lunedì 11 maggio 2015

FIAT, Marchionne, cogestione e produttività

A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato finora quasi 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 186 del 18-09-2012 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
FIAT, Marchionne, cogestione e produttività


PRIMA PARTE: UN UTILE SGUARDO ALL’INDIETRO.
Preliminarmente, a  titolo informativo e per un utile ripasso, riporto da una mia vecchia discussione in un forum di politica stralci di miei commenti sul caso FIAT e su Marchionne. In fine, auspicavo la sostituzione del governo Berlusconi, ma il governo Monti non vuole e soprattutto non può intervenire per mancanza di soldi.

“Suggerisco a tutti di leggere interamente questa lunga intervista, senza il prosciutto ideologico sugli occhi.
INTERVISTA
La mia sfida per la nuova Fiat: salari tedeschi e azioni agli operai
Marchionne: ma l'intesa Mirafiori non si tocca e verrà estesa. "Nessun diritto intaccato, ma non si può beneficiare di un contratto se non si è contraenti"
di EZIO MAURO
18 gennaio 2011
http://www.repubblica.it/economia/2011/01/18/news/intervista_marchionne-11347690

“[…] da quello che capisco io, Marchionne dev’essere stato educato (dal padre abruzzese: ho visto solo ora in Wikipedia che era maresciallo dei CC) alla serietà, al rigore, all’impegno serio sul lavoro, al culto del dovere e degli impegni assunti; e, dagli studi di filosofia, al rispetto della logica (come si desume facilmente dall’intervista a Ezio Mauro).”
http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Marchionne

Andando al nocciolo della questione, a mio avviso, la situazione, in buona – buona – sostanza, può essere sinteticamente descritta così: a) il problema non è se la FIAT ha ragione, ma prendere atto che le condizioni sono radicalmente mutate per effetto della globalizzazione; b) c‘è asimmetria, e le imprese hanno ora il coltello dalla parte del manico, perché sono libere di ubicare le aziende dove hanno maggiori vantaggi, i lavoratori no; c) è normale ed anche giusto che il sindacato dei lavoratori si batta per conservare i diritti e le condizioni salariali; d) è invece sciocco, inefficace, perdente limitarsi a questo livello e non invece articolare una strategia composita basata sul confronto-cooperazione tra i soggetti coinvolti ai vari livelli: in primo luogo il livello istituzionale (governo e UE), poi le imprese ed i sindacati dei lavoratori (al massimo livello). Nell’interesse del Paese, degli imprenditori e dei lavoratori. Anche il “carabiniere” Marchionne, nell’intervista a Ezio Mauro, sembra adombrare un’ipotesi del genere. Conviene a tutti metterlo alla prova.
Senza darsi, come dici tu, un termine, perché è inutile: ho – da alcuni mesi - già scritto più volte (anche nella Lettera alla Segr. Naz.) che “l'attuale crisi economica ed occupazionale è grave, di sistema e sarà lunga (forse almeno 15 anni, perché riflette il riequilibrio della produzione, della ricchezza e del benessere in ambito planetario”). La settimana scorsa, il Servizio Studi della Confindustria ha scritto che occorreranno almeno 10 anni: "non si ritornerà sui valori prerecessivi che nella primavera del 2015. Per riagguantare entro la fine del 2020 il livello del trend, peraltro modesto, registrato tra 2000 e 2007, l'Italia dovrebbe procedere d'ora in poi ad almeno il 2% annuo". Un obiettivo "raggiungibile in un arco di tempo ragionevole, come insegna la lezione tedesca, entro il 2012 secondo gli stessi documenti governativi". Ma "per coglierlo gli strumenti messi in campo appaiono insufficienti”.
http://amato.blogautore.repubblica.it/2011/01/17/ripresa-solo-tra-10-anni/  .
E' superfluo aggiungere che un'impostazione del genere presuppone un governo ed un ministro dell'Economia all’altezza del compito; quindi anche per questo io mi auguro la caduta dell’attuale governo e la sostituzione degli incompetenti Berlusconi, Tremonti, Sacconi e Romani”.


SECONDA PARTE: RISORSE, RIFORME, “MITBESTIMMUNG” (COGESTIONE) E PRODUTTIVITA’.
La Germania, la riforma (deflattiva, cioè diminuendo i costi) del settore produttivo, agendo sul welfare e sul fisco, l’ha già fatta sotto il socialdemocratico Gerhard Schroeder, nonostante l’opposizione dei sindacati, [1] ma partendo da salari e produttività più alti dei nostri (ad esempio i salari Volkswagen sono doppi rispetto a quelli FIAT (cfr. analisi linkata in [3]).
La Francia, nonostante i salvataggi bancari, ha un debito pubblico inferiore al nostro e l’obiettivo del pareggio di bilancio si è impegnata a raggiungerlo nel 2017.
Sia la Germania che la Francia non subiscono il vero e proprio salasso dell’evasione fiscale altissima (120-140 mld l’anno), della corruzione (60 mld) e inefficienza (50 mld) della PA (vero tallone d’Achille italiano [2]), mali che invece sopporta l’Italia.
L'Italia è in un "cul de sac": senza soldi, con un debito pubblico enorme e col vincolo del pareggio di bilancio (ora scritto in Costituzione) da raggiungere nel 2013.
Certo, se in Italia ci fosse la “mitbestimmung” (partecipazione dei lavoratori alla gestione straordinaria delle aziende sopra i 500 dipendenti, che include le delocalizzazioni) almeno il problema informativo sulle scelte FIAT sarebbe risolto alla radice. [3]
Per trovare i soldi, occorrerà aspettare il prossimo governo di centrosinistra. [4]

[2] Ancora sulla Pubblica Amministrazione, una delle chiavi di volta dello sviluppo del Paese
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2741372.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/04/ancora-sulla-pubblica-amministrazione.html
[3] Partecipazione dei lavoratori alla proprietà ed al controllo delle aziende
[4] Il governo Monti al capolinea
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2751835.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/05/il-governo-monti-al-capolinea.html


TERZA E ULTIMA PARTE: PRODUTTIVITA’
Il senatore Enrico Morando, nel suo intervento in Parlamento sul DEF, ha menzionato la “produttività totale dei fattori” quale elemento fondamentale per la crescita. Questo interessante e riccamente documentato articolo cade a fagiolo:
Economia e Politica
Perché la riforma Fornero va contro produttività e crescita
Domenico Moro - 30 Aprile 2012

1. Produttività e crescita economica
In Italia e in Europa si ripete come un mantra la necessità di accompagnare la crescita al risanamento dei conti pubblici. La crescita economica è riconducibile a molte e complesse fonti. Secondo molti economisti, una delle più importanti è l’aumento della produttività globale, sebbene i meccanismi che legano questa alla crescita siano diversi a seconda della prospettiva di analisi adottata.[1] Proprio con lo scopo dichiarato di innalzare la produttività italiana e, in questo modo, di spingere la crescita, da tempo entrambe stagnanti, è stata presentata dal ministro Fornero una proposta di riforma del mercato del lavoro. La logica sottostante a tale riforma, in accordo con il senso comune del mainstream economico e politico, è che il declino della produttività in Italia dipende da un mercato del lavoro troppo poco deregolamentato. A nostro avviso si tratta di una logica non solo errata ma anche controproducente. […]
http://www.economiaepolitica.it/index.php/lavoro-e-sindacato/perche-la-riforma-fornero-va-contro-produttivita-e-crescita/

A mia volta, ripropongo:
Produttività. [*]
Provo a fare qualche notazione.  a) “La produttività è il rapporto tra la quantità o il valore del prodotto ottenuto e la quantità di uno o più fattori, richiesti per la sua produzione”. Quello più oggettivo – diciamo così - è il rapporto tra quantità, perché prescinde dal prezzo-ricavo: ad esempio, il rapporto tra quantità di autovetture o frigoriferi o libri o computer prodotti ed il numero di unità lavorative (o meglio, le ore lavorate) impiegate nella produzione (prescindendo dalla cause, non tutte addebitabili ai lavoratori dipendenti, segnalo ad esempio che lo stabilimento polacco della FIAT produce da solo un numero di autovetture pari a quelle globalmente prodotte da tutti gli stabilimenti italiani della stessa FIAT).
b) E’ importante notare che, almeno teoricamente, dal livello di produttività e dal suo incremento nel tempo dipendono sia il livello dei salari che il loro aumento.
c) E’ quasi superfluo altresì rilevare che il livello del prezzo-ricavo (cioè di vendita) o del valore aggiunto, che è la “differenza tra il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive e di quelli consumati (materie prime e ausiliarie impiegate e servizi forniti da altre unità produttive”) [2] di norma, in un mercato concorrenziale, rispecchia anche sia il livello qualitativo che il contenuto tecnologico dei prodotti, frutto, da un lato, della politica industriale di un Paese; dall’altro, della Ricerca&Sviluppo (R&S) sia privata che pubblica (v. al riguardo differenze tra Italia e Germania, entrambi Paesi a forte vocazione manifatturiera).
[*] ISTAT - Produttività
http://www.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/1_3.html
[**] ISTAT – Valore aggiunto
http://www.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/1_1.html

Sempre a proposito di produttività.
Nei miei corsi di formazione aziendali rivolti a figure di vario livello e persino laureati e capi d’azienda (piccola), quasi all’inizio del corso, non mancavo mai, qualunque fossero i destinatari, di chiarire il significato dei termini efficacia ed efficienza (e qualità ed economicità).
Ma prima lo chiedevo: quasi nessuno sapeva rispondere con precisione.
Efficacia ed efficienza sono (o dovrebbero essere) due concetti molto noti nel mondo del lavoro. Etimologicamente, per efficacia si intende la capacità di produrre un effetto, di raggiungere un determinato obiettivo, mentre per efficienza la capacità di raggiungerlo con la minima allogazione possibile di risorse (anche il termine economicità, non tutti lo sanno, ha un significato analogo).

Università Partenope
Efficienza, efficacia, economicità (riferite alla mamma e alle pizze)
http://www.economia.uniparthenope.it/modifica_docente/scaletti/ECONOMIA_AZIENDALE_-_9_CFU_-_A.A._2008-2009_LEZ_03.PDF

Ed infine allego questo mio vecchio commento con un articolo di Sbilanciamoci.info, che sostiene la stessa tesi dell’articolo linkato più sopra:
Qual è la causa e quale l’effetto? Qual è la relazione del sottoutilizzo in Italia del capitale umano qualificato e/o della sua bassa remunerazione – in assoluto e comparativamente agli altri Paesi - con l’evoluzione del PIL?
Da questa interessante ed acuta analisi di Sbilanciamoci.info, “La Lombardia che si allontana dall'Europa”, ricavo:
“la correlazione tra produzione e occupazione, come investimenti e pil, mostra come le riforme del mercato del lavoro degli anni ’90 e quelle di “mercato” realizzate in Italia sono state efficaci solo a margine del sistema economico e del lavoro, cioè le misure adottate dai governi nazionali dell’Italia hanno consolidato la debolezza di struttura del paese, e paradossalmente inibito le necessarie azioni di cambiamento di struttura necessari per una regione importante come la Lombardia”.
E poi: “Infatti, i provvedimenti legati al mercato del lavoro per “flessibilizzare” lo stesso lavoro dal lato dell’offerta si è tradotto in un allargamento del tasso di occupazione per le figure che intrinsecamente producono meno valore aggiunto. Se il pil cresce poco all’aumentare dell’occupazione vuol dire che si producono beni e servizi a basso valore aggiunto, oppure che i redditi di ingresso dei nuovi occupati sono molto bassi. Forse la riflessione non è nuova per gli economisti, ma la profondità e drammaticità dell’attuale situazione ha caratteristiche abbastanza inedite”.
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/La-Lombardia-che-si-allontana-dall-Europa-8154

Ps:
Economia in 100 parole: CLUP
http://facileconomia.altervista.org/Dizionario-Economia-Significato/15-clup.html

Confindustria
IL "CLUP" E LA VERA COMPETITIVITA' DEL PAESE
Roma, 21 Ottobre 1999
http://www.confindustria.it/AreeAtt/DocUfPub.nsf/0/4B9B797603B6B08CC1256ACB00500149?openDocument&MenuID=A6AD7AB9EF265258C1256EFB00358600


Riporto, sul caso FIAT, il commento - come al solito concreto, fondato sui dati di fatto, a 360 gradi, senza indulgenze per gli attori in gioco e corredato di una proposta finale - di Massimo Mucchetti:
"Il futuro sostenibile (o no) dell'auto"
16 settembre 2012

Aggiornamento:
La produttività, il tempo e la confusione di Squinzi
di Sergio Bruno    14 ottobre 2012
L’incultura dominante insiste sul fatto che dalla crisi si esce lavorando di più. Ma in questo modo si ignora che cosa sia la produttività, che cosa la possa migliorare, gli orizzonti temporali degli investimenti. e il ruolo delle politiche

Fumus productivitatis
Il dibattito sulla produttività va avanti da molto tempo, ma sempre nella confusione e avvolto dalle mistificazioni. Il problema deriva da un complesso insieme di fattori, tra i quali la flessibilità del lavoro non è certo quello prevalente. Nell’ultimo anno, per esempio, il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato, ma la causa è nelle dinamiche provocate dalla crisi
Rosita Donnini e Valerio Selan


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