mercoledì 8 aprile 2015

Manovra correttiva, crescita economica e globalizzazione

A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 82 del 04-07-11 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Manovra correttiva, crescita economica e globalizzazione


Riporto questa mia replica all’amico Seamusbl sul tema della manovra correttiva e della crescita economica.

Camerata ed Esimio Prof. Seamusbl, luminare di Economia e docente di Disprezzantropia,

Provo a ragionare ampliando la visuale e facendo un discorso articolato (che poi riporterò nel mio blog), della cui lunghezza mi scuso.

Globalizzazione
Tu come pensi si possa uscire dalla trappola della globalizzazione, chiunque l’abbia assecondata? Io abbozzo qualche osservazione.
La globalizzazione oggi non è un gioco equo (se leggi questo commento del suo libro e questa interessantissima intervista a Walden Bello che propugna la de-globalizzazione ne hai conferma Walden Bello: de-globalizzazione, unica salvezza
Walden Bello, scrittore ed accademico filippino,e’ uno dei maggiori critici della globalizzazione e delle derive finanziare del nostro mondo. L’ho incontrato alcuni mesi fa nel suo ufficio di Manila.
http://silvestromontanaro.com/post/2734067473/deglobalizzare-intervista-a-walden-bello ), sia per la sottovalutazione dello yuan cinese (e del dollaro USA), che equivale a mettere un dazio sulle importazioni cinesi (o americane), sia per il dumping sociale, la cui gestione è politica (cioè in mano al partito comunista cinese); sia per l’assenza di controlli qualitativi e normativi efficaci ed incisivi sulle merci cinesi o orientali o extra UE prodotte dalle nostre aziende de localizzate, importate in UE.

Quando l’Italia ha chiesto una normativa più severa sulle importazioni di prodotti tessili a difesa dei nostri prodotti, i Paesi scandinavi si sono opposti, per salvaguardare il vantaggio dei consumatori  svedesi o finlandesi dei bassi prezzi dei prodotti cinesi.

Va rimarcato che bisogna appunto distinguere gli effetti della globalizzazione sui vari Paesi UE, sulla base del criterio della complementarità delle nostre economie con quella cinese, massima ad esempio per la Germania, non altrettanto, purtroppo, per l’Italia.

Una normativa e controlli più stringenti vanno contro gli interessi – esogeni - della potente Cina, ma anche quelli – endogeni – delle nostre potentissime multinazionali, che producono a costi cinesi (1/10 di quelli occidentali) e vendono da noi a prezzi occidentali, lucrando gli enormi sovrapprofitti.
Questo, più che un’improbabile de-globalizzazione, è forse il problema prioritario da aggredire.

Io non credo che i leader del PD (partito composito, che alberga posizioni variegate) siano ora tutti sostenitori acritici della globalizzazione. Ho piuttosto l’impressione che prevalga il ragionamento di Romano Prodi che la considera ineluttabile e quindi ne vede soprattutto i vantaggi da cogliere, non nascondendosi certamente gli svantaggi. Il problema, come dice Walden Bello (e come sostengo anch’io da tempo, visto che ne ho conosciuto le tesi solo recentemente) è che è necessario un movimento di popolo dal basso (che invece finora ha costituito la massa di utili idioti a loro favore) per vincere la pretesa di quattro gatti potentissimi, ricchissimi, avidissimi e spietatissimi di decidere la “schiavizzazione” del resto dell’umanità.

Ma il popolo italiano (come gli altri popoli occidentali) non può reggere altri 15 anni (durata probabile perché la legge dei vasi comunicanti produca il livellamento dei salari e degli assetti normativi sul lavoro) in una crisi economica devastante. Già ora, come s’è visto dai risultati elettorali e referendari, c’è sia una diversa consapevolezza del problema, sia, soprattutto, un più forte e diffuso spirito di reazione.

Ciò che mi preoccupa, però, leggendo l’intervista a Walden Bello è che egli, a differenza di ciò che penso io, è che ritiene impossibile una soluzione socialdemocratica alla globalizzazione:  Quelli che sostengono «la globalizzazione è irreversibile, dobbiamo soltanto umanizzarla» si illudono: è impossibile umanizzare la globalizzazione, dovremmo piuttosto capovolgerla”.

Intanto, in attesa dell’eventuale de-globalizzazione, un bel compito si presenta ai leader del PD e a tutti gli altri leader di sinistra europei: come scrivevo sopra, rendere più equi gli scambi commerciali con i Paesi emergenti; fare pressione per ottenere un miglioramento dei loro salari e condizioni di lavoro; distribuire i sacrifici da noi in modo equo. Ma bisognerà smettere la nostra abitudine all’ammuina e pungolarne e sostenerne l’azione.

PD
Ti pregherei di tener presente: 1) che è sconsigliabile fare di tutta l’erba un fascio; anche nel caso del PD – partito composito - occorre distinguere e fare nomi e cognomi, se tu ne hai (intanto, potresti linkare le dichiarazioni di Petruccioli); 2) che io non uso fare sconti a nessuno, figuriamoci al PD, di cui sono soltanto un elettore critico; 3) il fatto ch’io mi prenda la briga di difenderlo – ma, se noti, caso per caso, quando lo trovo giusto, ad esempio di solito quando si tratti di Bersani (che io non ho votato alle primarie), ma che sto difendendo da almeno un anno, sia dagli attacchi esterni (inclusi i soloni della stampa e della comunicazione), sia da quelli terribili interni dei forum (incluso questo) e dei circoli on-line – non significa che ne accetti acriticamente la politica e l’operato; 4) è che era (è) indispensabile far crescere l’unico partito che può sconfiggere la destra berlusconiana-tremontiana-bossiana-sacconiana, che è una vera iattura per l’Italia intera, esclusi i ricchi; 5) tenendolo beninteso sotto osservazione, stimolo e critica, come ho deciso di fare anch’io, riprendendomi la mia piena libertà, con maggiore severità e frequenza, da quando le cose vanno meglio (e l’ho anche annunciato in questo forum, dove per parecchio tempo i paranoici che lo frequentano hanno scritto ch’io ero una sorta di “longa manus” dei dirigenti (sic), facendomi sganasciare dal ridere...

Manovra correttiva e l’ossimoro
La “manovra correttiva severa ma adeguatamente espansiva.” e’ un ossimoro, un non sense, soltanto se ci si basa sui tagli lineari, uguali per tutte le voci di bilancio; non invece se, avendo adottato la spending revuew (introdotta nel 2007 da Padoa-Schioppa e abbandonata subito dal “matto” Tremonti), che permette di sapere dettagliatamente la spesa pubblica, i centri di spesa ed i centri di ricavo – diciamo così -, si è in grado di decidere oculatamente dove tagliare (spese improduttive e parassitarie, privilegi, corruttele, inefficienze) e come calibrare i tagli (me ne intendo, avendo fatto il responsabile divisionale del Controllo di gestione).
D’altronde – non l’hai letta? – ho allegato apposta la contromanovra di Sbilanciamoci.info ( http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/La-controTremonti-di-Sbilanciamoci-8771 ), che appunto propone una manovra severa coi ricchi ed i privilegiati e nel contempo espansiva (vi ho ‘postato’ un mio commento con le nostre proposte analoghe, contenute nella Lettera di PDnetwork, ed altri commenti interessanti in replica ad altri).
Anche il PD ne propone una di tal segno.

Deflazione
Non ne so molto, ma penso che la Germania, come tu dici, abbia potuto deflazionare perché ha una crescita costante della produttività, che è invece il nostro tallone d’Achille. In questo mio commento nel blog “Percentualmente” (http://amato.blogautore.repubblica.it/2011/05/27/istat-il-2010-in-30-grafici/ ) , ho provato a dare qualche spiegazione sulla variabile “Produttività”; ne riporto uno stralcio:

3) Io, ai grafici sopra evidenziati, aggiungerei, per la sua alta rappresentatività della peculiarità della situazione italiana, quello sulla <i><b>produttività</b></i> http://www.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/1_3.html .
Provo a fare qualche notazione.
a) La produttività è il rapporto tra la quantità o il valore del prodotto ottenuto e la quantità di uno o più fattori, richiesti per la sua produzione” Quello più oggettivo – diciamo così - è il rapporto tra quantità, perché prescinde dal prezzo-ricavo: ad esempio, il rapporto tra quantità di autovetture o frigoriferi o libri o computer prodotti ed il numero di unità lavorative impiegate nella produzione (prescindendo dalla cause, non tutte addebitabili ai lavoratori dipendenti, segnalo ad esempio che lo stabilimento polacco della FIAT produce da solo un numero di autovetture pari a quelle globalmente prodotte da tutti gli stabilimenti italiani della stessa FIAT).
b) E’ importante notare che, almeno teoricamente, dal livello di produttività e dal suo incremento nel tempo dipendono sia il livello dei salari che il loro aumento.
c) E’ quasi superfluo altresì rilevare che il livello del prezzo-ricavo (cioè di vendita) o del valore aggiunto, che è la “differenza tra il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive e di quelli consumati (materie prime e ausiliarie impiegate e servizi forniti da altre unità produttive” http://www.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/1_1.html ) di norma, in un mercato concorrenziale, rispecchia anche sia il livello qualitativo che il contenuto tecnologico dei prodotti, frutto, da un lato, della politica industriale di un Paese; dall’altro, della Ricerca&Sviluppo (R&S) sia privata che pubblica (v. al riguardo differenze tra Italia e Germania, entrambi Paesi a forte vocazione manifatturiera).

Un saluto (purtroppo) analcolico.


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