A causa delle avarie frequenti della
piattaforma IlCannocchiale, dove - in
4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko
ha totalizzato finora quasi 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla
gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i
vecchi post a fini di archivio,
alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 143 del 12-06-12 (trasmigrato da
IlCannocchiale.it)
Il Caso di P.:
interpretazione di un incubo/1/Antefatto
Il caso di P.: interpretazione di un incubo/1/Antefatto
Inizio da oggi la pubblicazione a puntate di un lungo
carteggio, intercorso l'anno passato, all’inizio in un blog e poi privatamente,
tra il sottoscritto e una donna, di nome P., avente ad oggetto l’esposizione e
l’interpretazione di un sogno – un incubo ricorrente, forse il peggiore - che
P. ha fatto per una quarantina d’anni.
“Antefatto”.
V******_38 26
giugno 2011 alle 10:15
@vincesko, post del 25 giugno 2011 alle 01:54
Si sente distintamente lo stridio delle unghie che tentano di far presa
sugli specchi sui quali ti stai arrampicando.
Non sembra affatto che l’intuito secondo l’accezione “vincesko” coincida con quello dell’accezione “Bergson”. L’intuito di vincesko offre sempre risposte corrette che la razionalità non sarebbe in grado di dare, quello di Bergson è la conseguenza delle straordinarie capacità associative del cervello, ma non produce un sapere superiore (e men che mai certo), semplicemente può aiutare a formulare ipotesi, che poi devono, necessariamente, essere sottoposte alla critica razionale.
Se aspiri a ricoprire un ruolo di moderno Rasputin, non hai bisogno di invocare alcuna autorità. Ti basta aprire uno studio da chiromante. Investimenti minimi, successo assicurato, considerato il livello medio della cultura diffusa dai media. Non è questo che vuoi, alla fine?
Non sembra affatto che l’intuito secondo l’accezione “vincesko” coincida con quello dell’accezione “Bergson”. L’intuito di vincesko offre sempre risposte corrette che la razionalità non sarebbe in grado di dare, quello di Bergson è la conseguenza delle straordinarie capacità associative del cervello, ma non produce un sapere superiore (e men che mai certo), semplicemente può aiutare a formulare ipotesi, che poi devono, necessariamente, essere sottoposte alla critica razionale.
Se aspiri a ricoprire un ruolo di moderno Rasputin, non hai bisogno di invocare alcuna autorità. Ti basta aprire uno studio da chiromante. Investimenti minimi, successo assicurato, considerato il livello medio della cultura diffusa dai media. Non è questo che vuoi, alla fine?
Vincesko 26
giugno 2011 alle 16:10
@ V******_38
Stridio e immaginazione
Lo stridio
sugli specchi è frutto della tua immaginazione e sta per desiderio
autodifensivo.
Pesanti bardature filosofiche e
culturali.
Mannaggia,
mi tocca pure precisarlo… Le tue pesanti bardature razionali ti fanno anche
prendere le affermazioni dell’interlocutore alla lettera? Premesso che sono
meridionale ma non sono siciliano (cfr. Il
Gattopardo) e quindi non mi credo un padreterno perfetto ed infallibile,
neanche quando uso il mio intuito… pressoché infallibile, è evidentemente
un’esagerazione dialettica.
Bergson [1]
Volevo
scriverlo prima, ma me lo sono tenuto per un’eventuale replica: aggiungo ora
che non sono d’accordo con Bergson, in un certo senso sono andato oltre
Bergson, quando egli distingue tra “intelligenza” ed “intuizione”. Io ho
scritto che avevo letto dopo quello che ho riportato, infatti l’ho scritto
facendo l’autoanalisi, di ciò che capita a me, che, ripeto, è questo: di fronte
ad un problema, la parte intuitiva del mio cervello è (quasi) sempre più
sveglia e veloce della parte raziocinante, che costringe a faticose, talora
lunghe rincorse, e talvolta rimane… offesa perché, pur avendo essa intuito
subito l’interpretazione, anche e soprattutto quando sottintende – diciamo così
- un’incongruenza logica, rimane inascoltata ed anzi sospettata di incapacità.
Associazioni mentali
La mia
intelligenza intuitiva si avvale sempre sia delle associazioni mentali
(l’intelligenza, diceva il grande Beniamino Placido, [2] è connettere, nel senso di riuscire a legare cose diverse e lontane),
che sfruttano molto l’esperienza di vita (anche la mia memoria è di tipo
associativo, non ritentivo o fotografico), sia della capacità logica. Pensa,
fin da piccolo, se ascolto o leggo, in un discorso anche complicato o persino
incomprensibile per me, un’incongruenza logica, mi suona nella testa un campanello, confermato poi – sempre –
dall’analisi razionale successiva. Come pure, mi è capitato di dover
selezionare centinaia di persone, dopo un po’ riesci automaticamente a
intuire-inferire da dettagli delle risposte o del comportamento il carattere
della persona, anche contro tutte le altre evidenze. Che è un mix di capacità
intuitiva (che arriva prima) e di capacità raziocinante. Ma presumo non capiti
solo a me.
Si può dialogare e giocare col
proprio cervello?
Non so a te,
ma a me capita (anche per tenere sotto controllo i miei dèmoni), similmente ad
un personaggio di Saul Bellow [3] (Tu As
Raison Aussi), di far colloquiare la parte razionale con la parte intuitiva
del mio cervello, con la quale instauro veri e propri dialoghi.
In un gioco
simile intuitivo-razionale (l’ho già raccontato in “Scemeggiate televisive”),
nel 1998, “guidato” dal mio “maestro” Auguste Dupin, [4] riuscii a scoprire
l’autore di un omicidio (colposo), un pirata della strada, tornato in incognito
sul luogo dell’incidente, dove assieme a molti altri ero rimasto bloccato per 2
ore, in attesa del medico legale.
Si può vedersi morire in sogno? [5]
Saltando di pala in frasca (ma fino a un certo punto), io non so quanti
frequentano questo blog, ma sono sicuro che nessuno di loro (ma sarebbe
interessante saperlo) si è mai visto
morire in sogno. Anche nei sogni più perigliosi, arrivati all’estremo
limite, la mente si ritrae immancabilmente. A me è capitato invece di vedermi morire in sogno. L’ho raccontato
a pochissimi; è la prima volta che ne scrivo. Tu avrai sicuramente letto
“L’interpretazione dei sogni” di Freud [6] e quindi saprai ch’egli interpreta i
sogni come realizzazione di un desiderio, del giorno prima. Per cui, egli
affermava anche – ed è vero – (ed è il motivo del sogno ricorrente della
“signora benpensante”: essere importunata da uno stalker…) che è possibile
creare, provocare i propri sogni (io ci riesco benissimo). Memore del
meccanismo onirico, per una questione di bisogno fisiologico da soddisfare
s’instaurò nella mia mente un terribile conflitto tra il desiderio di
continuare a dormire e la necessità di svegliarmi. Per superare la resistenza,
espressa a voce, della parte “cosciente” del meccanismo - diciamo così -,
un’altra parte della mia mente creava ad arte delle immagini sempre più
terrorizzanti (che vengono attinte dal nostro magazzino ricordi, ad esempio
l’immagine di una tigre, oppure di una pantera nera - in cui simbolicamente si
trasforma una donna apparentemente seduttrice-sedotta, ma arrivata al dunque
compulsiva divoratrice di uomini - di un terribile film americano in bianco e
nero: chissà perché le immagini più terribili sono sempre al femminile…), ma
invano. Ed allora, per vincere la competizione e forse sentendosi sfidata dalla
frase ripetuta ogni volta (“No, dai, so che lo fai apposta per svegliarmi”),
essa ricorse all’arma letale: mi fece morire (cosa che non era mai successa
prima). Il mio corpo (l’immagine fu presa, credo, da “Ghost-Fantasma” [7]) fu
annichilito, letteralmente si smaterializzò, si dissolse. Ed in sogno – evento,
penso, più unico che raro – a causa, credo, del sentimento di angoscia estrema che
si prova vedendosi morire, in un attimo, si attivò il meccanismo che la natura
pietosa ha messo a nostra disposizione quando moriamo: quello di salire in alto e di osservare la
scena come semplice spettatore. Soltanto qualche anno dopo lessi su “Mente
& cervello” [8] l’episodio della signora che, mentre veniva operata, da
sveglia, al cervello, aveva vissuto la stessa esperienza di vedersi dall’alto,
poiché il chirurgo aveva inconsapevolmente toccato il punto del cervello sede
del meccanismo.
[1] Henri Bergson (da Wikipedia)
Pensiero di Bergson (da Wikipedia)
Intelligenza e intuizione
Bergson è stato accusato di preferire l'irrazionale per una sua sfiducia
nella razionalità. In vero egli riconosce la funzione dell'intelligenza
come strumento di conoscenza ma si rifiuta di pensare che questo debba essere
l'unico strumento del sapere.
L'intelligenza è sempre diretta all'azione, al risultato: è come, dice
Bergson, le forbici di un sarto che ritagliano
di un intero tessuto, quella parte che serve a confezionare l'abito. Siccome
l'intelligenza è soprattutto analitica, essa poi procederà a ritagliare, ad
analizzare, quella parte del reale che ha preso in considerazione: così come
farà il sarto per fare le maniche del vestito.
Ma il sarto prima di tagliare la stoffa l'ha considerata nel suo insieme,
nella sua completa unitarietà: questa è la funzione dell'intuizione («la simpatia per la quale ci
trasportiamo all’interno di un oggetto» in "Introduzione alla
Metafisica") che precede ogni atto analitico dell'intelligenza ma che è
anch'essa una forma di conoscenza. Ma ora sorge la questione: che rapporto c'è
tra le due forme conoscitive, intuizione e intelligenza? Non è possibile
stabilirlo teoricamente, è come se si volesse
imparare a nuotare prima di nuotare: solo gettandosi in acqua s'imparerà a
nuotare.
Ancora una volta siamo di fronte ad un
"misto" dualistico di intuizione-intelligenza che rimanda al dualismo
fondamentale tra spirito (intuizione) e materia (l'intelligenza analitica
che mira alla realtà, le forbici del sarto). È con l'intuizione che possiamo
cogliere gli errori che l'intelligenza ha fatto nel definire i problemi che vuole risolvere, così come il sarto si accorgerà di non
poter fare il suo vestito poiché ha mal calcolato la stoffa che gli serviva. Il
tentativo di ridurre lo spirito alla materia o viceversa, rifiutando la
coesistenza delle due forme di conoscenza ha impedito al pensiero occidentale
di capire la parzialità della conoscenza intellettiva analitica.
[2] Beniamino Placido (da Wikipedia)
[3] Saul Bellow
[4] Auguste Dupin
“I delitti della Rue Morgue”, di Edgar Allan Poe
[5] “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud
L'interpretazione dei sogni, pubblicato in tedesco nel 1899 con il titolo Die Traumdeutung (ma datato 1900 per enfatizzarne il
carattere di lavoro epocale), è una delle opere di Sigmund Freud che sta alla base degli ulteriori sviluppi del pensiero del fondatore
della psicoanalisi.
Essa segna il passaggio del metodo psicoanalitico, per accedere ai contenuti
inconsci della psiche, dalla semplice tecnica della libera associazione di idee al nuovo metodo che
privilegia direttamente l'attività onirica, che di per sé nullifica o almeno
limita considerevolmente l'attività censoria della ragione.
All'uscita di quest'opera il sogno era relegato ai margini degli interessi
psicologici e gli veniva negata addirittura una qualsiasi validità psichica;
ciò aiuta a comprendere quanto il volume freudiano fosse rivoluzionario,
accolto parimenti con interesse e con sprezzanti critiche dal panorama
culturale e scientifico dell'epoca.
Freud dunque preparò un volume poderoso, quasi a voler anticipatamente
rispondere alle critiche che inevitabilmente sarebbero venute. In uno degli
ultimi capitoli, il settimo, il medico viennese ipotizzò inoltre un modello
psichico che riuscisse a spiegare il meccanismo della "formazione
onirica", come via regressiva del pensiero verso la percezione.
Contenuto manifesto
Si definisce contenuto manifesto quella parte del sogno che viene
raccontata al risveglio da parte del sognatore; in sostanza, la storia e gli
elementi del sogno per come vengono espressamente ricordati dal sognatore. Gli
elementi che compongono tale "storia" sono simbolici, e devono essere
interpretati analiticamente per poter arrivare al significato
"profondo" del sogno stesso. Freud ha individuato, elencato ed
analizzato tutta una serie di regole secondo cui i sogni si formano, oscurando
i contenuti inconsci e permettendo loro, così camuffati, di arrivare alla
coscienza. Utilizzando quelle stesse regole è possibile decriptare il sogno
partendo dal contenuto manifesto (cioè dal racconto del sognatore).
Contenuto latente
Si definiscono contenuto latente di un sogno quei contenuti mascherati
dagli elementi simbolici che vengono indicati col termine "contenuto
manifesto". Attraverso l'interpretazione analitica dei simboli contenuti
nel sogno si riesce ad arrivare alla ricostruzione dei contenuti inconsci che,
altrimenti, non potrebbero apparire alla coscienza.
Le leggi che regolano i
sogni
Sigmund Freud fu il primo a formulare una teoria dei sogni che poteva aiutare nell'interpretazione di
questi ultimi. Per Freud vi erano una serie di leggi che regolavano la
formazione del contenuto manifesto di un sogno. Capendo come si formavano i
sogni era possibile, usando le stesse leggi, decriptarne il contenuto latente.
Tali leggi sono:
Condensazione È il collegamento tra
elementi che nella veglia sarebbero scollegati. Quindi ogni elemento manifesto
del sogno rappresenta o può rappresentare una quantità di elementi latenti.
Spostamento È l'attribuzione di un
carattere di un elemento ad un altro elemento.
Drammatizzazione I contenuti latenti del sogno sono rappresentati nel
sogno manifesto tramite azioni o situazioni.
Simbolizzazione È un elemento accettabile
alla coscienza che nasconde un contenuto inaccettabile. Freud stabilì un certo
numero di simboli che considerava universali, ma ha sempre ritenuto che per
dare significato al simbolo usato da una persona fosse indispensabile conoscerla
bene.
Rappresentazione per l'opposto Il contenuto manifesto è
l'opposto del contenuto latente. Ossia ciò che ricordiamo di un sogno è
l'opposto di quello che in realtà è il
nostro desiderio, consistente appunto nel contenuto latente. […]
[6] La morte nei sogni (morire)
[7] Ghost – Fantasma (da Wikipedia)
[8] Mente e Cervello (da Wikipedia)
E’ possibile “uscire” dal corpo? Chi torna dal coma
dice di sì
MENTE E PSICHE - Fuori dal corpo con un
elettrodo
OBE: fuori dal corpo
Appendice
commento di magnagrecia inviato il 12 giugno 2012
OBE e epilessia
di Massimo Biondi
Un gruppo di neurologi svizzeri, operando sul tessuto cerebrale di una paziente con epilessia resistente ai farmaci, ha casualmente indotto nella donna una sensazione in larga misura sovrapponibile a quella definita OBE, cioè "esperienza fuori dal corpo". Il riscontro, del tutto occasionale, è stato dovuto alla stimolazione con brevi impulsi di corrente (2 secondi) di una circoscritta porzione del giro angolare destro della paziente (in realtà i neurologi stavano tentando di localizzare il punto da cui originavano le crisi epilettiche). Con una stimolazione elettrica di lieve intensità (2-3 mA) la donna ha avuto la sensazione di cadere dall'alto e di sentirsi leggera; con corrente più forte (4-4,5 mA) ha detto di vedersi "dall'alto, distesa sul lettino; ma soltanto le gambe e la parte inferiore del tronco". Dietro richiesta di osservare meglio le proprie gambe (che nel frattempo erano state piegate al ginocchio) la paziente ha affermato di vederle diventare "più corte"; alla medesima sollecitazione per le braccia (flesse al gomito) ha detto di vedere il sinistro più corto e il destro inalterato. Tutte le stimolazioni avvenivano in una medesima area del giro angolare (che è nel lobo temporale) destro.
La sensazione di uscita dal corpo prodotta dagli elettrodi in questa paziente è stata giudicata la prima prova diretta che le OBE derivano da una struttura del lobo temporale del cervello. L'idea che simili esperienze possano scaturire da alterazioni funzionali in questa regione, in particolare proprio a seguito di epilessia del lobo temporale, era stata avanzata già da molti anni, ma solo sulla base di indicazioni indirette rappresentate, in buona misura, dalla riscontrata sovrapponibilità sintomatologica tra aura epilettica e nucleo centrale dell'OBE. Ora, con l'esperienza riferita dai neurologi svizzeri (Blanke et al. Nature 2002; vol. 419, 19 settembre, pag 269) sembra essere stata raggiunta una prima conferma diretta di questa possibilità. E probabilmente è vero.
C'è da segnalare tuttavia un dettaglio che potrebbe non essere di secondaria importanza. Dalle indicazioni riferite dagli autori di questo studio (cioè le poche parole della paziente, in gran parte riferite qui sopra) si evince che l'esperienza della donna è stata allucinatoria: e infatti nell'articolo si parla esplicitamente di "somatosensory illusions".
Le alterazioni delle gambe e del braccio sinistro, non corrispondenti alla situazione reale degli arti, e il fatto che la paziente distingueva solo in parte il proprio corpo, indicano che soggettivamente si è trattato soltanto di una rielaborazione (per di più alterata) delle informazioni percettive afferite attraverso le vie nervose ordinarie. Le OBE si contraddistinguono invece, quasi sempre, per essere esperienze complete, "lucide" e precise sia del corpo di chi ha l'esperienza sia dell'ambiente circostante e di tutto ciò che vi è contenuto. In altri termini, se in entrambi i casi il soggetto ha l'impressione di trovarsi, con il suo "centro di coscienza", fuori dal corpo somatico, in una condizione (cioè nell'OBE vera e propria) le "sensazioni" e le "percezioni" appaiono abbastanza corrette e complete, nell'altra (stimolazione del giro angolare) risultano parziali e illusorie. Questa osservazione non vuol essere una critica all'ipotesi che le OBE derivino da alterazioni funzionali di quei circuiti nervosi; intende soltanto evidenziare che non si sono ancora trovate le risposte a tutto e che si è soltanto all'inizio di un nuovo (e probabilmente molto promettente) percorso di ricerca.
OBE e epilessia
Un gruppo di neurologi svizzeri, operando sul tessuto cerebrale di una paziente con epilessia resistente ai farmaci, ha casualmente indotto nella donna una sensazione in larga misura sovrapponibile a quella definita OBE, cioè "esperienza fuori dal corpo". Il riscontro, del tutto occasionale, è stato dovuto alla stimolazione con brevi impulsi di corrente (2 secondi) di una circoscritta porzione del giro angolare destro della paziente (in realtà i neurologi stavano tentando di localizzare il punto da cui originavano le crisi epilettiche). Con una stimolazione elettrica di lieve intensità (2-3 mA) la donna ha avuto la sensazione di cadere dall'alto e di sentirsi leggera; con corrente più forte (4-4,5 mA) ha detto di vedersi "dall'alto, distesa sul lettino; ma soltanto le gambe e la parte inferiore del tronco". Dietro richiesta di osservare meglio le proprie gambe (che nel frattempo erano state piegate al ginocchio) la paziente ha affermato di vederle diventare "più corte"; alla medesima sollecitazione per le braccia (flesse al gomito) ha detto di vedere il sinistro più corto e il destro inalterato. Tutte le stimolazioni avvenivano in una medesima area del giro angolare (che è nel lobo temporale) destro.
La sensazione di uscita dal corpo prodotta dagli elettrodi in questa paziente è stata giudicata la prima prova diretta che le OBE derivano da una struttura del lobo temporale del cervello. L'idea che simili esperienze possano scaturire da alterazioni funzionali in questa regione, in particolare proprio a seguito di epilessia del lobo temporale, era stata avanzata già da molti anni, ma solo sulla base di indicazioni indirette rappresentate, in buona misura, dalla riscontrata sovrapponibilità sintomatologica tra aura epilettica e nucleo centrale dell'OBE. Ora, con l'esperienza riferita dai neurologi svizzeri (Blanke et al. Nature 2002; vol. 419, 19 settembre, pag 269) sembra essere stata raggiunta una prima conferma diretta di questa possibilità. E probabilmente è vero.
C'è da segnalare tuttavia un dettaglio che potrebbe non essere di secondaria importanza. Dalle indicazioni riferite dagli autori di questo studio (cioè le poche parole della paziente, in gran parte riferite qui sopra) si evince che l'esperienza della donna è stata allucinatoria: e infatti nell'articolo si parla esplicitamente di "somatosensory illusions".
Le alterazioni delle gambe e del braccio sinistro, non corrispondenti alla situazione reale degli arti, e il fatto che la paziente distingueva solo in parte il proprio corpo, indicano che soggettivamente si è trattato soltanto di una rielaborazione (per di più alterata) delle informazioni percettive afferite attraverso le vie nervose ordinarie. Le OBE si contraddistinguono invece, quasi sempre, per essere esperienze complete, "lucide" e precise sia del corpo di chi ha l'esperienza sia dell'ambiente circostante e di tutto ciò che vi è contenuto. In altri termini, se in entrambi i casi il soggetto ha l'impressione di trovarsi, con il suo "centro di coscienza", fuori dal corpo somatico, in una condizione (cioè nell'OBE vera e propria) le "sensazioni" e le "percezioni" appaiono abbastanza corrette e complete, nell'altra (stimolazione del giro angolare) risultano parziali e illusorie. Questa osservazione non vuol essere una critica all'ipotesi che le OBE derivino da alterazioni funzionali di quei circuiti nervosi; intende soltanto evidenziare che non si sono ancora trovate le risposte a tutto e che si è soltanto all'inizio di un nuovo (e probabilmente molto promettente) percorso di ricerca.
OBE e epilessia
commento di fabio1963 inviato il 12 giugno 2012
ozzac! è
brutto sognare la propria morte, ma 6 riuscito a vedere anche se c'è qualcosa
dopo?
Insegnami come si fa a sognare quello che si vuole che avrei alcune ideuzze!
Insegnami come si fa a sognare quello che si vuole che avrei alcune ideuzze!
commento di magnagrecia inviato il 13 giugno 2012
E' davvero
brutto vedersi morto. Per me fu, essendo la prima (e l'unica, finora) volta che
mi succedeva in sogno, un misto (della durata di alcuni secondi) di sorpresa,
incredulità e angoscia crescente, conclusasi nel mio caso con la
dematerializzazione del mio corpo, presa a prestito dal film "Ghost"
(non a caso, poiché quella scena mi aveva impressionato molto e procurato un
vago senso di smarrimento e di angoscia), fino a raggiungere evidentemente la
soglia che fa scattare il meccanismo del cervello in forza del quale - in un
battibaleno - esci dal tuo corpo, voli al soffitto e guardi tranquillamente la
scena dall'alto.
Per provocare un sogno (che è sempre la realizzazione di un desiderio del giorno prima), occorre appunto desiderare intensamente prima di andare a letto. Attenzione: i desideri possono essere molteplici e sono in competizione tra loro (e - probabilmente - vince il più forte).
Per provocare un sogno (che è sempre la realizzazione di un desiderio del giorno prima), occorre appunto desiderare intensamente prima di andare a letto. Attenzione: i desideri possono essere molteplici e sono in competizione tra loro (e - probabilmente - vince il più forte).
commento di magnagrecia inviato il 13 giugno 2012
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Vita ultraterrena o Obe?
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