, come è successo per i moltiplicatori. Anche
perché in questo caso sono fatti al livello di un ragioniere e perfino di
semplice buonsenso e non roba da luminari di Economia.
Cordiali
saluti,
V.
Re: R: Re: R: Re: R: Re: Spesa pensionistica italiana
|
||
Da:
|
22 mag 2015 - 21:08
|
|
A:
|
"v."<
|
Beh. Anche io ho esposto fatti. Comunque let's agree to disagree
cone si dice in questi casi
Inviato da iPhone
Inviato da iPhone
Post, documenti e articoli collegati:
Berlusconi-Sacconi-Salvini-Giannino-Cazzola-Cottarelli,
ecc. vs Monti-Fornero
Dopo
il secondo intervento di Carlo Cottarelli sulle pensioni, al Festival dell’Economia
di Trento, ho inviato questa lettera:
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2833739.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lettera-ai-media-al-governo-al-pd-e-ai.html
Alla
fine del dialogo con Carlo Cottarelli non ho replicato, ma la mia replica la si può cercare e trovare nella
conclusione di questo post:
Informazione, disinformazione
e controinformazione
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2828254.html
Olivier
Blanchard è l’autore della radicale revisione critica del FMI sui moltiplicatori
della spesa e delle tasse e sulle politiche austeritarie.
Blanchard, il nemico numero uno dell'austerity lascia il Fmi
di
MAURIZIO RICCI
23
maggio 2015
http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/05/23/news/blanchard_il_nemico_numero_uno_dell_austerity_lascia_il_fmi-115024052/
Ed
Eurostat, l’OCSE e l’FMI considerano il TFR spesa pensionistica (!).
Trattamento di fine rapporto (da
Wikipedia)
Il trattamento
di fine rapporto, sigla TFR, chiamato anche liquidazione o buonuscita,
è in Italia una porzione di retribuzione al lavoratore
subordinato differita alla cessazione del rapporto di lavoro,
effettuata da parte del datore di lavoro.
Con
il decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 è stata emanata la nuova riforma
della previdenza complementare, regolando la destinazione del TFR ai fondi
pensione complementari, tramite il meccanismo del silenzio-assenso.
Trattamento di fine rapporto (da INPS)
Il Tfr in busta paga è un flop: chiesto da 0,1% dei
dipendenti
La Fondazione
consulenti del lavoro ha analizzato un milione di posizioni e ha scoperto che
solo 567 dipendenti hanno chiesto all'azienda l'anticipo. La norma, in vigore
da aprile, penalizza i redditi oltre i 15 mila euro
30 maggio 2015
Aggiornamento
(24/06/2015):
26/03/2014
06:08
IL
COLLOQUIO
Cottarelli: «Sì, a 59 anni ho
anche la pensione che sommo ai 12mila euro al mese»
Il terzo elemento della Trojka per l’Austerità: pensioni ed assistenza per
i dipendenti del FMI
http://scenarieconomici.it/il-terzo-elemento-della-trojka-per-lausterita-pensioni-ed-assistenza-per-i-dipendenti-del-fmi/
**********
Nessun commento:
Posta un commento