A causa delle avarie
frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi -
il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso
di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico
qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a
gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 25 del 21-12-2010 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Questione femminile,
questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo
“Lo
scopo principale della vita da cui dipendeva ogni felicità” (Lev Tolstoj,
Anna Karenina).
Ciascuno di noi è il prodotto di due fattori: i
geni e l’educazione: il primo è una variabile non controllabile, un dato
immodificabile, a meno che non si prenda in considerazione l’eugenetica; il
secondo è invece una variabile controllabile, attraverso l’interazione con
l’ambiente: familiare, scolastico, sociale. Possiamo chiamare questa
interazione “educazione”.
Il processo educativo dovrebbe svolgersi
considerando, nell’ordine indicato, questi tre ambiti.
***
Il
problema del Sud e quello della questione femminile vanno affrontati e risolti
insieme, alla radice, attraverso
l'educazione, che deve cominciare nel luogo giusto – la famiglia – ed investendo sulla
figura fondamentale – la madre - nel
periodo giusto – durante la gravidanza e
nei primi 3 anni di vita dei figli. In tal modo, non solo possiamo educare
ad essere bravi genitori, che è un mestiere difficile e pressoché nessuno lo
insegna, evitare la condanna di Sisifo di continuare a fare un lavoro inutile
dopo, prevenire ed assistere il 20% di casi di donne che vanno in depressione –
con esiti talora drammatici - o di bambini con problemi psichici, ma anche
riuscire a porre solide basi per una vera, autentica, necessaria rivoluzione culturale.
La riforma culturale è un obiettivo
essenziale, e di lungo termine, che deve basarsi prioritariamente sul coinvolgimento delle donne, in
particolare le madri, che devono diventarne l'oggetto ed il soggetto
principale, per approcciare finalmente il problema del Sud non soltanto con misure economiche (rivelatesi in 150
anni insufficienti), ma, parallelamente, anche culturali, con oggetto e soggetto appunto le donne, trasformandole
da problema e spesso fattore di conservazione in risorsa e motore del cambiamento.
La mafia è solo uno degli aspetti della questione meridionale; altri aspetti
salienti sono la classe dirigente,
il funzionamento dell'Amministrazione
Pubblica, lo sviluppo economico,
la dotazione infrastrutturale e,
appunto, la questione femminile
(disoccupate al 70%). Ciascuno di questi aspetti richiede un'analisi specifica
e soluzioni specifiche, ma tutte sono insufficienti se non vengono accompagnate
da una profonda riforma culturale.
I processi culturali hanno un'evoluzione
lentissima, si possono accelerare solo mediante un grosso lavoro in ambito educativo. Nel caso in esame, ho
individuato la variabile critica nel
ruolo della madre nell’educazione dei figli, durante la gravidanza e nei primi
3 anni di vita dei figli, periodo in cui il cervello è come una spugna ed
assorbe tutto – di bene e di male - con grandissima facilità. Per cui ho
pensato al seguente progetto educativo,
da sviluppare prioritariamente nelle regioni meridionali e poi nel resto
d'Italia.
Si tratta anche, in definitiva, della costruzione
delle premesse della maggior "felicità" possibile delle nuove
generazioni: quale obiettivo più importante, prioritario di questo?
PROGETTO EDUCATIVO
La mia proposta è questa: in Italia ogni anno
nascono 500.000 bambini, quindi ci sono 500.000 madri in gravidanza, occorre e
conviene investire su di loro, attraverso un programma strategico pluriennale
di assistenza a domicilio alle mamme in
gravidanza e nei primi 3 anni di vita dei figli (e ovviamente ai padri),
che poi, su questa solida base, si svilupperà – ma solo dopo – attraverso la scuola e gli altri organismi sociali. [*]
A tale
scopo, verrebbe selezionato e formato rigorosamente (con stage anche all’estero), attingendo tra gli psicologi, i pedagoghi,
gli assistenti sociali, ecc., un piccolo
esercito di 25.000-50.000 Assistenti-educatori a domicilio (sulla falsariga
degli Health Visitor finlandesi),
diretti secondo standard elevati di efficacia-efficienza-qualità e basandosi
sul concetto di prevenzione, più
semplice ed efficace e meno costoso degli interventi ex post.
Per la copertura finanziaria (500 mln?), si
potrebbero sia utilizzare risorse preesistenti, sia riorientare gli ingenti fondi attualmente spesi in progetti educativi inefficaci, mirati a
bambini e bambine dai 6 anni in su (quando è già troppo tardi), gestiti da
Regioni, Province, Comuni, organismi terzo settore, laici e religiosi, in tutte
le Regioni italiane (!).
Che cosa
dovrebbero fare gli Assistenti-educatori? A mio avviso, principalmente, tre cose:
1.
EDUCARE CHE E’ L’AMORE INCONDIZIONATO DELLA MADRE E DEL PADRE il “mattone” fondamentale del carattere di un
bambino, la materia prima per farne un individuo
“forte”. Qualcuno obietterà: ma è necessario farli andare a domicilio? Io
rispondo: sì, perché – come ha scritto Michele Serra su la Repubblica e come l’esperienza insegna - “l’amore non è
obbligatorio mai, nemmeno tra genitori e figli”. Solo un rapporto diretto,
empatico è capace di “sciogliere” le non rare resistenze.
2.
EDUCARE AD IMPARTIRE AI FIGLI UNA DISCIPLINA CONGRUA: NE’ POCA NE’ TROPPA, a
cui va aggiunta la trattazione di temi come: il rispetto delle regole, il senso
civico, la propensione al rischio
e l'abitudine negativa alla lamentela
(la lamentela è peccato!).
3.
EDUCARE A DARE UN’INFORMAZIONE SESSUALE , o meglio, secondo Freud, in
particolare per le bambine, una NON REPRESSIONE DELLE CURIOSITA’ SESSUALI
(ovviamente quando queste saranno esplicitate).
Il resto,
lo lascio decidere agli esperti. Aggiungo soltanto l’educazione alla lettura (cominciando da quella delle fiabe, fin
dalla gravidanza), che è - non tutti lo sanno - una passione che si prende da piccoli, dopo è molto difficile. Sono
le donne (madri) le artefici del loro destino di cittadine a tutto tondo e di
quello dei figli.
Su questa
solida base, poi potrà essere sviluppato il lavoro della scuola.
Raccomandazioni
conclusive (Ipotesi ideale)
Poiché la
variabile critica è l'educazione - la cui fase fondamentale è quella della
gravidanza e della primissima parte dell'infanzia - e le soluzioni parziali e
di basso profilo sono inefficaci, occorre:
a)
attribuire al Progetto Educativo carattere di priorità massima e dargli applicazione
universalistica;
b) “commissariare” le Regioni del Sud per
l'attuazione del Progetto Educativo quinquennale o decennale, centralizzandone la gestione e
affidandone la responsabilità ad un team altamente qualificato misto
italiani-stranieri, presieduto da uno straniero (finlandese?);
c) selezionare gli Health Visitor secondo criteri
di merito in linea con quelli europei; provvedere al loro addestramento
attraverso stage anche all'estero;
d) creare
una sorta di gemellaggio (o
adozione) di scopo Regione del Sud/Regione del Centro-Nord/Regione estera;
e)
stabilire una griglia di
obiettivi-modalità di applicazione-controlli severa;
f)
definire un contenuto formativo in
linea con quelli analoghi europei, ma ovviamente ampliato ed adattato in
rapporto all'esigenza di colmare il gap culturale specifico;
g) a fini
di continuità, realizzare uno scambio periodico con la scuola materna, alla
quale va trasferita almeno la conoscenza del know how.
(Riferimenti
teorici: Alice Miller, Massimo Ammaniti. Sigmund Freud).
__________________________
Ho pubblicato questo 'post' in un altro forum, qualcuno mi
chiese se, per il progetto educativo, mi fossi ispirato alla Montessori.
Rispondo di no, e provo a raccontarlo, a chi legge ed a me stesso.
Le mie fonti di riferimento e d'ispirazione sono state, in
ordine cronologico:
1) la mia esperienza; 2) Alice Miller; 3) Sigmund Freud; e 4)
il Prof. Massimo Ammaniti.
1. Esperienza
La mia riflessione inizia nel 1994, quando, essendomi
separato, ho conosciuto varie donne, carine e single (le uniche che
m'interessassero), apparentemente normali, ma invece con seri problemi
psicologici, riconducibili sempre –
avendone ricevuto le confidenze – ad un cattivo rapporto con i genitori: padre
“assente” e madre troppo “presente” (autoritaria, repressiva, castrante).
Poi, per ragioni di lavoro, ho selezionato e formato
centinaia di persone, soprattutto donne.
2. Alice Miller
Ho incrociato Alice Miller leggendone un'illuminante
intervista rilasciata a Luciana Sica, la Repubblica del 16.1.1999,
intitolata significativamente “Gli anni del lupo nero”, sull'effetto che hanno
- sulla vita adulta, sulla capacità di amare, sui rapporti con gli altri – le
primissime esperienze di amore o di dolore, quelle che non si ricordano e
affondano nell'inconscio più oscuro.
3. Sigmund Freud
E' l'unico autore di psicologia di cui abbia letto - quasi
tutte - le opere (nell'edizione I Mammut, Newton). E' superfluo evidenziarne la
ricchezza di apporti, talora addirittura geniali, alla comprensione degli
effetti delle prime e primissime esperienze infantili, delle relazioni
figli-genitori, del peso della libido e delle curiosità, dei bisogni e delle
esperienze sessuali frustrati.
4. Massimo Ammaniti
Anche di Massimo Ammaniti, pur avendolo ascoltato più volte
in tv, è stato fondamentale leggerne un articolo, anch'esso pubblicato su la
Repubblica, il 26-7-2007, “Bambini, prendiamo esempio dalla Finlandia” (che
allego), in cui viene illustrato il cosiddetto metodo finlandese degli Health
Visitor (assistenti alla salute), che hanno il compito di sostenere la
madre ed il padre durante la gravidanza e nei primissimi anni di vita del
figlio. [*]
Avendo le idee abbastanza chiare sul da farsi, ne ho fatto un
mio hobby, diciamo così, e, nel tempo libero, sono passato all'azione.
In primo luogo, ho individuato e contattato alcuni
interlocutori, pochi e del massimo livello possibile. Nell'ordine: 1° il
candidato dell'Unione, Romano Prodi (fine gennaio 2006); 2° la presidente della
Commissione Cultura della Regione Campania, Luisa B. (inizio luglio 2006); e 3°
l'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe (inizio dicembre 2007).
Romano Prodi – l'ho già scritto - mi rispose che condivideva
l'esigenza di accompagnare le misure economiche per il Mezzogiorno con una vera
e propria riforma culturale.
Luisa B. (di professione insegnante di liceo) – attualmente
senatrice PD -, mi rispose telefonicamente – luglio 2006 - che condivideva la
mia analisi ma non totalmente (la parte sugli effetti della carenza
d'informazione sessuale, ma poi ho capito il motivo: ella è soprannominata la
“suora laica”), ma che era interessatissima ad incontrarmi dopo le ferie
estive. Non mi ha mai chiamato.
Il cardinale Sepe – persona franca, perspicace e concreta
- mi scrisse in risposta, nello stesso
mese di dicembre, una bella lettera di apprezzamenti per i miei suggerimenti,
“di cui – scrisse – terrò conto in modo adeguato”. Ed infatti, nel marzo 2007,
seppi casualmente, leggendone il resoconto su la Repubblica, (vedi
allegato) che aveva costituito alcune commissioni di lavoro, la prima delle
quali era stata denominata – come da me suggerito - “Educazione e formazione”
(che contiene un errore da me voluto, una tautologia, poiché la formazione fa
parte dell'educazione, che, nell'accezione anglosassone, è appunto formazione tecnica, intellettuale e morale).
La cosa che mi meravigliò moltissimo è che questa iniziativa - era scritto
nell'articolo – segnava una “nuova primavera del laicato cattolico” e che “questo primo marzo sarà ricordato nella
storia della Chiesa napoletana come l'inizio di una nuova stagione”.
Nello stesso periodo, ho proposto la realizzazione del mio
Progetto Educazione a:
- un circolo di area PD (anche se il
PD formalmente non era ancora nato);
- l'Assessora del Comune (di
sinistra) dove risiedevo.
Ho incontrato un muro. Il circolo,
dominato dal boss politico locale, si è defilato.
L'Assessora, insegnante di Scuola Media, con nomea usurpata
di donna dinamica, aperta e moderna, sebbene ci fosse la possibilità di
usufruire di parte degli ingenti fondi stanziati dalla Fondazione per il Sud
(emanazione delle fondazioni bancarie), retta allora da Savino Pezzotta (300
milioni di € in 10 anni) - ed io, resomi
conto che il “ni” dell'Assessora in effetti era un 'no', avessi organizzato,
contattando prima l'ASL (indisponibile: ha ragione il prof. Ammaniti), poi un
gruppo di psicologi ed assistenti sociali (disponibili per la funzione di health
visitor) e quindi le associazioni onlus locali (indisponibili per il mio progetto) –
l'assessora, dicevo, si rifiutò di presentare il mio progetto (assistenza a
domicilio alle mamme in gravidanza e nei primi 2-3 anni di vita del figlio),
preferendo quello suo tradizionale – inefficace, anche perché le mamme, come
ella stessa mi confidò, dopo un po' non portano i figli nelle sedi dei corsi di
assistenza - mirati ai bambini dai 6
anni in su, quando è già troppo tardi. Un bell'esempio di come al Sud si
sprecano i soldi.
Contrariamente a quel che pensassi, e cioè che il mio progetto
fosse una novità assoluta per l'Italia, ho scoperto l'anno scorso che un
progetto analogo è stato finanziato con fondi europei proprio dalla mia
Regione, la Campania, con delibera del dicembre 2006. Sono riuscito con
notevole difficoltà (dal momento che la dirigente responsabile del bando era
sempre assente) ad ottenere nel settembre scorso l'elenco dei progetti
presentati e approvati. Ho contattato 3 dei 9 soggetti vincitori: il Comune di
Napoli, un consorzio di Comuni della provincia di Avellino ed un consorzio di
Comuni della provincia di Salerno. A distanza di tre anni dall'emanazione del
bando, il 1° non era ancora partito; il 2° era partito, ma la responsabile è
stata molto reticente nel fornirmi informazioni; il 3° era partito, lo stava
attuando e mi ha inviato la brochure con l'illustrazione del progetto: molto
simile al mio, tranne nel fatto – per me sostanziale - che le famiglie
assistite sono soltanto quelle a rischio (drogati, poveri, minorenni, ecc.).
Considerazioni conclusive:
- i fondi spesso ci sono, ma vengono
sovente impiegati male;
- la PA si conferma uno dei punti
critici del sistema; l'esperienza suffraga la validità della tesi di Alberto
Statera, espressa nella formula “1/3, 1/3, 1/3”: un dipendente pubblico ci va e
lavora; un altro ci va e non lavora, l'esecrato fannullone; un terzo non ci va
affatto, il famigerato assenteista.
- quel che conta per la PA è il
rispetto della forma, non dell'efficacia-efficienza nell'uso delle risorse;
- c'è una forte presenza di donne
nella PA ed in particolare nella gestione di questi progetti nell'ambito
dell'educazione (psicologhe, assistenti sociali, ecc.); spesso non sono un
esempio migliore degli uomini o comunque di apertura al nuovo, di ricerca di
standard qualitativi migliori;
- si ripropone, come nella scuola,
l'esigenza di un riequilibrio docenti/operatori maschi/femmine;
- oppure, di riformare i paradigmi
educativi secondo canoni meno “repressivi”, soprattutto in famiglia;
- per chi non è del Sud è difficile
capire che uno dei pilastri della cultura meridionale – probabilmente il
portato del cattolicesimo e che si tramanda di generazione in generazione - è
l'invidia ed il conservatorismo sociale - l'altra faccia del “noi siamo dèi”
(cfr. Il Gattopardo) -, per cui, invece che considerarlo uno stimolo
all'emulazione ed al miglioramento, si
giudica negativamente il successo dell'altro ed impera un meccanismo
automatico, una sorta di riflesso condizionato delle persone, che sono
“costrette” a frenare qualunque
iniziativa privata o, soprattutto, pubblica; e favorisce una omologazione in
cui poi riescono a prevalere sempre gli stessi, non sempre i migliori.
- detto da non credente, comunque, la Chiesa svolge in alcune
realtà – come ad esempio Napoli - spesso un ruolo di supplenza dello Stato e di
autorità morale di riferimento.
P.S.: Ho provato ad applicare il mio metodo con mia figlia,
da un anno mamma: pare che funzioni. Ma di questo ho parlato per esteso in un
altro forum. Qui, posso sinteticamente dire che le azioni sono state:
- lettura alla bimba già durante la
gravidanza (è molto importante farlo con voce dolce ed espressiva);
- fissazione, ripetizione ed
applicazione del concetto base: “molto amore e disciplina congrua, la cui
combinazione costruisce un carattere forte, che procurerà molto meno problemi
alla madre (e al padre) in futuro”;
- assistenza effettuata da me
telefonicamente per contrastare e battere – solo col dialogo - una leggera
“depressione” post parto;
- fondamentale è il rapporto
empatico.
[*] Il periodo
fondamentale è la primissima infanzia, ma ovviamente anche l'educazione e
l'esperienza successive hanno un'incidenza più o meno grande.
La figura fondamentale – che dà l'imprinting – è di solito la
madre, ma anche il padre è importante; e possono svolgere un ruolo importante –
talora addirittura di surroga – i parenti (zii, nonni) o esterni alla famiglia,
come insegnanti o amici di famiglia. La stessa Alice Miller, che ho citato più
sopra, nell'intervista a Luciana Sica confida: "Devo aver sofferto
molto da piccola (...) Purtroppo ho avuto una madre convinta del valore di un
allenamento molto precoce all'obbedienza (...) più tardi mi sono resa conto che
la graziosa e collaborativa bambina che divenni più tardi era anche il prodotto
di precoci punizioni fisiche", severità - per sua fortuna, ella dice -
compensata da "zie e cugini che mi hanno amata senza obbligarmi alla
disciplina"; sostiene anche – ed è questo a mio avviso l'assunto
fondamentale - che, se il bambino ha visto e provato che l'amore esiste, sarà
sempre sicuro e forte.
Ovviamente esistono anche i cosiddetti "bambini
invulnerabili", i quali, a dispetto dei loro pessimi genitori, possono
contare sulle loro risorse e vanno comunque tranquilli e spediti nella vita.
Come esistono, purtroppo, bambini difficilissimi, problematici, figli di
genitori esemplari. Va da sé che, normalmente, madri (genitori)
"cattive" educano figli "cattivi", a meno che - come
afferma Alice Miller - questi ultimi non siano così fortunati da incontrare un
modello di riferimento compensativo positivo, dentro o fuori la famiglia, "un
testimone soccorrevole, un qualcuno che ama ed ha fiducia in loro".
Ella afferma ancora che: "Se il bambino ha ricevuto molto amore
nell'infanzia, soprattutto nei primi tre anni di vita, una volta a scuola non
verrà influenzato da compagni distruttivi; non avrà bisogno di droghe per
colmare i vuoti, coltiverà un atteggiamento di fiducia, cercherà persone
amorevoli e le troverà. Perché sa che l'amore esiste e come ci si sente ad
amare e ad essere amati".
E' stata proprio la lettura dell'intervista ad Alice Miller,
che cadeva in un periodo per me di grossa riflessione, legata alla mia
personale esperienza di alcune donne con seri problemi psicologici, originati
da un cattivo rapporto con una madre “castrante”, a farmi capire l'importanza
fondamentale del ruolo di quest'ultima e a porre attenzione sulle conseguenze,
anche gravi, di un rapporto madre-figlia basato sul “non-amore-sano” e sulla
repressione sessuale.
E' superfluo dire che considerazioni analoghe valgono,
specularmente, per i maschi nel rapporto col padre.
Ne discende, quindi - e torno ai tre elementi indicati nel
Progetto Educativo – che occorre basare
il rapporto genitori-figli e quindi l'educazione essenzialmente su: 1) amore
incondizionato; 2) disciplina congrua (che in definitiva vuol dire il giusto
mix di sì e di no); 3) la non repressione delle curiosità sessuali (la
repressione sessuale comincia da lì), quando queste si manifestano, cioè dai
tre anni in poi. L'amore della madre (dei genitori) verso i propri figli
piccoli (unito ad una disciplina congrua, e sottolineo l'aggettivo) è dunque la
chiave di volta per far sì che tanti individui, femmine e maschi, delle future
generazioni possano essere non soltanto meno infelici (e quindi meno
dispensatori d'infelicità agli altri), ma persone forti, equilibrate, serene,
realizzate.
***
Poiché ora mi va di raccontarla e la
ritengo – nonostante e forse proprio per le terribili resistenze, che ho
riscontrato, sia delle mamme che di tanti operatori del settore – davvero utile
(ma è fondamentale l’assistenza a domicilio), aggiungo qui la mia esperienza
per esteso di neo nonno (2009).
Premessa: mia figlia abita in un’altra
provincia e per un anno e mezzo non era riuscita a restare incinta. Ho
approfittato di un’occasione ed ho avuto un colloquio con lei, nel corso del
quale – seguendo una mia intuizione – ho affrontato esplicitamente l’argomento
delle curiosità sessuali (cfr. ‘3d’ “Curiosità sessuali represse e sviluppo
intellettuale”), ma prima le ho chiesto semplicemente se fosse curiosa in
generale. Mi ha risposto che non lo era molto. Le ho allora prospettato che
questa sua carenza di curiosità generale potesse essere correlata alle
curiosità sessuali represse della sua prima infanzia e soprattutto alla violenta
frustrazione da lei subita ad opera della madre, quando quest’ultima aveva
saputo che, lei dodicenne, aveva iniziato un flirt con un ragazzo diciottenne.
Repressione che si aggiungeva ad un – presumo lungo – lavorio di plagio psicologico da parte della madre (che l’aveva subito a sua volta da sua madre: la famigerata “catena”) sulla figlia, che avevo costatato – con mia profonda costernazione – 3 anni prima, quando aveva 9 anni, e che io purtroppo, per mia colpa, non decisi e/o non fui in grado di contrastare efficacemente. Repressione sessuale che forse le procurò poi persino un accenno di barba, ostinata alle cure laser.
Restammo a chiacchierare per un’ora, poi ci salutammo. Un mese dopo circa – fortunata e casuale coincidenza – seppi che era incinta.
Durante la gravidanza, le ho parlato più volte del mio progetto educativo. Le ho anche segnalato un libro di un pediatra francese che consiglia di leggere al figlio già quando è ancora nella pancia. Ella l’ha fatto, appunto.
Alla nascita, la bambina non pesava molto ed ho visto mia figlia un po’ delusa per questo – ma ella non è mai del tutto soddisfatta – anche perché il bambino dell’altra ragazza che divideva la stanza con lei era invece enorme.
Poi non ci siamo visti per 3 mesi, ma io ho cominciato a telefonarle periodicamente. Avvertivo dalla voce che era giù. Le pesava il fatto che non fosse più libera di uscire (lei che fin da piccola era sempre la prima ad uscire e l’ultima a rientrare). Le rammentavo le “regole” del progetto: molto amore e disciplina congrua, di parlare dolcemente alla figlia, ma sentivo dalla voce che enfatizzava l’esigenza di disciplina piuttosto che quella dell’amore, cosa che mi sono preoccupato di contrastare. Ad ogni telefonata era lo stesso. La bambina, comunque, molto coinvolta e stimolata, reagiva bene e, ad esprimere la sua voglia di partecipare, dormiva relativamente poco e ad un certo punto – non rammento esattamente quando – “pretendeva” di avere la cornetta per ascoltare la voce ed era in grado di distinguerla dal telefono-giocattolo, che le avevano procurato, che invece rifiutava. Dopo varie telefonate, lo stato d’animo di mia figlia non migliorava granché. Ho tentato con vari argomenti, ma inutilmente. Finché un giorno ho trovato la chiave giusta. Le ho detto, come al solito: “Tu vuoi che tua figlia diventi una persona forte? Allora devi darle molto amore ed un pò di disciplina e… – ho aggiunto – …se sarà una persona forte, ti darà pochi problemi”.
L’accenno al vantaggio futuro per lei spazzò via magicamente ogni forma di “depressione” e… la voce – veicolo fedele e spia infallibile dei sentimenti più riposti – la sua voce, cambiò in maniera evidente: diventò “sorridente” e così rimase tutte le volte successive, e, quando raccontava di sua figlia, si percepiva con evidenza che la piccola aveva smesso di essere un peso ed era diventata una fonte di gioia quotidiana.
La bambina, che ha ora 7 mesi e mezzo, per giudizio unanime è sempre serena, si lascia prendere in braccio da tutti, partecipa in maniera incredibile a tutte le vicende; un mese fa, al compleanno di mia figlia, che come al solito aveva invitato una cinquantina dei suoi tantissimi amici (somiglia in questo a sua madre), è rimasta sveglia e partecipe fino all’una di notte, perché credeva di essere lei la festeggiata. Quando si sveglia, è contenta se la mamma la prende in braccio e la coccola, ma se invece la madre è impegnata non piange mai e si dedica tranquilla ai suoi ninnoli.
La nonna ha usato un’espressione che ritengo azzeccata: la bambina sembra “sicura”. Perché è quello che usa dire Alice Miller: il bambino è sempre sicuro e forte quando ha visto e provato che l’amore esiste.
Quattro ultimi aspetti vorrei rimarcare:
a) la necessità di “formare” anche il padre serve anche affinché non adotti, anche in buona fede, un comportamento difforme da quello della madre, il che è sempre un fatto negativo, perché ritengo che la difformità di comportamento padre-madre sia sempre un ostacolo ad una efficace, corretta ed armonica educazione;
b) l’empatia deve essere elemento fondamentale della relazione Assistente-Genitori;
c) andrebbe evitato assolutamente, secondo me, un uso della televisione come strumento di intrattenimento del bambino;
d) infine, il cervello del bambino è come una spugna, dipende dai genitori plasmarlo. A me capitò con mia figlia che – aveva pochissimi giorni – piangeva disperatamente di notte quando il ciucciotto le cadeva dalla bocca: mi svegliavo e correvo – letteralmente – a rimetterglielo; bastarono pochi giorni perché ella capisse che poteva contare su di me ed allora non strillava più, ma faceva solo gué gué come a chiamarmi e la trovavo già con la boccuccia aperta per ricevere il ciucciotto. O che con noi si addormentava normalmente nella culla e non in braccio, ma bastò un solo giorno con la nonna, appena finito il permesso per puerperio della mamma, per annullare quasi tutto il lavoro fatto: forse bisognerebbe istruire anche le nonne.
Repressione che si aggiungeva ad un – presumo lungo – lavorio di plagio psicologico da parte della madre (che l’aveva subito a sua volta da sua madre: la famigerata “catena”) sulla figlia, che avevo costatato – con mia profonda costernazione – 3 anni prima, quando aveva 9 anni, e che io purtroppo, per mia colpa, non decisi e/o non fui in grado di contrastare efficacemente. Repressione sessuale che forse le procurò poi persino un accenno di barba, ostinata alle cure laser.
Restammo a chiacchierare per un’ora, poi ci salutammo. Un mese dopo circa – fortunata e casuale coincidenza – seppi che era incinta.
Durante la gravidanza, le ho parlato più volte del mio progetto educativo. Le ho anche segnalato un libro di un pediatra francese che consiglia di leggere al figlio già quando è ancora nella pancia. Ella l’ha fatto, appunto.
Alla nascita, la bambina non pesava molto ed ho visto mia figlia un po’ delusa per questo – ma ella non è mai del tutto soddisfatta – anche perché il bambino dell’altra ragazza che divideva la stanza con lei era invece enorme.
Poi non ci siamo visti per 3 mesi, ma io ho cominciato a telefonarle periodicamente. Avvertivo dalla voce che era giù. Le pesava il fatto che non fosse più libera di uscire (lei che fin da piccola era sempre la prima ad uscire e l’ultima a rientrare). Le rammentavo le “regole” del progetto: molto amore e disciplina congrua, di parlare dolcemente alla figlia, ma sentivo dalla voce che enfatizzava l’esigenza di disciplina piuttosto che quella dell’amore, cosa che mi sono preoccupato di contrastare. Ad ogni telefonata era lo stesso. La bambina, comunque, molto coinvolta e stimolata, reagiva bene e, ad esprimere la sua voglia di partecipare, dormiva relativamente poco e ad un certo punto – non rammento esattamente quando – “pretendeva” di avere la cornetta per ascoltare la voce ed era in grado di distinguerla dal telefono-giocattolo, che le avevano procurato, che invece rifiutava. Dopo varie telefonate, lo stato d’animo di mia figlia non migliorava granché. Ho tentato con vari argomenti, ma inutilmente. Finché un giorno ho trovato la chiave giusta. Le ho detto, come al solito: “Tu vuoi che tua figlia diventi una persona forte? Allora devi darle molto amore ed un pò di disciplina e… – ho aggiunto – …se sarà una persona forte, ti darà pochi problemi”.
L’accenno al vantaggio futuro per lei spazzò via magicamente ogni forma di “depressione” e… la voce – veicolo fedele e spia infallibile dei sentimenti più riposti – la sua voce, cambiò in maniera evidente: diventò “sorridente” e così rimase tutte le volte successive, e, quando raccontava di sua figlia, si percepiva con evidenza che la piccola aveva smesso di essere un peso ed era diventata una fonte di gioia quotidiana.
La bambina, che ha ora 7 mesi e mezzo, per giudizio unanime è sempre serena, si lascia prendere in braccio da tutti, partecipa in maniera incredibile a tutte le vicende; un mese fa, al compleanno di mia figlia, che come al solito aveva invitato una cinquantina dei suoi tantissimi amici (somiglia in questo a sua madre), è rimasta sveglia e partecipe fino all’una di notte, perché credeva di essere lei la festeggiata. Quando si sveglia, è contenta se la mamma la prende in braccio e la coccola, ma se invece la madre è impegnata non piange mai e si dedica tranquilla ai suoi ninnoli.
La nonna ha usato un’espressione che ritengo azzeccata: la bambina sembra “sicura”. Perché è quello che usa dire Alice Miller: il bambino è sempre sicuro e forte quando ha visto e provato che l’amore esiste.
Quattro ultimi aspetti vorrei rimarcare:
a) la necessità di “formare” anche il padre serve anche affinché non adotti, anche in buona fede, un comportamento difforme da quello della madre, il che è sempre un fatto negativo, perché ritengo che la difformità di comportamento padre-madre sia sempre un ostacolo ad una efficace, corretta ed armonica educazione;
b) l’empatia deve essere elemento fondamentale della relazione Assistente-Genitori;
c) andrebbe evitato assolutamente, secondo me, un uso della televisione come strumento di intrattenimento del bambino;
d) infine, il cervello del bambino è come una spugna, dipende dai genitori plasmarlo. A me capitò con mia figlia che – aveva pochissimi giorni – piangeva disperatamente di notte quando il ciucciotto le cadeva dalla bocca: mi svegliavo e correvo – letteralmente – a rimetterglielo; bastarono pochi giorni perché ella capisse che poteva contare su di me ed allora non strillava più, ma faceva solo gué gué come a chiamarmi e la trovavo già con la boccuccia aperta per ricevere il ciucciotto. O che con noi si addormentava normalmente nella culla e non in braccio, ma bastò un solo giorno con la nonna, appena finito il permesso per puerperio della mamma, per annullare quasi tutto il lavoro fatto: forse bisognerebbe istruire anche le nonne.
Ultimo aggiornamento.
Prima della chiusura di questo forum, do un ultimo aggiornamento sulla crescita della mia nipotina, che ha appena compiuto un anno e mezzo.
Questo Natale ha ricevuto parecchi giocattoli in regalo, ed ovviamente ci passa il tempo a giocare. Ma mia figlia mi ha detto che l’oggetto col quale passa più tempo è il libro. Lo sfoglia, guarda le immagini e col ditino segue la didascalia e (non so come dire) con suoni inarticolati “abbozza” – ad imitazione della madre – la lettura.
Prima della chiusura di questo forum, do un ultimo aggiornamento sulla crescita della mia nipotina, che ha appena compiuto un anno e mezzo.
Questo Natale ha ricevuto parecchi giocattoli in regalo, ed ovviamente ci passa il tempo a giocare. Ma mia figlia mi ha detto che l’oggetto col quale passa più tempo è il libro. Lo sfoglia, guarda le immagini e col ditino segue la didascalia e (non so come dire) con suoni inarticolati “abbozza” – ad imitazione della madre – la lettura.
PS: suggerisco di guardare la puntata di
RAI3-“Ulisse” di sabato 30.4.2010, che ne ha trattato
“Alla scoperta della mente”
http://www.ulisse.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-0f9d6aaa-a7ae-453b-b543-063663d50bef.html Link non più attivo, sostituito da: https://archive.org/details/UlisseAllaScopertaDellaMente2011
http://www.ulisse.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-0f9d6aaa-a7ae-453b-b543-063663d50bef.html Link non più attivo, sostituito da: https://archive.org/details/UlisseAllaScopertaDellaMente2011
P.P.S.:
Aggiornamento (commento del
23-06-2011 su "Repubblica", blog "Percentualmente"):
Qualche mese fa (29 gennaio
2011), su Radio3, ho ascoltato l’intervista ad una professoressa sul tema della
“Resilienza” (la resilienza è la proprietà di alcuni corpi che quando subiscono
un urto non solo non si rompono, ma restituiscono energia cinetica), in
rapporto ai sopravvissuti ai lager nazisti, che, nonostante la loro terribile
esperienza, sono riusciti ad avere un’esistenza normale, talora di successo.
L’esperta ha indicato alcuni fattori.
Fattori protettivi:
1. caratteristiche individuali (in piccola parte);
2. famiglia in cui si è vissuto;
3. ambiente (soprattutto)
Se la famiglia d’origine ha svolto una funzione educativa tenendo insieme la dimensione affettiva e la dimensione etico-normativa, questo ha costituito un fattore protettivo enorme.
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-b754e547-258f-47f6-8efe-98c4dc89519b.html#
Fattori protettivi:
1. caratteristiche individuali (in piccola parte);
2. famiglia in cui si è vissuto;
3. ambiente (soprattutto)
Se la famiglia d’origine ha svolto una funzione educativa tenendo insieme la dimensione affettiva e la dimensione etico-normativa, questo ha costituito un fattore protettivo enorme.
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-b754e547-258f-47f6-8efe-98c4dc89519b.html#
Le moderne neuroscienze hanno
dimostrato che il cervello di un bambino appena nato possiede già l’intero
patrimonio di neuroni (circa cento miliardi http://it.wikipedia.org/wiki/Neurone ), che però sono pressoché privi di collegamenti fra di loro. Lo
sviluppo dei collegamenti (assoni e sinapsi) avviene gradualmente nel corso
dell’infanzia e dell’adolescenza. I collegamenti (in media circa diecimila per
ciascun neurone) sembra si sviluppino per caso ma si stabilizzino (si fissino)
soltanto se vengono “utilizzati” (gli altri si atrofizzano).
Questa plasticità del cervello infantile e adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei giovani fin dalla prima infanzia, anzi essa deve cominciare già durante gli ultimi mesi della gravidanza. L’istruzione determina quali sinapsi si fisseranno e quali no.
Non ci sono differenze, quindi, nel patrimonio di neuroni; ci sono differenze nel modo in cui i neuroni si collegano l’uno all’altro, e questo modo è fortemente dipendente dall’educazione.
Questa plasticità del cervello infantile e adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei giovani fin dalla prima infanzia, anzi essa deve cominciare già durante gli ultimi mesi della gravidanza. L’istruzione determina quali sinapsi si fisseranno e quali no.
Non ci sono differenze, quindi, nel patrimonio di neuroni; ci sono differenze nel modo in cui i neuroni si collegano l’uno all’altro, e questo modo è fortemente dipendente dall’educazione.
E’ questo, gli effetti
dell’educazione, un argomento fondamentale che, da non esperto, mi appassiona
da una quindicina d’anni. Ho provveduto a divulgarne le acquisizioni ed a fare
delle proposte.
Da circa 2 anni e mezzo che frequento il web, ne scrivo, prima – nella versione completa e dettagliata, corredata di vari articoli sul tema e con la mia esperienza di neo nonno “Il ruolo della madre nell’educazione dei figli” – nel forum di Libero (ormai chiuso), poi in un altro, di politica; da ultimo in questo lungo ‘post’ nel mio blog, che ho già allegato qui (“Questione femminile,questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2580796.html ).
Dove ho ora aggiunto – ritenendola, nonostante e forse proprio per le notevoli resistenze che ho riscontrato, sia delle mamme che di tanti operatori del settore, davvero utile (ma è fondamentale l’assistenza a domicilio) – la mia esperienza per esteso di neo nonno (2009). Buona lettura.
Da circa 2 anni e mezzo che frequento il web, ne scrivo, prima – nella versione completa e dettagliata, corredata di vari articoli sul tema e con la mia esperienza di neo nonno “Il ruolo della madre nell’educazione dei figli” – nel forum di Libero (ormai chiuso), poi in un altro, di politica; da ultimo in questo lungo ‘post’ nel mio blog, che ho già allegato qui (“Questione femminile,questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2580796.html ).
Dove ho ora aggiunto – ritenendola, nonostante e forse proprio per le notevoli resistenze che ho riscontrato, sia delle mamme che di tanti operatori del settore, davvero utile (ma è fondamentale l’assistenza a domicilio) – la mia esperienza per esteso di neo nonno (2009). Buona lettura.
P.P.P.S.:
Aggiornamento:
Lettera a Marco Demarco, direttore del “Corriere del Mezzogiorno” – “Terronismo” [del 17-09-2011]
[…].
Educazione.
Fascia d’età critica.
Il periodo fondamentale è
dalla gravidanza a 3 anni! E’ in questo lasso di tempo che si formano le
sinapsi, che legano i neuroni, ma esse si fissano a condizione che vengano utilizzate/stimolate
dall’educazione. Riporto il passo scritto da Valerio_38, che lo spiega bene:
Le moderne neuroscienze hanno
dimostrato che la nostra specie è affetta da una eccezionale neotenia, cosicché
il cervello di un bambino appena nato è ancora immaturo. Possiede già l’intero
patrimonio di neuroni (circa cento miliardi), ma tutti quei neuroni sono
pressoché privi di collegamenti fra di loro. Lo sviluppo dei collegamenti
(assoni e sinapsi) avviene gradualmente nel corso dell’infanzia e
dell’adolescenza, in parallelo alla vita fuori dall’utero. I collegamenti (in
media circa diecimila per ciascun neurone) sembra si sviluppino per caso ma si
stabilizzino (si fissino) soltanto se vengono “utilizzati” (gli altri si atrofizzano).
Questa plasticità del cervello
infantile e adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei
giovani fin dalla prima infanzia. L’istruzione determina quali sinapsi si fisseranno
e quali no.
ed una mia integrazione:
Ho letto con interesse il tuo
commento del 9.5 23:05 (poi gli altri) e l’ho condiviso interamente tranne in
due punti: 1) laddove tu scrivi “Questa plasticità del cervello infantile e
adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei giovani fin
dalla prima infanzia”; e quando affermi: “Ma la distribuzione di queste differenze
non dipende dalle latitudini, dipende dalla storia”.
Non dalla storia, ma
dall’educazione, appunto, che deve cominciare già durante la gravidanza. […].
***
Riporto una serie di miei commenti esplicativi/integrativi pubblicati, in un altro forum, in calce al ‘post’ “Progetto educativo”, che ho pubblicato per la prima volta all’inizio del 2009.
Voi vedete, si discute - anche in tanti forum - all'infinito sul modo
migliore di crescere ed educare i figli, se è più importante il ruolo della
madre o del padre, se occorre concedere libertà ai figli o essere severi, e
così via. Io, non esperto, sulla base di qualche buona lettura e di osservazioni
empiriche, sono arrivato alla conclusione che il fattore fondamentale è l'amore
della mamma durante la gravidanza e nei primi 3 anni di vita del figlio. Ne ho
parlato anche in questo thread, accennando anche alla mia esperienza
personale.
Ecco ora un'evidenza scientifica dell'utilità dell'amore materno nella
primissima infanzia per la costruzione di un carattere forte dei figli.
Aggiungo soltanto che talvolta - come ho già avuto modo di affermare - tale
consapevolezza da sola non è sufficiente, perché purtroppo chi non è stato
amato da piccolo non riesce a dare amore a propria volta. Ecco perché ho
proposto il Progetto Educativo. Va da sé che, se c'è consapevolezza del
problema, ciascuna futura mamma, un progetto educativo individuale lo potrebbe
mettere in piedi da sola.
PSICOLOGIA
Baci e abbracci in culla contro il futuro stress
le coccole di mamma fanno adulti più forti
le coccole di mamma fanno adulti più forti
L'affetto materno è un'arma fondamentale per divenire adulti capaci di
resistere alle tensioni quotidiane, più sicuri di sè, meno ansiosi e ostili. Lo
psichiatra:"Il legame inizia già dal ventre materno". Ma attenzione a
non adottare stili di vita malsani, potrebbero rovinare tutto
di Adele Sarno
(…). Oggi un nuovo studio, pubblicato sul “Journal
of Epidemiology and Community Health”, torna sul tema e tira in ballo la mamma.
Secondo i ricercatori, la capacità di resistere allo stress da adulti è legata
alla quantità di carezze e di affetto ricevute nei primi mesi di vita. Insomma,
le coccole sono un'arma fondamentale per divenire adulti capaci di resistere
alle tensioni quotidiane, per essere più sicuri di sè e meno ansiosi e ostili.
[…]
"Un buon rapporto con la mamma è fondamentale per la crescita di un bambino sano -conferma Claudio Mencacci, psichiatra all’ospedale Fatebenefratelli di Milano - basti pensare che il legame inizia già dal ventre materno. Un atteggiamento dolce e accogliente rende il bambino meno vulnerabile, lo fortifica e lo libera dall'ansia che troppo spesso causa stress". Insomma, ha ragione l'epigenetica: non tutti i caratteri ereditati dai genitori dipendono dal Dna, per questo è importante controllare che la gravidanza avvenga in maniera più serena possibile. "E gli effetti benefici sul bambino non riguardano soltanto la salute psicologica, ma anche quella fisica. Studi molto recenti - dice Mencacci - suggeriscono che un rapporto affettuoso con i genitori nei primi mesi di vita difende il bambino da diabete e dalle allergie". (…).
"Un buon rapporto con la mamma è fondamentale per la crescita di un bambino sano -conferma Claudio Mencacci, psichiatra all’ospedale Fatebenefratelli di Milano - basti pensare che il legame inizia già dal ventre materno. Un atteggiamento dolce e accogliente rende il bambino meno vulnerabile, lo fortifica e lo libera dall'ansia che troppo spesso causa stress". Insomma, ha ragione l'epigenetica: non tutti i caratteri ereditati dai genitori dipendono dal Dna, per questo è importante controllare che la gravidanza avvenga in maniera più serena possibile. "E gli effetti benefici sul bambino non riguardano soltanto la salute psicologica, ma anche quella fisica. Studi molto recenti - dice Mencacci - suggeriscono che un rapporto affettuoso con i genitori nei primi mesi di vita difende il bambino da diabete e dalle allergie". (…).
(27-07-10)
Nel mio Progetto Educativo, la fascia di età cui destinare l'assistenza a
domicilio va dalla gravidanza a 3 anni, periodo fondamentale per la costruzione
della personalità del bambino. E' già durante la gravidanza che deve cominciare
la sua educazione, attraverso l'abitudine della madre di leggergli ad esempio
delle fiabe, con voce dolce ed espressiva, o di fargli sentire della musica
adatta. Alla scienza de "I primi nove mesi che delineano il resto della
vita" dedica la copertina il magazine Time.
GRAVIDANZA
Quei primi nove mesi che scrivono la nostra vita
Suoni, umore e sorrisi: un numero sempre maggiore di studi scientifici
svela il ruolo del periodo pre-natale nello sviluppo dei bebè di ELENA DUSI
25 settembre 2010
ROMA - Non è affatto un periodo di attesa. Tra il concepimento e la
nascita, il bambino sta costruendo il suo futuro. E oggi alla scienza de
"I primi nove mesi che delineano il resto della vita" dedica la
copertina il magazine Time, partendo dal titolo di un libro appena pubblicato
in America da Annie Murphy Paul per Free Press. Un tempo si raccomandava giusto
di non bere né fumare. Ora si moltiplicano gli studi che legano l'umore della
madre, il suo stress, l'intonazione della voce, i suoni che raggiungono
l'utero, l'attività fisica e la presenza di certi ormoni al benessere alla vita
futura del bimbo: del suo corpo come della psiche. La madre è una porta verso
il mondo esterno che il figlio sfrutta (e dal quale è influenzato) molto più di
quanto non si ritenesse in passato. (…).
(25-09-10)
[…]. Poi, dal '72-73, passai a leggere “Il Corriere della Sera”, quando ne
diventò direttore Piero Ottone, che chiamò a scrivervi Pierpaolo Pasolini (i
famosi “scritti corsari”, tra cui quello memorabile del Processo alla DC).
(cfr. '3d' “La Questione meridionale”).
Faccio tre osservazioni:
1. Anche in questo forum ci sono “apocalittici” e “integrati”.
2. Una buona educazione impartita ai bambini piccoli deve contemplare
l'assenza o dosi minime d televisione (quello della influenza nefasta della
televisione è un problema drammaticamente sottovalutato dalla classe politica
più illuminata o comunque mai affrontato come si dovrebbe).
3. Ricordo che anche Alberto Moravia, amico di Pasolini e che curava la
critica cinematografica de L'Espresso, commentò la deriva esageratamente
anticonformistica del film “Salò” e di tutta l'ultima produzione di Pasolini.
Aggiungo, che anche lui, però, subì in parte, alla fine, la stessa, diciamo,
“involuzione” nei suoi racconti brevi, pubblicati nella terza pagina del Corriere,
su personaggi femminili, curiosamente raccontati in prima persona (questo mi
colpì, perciò me lo ricordo ancora).
Pier Paolo Pasolini: le "profezie" di un corsaro apocalittico
di Roberto Carnero
25 settembre 2010
(…). Nel 1964 esce un saggio di Umberto Eco destinato a diventare
celeberrimo. Si intitola 'Apocalittici e integrati" e
definisce, in relazione alle «comunicazioni di massa» e alle «teorie della
cultura di massa» (come recita il sottotitolo), i due tipi di atteggiamento che
l’intellettuale tende alternativamente ad assumere. Gli «integrati» sono coloro
che valorizzano gli aspetti positivi della nuova realtà (la democratizzazione
della comunicazione, l’accesso alla cultura consentito a gruppi sociali che
prima ne erano esclusi, l’abbassamento del costo economico dei prodotti
culturali, ecc.). Gli «apocalittici» sono invece coloro che evidenziano i
risvolti negativi di tale situazione.
Ebbene, nell’ultima fase della produzione di Pier Paolo Pasolini (che sarebbe scomparso nel 1975), si riscontra, quasi ‘da manuale’, una fortissima insistenza proprio sulla negatività della moderna società dei consumi con tutti i suoi strumenti di comunicazione (e, per Pasolini, di manipolazione delle coscienze). Un degrado totale dell’intelligenza e dei valori autentici, da cui all’autore sembra che non ci sia via d’uscita. Da qui i toni cupi e disperati che caratterizzano i suoi ultimi lavori: l’ultima raccolta poetica, “Trasumanare organizzar"; il film "Salò" (uscito nelle sale postumo); il romanzo incompiuto "Petrolio".
Ebbene, nell’ultima fase della produzione di Pier Paolo Pasolini (che sarebbe scomparso nel 1975), si riscontra, quasi ‘da manuale’, una fortissima insistenza proprio sulla negatività della moderna società dei consumi con tutti i suoi strumenti di comunicazione (e, per Pasolini, di manipolazione delle coscienze). Un degrado totale dell’intelligenza e dei valori autentici, da cui all’autore sembra che non ci sia via d’uscita. Da qui i toni cupi e disperati che caratterizzano i suoi ultimi lavori: l’ultima raccolta poetica, “Trasumanare organizzar"; il film "Salò" (uscito nelle sale postumo); il romanzo incompiuto "Petrolio".
Ma è negli "Scritti corsari" (il volume che
raccoglie interventi giornalistici, pubblicati, per lo più dal "Corriere
della Sera", tra il 1973 e il 1975) che tutti questi temi trovano un
riepilogo lucido e impietoso. Con elementi di previsione e vera e propria
profezia su quanto sarebbe accaduto negli anni e nei decenni successivi, fino
ad oggi, tanto da farne un libro di cui bisognerebbe proporre la lettura nelle scuole.
Quasi una ‘summa’ del pensiero dell’ultimo Pasolini: un pensiero amaro e
negativo.
Negli "Scritti corsari" Pasolini affronta vari argomenti: dalla
politica ai mass media, dalla religione alla contestazione giovanile. Tutti
però ruotano attorno a quella che egli chiama la «rivoluzione antropologica» che
ha cambiato negli ultimi anni (dal boom economico in poi) la società italiana.
(…).«Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il
centralismo della civiltà dei consumi». A questo si è arrivati grazie al ruolo
decisivo della televisione e della pubblicità nell’imporre a tutti
determinati modelli di comportamento. (…).
(Inviato:15-11-09 22:26)
Qui, più sopra, parlavo di educazione alla lettura e scrivevo: Io
aggiungerei soltanto l’educazione alla lettura (cominciando da quella delle
fiabe), che è - non tutti lo sanno - una passione che si prende da piccoli,
dopo è molto difficile.
Riporto, qui di seguito, due interessanti ed utili articoli pubblicati sul Corriere
della Sera, che spiegano bene le modalità ed i vantaggi di un’educazione
precocissima alla lettura.
PSICOLOGIA
Bambini e libri: il decalogo
1. Per comunicare non è mai troppo presto
Fin dalla gravidanza parlate con il vostro bambino, cantate per lui. La
vostra voce è un abbraccio che lo fa crescere
2.Cominciate a dare il buon esempio
Tenete molti libri in casa, fatevi vedere leggerli, toccateli: il piccolo è
attratto da quello che fate
3. Presentate pagine piene di «faccine»
Il bambino a 6 mesi sta seduto, prendetelo in braccio e mostrategli un
libro con figure di volti, magari i vostri
4. E ora i primi racconti: basta un minuto
Raccontate al bambino ciò che vedete sul libro e indicateglielo col dito,
lui vi seguirà. Anche un solo minuto basta
5. A un anno regalategli il suo primo testo
A un anno il piccolo terrà un libro in mano per qualche momento, è una gran
conquista.
Introducete ogni giorno una, due parole nuove.
6. Il testo come base per un dialogo
Cominciate a leggere, indicando col dito non solo le illustrazioni, ma le
parole. Fate domande al bambino. E rispondete alle sue
7. Ogni giorno un brano, ma in tutto relax
Dedicate un momento ogni giorno alla lettura. Ma se siete sfiniti,
rinunciate: sareste cattivi lettori e l’effetto è controproducente
8. Non temete d’essere ripetitivi
Se il piccolo vi chiede di ripetere una frase, una storia, fatelo: vuol
ripetere un’emozione che gli piace ed entrare di più nel racconto
9. Scoprite biblioteche della sua«misura»
Vostro figlio ha 2-3 anni: cercate una biblioteca , o una libreria con
spazi per i più piccini e fategli scegliere i libri da solo
10. Spegnete la tv e fate tacere le distrazioni
Questa è una regola che vale a tutte le età: quando proponete un libro
evitate tutte le fonti di distrazione, specialmente la tv
(29-09-10)
Qui sopra, illustrando il mio progetto educativo, articolato in 3 punti,
soggiungevo:
“Io aggiungerei soltanto l’educazione alla lettura (cominciando da quella
delle fiabe), che è - non tutti lo sanno - una passione che si prende da
piccoli, dopo è molto difficile”.
Poi, ieri, ho anche riportato due interessanti ed utili articoli pubblicati
sul Corriere della Sera, che spiegano bene le modalità ed i vantaggi di
un’educazione precocissima alla lettura.
E pensavo proprio a questo: secondo me, l'educazione alla lettura determina
un 'plus', una marcia in più, un – come si direbbe nel linguaggio del marketing
– vantaggio competitivo dei bambini educati a leggere anche i libri cartacei,
rispetto a quelli che usano soltanto mezzi di lettura digitali.
Riporto un articolo di Massimo Gaggi del Corriere delle Sera sull'ultimo
libro di Nicholas Carr, il quale:
DENUNCIA IL «COLLETTIVISMO TECNOLOGICO» E I RISCHI
LEGATI ALLE ALTERAZIONI DEL CERVELLO
Attenti a Internet, ci fa perdere la concentrazione e la memoria
L’allarme di Nicholas Carr contro la dittatura della Rete. Il suo saggio
divide l'America
«Basta prendere Internet e le tecnologie digitali a scatola chiusa. Offrono
opportunità straordinarie di accesso a nuove informazioni, ma hanno un costo
sociale e culturale troppo alto: insieme alla lettura, trasformano il nostro
modo di analizzare le cose, i meccanismi dell’apprendimento. Passando dalla
pagina di carta allo schermo perdiamo la capacità di concentrazione,
sviluppiamo un modo di ragionare più superficiale, diventiamo dei pancake
people, come dice il commediografo Richard Foreman: larghi e sottili come una
frittella perché, saltando continuamente da un pezzo d’informazione all’altra
grazie ai link, arriviamo ovunque vogliamo, ma al tempo stesso perdiamo
spessore perché non abbiamo più tempo per riflettere, contemplare. Soffermarsi
a sviluppare un’analisi profonda sta diventando una cosa innaturale». (…).
P.s: come ho già scritto, ho convinto mia figlia (con un pò di resistenza
da parte sua, poiché purtroppo non ama molto leggere) a seguire il metodo
suggerito dal Corriere: vedremo i risultati tra qualche anno.
29-09-10
(28-03-10)
Ricavo dalla proposta del PD per la scuola di domani:
Un nuovo piano straordinario per un’educazione di qualita’ 0-6
Negli ultimi decenni le scienze pedagogiche, psicologiche, sociologiche, così come più recentemente le neuroscienze, insegnano dell’importanza dell’infanzia nella vita delle persone, delle condizioni materiali e relazionali in cui la si vive e delle esperienze educative che vengono offerte. Anche gli economisti oggi sottolineano la necessità che, in una società globalizzata, si investa nel capitale umano garantendo a tutti un’educazione prescolare.
Vogliamo la riunificazione del sistema di educazione prescolare. Serve un nuovo piano straordinario triennale per l’implementazione del sistema territoriale dei servizi educativi della prima infanzia, per raggiungere l’obiettivo del 33% di copertura.
Vogliamo trasformare l’asilo nido da servizio a domanda individuale a diritto educativo di ogni bambino e bambina, come già proposto da molti anni e da molte parti (Legge di iniziativa popolare 0-6 depositata al Senato da Anna Serafini) e garantire ad ogni bambino e bambina del nostro Paese un posto nella scuola della scuola dell’infanzia (oggi le liste di attesa nelle scuole dell’infanzia sono tornate a crescere).
Negli ultimi decenni le scienze pedagogiche, psicologiche, sociologiche, così come più recentemente le neuroscienze, insegnano dell’importanza dell’infanzia nella vita delle persone, delle condizioni materiali e relazionali in cui la si vive e delle esperienze educative che vengono offerte. Anche gli economisti oggi sottolineano la necessità che, in una società globalizzata, si investa nel capitale umano garantendo a tutti un’educazione prescolare.
Vogliamo la riunificazione del sistema di educazione prescolare. Serve un nuovo piano straordinario triennale per l’implementazione del sistema territoriale dei servizi educativi della prima infanzia, per raggiungere l’obiettivo del 33% di copertura.
Vogliamo trasformare l’asilo nido da servizio a domanda individuale a diritto educativo di ogni bambino e bambina, come già proposto da molti anni e da molte parti (Legge di iniziativa popolare 0-6 depositata al Senato da Anna Serafini) e garantire ad ogni bambino e bambina del nostro Paese un posto nella scuola della scuola dell’infanzia (oggi le liste di attesa nelle scuole dell’infanzia sono tornate a crescere).
Pubblico la lettera che ho appena inviato alla Sen. Anna Maria Serafini,
prima firmataria della proposta di legge (Atto Senato n. 812 http://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=sddliter&leg=16&id=31770).
Gentile Sen. Serafini,
Premetto che non sono un esperto. Io credo che non basti partire dall'asilo
nido, e lo credo proprio sulla base delle acquisizioni della scienza (inclusi
supporti strumentali come l'ecografo ed ora il “brain imaging”), ma basterebbe
solo una capacità congrua di osservazione empirica, sorretta da quel che
scrive, ad esempio, Alice Miller o da quel che fanno all'estero.
Io credo che occorra partire prima, fin dalla gravidanza, e poi nei primi 3
anni di vita dei figli, periodo in cui il cervello è come una spugna ed assorbe
tutto – di bene e di male - con grandissima facilità, e con un lavoro di
assistenza a domicilio, rivolto alla figura cruciale dell'educazione: la madre
(ed al padre), per una vera rivoluzione culturale. (Noto, per inciso, che ho
scoperto recentemente che la mia Regione, la Campania, con fondi UE, attua
progetti del genere, ma mirati esclusivamente alle famiglie a rischio:
minorenni, drogati, ecc.). Mi permetto, perciò, trasmetterLe il “mio” Progetto
educativo.
Cordiali saluti
(11-10-10)
Citazione dal “Progetto educativo”
- lettura alla bimba già durante la gravidanza (è molto importante farlo
con voce dolce ed espressiva) oltre a parlarle e farle sentire della musica;
Ho indicato, tra le "regole" educative, la necessità di parlare e
far ascoltare musica ai bimbi già durante la gravidanza.
Riporto il risultato di uno studio della Northwestern University, che
conferma, grazie a dei test, l'efficacia di parlare ai bambini fin dalle prime
fasi della loro vita.
Salute: parlare ai bebe' li rende piu' intelligenti
lo studio della Nortwestern University, nell'Illinois.
Bimbi più intelligenti se cominciamo a parlare con loro sin dalle prime fasi
della loro vita. Ma usando tassativamente parole vere e non versi, insoliti
suoni o gridolini come in molti sono soliti fare. Le parole hanno un maggior
impatto sulla loro mente, di gran lunga più efficaci di altri suoni, musica
compresa. A rivelarlo uno studio della Nortwestern University, nell'Illinois,
che ha guadagnato le pagine della rivista 'Child Development'. Parlare ai bebè
potenzia le loro capacità cognitive, migliorando lo sviluppo cerebrale dei più
piccoli. La prova arriva da un test condotto su 50 bimbi di tre mesi, ai quali
sono state mostrate immagini raffiguranti pesci, accompagnati dalla parola
'pesce', appunto, o d...
(24-04-10)
Torno al discorso sull'importanza della voce.
Ricerca:
memoria dei suoni e' 'di ferro' e si fissa rapidamente
Roma, 1
giu. (Adnkronos Salute) 17:49
La
consolante voce della mamma, ma anche un suono considerato sgradevole, sono
indelebili. Non solo. 'Melodie' e rumori, con le sensazioni che le
accompagnano, si apprendono facilmente e rapidamente. I suoni, infatti, si
fissano subito nel cervello e il loro ricordo non si cancella. Lo conferma
uno studio realizzato Trevor Agus e Simon Thorpe, delle università
Paris-Descartes e Toulouse 3, e pubblicato su Neuron. Come i profumi, ciò che
si sente può essere fastidioso o piacevole perché viene immediatamente associato
alla sensazione del primo ascolto. I ricercatori, inoltre, hanno dimostrato
che i ricordi dei rumori vengono registrati in maniera quasi perfetta
rimanendo chiarissimi per settimane. Per scoprirlo gli scienziati hanno
arruolato gruppi di volontari, sottoposti a test di ascolto. Si trattava di
suoni imprevedibili, senza significato, intervallati da un motivo sonoro
ripetitivo. I volontari, praticamente senza errori, sono riusciti a
distinguere i temi ripetitivi dopo aver ascoltato appena due volte le
sequenze. Lo studio potrebbe essere utile per chi ha problemi di udito nella
fase di rieducazione uditiva.
|
(04-06-10)
La scarsa diffusione di libri e di giornali, lo scadimento qualitativo del
linguaggio televisivo, il carente livello culturale dei genitori, la
diffusione esponenziale del gergo digitale sono tutte cause di un generale
impoverimento linguistico.
Io conosco un solo modo per imparare a parlare e scrivere correttamente:
leggere molto. C'è un solo modo per acquisire la passione della lettura:
prenderla da piccoli.
De Mauro: «Colpa dei padri se i giovani parlano come parlano»
di Maria Serena Palieri
12 agosto 2010
Maria Giuliana Bigardi, direttrice dell’ufficio scolastico di Treviso, nei
giorni scorsi ha lanciato su queste pagine l’allarme-lingua: dal suo
osservatorio di Nord-Est il mondo giovanile appare in un drammatico regresso,
il cui sintomo è l’uso sempre più ristretto che gli studenti fanno di tempi e
modi verbali. Vado, non andrò, faccio, non farei... Siamo alla «generazione
presente indicativo»? E, se sì, quali rischi questo comporta? I cervelli dei
più giovani. senza ginnastica verbale, si contraggono? Lo chiediamo a Tullio De
Mauro, in quanto linguista, ma anche in quanto ex-ministro della Pubblica
Istruzione. (…).
(24-08-10)
link sostituito da:
LO STUDIO
I bambini ci prendono in giro "Usano l'ironia già a 4 anni"
Una ricerca canadese ribalta le teorie sostenute finora sulla capacità dei
piccoli di comprendere i paradossi. E rimette in discussione gli schemi usati
da sempre sull'intera evoluzione del linguaggio infantile di VERA
SCHIAVAZZI
Riporto questo articolo molto interessante, e presumo anche molto utile,
che riguarda sia le madri che i padri (lo devo riportare per intero, poiché il
link è scaduto).
Divorzio,
parental alienation syndrome ed oneri connessi al mantenimento dei figli
|
Il
divorzio causa, sempre più spesso, ai figli minori, una sindrome psicologica
da alienazione genitoriale (P.A.S), col conseguente aumento degli oneri
connessi al mantenimento. La Parental Alienation Syndrome (o P.A.S.),
sindrome da alienazione genitoriale, o parentale, è una patologia psicologica
che ormai colpisce più di un terzo dei fanciulli italiani, figli di genitori
separati o divorziati e li segue talvolta per tutta l’esistenza, nonostante
si cerchi di intervenire tempestivamente con accorgimenti psicologici sui
comportamenti degli adulti per eliminare i suoi effetti più inquietanti.
Le
caratteristiche:
La P.A.S.
è chiaramente osservabile nei figli dei soggetti separati o divorziati già
dal terzo anno di vita, perché tra l’altro già a questa età si manifesta con
mutamenti di:
1. abitudini,
(modi di dormire, alimentarsi, abbigliarsi);
2. carattere,
(timidezza, chiusura, incertezza, paura, esibizionismo, reattività, sfida del
rischio);
3. comportamenti
(modi di reagire alle gratificazioni, alle sconfitte ed alle sollecitazioni
della vita di relazione);
4. rendimento,
(disturbi del rendimento scolastico e lavorativo);
5. motivazioni,
(incostanza motivazionale ed incertezza degli obiettivi).
Il danno
psicologico si manifesta con la compromissione della fantasia e delle
motivazioni:
I figli
dei divorziati, dopo la “perdita” di uno dei genitori per effetto
dell’allontanamento causato dal divorzio, contraggono la Parental Alienation Syndrome
a causa di un “vissuto negativo”, cioè attraverso un percorso costellato di
delusioni e sofferenze simile ad un piccolo calvario giornaliero che copre
con la massima intensità tutto il periodo dell’età evolutiva, (all’incirca
fino al 25° anno), poi si attenua, ma comunque dopo aver segnato il carattere
ed aver lasciato effetti duraturi sulle motivazioni individuali riguardanti
il lavoro, la famiglia e la società.
Il nesso
di causalità tra la sindrome (P.A.S.) ed il vissuto negativo dei figli dei divorziati
durante l’età evolutiva,emerge dalla relazione temporale col piccolo
calvario percorso dai figli dei divorziati dalla presa di coscienza
dell’allontanamento di un genitore dalla famiglia, non tanto in senso fisico
(infatti i figli ben sopportano i genitori impegnati in lavori lontani da
casa) ma in senso psicologico- relazionale, cioè quando l’allontanamento
significa bisticcio, incomprensione, intolleranza, freddezza, disaccordo,
indifferenza, mancanza di dialogo. A tal punto il bambino, appena percepisce
l’avvenuta separazione dei genitori, è preso da due fuochi (pressioni
psicologiche): uno esterno ed uno interno.
Un “fuoco
esterno” che attanaglia i figli dei divorziati ed alimenta la Parental
Alienation Syndrome è prodotto dal genitore rimasto col figlio da
allevare. Egli, nel migliore dei casi, senza polemizzare dice o fa capire al
figlio che dopo la separazione od il divorzio la situazione è cambiata in
tutti i sensi: sul piano affettivo, sul piano economico, sul piano abitativo,
sul piano progettuale, sul piano degli interessi personali, sul piano
relazionale.
Contribuiscono
a produrre disturbo, incertezza ed angoscia anche i discorsi e le
puntualizzazioni di amici e parenti che “toccano”, volontariamente od
involontariamente, l’argomento “separazione” in presenza del figlio o della
figlia dei genitori separati. Talvolta il genitore separato parla col figlio
ricorrendo a perifrasi del tipo: io non ho niente da perdere e non o niente a
che vedere con te e con tuo padre (o con te e con tua madre) prefigurando una
deresponsabilizzazione contornata di criminalità piuttosto che di chiara
superficialità sentimentale.
Ancor più arrecano
sofferenze psichiche, ed anche fisiche in qualche caso, i “cerimoniali”
socio-legali obbliganti il figlio o la figlia agli incontri con il genitore
separato, l’assistente sociale, e via dicendo. La situazione diventa più
negativa e pesante durante le cerimonie familiari, le feste e le vacanze
perché maggiormente si notano le differenze nei comportamenti dei genitori separati.
Un “fuoco
interno” disturba la mente dei figli dei divorziati appena percepiscono la
mutata situazione genitoriale.
Il bambino
quando fa i capricci, commette qualche piccolo errore, provoca contrattempi o
si rifiuta di eseguire indicazioni, sente dire dalla madre o dal padre,
magari stanchi, rammaricati od alquanto esauriti: << .. guarda, figlio
mio, io sono stanca/o, se continui a non ubbidirmi, un giorno farò come ha
fatto tuo/a padre/madre, ti lascio e me ne vado anch’io>>. Il bambino
nota anche, dopo il divorzio, (prima non vi faceva caso) tutti gli incontri,
anche se fugaci ed occasionali, di strada o d’ufficio, della madre con altri
uomini e del padre con altre donne, prefigurandosi un tradimento affettivo ed
una sostituzione di fatto che annulli brutalmente e totalmente l’altro
genitore. Nasce nel bambino un senso di colpa che lo induce a credere di
essere forse egli stesso la causa della separazione o del divorzio.
Con le
applicazioni della psicologia si tenta di allentare la Parental Alienation
Syndrome.
Si cerca
di ottenere buoni risultati nei confronti dei figli dei divorziati affetti da
P.A.S. migliorando le condizioni vitali e l’integrazione sociale attraverso
lo studio, e le vacanze organizzate.
Ma sul
piano più propriamente clinico bisogna agire molto, mediante interventi
psicologici e culturali, rivolti ai genitori separati, partendo col dire di
non rappresentare, in nessun caso ed in nessun modo – mai -, neppure
minimamente -, con discorsi, immagini o prove, le manchevolezze del genitore
allontanato. Bisogna convincere i genitori, gli zii e i nonni a non
commettere l’errore di disprezzare o discreditare il coniuge allontanato,
davanti ai figli, al fine di evitare la produzione di un danno grave e
duraturo che si abbatterebbe rovinosamente e principalmente sul loro
equilibrio mentale e sulla loro futura riuscita socio-familiare e
lavorativa.
A queste
preoccupazioni cliniche si aggiungono le problematiche giuridiche conseguenti
aumento degli oneri connessi al mantenimento dei figli dei divorziati, per
effetto dell’incidenza delle spese relative agli interventi psicoterapeutici
riferiti alla P.A.S.
Prof.
Gennaro Iasevoli
http://www.giurisprudenza.uniparthenope.it/siti_docenti/SitoDocentiStandard/default.asp?sito=giasevoli
(Data:
17/05/2010 20.18.00 - Autore: Prof. Gennaro Iasevoli)
|
(19 maggio 2010)
Allego sullo stesso argomento la voce di Wikipedia, che mi sembra un utile
complemento del 'post' precedente.
WIKIPEDIA
Sindrome da alienazione genitoriale
Allego sullo stesso argomento:
Pediatria:
1 mln figli di separati, problemi psichici per 200 mila
|
Milano, 21
mag. (Adnkronos Salute) 18:02
Sono oltre
un milione in Italia i minorenni figli di genitori separati. Per almeno 200
mila di loro la 'rottura' della famiglia ha portato con sè problemi
psicologici o psichiatrici. E separazioni e divorzi sono in aumento. A lanciare
l'allarme i pediatri riuniti oggi e domani a Milano per il Congresso
'Pediatria 2010' della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) della
Lombardia. Un "tema caldo", lo definisce in una nota Marina Picca,
responsabile del Dipartimento formazione permanente della Fimp Lombardia e
presidente del congresso. Anche perché ogni anno sono più di 60 mila i minori
coinvolti. Gli under 18 della Lombardia sono fra i più colpiti: "qui si
conclude con una separazione il 40% dei matrimoni (che sono in totale più di
34 mila l'anno), contro una media nazionale del 28%", spiega Picca. Ma
il numero di famiglie 'spezzate' cresce in tutta Italia, dove si celebrano
circa 250 mila matrimoni l'anno (34.300 in Lombardia).
E se nel
2000, si registravano circa 72 mila separazioni e 37.500 divorzi, nel 2007 i
numeri sono saliti a 81 mila e 50 mila rispettivamente. "E spesso il
pediatra - continua Picca - è interpellato per un aiuto professionale".
La separazione dei genitori è una vicenda complessa che altera la vita affettiva
dei figli e scompiglia i loro schemi di riferimento, spiegano gli esperti.
"E' un evento critico che va monitorato attentamente. Il bambino prova
ansia, paura, perde sicurezza, si sente ingannato, si sente in colpa. A
separazione avvenuta, possono verificarsi alcuni gravi squilibri nelle
relazioni del sistema familiare, a causa dello stress e del sovraccarico
emotivo", aggiunge Picca. "Nei casi più gravi, soprattutto in
carenza di una figura genitoriale si può verificare nel bambino una vera e
propria sindrome", definita tecnicamente 'Parental alienation syndrome'.
|
21/10/2010 - IL CASO
FABIO SINDICI
Aggiornamento:
Il bebè impara la lingua già
nel pancione
La ricerca dell'Università di Washington e pubblicata sulla rivista Acta
Paediatrica. Secondo gli studiosi il nascituro inizia ad apprendere le parole
sin da quando cresce nel ventre materno, durante i mesi di
gestazione di VALERIA PINI
(03 gennaio 2013)
[…] Per gli scienziati i bambini sono i
migliori allievi e scoprire come assorbono le informazioni potrebbe far luce
sull'apprendimento durante tutto l'arco della vita. "Vogliamo arrivare a
scoprire qual è la magia che scatta nella prima infanzia, quando i piccoli sono
come spugne. Una magia che sparisce in età adulta. Si tratta di un potenziale
che non possiamo sprecare", conclude Patricia Kuhl. Per i ricercatori le
mamme devono seguire un unico consiglio: parlare ai bambini non solo dai primi
mesi di vita, ma anche quando sono nel pancione.
http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/gravidanza-e-parto/2013/01/03/news/lingua_si_impara_nella_pancia-49851522/
Aggiornamento
(26.12.2016)
Sopra,
ho riportato la lettera che ho inviato in data 11 ottobre 2010 alla Sen. Anna Maria
Serafini, prima firmataria della proposta di legge (Atto Senato n. 812 http://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=sddliter&leg=16&id=31770) sugli asili nido, intitolata “Un
nuovo piano straordinario per un’educazione di qualita’ 0-6”, nella quale affermavo: “Io credo che non basti
partire dall'asilo nido, e lo credo proprio sulla base delle acquisizioni della
scienza (inclusi supporti strumentali come l'ecografo ed ora il “brain
imaging”), ma basterebbe solo una capacità congrua di osservazione empirica,
sorretta da quel che scrive, ad esempio, Alice Miller o da quel che fanno
all'estero. Io credo che occorra partire prima, fin dalla gravidanza, e poi nei
primi 3 anni di vita dei figli, periodo in cui il cervello è come una spugna ed
assorbe tutto – di bene e di male - con grandissima facilità, e con un lavoro
di assistenza a domicilio, rivolto alla figura cruciale dell'educazione: la
madre (ed al padre), per una vera rivoluzione culturale”.
Allego questa recente,
autorevole conferma delle mie osservazioni. Ho colto l'occasione per scrivere ad uno degli autori della ricerca, il Prof. Andrea Ichino, ed inviargli i miei 4 post sull'educazione. [•]
UNA
RICERCA OSSERVA UN EFFETTO NEGATIVO DELLA SUA FREQUENTAZIONE A 0-2 ANNI SUL QI
DELLE BAMBINE CON FAMIGLIE PIÙ AGIATE – POTREBBE ESSERE CHE NEI PRIMI
ANNI DI VITA LE INTERAZIONI “UNO A UNO” CON GLI ADULTI SIANO ESSENZIALI PER LO
SVILUPPO COGNITIVO E CHE A QUELL’ETÀ LE BAMBINE SIANO PIÙ IN GRADO DI
BENEFICIARNE
di
Margherita Fort, Andrea
Ichino e Giulio Zanella
[•] Dialogo breve tra il Prof. Andrea Ichino e me sulla dannosità degli asili nido
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2853581.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2017/01/dialogo-breve-tra-il-prof-andrea-ichino.html
http://vincesko.blogspot.com/2017/01/dialogo-breve-tra-il-prof-andrea-ichino.html
Aggiornamento (16.04.2017)
Bambini, quel che si impara prima dei cinque anni
influenza il resto della vita
Lo
studio Abecedarian Project segue cento individui da 45 anni. La qualità della
vita da adulti dipende molto da quel che si è appreso da piccolissimi. I
vantaggi si fanno sentire per quanto riguarda il successo sul lavoro ma anche
la solidità del rapporto con i genitori
di VALERIA PINI --14 aprile 2017
“Abbiamo dimostrato che se forniamo educazione
di qualità ai bambini che vivono in situazioni di disagio sociale possono
raggiungere ottimi traguardi da grandi”.
Aggiornamento
(07.05.2017)
"Bambini, troppo tablet può causare ritardo del
linguaggio"
Lo
sostiene una ricerca presentata al 2017 Pediatric Academic Societies Meeting. Se tra i sei
mesi e i due anni si passa molto tempo a giocare con lo schermo, aumenta il
rischio di avere problemi nella crescita
di VALERIA PINI
-
04 maggio 2017
http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2017/05/04/news/troppo_ipad_per_i_bambini_troppo_piccoli_potrebbe_causare_problemi_del_linguaggio-164629506/
http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2017/05/04/news/troppo_ipad_per_i_bambini_troppo_piccoli_potrebbe_causare_problemi_del_linguaggio-164629506/
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