A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 6 del
27-10-10 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
La
mutazione antropologica degli Italiani
Il problema della mutazione
antropologica in senso involutivo in atto effettivamente è nazionale. Ma
limitiamoci al Mezzogiorno. L'arretratezza del Sud e del divario tra di esso ed
il Centro-Nord, che permane anzi si accresce, e degli altri problemi, dovrebbe
partire necessariamente proprio da qui, dalla mentalità, dal dato culturale (in
senso antropologico), perché non solo i Siciliani – come scriveva Tomasi di
Lampedusa nel “Gattopardo”, ma tutti i meridionali si credono padreterni, e
quindi perfetti.
Per chi non è del Sud è difficile capire che un altro
dei pilastri della cultura meridionale – probabilmente il portato del
cattolicesimo e che si tramanda di generazione in generazione - è l'invidia ed
il conservatorismo sociale - l'altra faccia del “noi siamo dèi” -, per
cui, invece che considerarlo uno stimolo all'emulazione ed al miglioramento, si
giudica negativamente il successo dell'altro ed impera un meccanismo
automatico, una sorta di riflesso condizionato delle persone, che sono
“costrette” a frenare qualunque iniziativa privata o, soprattutto, pubblica, e
favoriscono una omologazione in cui poi riescono a prevalere sempre gli stessi.
Detto
da non credente, comunque, la Chiesa svolge in alcune realtà – come ad esempio
Napoli - spesso un ruolo di supplenza dello Stato e di autorità morale di
riferimento.
Per
risolvere la Questione antropologica meridionale e quella generale, la riforma culturale è un obiettivo
essenziale, e di lungo termine, che deve basarsi prioritariamente sul coinvolgimento delle donne, in
particolare le madri, che devono diventarne l'oggetto ed il soggetto
principale, per approcciare finalmente il problema del Sud non soltanto con misure economiche (rivelatesi in 150
anni insufficienti), ma, parallelamente, anche culturali, con oggetto e soggetto appunto le donne, trasformandole
da problema e fattore di conservazione in risorsa
e motore del cambiamento.
Solo se
si affronta il problema alla radice, nel luogo giusto – la famiglia – ed investendo sulla figura fondamentale – la madre - nel periodo giusto – durante la gravidanza e nei primi 3 anni di
vita dei figli – non solo possiamo educare ad essere bravi genitori, che è un
mestiere difficile e pressoché nessuno lo insegna, evitare la condanna di
Sisifo di continuare a fare un lavoro inutile dopo, prevenire ed assistere il
20% di casi di donne che vanno in depressione o di bambini con problemi
psichici, ma anche riuscire a porre solide basi per una vera, autentica,
necessaria rivoluzione culturale.
Questa è la consapevolezza che manca: il massimo fattore critico in questa rivoluzione
culturale è il ruolo della donna ed in
particolare della donna-madre, perché –
scriveva Anna Maria Ortese nel bel libro Il
mare non bagna Napoli (quasi un saggio di sociologia) - “Esiste, nelle estreme e più lucenti terre
del Sud, un ministero nascosto per la difesa della natura dalla ragione, un
genio materno, d'illimitata potenza, alla cui cura gelosa e perpetua è affidato
il sonno in cui dormono quelle popolazioni”. Bisogna fare in modo che essa
diventi la risorsa strategica per il riscatto del Sud e quindi dell'Italia.
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