A causa delle
avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale,
dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko
ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente.
O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli
(orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 393 del
22-10-13 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
E’ giusto preoccuparsi soltanto dei giovani?
Avvocato
19
Un'intera generazione di
giovani rischia il naufragio. Ma la politica guarda altrove
Pubblicato:
22/10/2013 06:00
E’ giusto preoccuparsi soltanto dei giovani? Provo a
fissare alcuni punti dello scenario italiano.
1. Secondo la Banca d’Italia, [1] il gap principale italiano rispetto ai Paesi di confronto è il tasso di attività femminile, in particolare al Sud, dove è pari soltanto ad 1/3 delle donne tra 15 e 64 anni; in nessun altro Paese esiste un divario così elevato tra Nord e Sud (27 punti). L'Italia presenta il maggior tasso di disoccupazione femminile dopo Malta in UE27.
2. Il tasso di disoccupazione dei giovani 15-29 anni raggiunge ormai il 40%, ma esso è calcolato, come avverte l’ISTAT, non sul totale dei giovani, bensì sul numero dei giovani occupati.
3. Gli over 40 rimasti senza lavoro sono stimati in un milione.
4. I lavoratori precari in senso stretto sono tra i 3 e i 4 milioni, ma se si includono le partite IVA più o meno false, essi raggiungono forse i 7 milioni, senza tutele di welfare (RMG, sussidio all’affitto o casa popolare).
1. Secondo la Banca d’Italia, [1] il gap principale italiano rispetto ai Paesi di confronto è il tasso di attività femminile, in particolare al Sud, dove è pari soltanto ad 1/3 delle donne tra 15 e 64 anni; in nessun altro Paese esiste un divario così elevato tra Nord e Sud (27 punti). L'Italia presenta il maggior tasso di disoccupazione femminile dopo Malta in UE27.
2. Il tasso di disoccupazione dei giovani 15-29 anni raggiunge ormai il 40%, ma esso è calcolato, come avverte l’ISTAT, non sul totale dei giovani, bensì sul numero dei giovani occupati.
3. Gli over 40 rimasti senza lavoro sono stimati in un milione.
4. I lavoratori precari in senso stretto sono tra i 3 e i 4 milioni, ma se si includono le partite IVA più o meno false, essi raggiungono forse i 7 milioni, senza tutele di welfare (RMG, sussidio all’affitto o casa popolare).
5. Anche in Germania, nostro Paese concorrente e punto
di riferimento, i cosiddetti lavori minori (mini job) [2] sono arrivati a 7
milioni, con un salario di 400€ mensili, però compatibile col RMG (circa 370€)
e il sussidio all’affitto o la concessione di una casa popolare (c’è un
patrimonio notevole di case popolari).
6. In Italia, invece, l’RMG non esiste (come in Grecia e Ungheria) e, per il niet degli immobiliaristi e dei costruttori edili, nonché la miopia e l’egoismo dei proprietari che temono la svalutazione delle loro case, in alloggi pubblici investiamo da 25 anni 1/30 della Germania, 1/40 della Francia e persino 1/10 della Spagna, l’unico Paese che ci batte per numero di case di proprietà.
7. Studi seri ravvisano ormai una correlazione tra l’incidenza elevata di lavoro precario e il declino del tessuto industriale, con scarsa innovazione di prodotto e di processo e inevitabile enfasi della competitività basata sulla riduzione dei costi.
CONCLUSIONE. La crisi economica dura da 5 anni e perdurerà a lungo; in una situazione siffatta, il nostro Paese rischia di andare a fondo (stanno chiudendo o delocalizzando migliaia di imprese) e c'è bisogno, non di pannicelli caldi, ma di misure incisive e ‘rivoluzionarie’ per evitarlo dell'ordine di 150-200 mld, che, dopo manovre correttive della scorsa legislatura per un ammontare di ben 330 mld, distribuite in maniera molto iniqua (ceti medio e basso ad alta propensione al consumo, e persino sui poveri col taglio feroce della spesa sociale), con pesanti effetti recessivi, vanno presi ai ricchi (gli unici che ora hanno i soldi), mediante un’imposta patrimoniale ed un prestito forzoso sul decile o sulla metà del decile più ricco delle famiglie, a bassa propensione al consumo e perciò con scarsi effetti recessivi (come anche qualche sparuto borghese illuminato propone). [3] Risorse che vanno utilizzate per ridurre l’enorme debito pubblico e i correlati, ingenti interessi passivi (89 mld nel 2012) e per co-finanziare, assieme ad una revisione intelligente della spesa pubblica, la crescita (riducendo le imposte sui redditi bassi per far ripartire la domanda) e indispensabili misure di welfare anticrisi, quali l’RMG e l’edilizia sociale, particolarmente e gravemente disallineati rispetto a UE27.
[1] Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali
“Il dualismo economico italiano, che vede una quota rilevante della popolazione risiedere in un’area molto povera rispetto alla media nazionale, si presenta assai più grave rispetto agli altri paesi con livelli di sviluppo similari e si avvicina invece alle condizioni di disparità che caratterizzano i paesi economicamente meno avanzati” (pag. 430).
“I maggiori divari di reddito che il nostro paese mostra nel confronto internazionale sembrano quindi dipendere per intero dall’anomala dimensione della distanza fra regioni nelle diverse componenti del tasso di occupazione: la quota di forza lavoro occupata e, soprattutto, il tasso di attività della popolazione in età da lavoro. Quest’ultima variabile, in particolare, mostra un divario tra Mezzogiorno e Centro Nord di quasi 27 punti percentuali (Tavola 11), mentre nei paesi di confronto esso è mediamente inferiore a 5 punti” (pag. 435).
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/seminari_convegni/mezzogiorno/2_volume_mezzogiorno.pdf
6. In Italia, invece, l’RMG non esiste (come in Grecia e Ungheria) e, per il niet degli immobiliaristi e dei costruttori edili, nonché la miopia e l’egoismo dei proprietari che temono la svalutazione delle loro case, in alloggi pubblici investiamo da 25 anni 1/30 della Germania, 1/40 della Francia e persino 1/10 della Spagna, l’unico Paese che ci batte per numero di case di proprietà.
7. Studi seri ravvisano ormai una correlazione tra l’incidenza elevata di lavoro precario e il declino del tessuto industriale, con scarsa innovazione di prodotto e di processo e inevitabile enfasi della competitività basata sulla riduzione dei costi.
CONCLUSIONE. La crisi economica dura da 5 anni e perdurerà a lungo; in una situazione siffatta, il nostro Paese rischia di andare a fondo (stanno chiudendo o delocalizzando migliaia di imprese) e c'è bisogno, non di pannicelli caldi, ma di misure incisive e ‘rivoluzionarie’ per evitarlo dell'ordine di 150-200 mld, che, dopo manovre correttive della scorsa legislatura per un ammontare di ben 330 mld, distribuite in maniera molto iniqua (ceti medio e basso ad alta propensione al consumo, e persino sui poveri col taglio feroce della spesa sociale), con pesanti effetti recessivi, vanno presi ai ricchi (gli unici che ora hanno i soldi), mediante un’imposta patrimoniale ed un prestito forzoso sul decile o sulla metà del decile più ricco delle famiglie, a bassa propensione al consumo e perciò con scarsi effetti recessivi (come anche qualche sparuto borghese illuminato propone). [3] Risorse che vanno utilizzate per ridurre l’enorme debito pubblico e i correlati, ingenti interessi passivi (89 mld nel 2012) e per co-finanziare, assieme ad una revisione intelligente della spesa pubblica, la crescita (riducendo le imposte sui redditi bassi per far ripartire la domanda) e indispensabili misure di welfare anticrisi, quali l’RMG e l’edilizia sociale, particolarmente e gravemente disallineati rispetto a UE27.
[1] Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali
“Il dualismo economico italiano, che vede una quota rilevante della popolazione risiedere in un’area molto povera rispetto alla media nazionale, si presenta assai più grave rispetto agli altri paesi con livelli di sviluppo similari e si avvicina invece alle condizioni di disparità che caratterizzano i paesi economicamente meno avanzati” (pag. 430).
“I maggiori divari di reddito che il nostro paese mostra nel confronto internazionale sembrano quindi dipendere per intero dall’anomala dimensione della distanza fra regioni nelle diverse componenti del tasso di occupazione: la quota di forza lavoro occupata e, soprattutto, il tasso di attività della popolazione in età da lavoro. Quest’ultima variabile, in particolare, mostra un divario tra Mezzogiorno e Centro Nord di quasi 27 punti percentuali (Tavola 11), mentre nei paesi di confronto esso è mediamente inferiore a 5 punti” (pag. 435).
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/seminari_convegni/mezzogiorno/2_volume_mezzogiorno.pdf
link sostituito
da:
[2] “Il ruolo del diritto del lavoro e della sicurezza sociale nella crisi
economica. L’esperienza tedesca” di Maximilian
Fuchs
http://www.aidlass.it/convegni/archivio/2013/2013/Fuchs_Aidlass_2013.doc
se il link non è attivo, cliccare qui sotto:
http://www.aidlass.it/convegni/archivio/2013/2013/Fuchs_Aidlass_2013.doc
se il link non è attivo, cliccare qui sotto:
[3] Piano taglia-debito per la crescita
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2792930.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/piano-taglia-debito-per-la-crescita.html
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2792930.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/piano-taglia-debito-per-la-crescita.html
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