A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.
Post n. 59 del
10-03-11 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Il ruolo delle donne,
tra famiglia e politica
Pubblico un mio commento
sul ruolo delle donne ‘postato’ in Repubblica/blog-Amato-Percentualmente
Bisognerebbe interrogarsi su chi o che cosa fa sì che
quella italiana sia una società bloccata (vedi il ‘post’ precedente) o disequilibrata (v.
questo ‘post’).
Quando un fenomeno è antico, profondo e diffuso, c‘è sempre una dimensione prevalentemente storico-culturale.
Il nostro è un popolo antico, cinico e mammone.
I soggetti principali, checché se ne dica,
che hanno agito e continuano
ad agire in profondità e ne costituiscono il sostrato culturale
più autentico - e conservatore - sono,
da una parte, mamma-Chiesa -
oscurantismo, nepotismo, controriforma, anti-giansenismo (non è l’uomo che si deve elevare per meritare la grazia, ma il contrario) e, dall’altra, la donna-mamma, soggetto dominante nella sfera privata. In Italia,
soprattutto al Sud, vige il matriarcato.
Senza studi particolari: a me consta personalmente,
inferendolo dalla cerchia familiare allargata e da quella amicale.
Il disequilibrio tra i
generi, nella dimensione pubblica, e quindi anche nei rapporti economici, è conseguenza del matriarcato.
Una giovane amica sostiene che
“E’ una discriminazione che partendo dal
disequilibrio fra i ruoli all’interno della famiglia” richiede di “cominciare a
condurre un’adeguata campagna d’informazione sulla realtà del mondo femminile
italiano, a partire dalla scuola”.
Io ho obiettato: “Scusami,
come a partire dalla scuola? Nasce in famiglia e vuoi partire dalla scuola? E’
un po’ come chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Vuoi curare la
“malattia” (non si guarisce quasi mai dalle malattie) anziché prevenirla, che è
più facile e meno costoso? La logica – scrive Musil ne “L’uomo senza qualità” –
è quella cosa scomoda che fa discendere il significato di una frase da quella
precedente. Perché trovi “scomodo” collocare il problema là dove esso ha
origine? Comunque mi sono accorto che parecchi, soprattutto donne, trovano
“scomodo” partire da lì.
Ella sostiene ancora (in linea con ciò che è scritto in questo ‘post’): “Secondo le
statistiche le donne si impegnano di più negli studi e ottengono risultati
migliori rispetto ai maschi”.
Io ho obiettato: “Questa è un
po’ una leggenda metropolitana, almeno per i ragazzi di Scuola Media: secondo
il Rapporto 2009 dell’INVALSI (par. 4.2, tavv. 6 e 6a), al Centro-Nord le
ragazze sono più brave in italiano, i ragazzi in matematica; al Sud non ci sono
differenze. Dopo, non so, forse, un 5-7% di donne raggiunge anche l’eccellenza,
ma il restante 93-95%?”. (I laureati, in fondo, sono soltanto 160 mila
all’anno).
Ella sostiene ancora: “Molte ragazze hanno semplicemente perso la
volontà di battersi davvero per qualcosa”.
“Ecco, le ho detto, questo è
il punto cruciale: solo lottando si ottengono le cose, se le donne rinunciano a
farlo, siamo tutti fritti. In Italia, soprattutto al Sud (da secoli), pare
sussistere una sorta di “divisione nazionale del potere”: le donne comandano in
casa (e forse nella scuola), gli uomini fuori dalla casa; urge un riequilibrio
e una redistribuzione del potere politico, ma le donne latitano: perché? Se un
fenomeno è così esteso, antico e profondo, vuol dire che ha una valenza e una
dimensione “culturale” e quindi esige una soluzione “culturale”, cioè
educativa, a partire dalla famiglia e dal suo perno educativo: la madre. Scrive la psicanalista Simona
Argentieri - una delle protagoniste del dibattito su l’Unita sul silenzio delle donne - (in “Specchio delle mie brame”,
Psycomedia) che il rapporto con la madre è fondamentale nella costruzione della
personalità di ciascuno e parla di “primitivo
imprinting relazionale”.
Occorre una rivoluzione
culturale; occorre che la donna rinunci
ad una parte del suo potere tra le mura domestiche - dove si formano i paradigmi culturali,
che deve contribuire a cambiare -, a favore di un suo più marcato ruolo pubblico, di una presenza
più incisiva nei posti dove si fanno le leggi, che sono in rapporto biunivoco con il retaggio culturale: ne sono influenzate e lo influenzano.
Occorre essere consapevoli che la questione femminile, a
ben vedere, è il nodo cruciale italiano, dalla cui soluzione dipendono tante altre questioni: dallo sviluppo economico alla parità
uomo-donna, alle disuguaglianze di reddito e di ricchezza, alla scuola,
all’educazione, alla tv, alle aziende, al Mezzogiorno.
Nessun commento:
Posta un commento