sabato 4 aprile 2015

Il Sig. Giulio T. ed il principio di Peter/9/IRI

A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 71 del 04-04-11 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Il Sig. Giulio T. ed il principio di Peter/9/IRI


Lo vedete (cfr. gli articoli allegati) il Ministro incompetente dell’Economia, Giulio Tremonti, come procede imperterrito per la sua strada di inadeguato facitore della politica economica e di sviluppo, da una parte, e di bulimico tessitore di manovre di accaparramento, insieme alla Lega Nord – suo alleato e protettore – dei veri centri nevralgici del potere economico-finanziario, dall’altra?
Nel post/1, ho scritto della sua “pulsione bulimica (potente quasi come quella del suo Capo S.B.) - che nel caso di Tremonti è forse riconducibile al c.d. istinto di proprietà... che caratterizza i bambini fino a 5 anni di età” e concludevo così: “Speriamo di evitare che al "matto" S.B. possa eventualmente subentrare un altro "matto" (beninteso: "Sarà pazzia, ma non manca di logica", Amleto), fors'ancora più incompetente e dannoso”.
Quanto tempo deve ancora passare e quanti danni deve ancora arrecare quest’incompetente al popolo italiano ed alle classi medio-basse (lavoratori, precari, pensionati, disoccupati, inattivi, invalidi, altre categorie a rischio, poveri) prima che riusciamo a mandarlo via, assieme al suo sodale, ancor più incompetente e bulimico, S.B.? 

Una sonora bocciatura della legge di stabilità 2011 di Giulio Tremonti.

L'EDITORIALE
L'insostenibile leggerezza della manovra di Tremonti
di EUGENIO SCALFARI
21 novembre 2010

L'EDITORIALE
La crescita è possibile ma Tremonti non la vuole
di EUGENIO SCALFARI
06 marzo 2011

IL COMMENTO
Un governo fantasma e un paese allo sfascio
di EUGENIO SCALFARI
03 aprile 2011

* * *
Le vicende della Libia, dell'immigrazione, della lunga e sempre più agitata paralisi del Parlamento, dell'intervento ammonitorio del Capo dello Stato, hanno messo in ombra un altro tema che deve invece essere affrontato per quello che è: una sterzata estremamente grave della politica economica verso un intervento sistemico dello Stato nell'economia e nel mercato, in palese contrasto con la legislazione dell'Unione europea. Parlo del decreto promulgato giovedì scorso dal consiglio dei Ministri e voluto da Giulio Tremonti per impedire che un'impresa alimentare francese assuma il controllo della Parmalat.
Se fosse questo il solo obiettivo di Tremonti, potrebbe anche essere accettato sebbene si concili assai poco con l'auspicio più volte ripetuto di un aumento di investimenti esteri nel nostro paese. Siamo il fanale di coda nella classifica degli investimenti esteri rispetto agli altri paesi europei. Ce ne lamentiamo, se ne lamenta il governo, la Confindustria e gli operatori finanziari e imprenditoriali, ma quando finalmente qualcuno arriva dall'estero per investire i suoi capitali in iniziative italiane viene preso a calci e rimandato indietro dimenticando che oltre di essere cittadini italiani siamo anche cittadini europei. Il mercato comune non è nato per abolire frontiere e consentire il libero movimento delle merci, delle persone e dei capitali?
Ma Tremonti ricorda  -  ed ha ragione di farlo  -  che la Francia protegge la nazionalità delle imprese ritenute strategiche e quindi  -  sostiene il ministro  -  se lo fa la Francia perché non può farlo l'Italia? Difficile dargli torto. Bisognerebbe sollevare il tema nelle sedi europee e speriamo che venga fatto, per ripristinare il funzionamento del libero movimento degli investimenti contro ogni protezionismo. Comunque, su questo tema, Tremonti per ora ha ragione. Senonché...

Senonché la questione Parmalat è soltanto un pretesto o perlomeno un caso singolo dentro un quadro assai più ricco di possibilità. Infatti il testo del decreto non dice affatto che l'obiettivo è la difesa dell'italianità delle aziende nazionali. Dice un'altra cosa: autorizza la Cassa depositi e prestiti (di proprietà del Tesoro al 70 per cento) ad intervenire in caso di necessità per finanziare aziende ritenute strategiche per fatturato o per importanza del settore in cui operano o per eventuali ricadute sul sistema economico nazionale. Il caso Parmalat rientra in questo elenco ma non lo esaurisce perché il decreto va molto più in là. Praticamente resuscita l'Iri di antica memoria rendendo possibile che lo Stato prenda il controllo delle imprese che abbiano requisiti ritenuti strategici dal governo (da Tremonti) nella sua amplissima discrezionalità.
Tutto ciò avviene per decreto. Dovrà essere convertito in legge ma intanto produrrà effetti immediati sul mercato. Ma se il decreto non fosse convertito in legge? è realistico pensare che il governo, per evitare che quest'ipotesi si avveri, chieda per l'ennesima volta l'ennesima fiducia. Ma se in sede europea quella legge fosse bocciata in quanto aiuto indebito dello Stato ad un'impresa, vietato dalla legislazione comunitaria?

Ho detto prima che la Parmalat è un pretesto. Infatti il vero obiettivo di Tremonti è di far entrare lo Stato non soltanto nelle aziende che hanno necessità di finanziamento ma direttamente nel sistema bancario. In particolare nelle cosiddette banche territoriali: le banche popolari, le banche cooperative, le Casse di risparmio. Quelle più a corto di capitali, quelle alle quali la Lega guarda con occhi avidi, quelle che procurano voti, organizzano interessi e clientele. Una rete immensa di sportelli, di prestiti, di mutui. Di fatto la politicizzazione del credito.
È una delle più gravi malattie la politicizzazione del credito. Il decreto di giovedì scorso ne segna l'inizio. Che cosa ne pensano i partiti d'opposizione? Che cosa ne pensa il governatore della Banca d'Italia? Che cosa ne pensa il Quirinale?
La politicizzazione del credito è un altro modo per deformare la democrazia, forse il più insidioso insieme al monopolio dell'informazione. Chi può manipolare le notizie e il danaro è il padrone, il raìs, il Capo assoluto, circondato da una clientela enorme e solida. Inamovibile. O ci si arruola o se ne è esclusi. La clientela vota. Chi spera di entrarci se ancora non ne fa parte, vota nello stesso modo.
La chiamano democrazia ma in realtà è soltanto un grandissimo schifo
. 

AL FORUM AMBROSETTI
Tremonti a Cernobbio: «Ci vorrebbero la vecchia Iri e la grande Mediobanca»
«Competizione fra giganti e noi facciamo spezzatini»
02 aprile 2011

Finanza&Potere di Giuseppe Oddo

3 aprile 2011 - 14:21
Parmalat, purché non diventi un altro Iri


Infine, ho cercato questo vecchio articolo che lessi all’epoca sulla privatizzazione dell’IRI e sull’unica voce importante, a parte gli alti dirigenti dell’IRI, che vi si oppose (ho sostituito il nome con un omissis):

(omissis) RIFA' IL LIBRO VERDE
19 febbraio 1993 —   pagina 45   sezione: ECONOMIA
ROMA - Accusato di capeggiare il partito di quanti frenano il processo di privatizzazioni, il ministro dell' industria (omissis) ha inviato ieri al presidente del Consiglio Amato il documento contenente "le linee-guida per il rilancio ed il rafforzamento del sistema produttivo italiano". E' in pratica un nuovo Libro verde, nel quale il ministro dell' Industria - a conferma di una sua visione assai personale delle vicende dell' economia - propone e rilancia idee in buona parte diverse da quelle del governo. Si tratta di 115 cartelle, con dati ed analisi che dicono sostanzialmente tre cose: 1) saranno rispettati tempi e modalità del piano di dismissioni; 2) il processo sarà un fatto radicale e risolutivo con immissione sul mercato di aziende robuste e risanate finanziariamente; ovvero, per restare alle parole del ministro, la privatizzazione sarà "globale, immediata ed effettiva"; "nessuna operazione gattopardesca" spiega (omissis): "il sistema futuro non potrà che essere privato, interamente privato, ma nazionale e forte...". 3) dalla vendita dei suoi gioielli lo Stato potrà introitare, entro i prossimi quattro anni, novantamila miliardi. Cosa sarà ceduto? Finmeccanica, Stet, Comit, il 33% della Banca di Roma, Iritecna, Fincantieri, Finmare, e Alitalia possedute dall' Iri. Enichem, Enirisorse e tutte le società che operano nel settore degli idrocarburi, possedute dall' Eni. Bnl, Imi e Ina controllate Tesoro. Prima di essere vendute alcune di queste società dovranno però essere rimesse in sesto. Le società malate E (omissis) fa un primo elenco di società "malate" che "richiedono assistenza": Ilva, Italtecna, Fincantieri e Finmare del gruppo Iri; Enirisorse e alcuni comparti della chimica del gruppo Eni. Con quali soldi intervenire? "Le risorse - avverte (omissis) - dovranno essere trovate all' interno dello stesso processo di privatizzazione". C' è poi un secondo elenco e riguarda le imprese che per le dimensioni raggiunte necessitano di un sostegno che non solo salvaguardi la loro esistenza, ma le ponga in grado di affermarsi e rafforzare, previa ricapitalizzazione, la quota di mercato detenuta. Per queste ultime le prospettive sono due: rafforzamento obbligatorio o "inesorabile declino". Ed ecco l' elenco delle società a rischio di estinzione: Enichem, "giunta ormai ad un punto critico", Finmeccanica, Italtel. Per quanto riguarda Enichem il ministro spiega nel documento che la soluzione ideale sarebbe quella di una "fusione con Himont e Snia". Non avendo però l' Eni i soldi per acquistare gli altri due gruppi, dovranno essere questi ultimi a fare l' offerta per arrivare alla creazione del vero "polo chimico nazionale". Così com'è l' Enichem probabilmente non la comprerebbe nessuno, dice il ministro, il quale spiega che per essere "accettata e acquistata dal mercato" la società dell' Eni "dovrà ricapitalizzarsi per almeno diecimila miliardi". Come? "La soluzione va ricercata - dice (omissis) - dotando la società, in aggiunta ai mezzi liquidi di sua competenza, di una quota di partecipazione in Eni" che opportunamente venduta garantirebbe appunto la necessaria ricapitalizzazione. Finmeccanica e Italtel. "La prognosi non può che essere molto preoccupata" avverte (omissis). E anche per Fabiani e Randi "la soluzione corre sui binari analoghi a quelli già indicati per la chimica". Ovvero servirebbero altri diecimila miliardi ma soprattutto un nuovo e più robusto "contenitore" che dovrebbe vedere insieme imprese manifatturiere, banche e assicurazioni le cui potenzialità finanziarie costituirebbero "l' efficace polmone in grado di assicurare la valorizzazione e lo sviluppo delle attività manifatturiere". Insomma, (omissis) continua ad essere affezionato alle super-holding. Alla Stet invece riserva una sorte più nobile. Essendo forte in quanto beneficiaria di un regime di monopolio che la premia, la holding di Agnes dovrà scegliere una propria autonoma strategia puntando su eventuali accordi internazionali. In alternativa finirà anch' essa nel "contenitore". Ed eccoci alle banche, il piatto più ricco ed interessante per il mercato. "Rilevanti nel contesto italiano" - dice (omissis) - Imi, Ina, Bnl Comit e Banca di Roma nel quadro internazionale diventano ben poca cosa. Collocarle individualmente sul mercato a giudizio del ministro dell' industria sarebbe un "errore madornale"; meglio perciò un megacontenitore in compagnia di Stet-Italtel, Finmeccanica e Alitalia. Sulla holding-culla il ministro dunque insiste e rilancia. (omissis) non intende abbandonare la vecchia strada delle sinergie tra banche e imprese. E cosa si offrirebbe ad eventuali acquirenti? "Un gruppo con un netto patrimoniale di 35 mila miliardi il cui valore di mercato sarebbe sensibilmente superiore" dice (omissis). Sarebbero inoltre quattro, gli obiettivi dichiarati di questa operazione: "1) provvedere alla costituzione di un gruppo bancario nazionale che si collochi ad un adeguato livello di competizione mondiale; 2) valorizzare la trasformazione di Ina in società di diritto privato operante in concorrenza sui mercati nazionali ed esteri; 3) assumere la responsabilità dello sviluppo dei comparti manifatturieri di Finmeccanica e Italtel; 4) costituire infine un centro finanziario in grado di dare adeguato supporto a settori industriali rilevanti per il sistema a cominciare dalla chimica". Le scatole cinesi Ma questa mega-conglomerata sarebbe accettata dalla Borsa, da sempre contraria alle scatole cinesi? (omissis) si pone l' interrogativo e risponde: "Il mercato vuol vedere se con una società di guadagna o si perde". Il nodo obiettivamente esiste - dice il ministro - ma non sono mancate attestazioni circa la fattibilità dell' operazione e segnali di interesse a collaborarvi da parte di circoli finanziari internazionali di primaria importanza". In Francia ed in Inghilterra, dopo accordi per la costituzione di "nuclei duri" di controllo (magari con il ricorso a patti di sindacato garantiti dallo Stato che conserverebbe comunque il 25%) hanno fatto così, spiega il ministro dell' industria, lasciando ovviamente intendere che l' Italia potrebbe adottare soluzioni analoghe. Dopo la vendita e la ristrutturazione delle aziende di Stato quale scenario di riferimento resterebbe in piedi? "L' Iri nella soluzione che si propone - spiega (omissis) - è nella sostanza destinato a sparire". Del tutto opposta la sorte dell' Eni che abbandonata la chimica e le miniere resterebbe come "il principale gruppo industriale italiano dove lo Stato attraverso il Tesoro potrebbe mantenere un 20-25% della quota di controllo azionario". Sistemate le vecchie holding pubbliche, "a regime", conclude il documento di Guarino l' Italia farà i conti con tre gruppi "vigorosi, conformati in modo da potersi confrontare con la concorrenza internazionale": il Bam, ovvero il gruppo bancario assicurativo manufatturiero; il gruppo chimico e l' Eni. "Tre colonne portanti" dice il ministro che potrebbero diventare un poker d' assi non appena l' Enel, "una volta chiariti i problemi tariffari e organizzativi interni" costituirà un investimento tra i più appetibili". - di ENZO CIRILLO

Indovinate chi si nasconde al posto degli omissis. Si potrebbe pensare, vista la sua ultima esternazione, che si tratti del ministro Tremonti, invece si tratta del Prof. Giuseppe Guarino. Che io ricordi, non mi risulta che il sedicente socialista e Reviglio-boy Tremonti allora si sia espresso contro. A ulteriore dimostrazione che Giulio Tremonti, come al solito, arriva in questo caso 20 anni dopo, ma col suo tono professorale intriso di disprezzantropia dà sempre l’impressione che l’abbia detto o fatto per primo, e tutto allo scopo - da abile giocatore delle 3 carte - di fare ammuina e stornare l’attenzione dai suoi veri obiettivi. Che poi è uno soltanto: fagocitare potere, che poi è incapace di gestire.
Faccio una proposta: perché non gli rivolgiamo tutti insieme un “pensierino”?



Appendice

I due compari Bossi e Tremonti in azione anche in RAI:

Tremonti-Lega anche in Rai, Masi isolato
Niente nomine a viale Mazzini, per il direttore generale l’ultima figuraccia.
Alessandro Allievi  2 aprile 2011
link sostituito da:

A smentire Tremonti, ricavo da PROTEO – “Lo Stato delle privatizzazioni”
Rita Martufi

 “Ed ancora: il Ministro dell’economia Giulio Tremonti sostenendo che “Nello Stato c’è ancora molto da vendere” si è detto favorevole ad accelerare il processo delle privatizzazioni sostenendo che il Governo pensa di realizzare nelle legislatura corrente oltre 120.000 miliardi”


A smentire Tremonti, ricavo da “Radio Radicale”:

Iri: «Privatizzazione in Europa» (con Tremonti, Prodi, Megginson)
Inventario e prospettive di Giulio Tremonti
Altre parole da Giulio Tremonti. Il ministro dell'Economia e finanze assicura che «il governo intende procedere nelle privatizzazioni secondo quanto delineato nel Dpef e nel patto di stabilità».
In particolare, Tremonti insiste sul fatto che il processo di privatizzazioni non si riduce alla sola cessione di pacchetti azionari in mano pubblica. Se così si pensasse sarebbe - osserva Tremonti -come «scambiare la parte per il tutto».
In realtà, le privatizzazioni rappresentano un processo molto più articolato che, per esempio, comprende «la mutazione della forma giuridica da ente a società per azioni». «Questo - rileva l'esponente della Casa delle Libertà - realizza in sé un patrimonio di valori privatistici in termini di etica, struttura di bilancio e di efficienza». Un caso concreto è la traformazione dell'Anas in società per azioni.
In poco meno di venti minuti Tremonti cita moltissime forme. Dalla eliminazione degli enti inutili alla esternalizzazione dei servizi, dalla cessione degli stock immobiliari alla creazione di nuove società, come la Infrastrutture Spa.


La partita solitaria di Tremonti
Raffaella Cascioli  5 aprile 2011
[…] Anche sul piano interno è un Tremonti “nonostante tutto” quello che tira le fila di una legislatura a dir poco senza timone.
Che decide in base a logiche premianti di “salvare” Parmalat dopo che non aveva speso nemmeno una parola per Alitalia, di prorogare le multe sulle quote latte o di aumentare le accise sulle benzine, gonfiando di fatto le casse dello stato, per finanziare il fondo unico per lo spettacolo tagliato selvaggiamente in precedenza dallo stesso ministro.
È un Tremonti che ha commissariato tutti i colleghi, che li ha resi finanziariamente dipendenti, che ha di fatto imbavagliato il ministero dello sviluppo economico, con Scajola prima e con Romani adesso.
E ora che Scajola è tornato a battere un colpo sostenendo che il tema centrale al momento è quello di riuscire «a governare il paese mettendo in campo tutti gli strumenti per dare più forza all’attuazione dei programmi », Tremonti accarezza l’idea di un ritorno dell’Iri e della Mediobanca di Cuccia, salvo poi affrettarsi a smentire di essere un nostalgico del colosso di via Veneto. Tant’è, però, che se, almeno a parole, nega di sentire il bisogno di ricreare l’Iri, non c’è dubbio che le partecipazioni statali piacciono al ministro.
Sulle privatizzazioni si lascia andare a una battuta al vetriolo: quelle dei primi anni ‘90 «sono state fatte male e gestite peggio» . E poi confonde le date e parla di Telecom, la cui vendita non è certo dei primi anni ‘90. Sembra dimenticare, SuperGiulio, che a livello finanziario le privatizzazioni avviate tra il 1993 e il 1999 hanno portato nelle casse dello stato 152.000 miliardi di lire, quasi l’otto per cento del Pil dello stesso periodo. Sembra aver rimosso che è proprio in quel periodo che l’Italia ha avuto un’accelerazione non solo in termini di risanamento ma anche di normativa: lo stato non più padrone ma regolatore. Ed ancora, è proprio in quegli anni che si ridisegna la geografia del sistema bancario italiano che da foresta pietrificata e in parte pubblica si trasforma e si fortifica al punto da resistere meglio di altri alla crisi finanziaria che si è abbattuta ormai quasi tre anni fa anche sul mondo del credito europeo.
Tanto che lo stesso ministro ha potuto dire che l’Italia ha resistito meglio di altri alla crisi visto che il bilancio tricolore non si è dovuto assumere l’onere di salvare istituti di credito.
È un ministro che si sottrae alle luci della ribalta ma che prende le decisioni che contano.
A cominciare dalle nomine delle società pubbliche per le quali fino all’ultimo si è battuto per imporre in ruoli chiave uomini più vicini alla Lega che non al Pdl. E poco importa che la scossa dell’economia non ci sia stata, su quella la faccia che appare agli italiani in fondo è quella di Berlusconi...
link sostituito da:


Il ministro incompetente dell’Economia, Giulio Tremonti, del tutto indifferente ed inattivo di fronte alla situazione di sostanziale stagflazione (= stagnazione+inflazione), alla crisi economica ed occupazionale (v. da ultimo i dati della CIG diffusi ieri dall’INPS) e al destino di fame che investe tantissime città e paesi e milioni di Italiani, si preoccupa di soddisfare i “desiderata” della Lega Nord e della Moratti, sindaco (uscente), e di correre in aiuto della città più ricca d’Italia.
E’ scandalosa, di questo ministro (e dell'intero attuale gruppo di centrodestra al potere) l'improntitudine oltre all'incompetenza!

IL CASO
"Sgravi fiscali per chi investe a Milano" l'ultima tentazione del ministro Tremonti
La proposta, destinata a far discutere, è stata lanciata durante il Salone del risparmio nel capoluogo lombardo: "Una manovra per un tempo limitato". L'appello della Moratti
Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti
Un regime fiscale di favore per attrarre le imprese della finanza a Milano. E' la proposta lanciata dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al termine del suo intervento al Salone del risparmio di Milano. "L'idea per le attività della finanza - ha detto il ministro - è di applicare a Milano regimi di favore fiscale che ci sono per esempio in Irlanda, per un po' di tempo e a determinate condizioni". Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, presente al Salone, ha proposto "una Imu al ribasso per attrarre sgr e investitori esteri".
(
continua/1)
(segue/2)
La proposta del ministro Tremonti, che strizza l'occhio al popolo leghista, arriva peraltro in piena campagna elettorale per le comunali di Milano. Moratti insegue il bis e la conferma non sembra affatto scontata, a giudicare dai sondaggi sui consensi per il candidato sindaco del centrosinistra Giulano Pisapia. A confermare le difficoltà del sindaco uscente c'è anche la discesa in campo del premier Silvio Berlusconi, che guiderà la lista del Pdl e il cui impegno diretto nella competizione milanese era stato escluso in un primo momento dal suo entourage.


Berlusconi-Tremonti: due buffoni bulimici e incompetenti.

QUANDO LA POLITICA SI RIDUCE AL PURO ANNUNCIO, PUO’ ACCADERLE DI DIRE TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO NEL GIRO DI POCHI GIORNI
Editoriale telegrafico per la Newsletter n. 146, 4 aprile 2011
31 gennaio 2011 - Con una lettera al Corriere della Sera il Presidente del Consiglio preannuncia una “frustata liberalizzatrice” che rimetterà in moto l’economia nazionale. Dovrebbe consistere, niente meno, in una modifica dell’articolo 41 della Costituzione, volta a vietare drasticamente ogni ingerenza dello Stato nell’economia.
1° aprile 2011 – Il ministro dell’Economia proclama la propria nostalgia per l’IRI e per il ministero delle Partecipazioni Statali, preannunciando che la Cassa Depositi e Prestiti diventerà il nuovo strumento operativo dello Stato nell’economia.
Solo un dubbio: il pesce d’aprile è il primo o il secondo?
Post scriptum - Considerato che il Governo sta facendo tutto il possibile per tenere in vita Alitalia con la respirazione bocca a bocca, tra l’altro negando senza motivo gli spazi aeroportuali alle maggiori compagne straniere e perpetuando il monopolio sulle rotte Milano-Roma e Torino-Roma; che lo stesso Governo sta altresì operando per conservare il monopolio di fatto del servizio postale, anche dopo la sua cessazione formale, avvenuta il 31 dicembre 2010 per effetto di una direttiva europea; che un mese fa sono stati vietati con una apposita legge gli sconti sui libri; che la riforma dell’avvocatura è stata data in appalto al Consiglio Nazionale Forense; che è stato ripristinato il monopolio delle farmacie per la distribuzione dei farmaci da banco; che il Governo continua a opporsi alla separazione della produzione del gas dalla rete di distribuzione, indispensabile per la liberalizzazione del settore; che, come per Alitalia, il Governo è tornato ad alzare barricate contro l’attentato straniero all’”italianità”  di Parmalat; tutto questo considerato, temo proprio che il vero pesce d’aprile sia quello del 31 gennaio.


Bersani dà lo stop al bulimico Tremonti:

Nuova Iri e fisco agevolato per Milano. Bersani contro Tremonti
''Se Tremonti pensa di far passare un decreto che rifà qualcosa di simile all'Iri, si sbaglia di grosso. Ci troverà qui in Parlamento''.
Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, rispondendo ai cronisti a Montecitorio ha annunciato la netta opposizione del Pd ad un eventuale repley dell'Iri adombrato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
E Bersani per sottolineare ancor di più la contrarietà ha ricordato una frase che Dumas fa dire al cardinale Richelieu nei 'Tre moschettieri': ''Il latore della presente ha fatto quel che ha fatto per volonta' mia e per il bene della nazione''.
 ''Se (Tremonti) pensa - ha aggiunto Bersani - di fare una struttura pubblica che risponde al messaggio 'fai quel che ti dico io', si sbaglia di grosso''.
Il leader dei Democratici ha infine  bocciato un’altra proposta del ministro del Tesoro: un regime fiscale agevolato per il Comune ei Milano. Bersani ha detto: ''Di invenzioni una al giorno ma di fatti uno ogni dieci anni. Basta invenzioni!''.



Puntate precedenti:

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