lunedì 16 marzo 2015

Allegato alla Petizione al Parlamento europeo: la Bce non rispetta il suo statuto


1.     Motivazioni della petizione del 03 novembre 2014

Specifichiamo le motivazioni della petizione:
- Il presidente Mario Draghi omette puntualmente, ogni qual volta parla in pubblico dei compiti della BCE, di citare l’obiettivo subordinato della crescita economica e dell’occupazione e menziona soltanto quello principale del controllo dei prezzi;
- nel sito della BCE, c’è stata alcuni mesi fa una strana modifica e del testo e del link delle funzioni della BCE, che ha messo la sordina all’obiettivo subordinato e, per contro, posta l’enfasi sul fatto che l’obiettivo principale fosse importante anche per l’UE, anzi gerarchicamente sovraordinato (!) (noi abbiamo conservato e possiamo produrre la vecchia versione, vedi Appendice);
- sul sito dell’Unione Europea, al link trasmessoci recentemente, su nostra richiesta, dal Centro di contatto EUROPE DIRECT (http://europa.eu/about-eu/institutions-bodies/ecb/index_it.htm), è menzionato - al singolare! – soltanto l’obiettivo principale [nel 2015, con la nuova Commissione Juncker, il contenuto - che comunque ci pare sconti l'effetto dell'ideologia economica neoliberista, non corroborata dalle evidenze empiriche - è stato modificato, ma abbiamo riportato il vecchio testo più sotto nell’appendice];
- se si va nel sito della BCE e si clicca su Informazioni correlate “Statuto del SEBC e della BCE”, si riceve il seguente messaggio:
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- se si clicca, nella prima colonna di sinistra della pagina, su “Statuto del SEBC e della BCE” e poi, pazientemente, si aprono i vari link, solo alla sesta e ultima voce, “Protocollo (n. 4) sullo Statuto del sistema europeo di banche centrali e della BCE GU C 326 del 26.10.2012, pag. 230, si trova il testo dello statuto;
- stesse difficoltà, anzi peggio, si incontrano per trovare il testo del Trattato di Maastricht (vedi, più sotto, la voce n. 6)
- la conclusione che noi ne traiamo è che è in atto da tempo, da parte della Commissione Europea e della BCE, un’opera metodica ed intenzionale di disinformare l’opinione pubblica europea - di cui sono vittime quasi tutti e, incredibilmente, anche un presidente di banca centrale statale ed un premio Nobel di Economia, audito recentemente dal Parlamento italiano, statunitensi; numerosi professori universitari di Economia (anche famosi); economisti, giornalisti economici e maitre à penser (abbiamo le prove documentali: Chi non conosce lo statuto della BCE (elenco in divenire) http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2825230.html oppure (se in avaria) http://vincesko.blogspot.it/2015/03/chi-non-conosce-lo-statuto-della-bce.html) -, allo scopo, da un lato, di giustificare la disastrosa politica economica basata sull’ossimorica austerità espansiva e, dall’altro, di obliterare scientemente le prove evidenti delle violazioni statutarie della BCE (e dell’UE); inoltre,  ritenere che la BCE abbia un solo obiettivo – quello del controllo dei prezzi - condiziona inevitabilmente il sistema informativo, il dibattito nazionale ed europeo, le analisi, le iniziative e le richieste in ambito accademico e fuori da questo ambito;
- gli obiettivi della BCE sono 2 (due), non 1 (uno) soltanto, come pensano quasi tutti: uno principale – il controllo dei prezzi – e l’altro subordinato (fu deciso che fosse tale su richiesta della Germania) – sostenere, tra l’altro, la “crescita economica equilibrata” e la “piena occupazione”;
- l’obiettivo dell’inflazione sotto il 2% è già stato raggiunto, ma, in effetti, è anch’esso disatteso dal Consiglio direttivo della BCE, poiché l’obiettivo quantitativo, che i trattati hanno lasciato decidere alla stessa BCE, è stato fissato dal Consiglio direttivo della BCE “sotto il 2%, ma vicino”, ed ora – anzi da tempo – siamo, nell’Eurozona, prossimi allo zero (con vantaggio dei Paesi creditori – Germania e Paesi del Nord - e svantaggio dei Paesi debitori - Piigs);
- pertanto, la condizione sospensiva, costituita dal raggiungimento dell’obiettivo principale, è (più che) soddisfatta, quindi la BCE è obbligata dal suo statuto a raggiungere il secondo obiettivo - “crescita economica” e “piena occupazione” -, che – stante l’inflazione dell’Eurozona prossima allo zero, che rende necessaria una politica monetaria espansiva – è, peraltro, del tutto concordante e convergente con l’obiettivo principale, che ora è quello di riportare l’inflazione da quasi zero a poco sotto il 2%;
- ne discende anche, detto per inciso, che, attualmente, contrariamente all’opinione imperante, la BCE ha gli stessi poteri della FED (peraltro, va rimarcato che anche la Federal Reserve non può acquistare titoli del Tesoro direttamente dal Tesoro degli Stati Uniti) e, come per la FED, entrambi gli obiettivi – controllo dei prezzi e crescita economica e dell’occupazione - sono su un piano perfettamente paritario;
- è la BCE, dunque, a causa della sua inazione o azione insufficiente, il maggior responsabile del perdurare della depressione economica italiana e della crisi economica dell'Eurozona, con gravi conseguenze sui popoli europei, nel cui interesse teoricamente essa opera;
- a questo si aggiunge che il presidente Draghi continua a dare indicazioni politiche invece di premere per le riforme della finanza e adottare quelle che competono alla banca centrale; non ha risolto il problema delle agenzie di rating, nonostante lo avesse indicato come rilevante da presidente del Financial stability board; ha sposato l’interpretazione restrittiva secondo cui la Bce non poteva finanziare i Fondi salva-Stato; si è permesso di invitare i governi a cedere sovranità ai tecnocrati; e, infine, sembra intrattenere un rapporto privilegiato con la Germania, che va oltre il fatto che questo Paese ospiti la BCE e sia il più grande dell’UE (vedi, da ultimo, la sua telefonata, appena tornato dal convegno dei banchieri centrali tenutosi a Jackson Hole, alla cancelliera Merkel, per chiarire e quasi giustificare le sue dichiarazioni ritenute da tutti i commentatori eterodosse rispetto alla linea dell’austerità propugnata dalla Germania);
- in definitiva, la BCE appare indipendente dagli Stati, tranne che dalla Germania, e che non stia facendo quanto dovrebbe in relazione ai suoi 2 (due) obiettivi statutari perché ubbidisce alla Germania anziché al suo statuto. E andrebbe stigmatizzata dal Parlamento Europeo e sanzionata dalla Corte di Giustizia Europea, almeno se si ritiene che le norme UE non vadano interpretate nell’ottica del più forte (Germania) e valgano non soltanto per gli Stati deboli e i poveri cristi, ma per tutti.


2.     Statuto BCE

Articolo 2
Obiettivi
Conformemente agli articoli 127, paragrafo 1 e 282, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali dell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui all'articolo 119 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

[*] Secondo l'articolo 105, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea (poi art. 127), oltre all'obiettivo principale del mantenimento della stabilità dei prezzi il SEBC "sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità" agendo "in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza".
Tali obiettivi (definiti dall'articolo 2 del Trattato di Maastricht, poi art. 3 del Trattato di Lisbona, modificato) sono:
• uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità
• una crescita sostenibile, non inflazionistica, che rispetti l'ambiente
• il raggiungimento e il mantenimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale
• la coesione economica e sociale
• la solidarietà tra stati membri.

Articolo 3
(ex articolo 2 del TUE)
1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.
2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima.
3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.
L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.
Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.
Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.
4. L'Unione istituisce un'unione economica e monetaria la cui moneta è l'euro.
5. Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.6655/7/08 REV 7 RS/ff 23 JUR IT
6. L'Unione persegue i suoi obiettivi con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le sono attribuite nei trattati.



3.     Obiettivo “inflazione sotto 2%, ma vicino”
Stabilità dei prezzi: definizione
Pur indicando chiaramente che l’obiettivo principale della BCE è il mantenimento della stabilità dei prezzi, il Trattato di Maastricht non ne ha precisato il significato. Nell’ottobre 1998 il Consiglio direttivo della BCE ha quindi annunciato una definizione quantitativa di stabilità dei prezzi: “un aumento sui 12 mesi dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per l’area dell’euro inferiore al 2%”, specificando inoltre che essa deve essere preservata “su un orizzonte di medio termine”. Pertanto, il Consiglio direttivo cerca di mantenere l’inflazione su un livello inferiore ma prossimo al 2% nel medio periodo.
Con l’adozione del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Trattato di Lisbona, 2009) la stabilità dei prezzi diventa un obiettivo dell’UE. [Nel 2015, la pagina è stata rimossa; forse perché contraddice l’assunto della BCE che la stabilità dei prezzi sia un obiettivo gerarchicamente sovraordinato anche per l’UE?]

Ecco il link per leggere il testo in inglese (più esteso):


4.     Federal Reserve Act


Why doesn't the Federal Reserve just buy Treasury securities directly from the U.S. Treasury?
The Federal Reserve Act specifies that the Federal Reserve may buy and sell Treasury securities only in the "open market." The Federal Reserve meets this statutory requirement by conducting its purchases and sales of securities chiefly through transactions with a group of major financial firms--so-called primary dealers--that have an established trading relationship with the Federal Reserve Bank of New York (FRBNY). These transactions are commonly referred to as open market operations and are the main tool through which the Federal Reserve adjusts its holdings of securities. Conducting transactions in the open market, rather than directly with the Treasury, supports the independence of the central bank in the conduct of monetary policy. Most of the Treasury securities that the Federal Reserve has purchased have been "old" securities that were issued by the Treasury some time ago. The prices for new Treasury securities are set by private market demand and supply conditions through Treasury auctions.

(Il Federal Reserve Act specifica che la Federal Reserve può acquistare e vendere titoli del Tesoro solo nel "mercato aperto". La Federal Reserve soddisfa questo requisito di legge effettuando i suoi acquisti e vendite di titoli prevalentemente mediante operazioni con un gruppo di grandi imprese finanziarie - i cosiddetti primary dealer - che hanno un rapporto commerciale instaurato con la Federal Reserve Bank di New York (FRBNY ). Tali operazioni sono comunemente noti come operazioni di mercato aperto e sono lo strumento principale attraverso il quale la Federal Reserve regola le sue riserve di titoli. Condurre le operazioni sul mercato aperto, piuttosto che direttamente con il Tesoro, sostiene l'indipendenza della banca centrale nella conduzione della politica monetaria. La maggior parte dei titoli del Tesoro che la Federal Reserve ha acquistato sono stati "vecchi" titoli emessi dal Tesoro qualche tempo fa. I prezzi per i nuovi titoli del Tesoro sono stabiliti dalla domanda del mercato e condizioni di approvvigionamento di privati ​​attraverso aste del Tesoro).


           5.     Trattato di Lisbona

Versione consolidata del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (pubblicati on line il 27 febbraio 2013)


6.     Trattato di Maastricht

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AGGIORNAMENTI

Aggiornamento (16/01/2015)

Nella conferenza stampa del 4 dicembre scorso, “Rispondendo alle domande di giornalisti, Draghi ha detto che il direttorio "ha discusso dell'acquisto di titoli di Stato", che "ricade nel mandato" della Bce. Nell'ambito di un ‘quantitative easing’, d'altra parte, possono rientrare "tutti gli asset tranne l'oro" (È scontro, filotedeschi contro gli acquisti. Ma Draghi da gennaio andrà avanti di Federico Fubini http://www.repubblica.it/economia/2014/12/04/news/bce_tassi_quantitative_easing_draghi-102109933/).
Mario Draghi ha anche affermato che «sarebbe illegale non perseguire il nostro mandato». Naturalmente si riferiva all’obiettivo della stabilità dei prezzi, visto che, dacché è presidente, egli ha completamente obliterato nei suoi discorsi il secondo mandato, cioè quello di “sostenere la crescita economica e la piena occupazione”. In ogni caso, essa costituisce un’ammissione indiretta dell’illegalità del mancato perseguimento del secondo obiettivo statutario.
Ricaviamo dalla recente intervista di Jens Weidmann, presidente della Deutsche Bundesbank e membro (troppo) influente del Consiglio direttivo della BCE, a la Repubblica (http://www.repubblica.it/economia/2014/12/13/news/jens_weidmann_caro_draghi_sbagliato_acquistare_titoli_di_stato_un_invito_a_indebitarsi_l_italia_sia_responsabile-102771498/ ):
Ma la Bce non sembra unita: va verso decisioni a maggioranza contro la Germania?
"Noi tutti nel Consiglio Bce - il Presidente, e tutti gli altri membri - abbiamo interesse a prendere decisioni con il consenso più ampio possibile. Ma naturalmente l'unanimità non è condizione vincolante. Ci siamo comunque trovati uniti nell'ultimo Consiglio di dicembre, nella scelta di attendere e valutare gli effetti delle nostre decisioni".
Dal combinato disposto - diciamo così - delle due dichiarazioni di Draghi e Weidmann, si ricava la conferma che il Consiglio direttivo è già orientato, a maggioranza, a varare il QE, ma lo ha procrastinato per venire incontro alla richiesta di Weidmann.
Non le sembra che il tempo stringa?
"Non vedo questa urgenza, e la politica monetaria fa sempre bene a non lasciarsi mettere sotto pressione. Secondo le nostre prognosi, il tasso d'inflazione, ora molto basso nell'eurozona, nel breve periodo scenderà ancora per poi risalire ma lentamente: a fine 2016 sarà di appena l'1,4%. Il Consiglio punta a che l'aumento dei prezzi a medio termine sia meno del 2%. Ma la bassa inflazione è da ricondurre al forte calo dei prezzi energetici. Situazione ben diversa da una spirale negativa salari-prezzi. Il calo dei prezzi energetici è come un piccolo programma di aiuti per la congiuntura: rafforza il potere d'acquisto dei consumatori, accresce gli utili delle aziende. Quindi non c'è necessità vincolante di reagire".
Ricaviamo da:
Obiettivo “inflazione sotto 2%, ma vicino”
[…] Nell’ottobre 1998 il Consiglio direttivo della BCE ha quindi annunciato una definizione quantitativa di stabilità dei prezzi: “un aumento sui 12 mesi dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per l’area dell’euro inferiore al 2%”, specificando inoltre che essa deve essere preservata “su un orizzonte di medio termine”. Pertanto, il Consiglio direttivo cerca di mantenere l’inflazione su un livello inferiore ma prossimo al 2% nel medio periodo.
Confrontando i due scritti e premettendo che, in generale, il significato di breve, medio o lungo è un concetto relativo al tipo di fenomeno osservato, emerge che nel caso in esame, per obiettivo “medio periodo” si può presumibilmente intendere un triennio, ma questo riguarda la stabilità dei prezzi da preservare poco sotto il 2% (Weidmann omette, ad arte, "close"), non certamente la deflazione o un tasso d’inflazione effettivo che segnerà uno scarto sensibile con l’obiettivo statutario per un periodo complessivo, tra quello già trascorso e la previsione, di almeno 3 anni. In più, Weidmann si preoccupa soltanto della stabilità dei prezzi, ma omette che lo statuto assegna alla BCE anche il secondo obiettivo “subordinato”, mutuato anch’esso dai trattati, che peraltro non lo considerava subordinato ma principale, almeno fino all’ultima modifica, operata col trattato di Lisbona, in cui evidentemente si è fatta già sentire l’influenza “abnorme” della Germania e la stabilità dei prezzi è diventata un obiettivo anche dell’UE, ma certamente non prevalente.
 “in Europa accanto alla politica monetaria comune abbiamo 18 Stati con politiche finanziarie indipendenti e rating e situazioni di debito ben diversi. Ciò crea tentazioni di indebitarsi di più e scaricare le conseguenze sugli altri”.
Il Sig. Weidmann dice bugie evidenti, cosa grave per un presidente della Deutsche Bundesbank: primo, visto che c’è il fiscal compact; secondo, visto che gli Stati hanno l’obbligo di trasmettere preventivamente alla Commissione Europea le rispettive Leggi di Stabilità e sono tenuti a rispettarne le correzioni, a pena di sanzioni; e terzo, visto che le conseguenze sugli altri le scarica anche – ora soprattutto, visto che c’è il fiscal compact - la politica miope ed egoistica della Germania.
Concludiamo con Weidmann:
La Bce appare la più forte istituzione europea, allora chi se non la Bce deve agire contro la crisi?
"Non dobbiamo forse preoccuparci di questa visione? Le Banche centrali non sono governi paralleli. La politica europea deve essere fatta da Parlamenti e governi, e la risposta ai problemi non può essere sempre dare nuovi compiti alla Bce".
Ineffabile. Non nuovi compiti, ma semplicemente adempiere quelli esistenti, da tempo violati.

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L’EX PRESIDENTE DELL’EUROTOWER
«Francoforte ha tutti gli strumenti, non c’è bisogno di ampliarne i poteri»
di
Giuliana Ferraino  26/11/2014
«Comprare i titoli di Stato dei Paesi dell’eurozona è totalmente in linea con il mandato della Bce. Lo ha già fatto quando io ero presidente, prima comprando i titoli pubblici greci e irlandesi nel 2010, poi i titoli di Sato italiani e spagnoli nell’agosto del 2011». Jean-Claude Trichet, ex presidente della Banca centrale europea dal 2003 al 2011 risponde così davanti agli studenti dell’Osservatorio permanente Giovani-Editori alla domanda se sia giusto per la Bce acquistare il debito sovrano dei Paesi dell’eurozona, il cosiddetto «quantitative easing», invocato dagli investitori e promesso da Mario Draghi per combattere il rischio deflazione, se la situazione economica peggiorerà ancora. «La Banca centrale europea ha tutte le caratteristiche e gli strumenti di una banca centrale indipendente per mantenere la stabilità dei prezzi. Non ci sono handicap, non serve ampliare i poteri del suo mandato», insiste Trichet.

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La Corte Ue con Draghi: "Gli acquisti Bce rispettano i trattati"
Il giudizio della Corte di giustizia europea in un parere consultivo sollecitato dalla Germania. Per l'avvocato generale all'Eurotower serve "ampia discrezionalità". La decisione definitiva nel giro di qualche mese. Draghi a Die Zeit: "I tedeschi capiscano che la Bce ha mandato pan-europeo"
14 gennaio 2015

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Secondo aggiornamento (20/01/2015) (le sottolineature sono nostre)

"Se passa la linea di Berlino sui bond, Eurolandia rischia la disintegrazione"
Intervista a Orphanides, che conosce Mario Draghi e la Bce come ex governatore della Banca di Cipro. Oggi insegna e consiglia al governatore italiano di non cedere alla pressione di mettere gli interessi di qualche Stato membro davanti a quelli dell'Unione.Versione inglese/English version
di Federico Fubini  -  20 gennaio 2015
Il Quantitative Easing (QE), il piano di acquisti di titoli di Stato, può valere fra 500 e 700 miliardi. Pensa che basti?
"Un programma di acquisti di bond sovrani da soli 500 miliardi sarebbe miseramente inadeguato. Mille miliardi servono solo a riportare il bilancio della Bce ai livelli di inizio 2012. Purtroppo però rimediare l'errore di averne ridotto la taglia e riportarlo dov'era tre anni fa non basta più. La banca centrale ha permesso che l'inflazione cadesse a livelli pericolosamente bassi, incompatibili con il suo mandato. La tragica ironia è che aver ritardato il QE quando serviva, esitando tanto a lungo, ha fatto sì che le quantità di acquisti ora debbano essere molto più vaste. Secondo me, a questo punto servono duemila miliardi".
Se gli interventi dovranno crescere, la Bce e l'area-euro saranno così forti da resistere all'opposizione tedesca?
"La Bce è la banca centrale dell'area euro. Sarebbe illegittimo se mettesse gli interessi di qualunque singolo Stato membro sopra quelli dell'area nel suo complesso. Il Trattato la rende indipendente e le dà mandato di preservare la stabilità dei prezzi, un'inflazione al di sotto ma vicina al 2%. Per questo la Bce deve perseguire una politica monetaria unica nell'interesse dell'area, anche quando non coincide con gli interessi particolari di questo o quel Paese. Nel Trattato, la Germania non ha uno status speciale. Mancare di fare l'interesse dell'area per evitare l'opposizione tedesca sarebbe una violazione".
Pensa che possa funzionare un QE come proposto dalla Bundesbank, senza tenere il rischio dentro la Bce ma scaricando eventuali perdite da insolvenza degli Stati sulle rispettive banche centrali nazionali?
"Il QE può riportare la dose adeguata di sostegno monetario nell'area euro. Certo, va attuato evitando ulteriori, disastrosi errori. Una politica monetaria unica per l'area significa responsabilità comune per le operazioni e responsabilità congiunta su profitti e perdite. Alla Bce è sempre stato così. Sarebbe un tragico errore se ora l'istituzione deviasse dalla norma e chiedesse a ciascuna banca centrale nazionale di comprarsi i bond del proprio Paese. Un errore di questo tipo porterebbe a un'ulteriore disintegrazione dell'area euro. Sarebbe il segnale che la Bce si prepara alla rottura della moneta unica e ciò può creare una dinamica capace di rendere quella rottura inevitabile ".
Eppure sembra che il compromesso, per evitare il no tedesco, preveda proprio questo tipo di QE con rischi segregati nei singoli Paesi.
"Sarebbe sventurato se un errore così tragico venisse commesso in nome di un compromesso simile. Una decisione a maggioranza più ampia nella Bce è un bene, ma solo se riguarda disaccordi legittimi e oneste differenze di opinione sulla politica monetaria adeguata all'area euro. Proteggere gli interessi di un unico Paese non è una ragione legittima. Ricordo che i componenti del Consiglio direttivo hanno tutti il mandato di perseguire quella che ritengono la politica migliore per l'area nel suo complesso. Non rappresentano i loro governi o Paesi. Se lo facessero, violerebbero il Trattato".

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Terzo aggiornamento (18/04/2015)

Qualche giorno fa, abbiamo letto questi due articoli del prof. Paolo Savona apparsi su Milano Finanza rispettivamente il 31 marzo e il 1 aprile, e ripresi da Formiche: Vi spiego perché contesto le tesi della Bce di Draghi. Dopo la pubblicazione del primo articolo, egli dà conto che riceve un messaggio inviato dall’Ufficio contatti con la stampa della BCE:
“Le risposte di Draghi ai quesiti rivoltigli sul cambio meritano una particolare attenzione. Egli ha affermato che la nuova politica monetaria espansiva si trasmette al cambio dell’euro, precisando che“Oggi quell’effetto sul tasso di cambio è stato, indubbiamente, significativo. E’ iniziato con l’aspettativa che si arrivasse al QE, poi si è molto rafforzato con l’attuazione del QE…”. Ha poi aggiunto che una stima della Banca d’Italia indica che “la riduzione dei tassi a lungo termine e il deprezzamento del cambio dovrebbero esercitare un impatto positivo sul livello del PIL italiano pari a circa 1 punto percentuale entro il 2016”. E ancora di seguito ammette che “gli ultimi due o tre anni hanno visto movimenti del tasso di cambio molto significativi, ma da parte di tutti si è capito che questi movimenti del tasso di cambio non avevano intenti o non erano la conseguenza di politiche mirate al tasso di cambio, ma era la conseguenza di politiche economiche e, più particolarmente, monetarie che miravano a obiettivi di carattere interno. Quindi, nel nostro caso, a raggiungere un certo tasso di inflazione, nel caso degli Stati Uniti a raggiungere un certo tasso di inflazione e di disoccupazione”. Draghi completa la risposta attribuendo alla differenza nei cicli economici e nelle politiche monetarie il recente comportamento del rapporto di cambio euro/dollaro e alla ritrovata fiducia nell’euro il “forte rafforzamento dell’euro” del 2012.
Credo che la spiegazione data, pur con profonde diversità interpretative delle determinanti delle parità di cambio nei diversi momenti attraversati dall’euro, fornisce la spiegazione, per me difficile da accettare, che la svalutazione è considerata benefica in termini di crescita, ma non è tra le variabili considerate nelle scelte di politica monetaria. Se a questa considerazione si somma l’affermazione che per la BCE l’obiettivo è sollecitare l’inflazione e non anche l’occupazione, come per la Fed americana, i miei turbamenti aumentano”.

Noi non abbiamo le competenze tecniche per entrare nel discorso del cambio con un Draghi e un Savona. Ciò che possiamo e ci preme sottolineare, invece, è che questa risposta di Draghi è una vera e propria confessione della violazione dello statuto della BCE, poiché costituisce la prova documentale dell’ammissione che la BCE non persegue, come prescrive il suo statuto - che è mutuato dal trattato dell’Unione Europea -, che un solo obiettivo, quello del controllo dell’inflazione, e non anche il secondo, quello della crescita e della piena occupazione ( "Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi", la Bce "sostiene le politiche economiche generali dell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea". Tra questi, una "crescita equilibrata"; la "piena occupazione"; "la solidarietà tra Stati membri").

Siamo, da una parte, soddisfatti per aver finalmente trovato, dopo le bugie per omissione sia della BCE che dell’UE, circa gli obiettivi statutari della BCE, la prova della sua palese violazione statutaria; ma, dall’altra, siamo davvero costernati sia del comportamento illecito della Banca Centrale Europea, del suo presidente e degli altri membri del Consiglio direttivo, sia del fatto che questa gravissima violazione, che tanti danni arreca al popolo europeo, continui a non suscitare scandalo ed un’adeguata azione legale, ma, come fa anche il prof. Paolo Savona, una semplice presa d’atto, come non si trattasse, oltre che di un evidente e grave sopruso, di un vero e proprio illecito.

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Qui anche il video integrale e un resoconto sintetico dell’audizione del presidente Draghi:

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Quarto aggiornamento (18/12/2015)

CHI È IL RESPONSABILE DELLA CRISI DELL’EUROZONA? IN BREVE: LA GERMANIA
Sul suo blog Wren Lewis ribadisce quanto noto da tempo agli economisti: la narrazione dell’eurocrisi basata su colpevoli stati periferici salvati dalla frugalità tedesca è completamente falsa. La verità è che le politiche non coordinate adottate dalla Germania prima della crisi, e la sua enorme influenza sulle decisioni nella gestione della crisi stessa, hanno scaricato tutti i problemi sui paesi periferici, che non ne hanno retto il peso.
Di Simon Wren Lewis, 13 dicembre 2015
[…] C’è di più. La Banca centrale europea ha appena iniziato un vasto programma di Quantitative Easing quest’anno, circa sei anni più tardi rispetto a quanto fatto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Una delle ragioni principali per questo ritardo è stata la resistenza degli economisti, banchieri centrali e politici tedeschi. L’ossessione della Bundesbank per l’inflazione, insieme alla forte influenza che i banchieri centrali tedeschi hanno su alcuni dei loro colleghi presso la BCE, ha permesso che si aumentassero i tassi di interesse due volte nel 2011, cosa che ha portato alla seconda recessione dell’eurozona.
E c’è anche altro. La dimensione e l’indirizzo della crisi di rifinanziamento del debito dell’eurozona è stata notevolmente aggravata dall’influenza presso la BCE dei banchieri centrali, dei politici e degli economisti tedeschi. Ora è ben chiaro che la ragione per cui le economie dell’eurozona – e solo quelle – hanno sofferto una crisi di finanziamento del debito nel 2010 è che questi paesi non hanno le proprie banche centrali. Le banche centrali in paesi come il Regno Unito hanno un ruolo chiave nella riduzione del rischio connesso al debito pubblico, agendo come un ” prestatore sovrano di ultima istanza”, che significa essere disposti ad acquistare debito del proprio governo, se il mercato non vuole comprarlo. La BCE inizialmente si è rifiutata di svolgere questo ruolo, auto-inducendo il panico nei mercati riguardo il debito pubblico irlandese, portoghese e spagnolo. La BCE ha cambiato posizione nel 2012, e la crisi di finanziamento del debito si è rapidamente conclusa. Nonostante questo, i politici tedeschi hanno provato a dichiarare questa mossa illegale nei tribunali.
Così la Germania ha contribuito ad aggravare la crisi del 2010 facendo pressioni sulla BCE perché non agisse da prestatore di ultima istanza. Abbiamo anche visto come l’adozione del modello sbagliato della crisi ha portato la Germania a insistere su regole di bilancio più severe che hanno creato una seconda recessione nell’eurozona. L’influenza tedesca sulla BCE l’ha anche indotta a ritardare il QE per sei anni e ad alzare i tassi nel corso del 2011. Infine abbiamo visto come le azioni intraprese con grande anticipo dai dipendenti e datori di lavoro tedeschi ha contribuito a proteggere la Germania dalle conseguenze di tutto questo. La crisi dell’eurozona non è stata forgiata in Grecia, Irlanda e Spagna; ma in Germania.
Un’ipotesi di complotto? No davvero. E’ più la conseguenza di un insieme di idee sbagliate sulla macroeconomia e su come le banche centrali dovrebbero funzionare. Tuttavia, la Germania ha fabbricato una falsa narrazione per i suoi scopi che è piuttosto diffusa, popolare e utile e che non ritratterà mai volontariamente, nonostante gli sforzi coraggiosi di pochi illuminati economisti tedeschi di raccontare la verità. La chiave per un futuro migliore per l’eurozona è che gli altri paesi che soffrono le conseguenze di tutto questo inizino a vedere il ruolo centrale avuto dalla Germania nelle proprie difficoltà.

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Quinto aggiornamento (29/06/2016)

The European Central Bank: A Central Bank Operating In A Democratic Void
by John Ryan on 24 June 2016
To say that the Euro is facing existential threats is no exaggeration. The European single currency was hailed until not too long ago as an aspiring global reserve currency, second only to the US Dollar. But the Eurozone’s handling of the Greek debt crisis is putting the Euro’s future in question. The potential for Greece to leave or be expelled from the Eurozone is all too real. And if Greece goes, who is to say that Ireland, Portugal and perhaps even Spain or Italy could follow?
The Euro, although ‘a currency without a state’, is backed by significant political and even state-like commitments. That the Euro must be saved at all costs is an imperative suggested not only by ECB president Mario Draghi, the technocrat, but German chancellor Angela Merkel, the statesman. Political elites, particularly in Germany, have staked their legacy on its success.
But there is a growing mismatch between the monetary and fiscal sides of the Eurozone governance system and this has led to a number of problems. The main problem is that, while we may not find it easy to live with the ECB, we cannot live without it. Yet, when we look at the Greek bailout programmes, it is easy to conclude that they have failed. The Troika has imposed austerity, which has led to a severe contraction of output and highly adverse welfare effects. This was intended, in a way, to punish Greece for its profligacy rather than serve as a way out of the crisis.
The ECB is far more independent than the Federal Reserve, whose legal status is far weaker and which is directly accountable to Congress and the government. The ECB was supposed to be like the German central bank, the Bundesbank. It has, however, failed to emulate the distinctive attributes that made the Bundesbank successful, such as accountability and interdependence with other democratic institutions. The Maastricht Treaty, which defines the role of the ECB, says that the ECB has a primary mandate to maintain stable prices. It also says that, ‘where it is possible without compromising the mandate to maintain price stability’, the ECB will also support the ‘general economic policy of the EU’, which includes, among others, ‘steady, non-inflationary and environmentally friendly growth’ and ‘a high level of employment’. However, the emphasis is explicitly on price stability. The ECB can justly claim to have held together a poorly designed system in difficult circumstances. But the mission creep is its own responsibility.
The ECB, in fact, is the least accountable central bank among advanced nations. There is no democratic accountability when the ECB strong-arms governments into policy actions that go well beyond any reasonable interpretation of its mandate. Not only is the ECB shielded from politicians, ECB statutes have also placed it beyond the reach of democratic rules on bad behaviour. The ultimate control politicians have over a central bank is the power to change its statutes and the power to appoint governors. For example, in the case of Germany, a simple majority in the Bundestag can change Bundesbank law. This procedure is absent in the Eurozone. The statutes of the ECB can only be changed by revising the Maastricht Treaty, which requires unanimity of all member states. The ECB today argues that the only institution that has the right to limit its power is the European Court of Justice, which has an activist Europhile interpretation of European treaties. The crisis has given the ECB governing council such an increased power that no national government or national institution can match it.
The project of European integration was not designed democratically, or at least not in the way democracy is traditionally conceived in terms of placing ultimate law-making authority in the hands of the people or their elected representatives. It is not even meant to be democratically responsive in the way that term is usually understood. Any democratic deficit that the EU suffers seems to many observers a deliberately constructed one. So how could we control the ECB in the future? It needs to be placed under a stricter and more direct supervision by democratically elected politicians. One of the institutions the president of the ECB puts himself in front of, the European Parliament, does not inspire anyone to believe that the ECB is being held accountable. This very independence means that democratic governments now have no way to keep the ECB accountable if it starts to violate its mandate.
With almost prophetic insight German economist and former president of the Bundesbank Karl Otto Pöhl wrote in 1988: “In a monetary union with irreversibly fixed exchange rates the weak would become ever weaker and the strong ever stronger. We would thus experience great tensions in the real economy of Europe … In order to create a European currency, the governments and parliaments of Europe would have to be prepared to transfer sovereign rights to a supranational institution.”
The change in its mission introduced by Outright Monetary Transactions and expanding its quantitative easing programme to include corporate securities has profound political consequences. The ECB has become more powerful than the Fed, but with even less democratic oversight. In the early stages of the crisis, the ECB exercised its influence through secret letters to troubled member states such as Ireland and Italy, laying down conditions and implicitly threatening to withdraw support if they were not met. Now, the bank exercises its power directly and in public.

(La Banca centrale europea: una banca centrale che opera in un vuoto democratico
di John Ryan  24 giugno 2016
Dire che l'euro si trova ad affrontare minacce alla propria esistenza non è esagerato. La moneta unica europea è stata salutata fino a non troppo tempo fa come aspirante valuta di riserva globale, seconda solo al dollaro USA. Ma la gestione della zona euro della crisi del debito greco sta mettendo il futuro dell'Euro in questione. La possibilità che la Grecia lasci o sia espulsa dalla zona euro è fin troppo reale. E se la Grecia va, chi può dire che l'Irlanda, il Portogallo e forse anche la Spagna o l'Italia potrebbero seguire?
L'Euro, anche se è 'una moneta senza Stato', è sostenuta da importanti impegni politici e simil- statuali. Che l'euro deve essere salvato a tutti i costi è un imperativo suggerito non solo dal presidente della Bce Mario Draghi, il tecnocrate, ma dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, lo statista. Le élite politiche, in particolare in Germania, hanno puntato la loro eredità sul suo successo.
Ma vi è un disallineamento crescente tra i lati monetari e fiscali del sistema di governo della zona euro e questo ha portato ad una serie di problemi. Il problema principale è che, anche se non possiamo trovare facile vivere con la BCE, non possiamo vivere senza di essa. Eppure, quando guardiamo i programmi di salvataggio greco, è facile concludere che essi hanno fallito. La troika ha imposto l'austerità, che ha portato ad una forte contrazione della produzione e effetti sul benessere altamente negativi. Questo è stato fatto, in un certo senso, per punire la Grecia per la sua dissolutezza piuttosto che servire come un modo per uscire dalla crisi.
La BCE è molto più indipendente rispetto alla Federal Reserve, il cui status giuridico è molto più debole e che è direttamente responsabile verso il Congresso e il governo. La BCE doveva essere come la banca centrale tedesca, la Bundesbank. Tuttavia, non è riuscita ad emulare gli attributi distintivi che hanno reso possibile il successo della Bundesbank, come ad esempio la responsabilità e l'interdipendenza con le altre istituzioni democratiche. Il trattato di Maastricht, che definisce il ruolo della BCE, dice che la BCE ha un mandato primario di mantenere la stabilità dei prezzi. Si dice anche che, 'dove è possibile senza compromettere il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi', la BCE sosterrà anche la 'politica economica generale dell'UE', che comprende, tra gli altri, una crescita non inflazionistica e rispettosa dell'ambiente 'e' un elevato livello di occupazione '. Tuttavia, l'enfasi è esplicitamente sulla stabilità dei prezzi. La BCE può giustamente affermare di aver tenuto insieme un sistema mal progettato in circostanze difficili. Ma lo svolgimento della missione è propria responsabilità.
La BCE, infatti, è la banca centrale meno responsabile tra le nazioni avanzate. Non vi è alcun controllo democratico quando la BCE usa maniere forti in azioni politiche che vanno ben al di là di qualsiasi ragionevole interpretazione del suo mandato. Non solo la BCE è schermata dai politici, lo statuto della BCE l'hanno anche messa al di là della portata delle regole democratiche in caso di cattivo comportamento. I politici hanno il controllo finale su una banca centrale attraverso il potere di cambiare il suo statuto e il potere di nominare i governatori. Ad esempio, nel caso della Germania, una maggioranza semplice nel Bundestag può cambiare la legge della Bundesbank. Questa procedura è assente nella zona euro. Lo statuto della BCE può essere modificato solo attraverso la revisione del Trattato di Maastricht, che richiede l'unanimità di tutti gli Stati membri. La BCE oggi sostiene che l'unica istituzione che ha il diritto di limitare il suo potere è la Corte di giustizia europea, che ha un'attiva interpretazione eurofila dei trattati europei. La crisi ha dato al Consiglio direttivo della BCE un aumento del potere che nessun governo nazionale o un'istituzione nazionale è in grado di corrispondere.
Il progetto di integrazione europea non è stato progettato democraticamente, o almeno non nel modo in cui la democrazia è tradizionalmente concepita in termini di collocazione definitiva dell'autorità legislativa nelle mani del popolo o dei loro rappresentanti eletti. Non è nemmeno pensato per essere democraticamente reattivo nel modo in cui il termine è di solito inteso. Qualsiasi deficit democratico che l'UE soffre sembra a molti osservatori che sia stato deliberatamente costruito. Pertanto come potremmo controllare la BCE in futuro? Ha bisogno di essere posta sotto una supervisione più rigorosa e più diretta da parte dei politici democraticamente eletti. Una delle istituzioni che si può mettere davanti al presidente della BCE, il Parlamento europeo, non ispira nessuno a credere che la BCE è ritenuta sotto controllo. Questa stessa indipendenza significa che i governi democratici non hanno ora modo di tenere la BCE responsabile se inizia a violare il suo mandato.
Con quasi profetica intuizione l'economista tedesco ed ex presidente della Bundesbank Karl Otto Pöhl ha scritto nel 1988: "In un'unione monetaria con tassi di cambio fissi in modo irreversibile il debole diventerebbe sempre più debole e il forte sempre più forte. Sperimenteremmo quindi grandi tensioni nell'economia reale dell'Europa ... Al fine di creare una moneta europea, i governi e i parlamenti d'Europa dovrebbero essere pronti a trasferire i diritti di sovranità a un istituto sovranazionale ".
Il cambiamento nella sua missione introdotto dagli Outright Monetary Transactions e dall'espansione del suo programma di allentamento quantitativo per includere titoli societari ha conseguenze politiche profonde. La BCE è diventata più potente della Fed, ma con la supervisione ancora meno democratica. Nelle prime fasi della crisi, la BCE ha esercitato la sua influenza attraverso lettere segrete agli Stati membri in difficoltà, come l'Irlanda e l'Italia, stabilendo le condizioni e implicitamente la minaccia di ritirare il sostegno se non fossero state soddisfatte. Ora, la banca esercita il suo potere direttamente e in pubblico).


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Appendice 

Vecchia versione

“Funzioni della BCE
Le funzioni del SEBC e dell’Eurosistema sono definite dal Trattato che istituisce la Comunità europea e specificate dallo Statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca centrale europea (BCE). Lo Statuto figura come protocollo allegato al Trattato.
Il Trattato fa riferimento al “SEBC” e non all’“Eurosistema”, essendo stato redatto in base all’assunto che tutti gli Stati membri dell’UE adotteranno l’euro. Fino a tale momento sarà l’Eurosistema a svolgere le funzioni stabilite dal Trattato.
Obiettivi
L’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi.
Inoltre, "fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2” (articolo 105, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea).
Gli obiettivi dell’UE (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) sono un elevato livello di occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica”
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Nuova versione (il colore rosso è nostro)

Obiettivi
L’articolo 127, paragrafo 1, del Trattato sancisce che
“L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali [...] è il mantenimento della stabilità dei prezzi.”
Inoltre, “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali dell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea.”
L’UE si pone diversi obiettivi (articolo 3 del Trattato sull’Unione europea), fra i quali lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale. Pertanto, la stabilità dei prezzi non è solo l’obiettivo primario della politica monetaria della BCE, ma anche un obiettivo dell’intera Unione europea. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e il Trattato sull’Unione europea stabiliscono una chiara gerarchia di obiettivi per l’Eurosistema, rimarcando come la stabilità dei prezzi sia il contributo più importante che la politica monetaria può dare al conseguimento di un contesto economico favorevole e di un elevato livello di occupazione.[*]

[*] E’ agevole notare che, a dispetto dell'impronta ideologicamente connotata in senso ordoliberista dei Trattati UE e contrariamente alla loro interpretazione maistream neo-liberista ostinatamente propalata stravolgendo spesso la lettera e lo spirito delle norme, la lingua, la matematica, la logica e perfino i fatti, la deduzione è arbitraria, non avvalorata da una semplice lettura dell’intero testo del Trattato, in particolare l’art. 3 del TUE, che, in aderenza ai "valori" contenuti nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali, ribadisce i principi fondamentali del governo dell'Unione Europea, finalizzandolo a due obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale, essendo la stabilità dei prezzi un mero sub-obiettivo [Art. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.]; smentita dalle evidenze empiriche dell’ultimo quinquennio; contraddetta dai dati macroeconomici relativi al tasso d’inflazione e al tasso di disoccupazione dell’Eurozona; formalmente corretta per l'Eurosistema ma sostanzialmente fuorviante, poiché è in discussione non la prevalenza e la cogenza dell’obiettivo principale – la stabilità dei prezzi - ma l’obliterazione sistematica da parte della BCE del secondo obiettivo statutario – sostenere le politiche economiche dell’UE - che in deflazione o con inflazione inferiore (sensibilmente) al target, quando i due obiettivi sono assolutamente complementariha le stesse dignità e cogenza del primo.


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La Banca centrale europea (BCE, con sede a Francoforte, in Germania) gestisce l'euro, la moneta unica dell'UE, e garantisce la stabilità dei prezzi nell'UE.
La BCE contribuisce anche a definire e attuare la politica economica e monetaria dell'UE.
Obiettivo
La Banca centrale europea (BCE) è una delle istituzioni dell'UE. I suoi obiettivi principali sono:
  • mantenere la stabilità dei prezzi (tenendo sotto controllo l'inflazione) specialmente nei paesi dell'area dell'euro
  • mantenere stabile il sistema finanziario, assicurandosi che i mercati finanziari e le istituzioni siano controllati in modo appropriato.
La Banca lavora in collaborazione con le banche centrali dei 28 paesi dell'UE. Insieme costituiscono il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC).
Ne deriva così una cooperazione tra le banche centrali dell'area dell'euro, detta anche eurozona, ovvero i 18 paesi dell'UE che hanno adottato la moneta unica. La cooperazione all'interno di questo gruppo di banche è chiamata Eurosistema.
Compiti
Rientra tra i compiti della BCE:
  • fissare i tassi d'interesse di riferimento English per l'area dell'euro e controllare lamassa monetaria
  • gestire le riserve in valuta estera dell'area dell'euro e comprare o vendere valute quando si presenta la necessità di mantenere in equilibrio i tassi di cambio
  • accertarsi che le istituzioni e i mercati finanziari siano adeguatamentecontrollati dalle autorità nazionali, e che i sistemi di pagamento funzionino correttamente
  • autorizzare le banche centrali dei paesi dell'area dell'euro a emettere banconote in euro
  • monitorare le tendenze dei prezzi valutando il rischio che ne deriva per la stabilità dei prezzi nell'area dell'euro.
Struttura
Gli organi decisionali della BCE sono:
  • Il comitato esecutivo, che coordina la gestione quotidiana. Ne fanno parte sei membri (un presidente, un vicepresidente e altri quattro membri), nominati per un mandato di otto anni dai leader dell'area dell'euro.
  • Il consiglio direttivo, che stabilisce la politica monetaria dell'eurozona e fissa i tassi di interesse applicabili ai prestiti erogati dalla Banca centrale alle banche commerciali. È composto dai membri del comitato esecutivo e dai governatori delle 18 banche centrali nazionali dell'area dell'euro.
  • Il consiglio generale, che concorre all'adempimento delle funzioni consultive e di coordinamento della BCE e ai preparativi necessari per l'allargamento futuro dell'area dell'euro. Comprende il presidente e il vicepresidente della BCE e i governatori delle banche centrali nazionali dei 28 paesi dell'UE.
La BCE è totalmente indipendente. La BCE non può, al pari delle banche centrali nazionali dell'Eurosistema e dei membri dei rispettivi organi decisionali, sollecitare o accettare istruzioni da organismi esterni. Tutte le istituzioni dell'UE e i governi degli Stati membri devono rispettare questo principio.

 Vedi anche:
·         Le finanze dell'UE  
·         L'euro  
·         Homepage della Banca centrale europea English (en)  
·         Elenco completo degli indirizzi English (en)  
 Da scaricare

·         La BCE - storia, ruolo e funzioni pdfDeutsch (de) English (en) français (fr) magyar (hu) português (pt)  


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Infine, sulla deliberazione quantitativa dell’obiettivo dell’inflazione, riportiamo l’interessante e documentato commento di Zoe Keller, in calce all’articolo di Luigi Zingales - riportato nel post linkato più sopra Chi non conosce lo statuto della BCE (elenco in divenire) - Il mito del “below 2%, but close” 18/08/2014 / L. ZINGALES

D’accordo che il mandato BCE andrebbe rivisto, ma l’interpretazione del target BCE di questo post (basta che un paese sia vicino al 2% anche se l’HICP dell’area euro crolla a -5%; oppure: una deflazione del 10% è ok…) non convince proprio. È vero che c’è un po’ di dislivello tra il “below” e il “close”, ma non ha quella portata. Basta fare riferimento agli atti e alle spiegazioni dell’epoca della modifica per capire.
L’attuale definizione del target si trova nella delibera della BCE del maggio 2003 (
http://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/2003/html/is030508_1.en.html ), nella slide 5 (
http://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2003/html/sp030508_2slides.pdf ).
Il relativo Bolletino fa rapida sintesi (http://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/mobu/mb200305en.pdf ) così:
“… regarding the primary objective of price stability, the Governing Council confirmed that it defines price stability as announced in 1998, namely as a year-on-year increase in the HICP for the euro area of below 2%. At the same time, it clarified that in the pursuit of price stability it aims to maintain inflation rates at levels close to 2% over the medium term. This clarification underlines the ECB’s commitment to provide a sufficient safety margin to guard against the risks of deflation. It also addresses the issue of the possible presence of a measurement bias in the HICP and the implications of inflation differentials within the euro area.”
Dalle fonti citate si ricava chiaramente che:
1) la “stabilità dei prezzi” è da 0 a 2% (year on year *increase* below 2%) dell’HICP per l’area euro: mai si è pensato che la deflazione sia stabilità dei prezzi.
2) la BCE ha l’obiettivo di mantenere i tassi a livelli vicini al 2% nel medio termine, per garantirsi un margine per i seguenti motivi (recentemente ricordati da Draghi):
– tenersi lontano dal rischio deflazione
– avere un cuscinetto rispetto a errori di misurazione
– riassorbire eventuali differenziali interni
Papademos: “We have confirmed the definition of price stability. At the same time we have clarified that, within that definition, the aim of our policy will be inflation close to 2% from below”
3) praticamente e più precisamente questo comporta continuare a (dicono di averlo sempre fatto) darsi come obiettivo “inflation expectations remaining in a narrow range of between roughly 1.7% and 1.9% in the medium term” (Issing)
4) un tasso di inflazione che restasse sotto l’1% in modo persistente sarebbe molto preoccupante.
Issing: “… if we were to identify a risk of inflation approaching very low levels on a sustainable basis and threatening to fall below 1% in a persistent way, then we should of course be extremely concerned. With our clarification now, that we aim to keep inflation at close to 2%, I think it is clear enough that we are not blind in the eye which identifies deflationary problems. We have both eyes – as Paul Samuelson said in a slightly different context – watching deflationary as well as inflationary developments.”
5) da nessuna parte il target BCE è definito per singoli paesi: la comunicazione è costante nel riferirlo alla “euro-area as a whole”. Es. Issing: ” is not question of sectors and countries, it is a question of the monetary area. In all large monetary areas in the world, you have regions with low and even sometimes negative developments in prices, and others with higher price developments. This is not specific to the euro area, but it has nothing to do with deflation. Deflation is a concept related to monetary policy for the average of the whole monetary area.”
Questi concetti sono stati ribaditi da Draghi e Constancio (che era nel Governing Council già nel 2003, in quanto allora governatore della Banca centrale del Portogallo) nella press conference del novembre 2013 (e in varie altre occasioni):
– 
http://youtu.be/totxfi6J6GE?t=29m20s (domanda 6) Draghi
– 
http://youtu.be/totxfi6J6GE?t=58m30s (domanda 15) Costancio
Inoltre la forward guidance della BCE è da vari mesi chiarissima nel ribadire i concetti precedenti e che la risposta all’inflazione troppo bassa è il quantitative easing (non il monetary e credit easing di giugno 2014): vedi 3 contingenze nel discorso di Draghi aprile 2014: 
http://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2014/html/sp140424.en.html
Perchè allora non hanno ancora agito? Si giustificano con l’argomento che le aspettative sul medio-lungo termine non sarebbero ancora disancorate, ma è un termine che si allontana sempre di più e sta diventando sempre più un’arrampicata sugli specchi.
L’ultima fg dice: “Moreover, the Governing Council is unanimous in its commitment to also using unconventional instruments within its mandate, should it become necessary to further address risks of too prolonged a period of low inflation. We are strongly determined to safeguard the firm anchoring of inflation expectations over the medium to long term.”

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Post collegato:

Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE


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(Post trasmigrato da IlCannocchiale.it:

Allegato alla Petizione al Parlamento europeo: la Bce non rispetta il suo statuto

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