sabato 30 maggio 2015

La malvagia Lady Macbeth


A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 271 del 27-01-13 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
La malvagia Lady Macbeth


@ Giovanni
Interessante lo scritto che hai linkato. Però mi permetto di fare un'osservazione: ho letto le opere di Shakespeare [1] 3-4 anni fa, quasi tutte le tragedie, e concordo con Sigmund Freud [2] che le migliori sono Amleto [3] e Macbeth, [4] alle quali io personalmente aggiungo Romeo e Giulietta. [5] Ma quello che volevo dire è che c'è un personaggio nella tragedia di Macbeth che per me, razionalista, ha un'influenza ancora più concreta e nefasta su Macbeth delle Parche: [6] la moglie, Lady Macbeth, [*] forse il personaggio più cattivo ch'io abbia incrociato nelle mie letture recenti, di cui le terribili Parche sono, non so se consapevolmente o inconsapevolmente nell'autore, presumo di sì poiché egli è un genio, la proiezione simbolica. [**]
Dello scritto riporto alcuni stralci, che hanno valore universale, e che quindi valgono anche per le persone che scrivono in questo forum, quorum ego.

L’autore [7] prende spunto dal Macbeth di Shakespeare per introdurre nel testo il concetto cardine dell’intera trattazione: l’esasperata ricerca da parte dell’uomo di ipersoluzioni comporta inevitabilmente effetti controproducenti.
Ecate, truce dea della fortuna, incarica le tre sorelle fatali, le dee mitologiche del destino, le parche, abbassate qui al “rango” di streghe quale incarnazione realistica e prosaica del male, di provocare la rovina di Macbeth mediante un’ingannevole profezia.

Il consiglio di Watzlawick è semplice: usare quella scheggia di sapienza che è dentro di noi, come strumento di concretezza nella scelta delle soluzioni, evitando quelle troppo radicali. Più dell’effetto vendetta delle cose che si ribellano, dobbiamo temere il nostro atteggiamento verso la perfezione e l’ordine ad ogni costo.

Il testo sottolinea anche che non esiste un’unica visione corretta della realtà: la propria; chi si impaluda in una logica rigida di questo tipo, si persuade di sapere con assoluta certezza cosa c’è nella testa degli altri, non riesce a calarsi nel modo di pensare altrui e finisce con l’applicare ipersoluzioni per dimostrare di avere più ragione dell’altro.

Suggerisce all’uomo la saggezza dell'adesione alla concretezza del presente e dei piccoli passi, il superamento dell’indiscutibile divisione manichea degli opposti, l’atteggiamento conciliante, l’ordine come emergente dal disordine, la pienezza del presente; il ritorno al servizio della negentropia.

PAULWATZLAWICK Di bene in peggio. Istruzioni per un successo catastrofico

[*] Lady Macbeth appare in scena per la prima volta leggendo una lettera del marito che la informa dell'apparizione delle streghe che lo hanno indicato come futuro re di Scozia. Già dalle prime battute si capisce come la donna sia assetata di potere e desiderosa della conquista di un'ambita posizione sociale: conscia del fatto che Macbeth possiede una morale, afferma:
(EN)
« Yet do I fear thy nature;
It is too full o' the milk of human kindness
To catch the nearest way: thou wouldst be great;
Art not without ambition, but without
The illness should attend it: what thou wouldst highly,
That wouldst thou holily; wouldst not play false,
And yet wouldst wrongly win: [...] Hie thee hither,
That I may pour my spirits in thine ear;
And chastise with the valour of my tongue
All that impedes thee from the golden round,
Which fate and metaphysical aid doth seem
To have thee crown'd withal. »
(IT)
« Ma non mi fido della tua natura:
troppo latte d'umana tenerezza
ci scorre, perché tu sappia seguire
la via più breve. Brama d'esser grande
tu l'hai e l'ambizione non ti manca;
ma ti manca purtroppo la perfidia
che a quella si dovrebbe accompagnare.
Quello che brami tanto ardentemente
tu vorresti ottenerlo santamente:
non sei disposto a giocare di falso,
eppur vorresti vincere col torto. [...]
Ma affrettati a tornare,
ch'io possa riversarti nelle orecchie
i demoni che ho dentro,
e con l'intrepidezza della lingua
cacciar via a frustate
ogni intralcio tra te e quel cerchio d'oro
onde il destino e un sovrumano aiuto
ti voglion, come sembra, incoronato. »
(Macbeth, Atto I scena V, traduzione di Goffredo Raponi.[1])

[**] La donna italiana, come scrisse Geminello Alvi sul Magazine Sette (ma non ricordo esattamente la bella espressione), è un'angolosa rompiballe. Io aggiungo che è lamentosa. Noi uomini siamo spesso peggio, ma siamo meno importanti e quindi facciamo meno danni.
Non è solo nelle famiglie di mafia che è la donna che tramanda la cattiveria e l'odio, io penso succeda in tutte le famiglie. Specularmente, è la donna-madre, soprattutto, che dà l'impronta alla prole, nel bene, nelle regole. Il senso civico, la cultura civica dipendono dal padre e dalla madre, ma è la madre che crea le condizioni favorevoli o sfavorevoli. Sarebbe interesse dello Stato incentivare, attraverso la madre, il capitale sociale di una comunità come la nostra, in cui è troppo sviluppato il senso di appartenenza alla famiglia rispetto all'appartenenza alla Nazione, all'intera collettività.


(Tratto dall’archivio dei miei commenti nel forum PD-Obama, 2010)


Nessun commento:

Posta un commento