lunedì 23 marzo 2015

Questione femminile, questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo

A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 25 del 21-12-2010 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Questione femminile, questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo

“Lo scopo principale della vita da cui dipendeva ogni felicità” (Lev Tolstoj, Anna Karenina).
Ciascuno di noi è il prodotto di due fattori: i geni e l’educazione: il primo è una variabile non controllabile, un dato immodificabile, a meno che non si prenda in considerazione l’eugenetica; il secondo è invece una variabile controllabile, attraverso l’interazione con l’ambiente: familiare, scolastico, sociale. Possiamo chiamare questa interazione “educazione”.
Il processo educativo dovrebbe svolgersi considerando, nell’ordine indicato, questi tre ambiti.

***

Il problema del Sud e quello della questione femminile vanno affrontati e risolti insieme, alla radice, attraverso  l'educazione, che deve cominciare nel luogo giusto – la famiglia – ed investendo sulla figura fondamentale – la madre - nel periodo giusto – durante la gravidanza e nei primi 3 anni di vita dei figli. In tal modo, non solo possiamo educare ad essere bravi genitori, che è un mestiere difficile e pressoché nessuno lo insegna, evitare la condanna di Sisifo di continuare a fare un lavoro inutile dopo, prevenire ed assistere il 20% di casi di donne che vanno in depressione – con esiti talora drammatici - o di bambini con problemi psichici, ma anche riuscire a porre solide basi per una vera, autentica, necessaria rivoluzione culturale.
La riforma culturale è un obiettivo essenziale, e di lungo termine, che deve basarsi prioritariamente sul coinvolgimento delle donne, in particolare le madri, che devono diventarne l'oggetto ed il soggetto principale, per approcciare finalmente il problema del Sud non soltanto con misure economiche (rivelatesi in 150 anni insufficienti), ma, parallelamente, anche culturali, con oggetto e soggetto appunto le donne, trasformandole da problema e spesso fattore di conservazione in risorsa e motore del cambiamento.
La mafia è solo uno degli aspetti della questione meridionale; altri aspetti salienti sono la classe dirigente, il funzionamento dell'Amministrazione Pubblica, lo sviluppo economico, la dotazione infrastrutturale e, appunto, la questione femminile (disoccupate al 70%). Ciascuno di questi aspetti richiede un'analisi specifica e soluzioni specifiche, ma tutte sono insufficienti se non vengono accompagnate da una profonda riforma culturale.
I processi culturali hanno un'evoluzione lentissima, si possono accelerare solo mediante un grosso lavoro in ambito educativo. Nel caso in esame, ho individuato la variabile critica nel ruolo della madre nell’educazione dei figli, durante la gravidanza e nei primi 3 anni di vita dei figli, periodo in cui il cervello è come una spugna ed assorbe tutto – di bene e di male - con grandissima facilità. Per cui ho pensato al seguente progetto educativo, da sviluppare prioritariamente nelle regioni meridionali e poi nel resto d'Italia.
Si tratta anche, in definitiva, della costruzione delle premesse della maggior "felicità" possibile delle nuove generazioni: quale obiettivo più importante, prioritario di questo?

PROGETTO EDUCATIVO
La mia proposta è questa: in Italia ogni anno nascono 500.000 bambini, quindi ci sono 500.000 madri in gravidanza, occorre e conviene investire su di loro, attraverso un programma strategico pluriennale di assistenza a domicilio alle mamme in gravidanza e nei primi 3 anni di vita dei figli (e ovviamente ai padri), che poi, su questa solida base, si svilupperà – ma solo dopo – attraverso la scuola e gli altri organismi sociali. [*]
A tale scopo, verrebbe selezionato e formato rigorosamente (con stage anche all’estero), attingendo tra gli psicologi, i pedagoghi, gli assistenti sociali, ecc., un piccolo esercito di 25.000-50.000 Assistenti-educatori a domicilio (sulla falsariga degli Health Visitor finlandesi), diretti secondo standard elevati di efficacia-efficienza-qualità e basandosi sul concetto di prevenzione, più semplice ed efficace e meno costoso degli interventi ex post.
Per la copertura finanziaria (500 mln?), si potrebbero sia utilizzare risorse preesistenti, sia riorientare gli ingenti fondi attualmente spesi in progetti educativi inefficaci, mirati a bambini e bambine dai 6 anni in su (quando è già troppo tardi), gestiti da Regioni, Province, Comuni, organismi terzo settore, laici e religiosi, in tutte le Regioni italiane (!).
Che cosa dovrebbero fare gli Assistenti-educatori? A mio avviso, principalmente, tre cose:
1. EDUCARE CHE E’ L’AMORE INCONDIZIONATO DELLA MADRE E DEL PADRE il “mattone” fondamentale del carattere di un bambino, la materia prima per farne un individuo “forte”. Qualcuno obietterà: ma è necessario farli andare a domicilio? Io rispondo: sì, perché – come ha scritto Michele Serra su la Repubblica e come l’esperienza insegna - “l’amore non è obbligatorio mai, nemmeno tra genitori e figli”. Solo un rapporto diretto, empatico è capace di “sciogliere” le non rare resistenze.
2. EDUCARE AD IMPARTIRE AI FIGLI UNA DISCIPLINA CONGRUA: NE’ POCA NE’ TROPPA, a cui va aggiunta la trattazione di temi come: il rispetto delle regole, il senso civico, la propensione al rischio e l'abitudine negativa alla lamentela (la lamentela è peccato!).
3. EDUCARE A DARE UN’INFORMAZIONE SESSUALE , o meglio, secondo Freud, in particolare per le bambine, una NON REPRESSIONE DELLE CURIOSITA’ SESSUALI (ovviamente quando queste saranno esplicitate).
Il resto, lo lascio decidere agli esperti. Aggiungo soltanto l’educazione alla lettura (cominciando da quella delle fiabe, fin dalla gravidanza), che è - non tutti lo sanno - una passione che si prende da piccoli, dopo è molto difficile. Sono le donne (madri) le artefici del loro destino di cittadine a tutto tondo e di quello dei figli.
Su questa solida base, poi potrà essere sviluppato il lavoro della scuola.

Raccomandazioni conclusive (Ipotesi ideale)
Poiché la variabile critica è l'educazione - la cui fase fondamentale è quella della gravidanza e della primissima parte dell'infanzia - e le soluzioni parziali e di basso profilo sono inefficaci, occorre:
a) attribuire al Progetto Educativo carattere di priorità massima e dargli applicazione universalistica;
b) “commissariare” le Regioni del Sud per l'attuazione del Progetto Educativo quinquennale o decennale, centralizzandone la gestione e affidandone la responsabilità ad un team altamente qualificato misto italiani-stranieri, presieduto da uno straniero (finlandese?);
c) selezionare gli Health Visitor secondo criteri di merito in linea con quelli europei; provvedere al loro addestramento attraverso stage anche all'estero;
d) creare una sorta di gemellaggio (o adozione) di scopo Regione del Sud/Regione del Centro-Nord/Regione estera;
e) stabilire una griglia di obiettivi-modalità di applicazione-controlli severa;
f) definire un contenuto formativo in linea con quelli analoghi europei, ma ovviamente ampliato ed adattato in rapporto all'esigenza di colmare il gap culturale specifico;
g) a fini di continuità, realizzare uno scambio periodico con la scuola materna, alla quale va trasferita almeno la conoscenza del know how.
(Riferimenti teorici: Alice Miller, Massimo Ammaniti. Sigmund Freud).

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Ho pubblicato questo 'post' in un altro forum, qualcuno mi chiese se, per il progetto educativo, mi fossi ispirato alla Montessori. Rispondo di no, e provo a raccontarlo, a chi legge ed a me stesso.
Le mie fonti di riferimento e d'ispirazione sono state, in ordine cronologico:
1) la mia esperienza; 2) Alice Miller; 3) Sigmund Freud; e 4) il Prof. Massimo Ammaniti.

1. Esperienza
La mia riflessione inizia nel 1994, quando, essendomi separato, ho conosciuto varie donne, carine e single (le uniche che m'interessassero), apparentemente normali, ma invece con seri problemi psicologici,  riconducibili sempre – avendone ricevuto le confidenze – ad un cattivo rapporto con i genitori: padre “assente” e madre troppo “presente” (autoritaria, repressiva, castrante).
Poi, per ragioni di lavoro, ho selezionato e formato centinaia di persone, soprattutto donne.

2. Alice Miller
Ho incrociato Alice Miller leggendone un'illuminante intervista rilasciata a Luciana Sica, la Repubblica del 16.1.1999, intitolata significativamente “Gli anni del lupo nero”, sull'effetto che hanno - sulla vita adulta, sulla capacità di amare, sui rapporti con gli altri – le primissime esperienze di amore o di dolore, quelle che non si ricordano e affondano nell'inconscio più oscuro.

3. Sigmund Freud
E' l'unico autore di psicologia di cui abbia letto - quasi tutte - le opere (nell'edizione I Mammut, Newton). E' superfluo evidenziarne la ricchezza di apporti, talora addirittura geniali, alla comprensione degli effetti delle prime e primissime esperienze infantili, delle relazioni figli-genitori, del peso della libido e delle curiosità, dei bisogni e delle esperienze sessuali frustrati.

4. Massimo Ammaniti
Anche di Massimo Ammaniti, pur avendolo ascoltato più volte in tv, è stato fondamentale leggerne un articolo, anch'esso pubblicato su la Repubblica, il 26-7-2007, “Bambini, prendiamo esempio dalla Finlandia” (che allego), in cui viene illustrato il cosiddetto metodo finlandese degli Health Visitor (assistenti alla salute), che hanno il compito di sostenere la madre ed il padre durante la gravidanza e nei primissimi anni di vita del figlio. [*]


Avendo le idee abbastanza chiare sul da farsi, ne ho fatto un mio hobby, diciamo così, e, nel tempo libero, sono passato all'azione.

In primo luogo, ho individuato e contattato alcuni interlocutori, pochi e del massimo livello possibile. Nell'ordine: 1° il candidato dell'Unione, Romano Prodi (fine gennaio 2006); 2° la presidente della Commissione Cultura della Regione Campania, Luisa B. (inizio luglio 2006); e 3° l'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe (inizio dicembre 2007).

Romano Prodi – l'ho già scritto - mi rispose che condivideva l'esigenza di accompagnare le misure economiche per il Mezzogiorno con una vera e propria riforma culturale.

Luisa B. (di professione insegnante di liceo) – attualmente senatrice PD -, mi rispose telefonicamente – luglio 2006 - che condivideva la mia analisi ma non totalmente (la parte sugli effetti della carenza d'informazione sessuale, ma poi ho capito il motivo: ella è soprannominata la “suora laica”), ma che era interessatissima ad incontrarmi dopo le ferie estive. Non mi ha mai chiamato.

Il cardinale Sepe – persona franca, perspicace e concreta -  mi scrisse in risposta, nello stesso mese di dicembre, una bella lettera di apprezzamenti per i miei suggerimenti, “di cui – scrisse – terrò conto in modo adeguato”. Ed infatti, nel marzo 2007, seppi casualmente, leggendone il resoconto su la Repubblica, (vedi allegato) che aveva costituito alcune commissioni di lavoro, la prima delle quali era stata denominata – come da me suggerito - “Educazione e formazione” (che contiene un errore da me voluto, una tautologia, poiché la formazione fa parte dell'educazione, che, nell'accezione anglosassone, è appunto  formazione tecnica, intellettuale e morale). La cosa che mi meravigliò moltissimo è che questa iniziativa - era scritto nell'articolo – segnava una “nuova primavera del laicato cattolico” e  che “questo primo marzo sarà ricordato nella storia della Chiesa napoletana come l'inizio di una nuova stagione”.

Nello stesso periodo, ho proposto la realizzazione del mio Progetto Educazione a:
- un circolo di area PD (anche se il PD formalmente non era ancora nato);
- l'Assessora del Comune (di sinistra) dove risiedevo.
Ho incontrato un muro. Il circolo, dominato dal boss politico locale, si è defilato.
L'Assessora, insegnante di Scuola Media, con nomea usurpata di donna dinamica, aperta e moderna, sebbene ci fosse la possibilità di usufruire di parte degli ingenti fondi stanziati dalla Fondazione per il Sud (emanazione delle fondazioni bancarie), retta allora da Savino Pezzotta (300 milioni di € in 10 anni) -  ed io, resomi conto che il “ni” dell'Assessora in effetti era un 'no', avessi organizzato, contattando prima l'ASL (indisponibile: ha ragione il prof. Ammaniti), poi un gruppo di psicologi ed assistenti sociali (disponibili per la funzione di health visitor) e quindi le associazioni onlus locali  (indisponibili per il mio progetto) – l'assessora, dicevo, si rifiutò di presentare il mio progetto (assistenza a domicilio alle mamme in gravidanza e nei primi 2-3 anni di vita del figlio), preferendo quello suo tradizionale – inefficace, anche perché le mamme, come ella stessa mi confidò, dopo un po' non portano i figli nelle sedi dei corsi di assistenza  - mirati ai bambini dai 6 anni in su, quando è già troppo tardi. Un bell'esempio di come al Sud si sprecano i soldi.

Contrariamente a quel che pensassi, e cioè che il mio progetto fosse una novità assoluta per l'Italia, ho scoperto l'anno scorso che un progetto analogo è stato finanziato con fondi europei proprio dalla mia Regione, la Campania, con delibera del dicembre 2006. Sono riuscito con notevole difficoltà (dal momento che la dirigente responsabile del bando era sempre assente) ad ottenere nel settembre scorso l'elenco dei progetti presentati e approvati. Ho contattato 3 dei 9 soggetti vincitori: il Comune di Napoli, un consorzio di Comuni della provincia di Avellino ed un consorzio di Comuni della provincia di Salerno. A distanza di tre anni dall'emanazione del bando, il 1° non era ancora partito; il 2° era partito, ma la responsabile è stata molto reticente nel fornirmi informazioni; il 3° era partito, lo stava attuando e mi ha inviato la brochure con l'illustrazione del progetto: molto simile al mio, tranne nel fatto – per me sostanziale - che le famiglie assistite sono soltanto quelle a rischio (drogati, poveri, minorenni, ecc.).

Considerazioni conclusive:
- i fondi spesso ci sono, ma vengono sovente impiegati male;
- la PA si conferma uno dei punti critici del sistema; l'esperienza suffraga la validità della tesi di Alberto Statera, espressa nella formula “1/3, 1/3, 1/3”: un dipendente pubblico ci va e lavora; un altro ci va e non lavora, l'esecrato fannullone; un terzo non ci va affatto, il famigerato assenteista.
- quel che conta per la PA è il rispetto della forma, non dell'efficacia-efficienza nell'uso delle risorse;
- c'è una forte presenza di donne nella PA ed in particolare nella gestione di questi progetti nell'ambito dell'educazione (psicologhe, assistenti sociali, ecc.); spesso non sono un esempio migliore degli uomini o comunque di apertura al nuovo, di ricerca di standard qualitativi migliori;
- si ripropone, come nella scuola, l'esigenza di un riequilibrio docenti/operatori maschi/femmine;
- oppure, di riformare i paradigmi educativi secondo canoni meno “repressivi”, soprattutto in famiglia;
- per chi non è del Sud è difficile capire che uno dei pilastri della cultura meridionale – probabilmente il portato del cattolicesimo e che si tramanda di generazione in generazione - è l'invidia ed il conservatorismo sociale - l'altra faccia del “noi siamo dèi” (cfr. Il Gattopardo) -, per cui, invece che considerarlo uno stimolo all'emulazione  ed al miglioramento, si giudica negativamente il successo dell'altro ed impera un meccanismo automatico, una sorta di riflesso condizionato delle persone, che sono “costrette” a  frenare qualunque iniziativa privata o, soprattutto, pubblica; e favorisce una omologazione in cui poi riescono a prevalere sempre gli stessi, non sempre i migliori.

- detto da non credente, comunque, la Chiesa svolge in alcune realtà – come ad esempio Napoli - spesso un ruolo di supplenza dello Stato e di autorità morale di riferimento.

P.S.: Ho provato ad applicare il mio metodo con mia figlia, da un anno mamma: pare che funzioni. Ma di questo ho parlato per esteso in un altro forum. Qui, posso sinteticamente dire che le azioni sono state:
- lettura alla bimba già durante la gravidanza (è molto importante farlo con voce dolce ed espressiva);
- fissazione, ripetizione ed applicazione del concetto base: “molto amore e disciplina congrua, la cui combinazione costruisce un carattere forte, che procurerà molto meno problemi alla madre (e al padre) in futuro”;
- assistenza effettuata da me telefonicamente per contrastare e battere – solo col dialogo - una leggera “depressione” post parto;
- fondamentale è il rapporto empatico.

[*] Il periodo fondamentale è la primissima infanzia, ma ovviamente anche l'educazione e l'esperienza successive hanno un'incidenza più o meno grande.
La figura fondamentale – che dà l'imprinting – è di solito la madre, ma anche il padre è importante; e possono svolgere un ruolo importante – talora addirittura di surroga – i parenti (zii, nonni) o esterni alla famiglia, come insegnanti o amici di famiglia. La stessa Alice Miller, che ho citato più sopra, nell'intervista a Luciana Sica confida: "Devo aver sofferto molto da piccola (...) Purtroppo ho avuto una madre convinta del valore di un allenamento molto precoce all'obbedienza (...) più tardi mi sono resa conto che la graziosa e collaborativa bambina che divenni più tardi era anche il prodotto di precoci punizioni fisiche", severità - per sua fortuna, ella dice - compensata da "zie e cugini che mi hanno amata senza obbligarmi alla disciplina"; sostiene anche – ed è questo a mio avviso l'assunto fondamentale - che, se il bambino ha visto e provato che l'amore esiste, sarà sempre sicuro e forte.
Ovviamente esistono anche i cosiddetti "bambini invulnerabili", i quali, a dispetto dei loro pessimi genitori, possono contare sulle loro risorse e vanno comunque tranquilli e spediti nella vita. Come esistono, purtroppo, bambini difficilissimi, problematici, figli di genitori esemplari. Va da sé che, normalmente, madri (genitori) "cattive" educano figli "cattivi", a meno che - come afferma Alice Miller - questi ultimi non siano così fortunati da incontrare un modello di riferimento compensativo positivo, dentro o fuori la famiglia, "un testimone soccorrevole, un qualcuno che ama ed ha fiducia in loro". Ella afferma ancora che: "Se il bambino ha ricevuto molto amore nell'infanzia, soprattutto nei primi tre anni di vita, una volta a scuola non verrà influenzato da compagni distruttivi; non avrà bisogno di droghe per colmare i vuoti, coltiverà un atteggiamento di fiducia, cercherà persone amorevoli e le troverà. Perché sa che l'amore esiste e come ci si sente ad amare e ad essere amati".
E' stata proprio la lettura dell'intervista ad Alice Miller, che cadeva in un periodo per me di grossa riflessione, legata alla mia personale esperienza di alcune donne con seri problemi psicologici, originati da un cattivo rapporto con una madre “castrante”, a farmi capire l'importanza fondamentale del ruolo di quest'ultima e a porre attenzione sulle conseguenze, anche gravi, di un rapporto madre-figlia basato sul “non-amore-sano” e sulla repressione sessuale.
E' superfluo dire che considerazioni analoghe valgono, specularmente, per i maschi nel rapporto col padre. 
Ne discende, quindi - e torno ai tre elementi indicati nel Progetto Educativo – che occorre  basare il rapporto genitori-figli e quindi l'educazione essenzialmente su: 1) amore incondizionato; 2) disciplina congrua (che in definitiva vuol dire il giusto mix di sì e di no); 3) la non repressione delle curiosità sessuali (la repressione sessuale comincia da lì), quando queste si manifestano, cioè dai tre anni in poi. L'amore della madre (dei genitori) verso i propri figli piccoli (unito ad una disciplina congrua, e sottolineo l'aggettivo) è dunque la chiave di volta per far sì che tanti individui, femmine e maschi, delle future generazioni possano essere non soltanto meno infelici (e quindi meno dispensatori d'infelicità agli altri), ma persone forti, equilibrate, serene, realizzate.
  
***

Poiché ora mi va di raccontarla e la ritengo – nonostante e forse proprio per le terribili resistenze, che ho riscontrato, sia delle mamme che di tanti operatori del settore – davvero utile (ma è fondamentale l’assistenza a domicilio), aggiungo qui la mia esperienza per esteso di neo nonno (2009).
Premessa: mia figlia abita in un’altra provincia e per un anno e mezzo non era riuscita a restare incinta. Ho approfittato di un’occasione ed ho avuto un colloquio con lei, nel corso del quale – seguendo una mia intuizione – ho affrontato esplicitamente l’argomento delle curiosità sessuali (cfr. ‘3d’ “Curiosità sessuali represse e sviluppo intellettuale”), ma prima le ho chiesto semplicemente se fosse curiosa in generale. Mi ha risposto che non lo era molto. Le ho allora prospettato che questa sua carenza di curiosità generale potesse essere correlata alle curiosità sessuali represse della sua prima infanzia e soprattutto alla violenta frustrazione da lei subita ad opera della madre, quando quest’ultima aveva saputo che, lei dodicenne, aveva iniziato un flirt con un ragazzo diciottenne.
Repressione che si aggiungeva ad un – presumo lungo – lavorio di plagio psicologico da parte della madre (che l’aveva subito a sua volta da sua madre: la famigerata “catena”) sulla figlia, che avevo costatato – con mia profonda costernazione – 3 anni prima, quando aveva 9 anni, e che io purtroppo, per mia colpa, non decisi e/o non fui in grado di contrastare efficacemente. Repressione sessuale che forse le procurò poi persino un accenno di barba, ostinata alle cure laser.
Restammo a chiacchierare per un’ora, poi ci salutammo. Un mese dopo circa – fortunata e casuale coincidenza – seppi che era incinta.
Durante la gravidanza, le ho parlato più volte del mio progetto educativo. Le ho anche segnalato un libro di un pediatra francese che consiglia di leggere al figlio già quando è ancora nella pancia. Ella l’ha fatto, appunto.
Alla nascita, la bambina non pesava molto ed ho visto mia figlia un po’ delusa per questo – ma ella non è mai del tutto soddisfatta – anche perché il bambino dell’altra ragazza che divideva la stanza con lei era invece enorme.
Poi non ci siamo visti per 3 mesi, ma io ho cominciato a telefonarle periodicamente. Avvertivo dalla voce che era giù. Le pesava il fatto che non fosse più libera di uscire (lei che fin da piccola era sempre la prima ad uscire e l’ultima a rientrare). Le rammentavo le “regole” del progetto: molto amore e disciplina congrua, di parlare dolcemente alla figlia, ma sentivo dalla voce che enfatizzava l’esigenza di disciplina piuttosto che quella dell’amore, cosa che mi sono preoccupato di contrastare. Ad ogni telefonata era lo stesso. La bambina, comunque, molto coinvolta e stimolata, reagiva bene e, ad esprimere la sua voglia di partecipare, dormiva relativamente poco e ad un certo punto – non rammento esattamente quando – “pretendeva” di avere la cornetta per ascoltare la voce ed era in grado di distinguerla dal telefono-giocattolo, che le avevano procurato, che invece rifiutava. Dopo varie telefonate, lo stato d’animo di mia figlia non migliorava granché. Ho tentato con vari argomenti, ma inutilmente. Finché un giorno ho trovato la chiave giusta. Le ho detto, come al solito: “Tu vuoi che tua figlia diventi una persona forte? Allora devi darle molto amore ed un pò di disciplina e… – ho aggiunto – …se sarà una persona forte, ti darà pochi problemi”.
L’accenno al vantaggio futuro per lei spazzò via magicamente ogni forma di “depressione” e… la voce – veicolo fedele e spia infallibile dei sentimenti più riposti – la sua voce, cambiò in maniera evidente: diventò “sorridente” e così rimase tutte le volte successive, e, quando raccontava di sua figlia, si percepiva con evidenza che la piccola aveva smesso di essere un peso ed era diventata una fonte di gioia quotidiana.
La bambina, che ha ora 7 mesi e mezzo, per giudizio unanime è sempre serena, si lascia prendere in braccio da tutti, partecipa in maniera incredibile a tutte le vicende; un mese fa, al compleanno di mia figlia, che come al solito aveva invitato una cinquantina dei suoi tantissimi amici (somiglia in questo a sua madre), è rimasta sveglia e partecipe fino all’una di notte, perché credeva di essere lei la festeggiata. Quando si sveglia, è contenta se la mamma la prende in braccio e la coccola, ma se invece la madre è impegnata non piange mai e si dedica tranquilla ai suoi ninnoli.
La nonna ha usato un’espressione che ritengo azzeccata: la bambina sembra “sicura”. Perché è quello che usa dire Alice Miller: il bambino è sempre sicuro e forte quando ha visto e provato che l’amore esiste.
Quattro ultimi aspetti vorrei rimarcare:
a) la necessità di “formare” anche il padre serve anche affinché non adotti, anche in buona fede, un comportamento difforme da quello della madre, il che è sempre un fatto negativo, perché ritengo che la difformità di comportamento padre-madre sia sempre un ostacolo ad una efficace, corretta ed armonica educazione;
b) l’empatia deve essere elemento fondamentale della relazione Assistente-Genitori;
c) andrebbe evitato assolutamente, secondo me, un uso della televisione come strumento di intrattenimento del bambino;
d) infine, il cervello del bambino è come una spugna, dipende dai genitori plasmarlo. A me capitò con mia figlia che – aveva pochissimi giorni – piangeva disperatamente di notte quando il ciucciotto le cadeva dalla bocca: mi svegliavo e correvo – letteralmente – a rimetterglielo; bastarono pochi giorni perché ella capisse che poteva contare su di me ed allora non strillava più, ma faceva solo gué gué come a chiamarmi e la trovavo già con la boccuccia aperta per ricevere il ciucciotto. O che con noi si addormentava normalmente nella culla e non in braccio, ma bastò un solo giorno con la nonna, appena finito il permesso per puerperio della mamma, per annullare quasi tutto il lavoro fatto: forse bisognerebbe istruire anche le nonne.
Ultimo aggiornamento.
Prima della chiusura di questo forum, do un ultimo aggiornamento sulla crescita della mia nipotina, che ha appena compiuto un anno e mezzo.
Questo Natale ha ricevuto parecchi giocattoli in regalo, ed ovviamente ci passa il tempo a giocare. Ma mia figlia mi ha detto che l’oggetto col quale passa più tempo è il libro. Lo sfoglia, guarda le immagini e col ditino segue la didascalia e (non so come dire) con suoni inarticolati “abbozza” – ad imitazione della madre – la lettura.
PS: suggerisco di guardare la puntata di RAI3-“Ulisse” di sabato 30.4.2010, che ne ha trattato


P.P.S.:
Aggiornamento (commento del 23-06-2011 su "Repubblica", blog "Percentualmente"):
Qualche mese fa (29 gennaio 2011), su Radio3, ho ascoltato l’intervista ad una professoressa sul tema della “Resilienza” (la resilienza è la proprietà di alcuni corpi che quando subiscono un urto non solo non si rompono, ma restituiscono energia cinetica), in rapporto ai sopravvissuti ai lager nazisti, che, nonostante la loro terribile esperienza, sono riusciti ad avere un’esistenza normale, talora di successo. L’esperta ha indicato alcuni fattori.
Fattori protettivi:
1. caratteristiche individuali (in piccola parte);
2. famiglia in cui si è vissuto;
3. ambiente (soprattutto)
Se la famiglia d’origine ha svolto una funzione educativa tenendo insieme la dimensione affettiva e la dimensione etico-normativa, questo ha costituito un fattore protettivo enorme.
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-b754e547-258f-47f6-8efe-98c4dc89519b.html#
Le moderne neuroscienze hanno dimostrato che il cervello di un bambino appena nato possiede già l’intero patrimonio di neuroni (circa cento miliardi http://it.wikipedia.org/wiki/Neurone ), che però sono pressoché privi di collegamenti fra di loro. Lo sviluppo dei collegamenti (assoni e sinapsi) avviene gradualmente nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. I collegamenti (in media circa diecimila per ciascun neurone) sembra si sviluppino per caso ma si stabilizzino (si fissino) soltanto se vengono “utilizzati” (gli altri si atrofizzano).
Questa plasticità del cervello infantile e adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei giovani fin dalla prima infanzia, anzi essa deve cominciare già durante gli ultimi mesi della gravidanza. L’istruzione determina quali sinapsi si fisseranno e quali no.
Non ci sono differenze, quindi, nel patrimonio di neuroni; ci sono differenze nel modo in cui i neuroni si collegano l’uno all’altro, e questo modo è fortemente dipendente dall’educazione.
E’ questo, gli effetti dell’educazione, un argomento fondamentale che, da non esperto, mi appassiona da una quindicina d’anni. Ho provveduto a divulgarne le acquisizioni ed a fare delle proposte.
Da circa 2 anni e mezzo che frequento il web, ne scrivo, prima – nella versione completa e dettagliata, corredata di vari articoli sul tema e con la mia esperienza di neo nonno “Il ruolo della madre nell’educazione dei figli” – nel forum di Libero (ormai chiuso), poi in un altro, di politica; da ultimo in questo lungo ‘post’ nel mio blog, che ho già allegato qui (“Questione femminile,questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2580796.html ).
Dove ho ora aggiunto – ritenendola, nonostante e forse proprio per le notevoli resistenze che ho riscontrato, sia delle mamme che di tanti operatori del settore, davvero utile (ma è fondamentale l’assistenza a domicilio) – la mia esperienza per esteso di neo nonno (2009). Buona lettura.

P.P.P.S.:
Aggiornamento:

Lettera  a Marco Demarco, direttore del “Corriere del Mezzogiorno” – “Terronismo” [del 17-09-2011]
[…].
Educazione.
Fascia d’età critica.
Il periodo fondamentale è dalla gravidanza a 3 anni! E’ in questo lasso di tempo che si formano le sinapsi, che legano i neuroni, ma esse si fissano a condizione che vengano utilizzate/stimolate dall’educazione. Riporto il passo scritto da Valerio_38, che lo spiega bene:
Le moderne neuroscienze hanno dimostrato che la nostra specie è affetta da una eccezionale neotenia, cosicché il cervello di un bambino appena nato è ancora immaturo. Possiede già l’intero patrimonio di neuroni (circa cento miliardi), ma tutti quei neuroni sono pressoché privi di collegamenti fra di loro. Lo sviluppo dei collegamenti (assoni e sinapsi) avviene gradualmente nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, in parallelo alla vita fuori dall’utero. I collegamenti (in media circa diecimila per ciascun neurone) sembra si sviluppino per caso ma si stabilizzino (si fissino) soltanto se vengono “utilizzati” (gli altri si atrofizzano).
Questa plasticità del cervello infantile e adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei giovani fin dalla prima infanzia. L’istruzione determina quali sinapsi si fisseranno e quali no.

ed una mia integrazione:
Ho letto con interesse il tuo commento del 9.5 23:05 (poi gli altri) e l’ho condiviso interamente tranne in due punti: 1) laddove tu scrivi “Questa plasticità del cervello infantile e adolescente è la ragione che rende così importante l’istruzione dei giovani fin dalla prima infanzia”; e quando affermi: “Ma la distribuzione di queste differenze non dipende dalle latitudini, dipende dalla storia”.
Non dalla storia, ma dall’educazione, appunto, che deve cominciare già durante la gravidanza. […].



***

Riporto una serie di miei commenti esplicativi/integrativi pubblicati, in un altro forum, in calce al ‘post’ “Progetto educativo”, che ho pubblicato per la prima volta all’inizio del 2009.

Voi vedete, si discute - anche in tanti forum - all'infinito sul modo migliore di crescere ed educare i figli, se è più importante il ruolo della madre o del padre, se occorre concedere libertà ai figli o essere severi, e così via. Io, non esperto, sulla base di qualche buona lettura e di osservazioni empiriche, sono arrivato alla conclusione che il fattore fondamentale è l'amore della mamma durante la gravidanza e nei primi 3 anni di vita del figlio. Ne ho parlato anche in questo thread, accennando anche alla mia esperienza personale.
Ecco ora un'evidenza scientifica dell'utilità dell'amore materno nella primissima infanzia per la costruzione di un carattere forte dei figli.
Aggiungo soltanto che talvolta - come ho già avuto modo di affermare - tale consapevolezza da sola non è sufficiente, perché purtroppo chi non è stato amato da piccolo non riesce a dare amore a propria volta. Ecco perché ho proposto il Progetto Educativo. Va da sé che, se c'è consapevolezza del problema, ciascuna futura mamma, un progetto educativo individuale lo potrebbe mettere in piedi da sola. 

PSICOLOGIA
Baci e abbracci in culla contro il futuro stress
le coccole di mamma fanno adulti più forti
L'affetto materno è un'arma fondamentale per divenire adulti capaci di resistere alle tensioni quotidiane, più sicuri di sè, meno ansiosi e ostili. Lo psichiatra:"Il legame inizia già dal ventre materno". Ma attenzione a non adottare stili di vita malsani, potrebbero rovinare tutto
di Adele Sarno
27 luglio 2010
(…). Oggi un nuovo studio, pubblicato sul “Journal of Epidemiology and Community Health”, torna sul tema e tira in ballo la mamma. Secondo i ricercatori, la capacità di resistere allo stress da adulti è legata alla quantità di carezze e di affetto ricevute nei primi mesi di vita. Insomma, le coccole sono un'arma fondamentale per divenire adulti capaci di resistere alle tensioni quotidiane, per essere più sicuri di sè e meno ansiosi e ostili. […]
"Un buon rapporto con la mamma è fondamentale per la crescita di un bambino sano -conferma Claudio Mencacci, psichiatra all’ospedale Fatebenefratelli di Milano - basti pensare che il legame inizia già dal ventre materno. Un atteggiamento dolce e accogliente rende il bambino meno vulnerabile, lo fortifica e lo libera dall'ansia che troppo spesso causa stress". Insomma, ha ragione l'epigenetica: non tutti i caratteri ereditati dai genitori dipendono dal Dna, per questo è importante controllare che la gravidanza avvenga in maniera più serena possibile. "E gli effetti benefici sul bambino non riguardano soltanto la salute psicologica, ma anche quella fisica. Studi molto recenti - dice Mencacci - suggeriscono che un rapporto affettuoso con i genitori nei primi mesi di vita difende il bambino da diabete e dalle allergie". (…).
(27-07-10)

Nel mio Progetto Educativo, la fascia di età cui destinare l'assistenza a domicilio va dalla gravidanza a 3 anni, periodo fondamentale per la costruzione della personalità del bambino. E' già durante la gravidanza che deve cominciare la sua educazione, attraverso l'abitudine della madre di leggergli ad esempio delle fiabe, con voce dolce ed espressiva, o di fargli sentire della musica adatta. Alla scienza de "I primi nove mesi che delineano il resto della vita" dedica la copertina il magazine Time. 
GRAVIDANZA
Quei primi nove mesi che scrivono la nostra vita
Suoni, umore e sorrisi: un numero sempre maggiore di studi scientifici svela il ruolo del periodo pre-natale nello sviluppo dei bebè di ELENA DUSI
25 settembre 2010
ROMA - Non è affatto un periodo di attesa. Tra il concepimento e la nascita, il bambino sta costruendo il suo futuro. E oggi alla scienza de "I primi nove mesi che delineano il resto della vita" dedica la copertina il magazine Time, partendo dal titolo di un libro appena pubblicato in America da Annie Murphy Paul per Free Press. Un tempo si raccomandava giusto di non bere né fumare. Ora si moltiplicano gli studi che legano l'umore della madre, il suo stress, l'intonazione della voce, i suoni che raggiungono l'utero, l'attività fisica e la presenza di certi ormoni al benessere alla vita futura del bimbo: del suo corpo come della psiche. La madre è una porta verso il mondo esterno che il figlio sfrutta (e dal quale è influenzato) molto più di quanto non si ritenesse in passato. (…).
(25-09-10)

[…]. Poi, dal '72-73, passai a leggere “Il Corriere della Sera”, quando ne diventò direttore Piero Ottone, che chiamò a scrivervi Pierpaolo Pasolini (i famosi “scritti corsari”, tra cui quello memorabile del Processo alla DC). (cfr. '3d' “La Questione meridionale”). 
Faccio tre osservazioni:
1. Anche in questo forum ci sono “apocalittici” e “integrati”.
2. Una buona educazione impartita ai bambini piccoli deve contemplare l'assenza o dosi minime d televisione (quello della influenza nefasta della televisione è un problema drammaticamente sottovalutato dalla classe politica più illuminata o comunque mai affrontato come si dovrebbe).
3. Ricordo che anche Alberto Moravia, amico di Pasolini e che curava la critica cinematografica de L'Espresso, commentò la deriva esageratamente anticonformistica del film “Salò” e di tutta l'ultima produzione di Pasolini. Aggiungo, che anche lui, però, subì in parte, alla fine, la stessa, diciamo, “involuzione” nei suoi racconti brevi, pubblicati nella terza pagina del Corriere, su personaggi femminili, curiosamente raccontati in prima persona (questo mi colpì, perciò me lo ricordo ancora).

Pier Paolo Pasolini: le "profezie" di un corsaro apocalittico
di Roberto Carnero
25 settembre 2010
(…). Nel 1964 esce un saggio di Umberto Eco destinato a diventare celeberrimo. Si intitola 'Apocalittici e integrati"  e definisce, in relazione alle «comunicazioni di massa» e alle «teorie della cultura di massa» (come recita il sottotitolo), i due tipi di atteggiamento che l’intellettuale tende alternativamente ad assumere. Gli «integrati» sono coloro che valorizzano gli aspetti positivi della nuova realtà (la democratizzazione della comunicazione, l’accesso alla cultura consentito a gruppi sociali che prima ne erano esclusi, l’abbassamento del costo economico dei prodotti culturali, ecc.). Gli «apocalittici» sono invece coloro che evidenziano i risvolti negativi di tale situazione.
Ebbene, nell’ultima fase della produzione di Pier Paolo Pasolini (che sarebbe scomparso nel 1975), si riscontra, quasi ‘da manuale’, una fortissima insistenza proprio sulla negatività della moderna società dei consumi con tutti i suoi strumenti di comunicazione (e, per Pasolini, di manipolazione delle coscienze). Un degrado totale dell’intelligenza e dei valori autentici, da cui all’autore sembra che non ci sia via d’uscita. Da qui i toni cupi e disperati che caratterizzano i suoi ultimi lavori: l’ultima raccolta poetica, “Trasumanare organizzar"; il film "Salò" (uscito nelle sale postumo); il romanzo incompiuto "Petrolio".
Ma è negli "Scritti corsari"  (il volume che raccoglie interventi giornalistici, pubblicati, per lo più dal "Corriere della Sera", tra il 1973 e il 1975) che tutti questi temi trovano un riepilogo lucido e impietoso. Con elementi di previsione e vera e propria profezia su quanto sarebbe accaduto negli anni e nei decenni successivi, fino ad oggi, tanto da farne un libro di cui bisognerebbe proporre la lettura nelle scuole. Quasi una ‘summa’ del pensiero dell’ultimo Pasolini: un pensiero amaro e negativo.
Negli "Scritti corsari" Pasolini affronta vari argomenti: dalla politica ai mass media, dalla religione alla contestazione giovanile. Tutti però ruotano attorno a quella che egli chiama la «rivoluzione antropologica» che ha cambiato negli ultimi anni (dal boom economico in poi) la società italiana.
(…).«Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi». A questo si è arrivati grazie al ruolo decisivo della televisione e della pubblicità nell’imporre a tutti determinati modelli di comportamento. (…).
(Inviato:15-11-09   22:26)

Qui, più sopra, parlavo di educazione alla lettura e scrivevo: Io aggiungerei soltanto l’educazione alla lettura (cominciando da quella delle fiabe), che è - non tutti lo sanno - una passione che si prende da piccoli, dopo è molto difficile.
Riporto, qui di seguito, due interessanti ed utili articoli pubblicati sul Corriere della Sera, che spiegano bene le modalità ed i vantaggi di un’educazione precocissima alla lettura.

PSICOLOGIA
Bambini e libri: il decalogo
1. Per comunicare non è mai troppo presto
Fin dalla gravidanza parlate con il vostro bambino, cantate per lui. La vostra voce è un abbraccio che lo fa crescere
2.Cominciate a dare il buon esempio
Tenete molti libri in casa, fatevi vedere leggerli, toccateli: il piccolo è attratto da quello che fate
3. Presentate pagine piene di «faccine»
Il bambino a 6 mesi sta seduto, prendetelo in braccio e mostrategli un libro con figure di volti, magari i vostri
4. E ora i primi racconti: basta un minuto
Raccontate al bambino ciò che vedete sul libro e indicateglielo col dito, lui vi seguirà. Anche un solo minuto basta
5. A un anno regalategli il suo primo testo
A un anno il piccolo terrà un libro in mano per qualche momento, è una gran conquista.
Introducete ogni giorno una, due parole nuove. 
6. Il testo come base per un dialogo
Cominciate a leggere, indicando col dito non solo le illustrazioni, ma le parole. Fate domande al bambino. E rispondete alle sue
7. Ogni giorno un brano, ma in tutto relax
Dedicate un momento ogni giorno alla lettura. Ma se siete sfiniti, rinunciate: sareste cattivi lettori e l’effetto è controproducente
8. Non temete d’essere ripetitivi
Se il piccolo vi chiede di ripetere una frase, una storia, fatelo: vuol ripetere un’emozione che gli piace ed entrare di più nel racconto
9. Scoprite biblioteche della sua«misura»
Vostro figlio ha 2-3 anni: cercate una biblioteca , o una libreria con spazi per i più piccini e fategli scegliere i libri da solo
10. Spegnete la tv e fate tacere le distrazioni
Questa è una regola che vale a tutte le età: quando proponete un libro evitate tutte le fonti di distrazione, specialmente la tv
(29-09-10)

Qui sopra, illustrando il mio progetto educativo, articolato in 3 punti, soggiungevo:
“Io aggiungerei soltanto l’educazione alla lettura (cominciando da quella delle fiabe), che è - non tutti lo sanno - una passione che si prende da piccoli, dopo è molto difficile”.
Poi, ieri, ho anche riportato due interessanti ed utili articoli pubblicati sul Corriere della Sera, che spiegano bene le modalità ed i vantaggi di un’educazione precocissima alla lettura.
E pensavo proprio a questo: secondo me, l'educazione alla lettura determina un 'plus', una marcia in più, un – come si direbbe nel linguaggio del marketing – vantaggio competitivo dei bambini educati a leggere anche i libri cartacei, rispetto a quelli che usano soltanto mezzi di lettura digitali.
Riporto un articolo di Massimo Gaggi del Corriere delle Sera sull'ultimo libro di Nicholas Carr, il quale:

DENUNCIA IL «COLLETTIVISMO TECNOLOGICO» E I RISCHI LEGATI ALLE ALTERAZIONI DEL CERVELLO
Attenti a Internet, ci fa perdere la concentrazione e la memoria
L’allarme di Nicholas Carr contro la dittatura della Rete. Il suo saggio divide l'America
«Basta prendere Internet e le tecnologie digitali a scatola chiusa. Offrono opportunità straordinarie di accesso a nuove informazioni, ma hanno un costo sociale e culturale troppo alto: insieme alla lettura, trasformano il nostro modo di analizzare le cose, i meccanismi dell’apprendimento. Passando dalla pagina di carta allo schermo perdiamo la capacità di concentrazione, sviluppiamo un modo di ragionare più superficiale, diventiamo dei pancake people, come dice il commediografo Richard Foreman: larghi e sottili come una frittella perché, saltando continuamente da un pezzo d’informazione all’altra grazie ai link, arriviamo ovunque vogliamo, ma al tempo stesso perdiamo spessore perché non abbiamo più tempo per riflettere, contemplare. Soffermarsi a sviluppare un’analisi profonda sta diventando una cosa innaturale». (…).

P.s: come ho già scritto, ho convinto mia figlia (con un pò di resistenza da parte sua, poiché purtroppo non ama molto leggere) a seguire il metodo suggerito dal  Corriere: vedremo i risultati tra qualche anno.
29-09-10                                            (28-03-10)

Ricavo dalla proposta del PD per la scuola di domani: 

Un nuovo piano straordinario per un’educazione di qualita’ 0-6
Negli ultimi decenni le scienze pedagogiche, psicologiche, sociologiche, così come più recentemente le neuroscienze, insegnano dell’importanza dell’infanzia nella vita delle persone, delle condizioni materiali e relazionali in cui la si vive e delle esperienze educative che vengono offerte. Anche gli economisti oggi sottolineano la necessità che, in una società globalizzata, si investa nel capitale umano garantendo a tutti un’educazione prescolare.
Vogliamo la riunificazione del sistema di educazione prescolare. Serve un nuovo piano straordinario triennale per l’implementazione del sistema territoriale dei servizi educativi della prima infanzia, per raggiungere l’obiettivo del 33% di copertura.
Vogliamo trasformare l’asilo nido da servizio a domanda individuale a diritto educativo di ogni bambino e bambina, come già proposto da molti anni e da molte parti (Legge di iniziativa popolare 0-6 depositata al Senato da Anna Serafini) e garantire ad ogni bambino e bambina del nostro Paese un posto nella scuola della scuola dell’infanzia (oggi le liste di attesa nelle scuole dell’infanzia sono tornate a crescere).

Pubblico la lettera che ho appena inviato alla Sen. Anna Maria Serafini, prima firmataria della proposta di legge (Atto Senato n. 812 http://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=sddliter&leg=16&id=31770).
Gentile Sen. Serafini,
Premetto che non sono un esperto. Io credo che non basti partire dall'asilo nido, e lo credo proprio sulla base delle acquisizioni della scienza (inclusi supporti strumentali come l'ecografo ed ora il “brain imaging”), ma basterebbe solo una capacità congrua di osservazione empirica, sorretta da quel che scrive, ad esempio, Alice Miller o da quel che fanno all'estero.
Io credo che occorra partire prima, fin dalla gravidanza, e poi nei primi 3 anni di vita dei figli, periodo in cui il cervello è come una spugna ed assorbe tutto – di bene e di male - con grandissima facilità, e con un lavoro di assistenza a domicilio, rivolto alla figura cruciale dell'educazione: la madre (ed al padre), per una vera rivoluzione culturale. (Noto, per inciso, che ho scoperto recentemente che la mia Regione, la Campania, con fondi UE, attua progetti del genere, ma mirati esclusivamente alle famiglie a rischio: minorenni, drogati, ecc.). Mi permetto, perciò, trasmetterLe il “mio” Progetto educativo.
Cordiali saluti
(11-10-10)

Citazione dal “Progetto educativo”
- lettura alla bimba già durante la gravidanza (è molto importante farlo con voce dolce ed espressiva) oltre a parlarle e farle sentire della musica;
Ho indicato, tra le "regole" educative, la necessità di parlare e far ascoltare musica ai bimbi già durante la gravidanza.
Riporto il risultato di uno studio della Northwestern University, che conferma, grazie a dei test, l'efficacia di parlare ai bambini fin dalle prime fasi della loro vita. 

Salute: parlare ai bebe' li rende piu' intelligenti
lo studio della Nortwestern University, nell'Illinois.
Bimbi più intelligenti se cominciamo a parlare con loro sin dalle prime fasi della loro vita. Ma usando tassativamente parole vere e non versi, insoliti suoni o gridolini come in molti sono soliti fare. Le parole hanno un maggior impatto sulla loro mente, di gran lunga più efficaci di altri suoni, musica compresa. A rivelarlo uno studio della Nortwestern University, nell'Illinois, che ha guadagnato le pagine della rivista 'Child Development'. Parlare ai bebè potenzia le loro capacità cognitive, migliorando lo sviluppo cerebrale dei più piccoli. La prova arriva da un test condotto su 50 bimbi di tre mesi, ai quali sono state mostrate immagini raffiguranti pesci, accompagnati dalla parola 'pesce', appunto, o d...
(24-04-10)

Torno al discorso sull'importanza della voce.

Ricerca: memoria dei suoni e' 'di ferro' e si fissa rapidamente
Roma, 1 giu. (Adnkronos Salute) 17:49
La consolante voce della mamma, ma anche un suono considerato sgradevole, sono indelebili. Non solo. 'Melodie' e rumori, con le sensazioni che le accompagnano, si apprendono facilmente e rapidamente. I suoni, infatti, si fissano subito nel cervello e il loro ricordo non si cancella. Lo conferma uno studio realizzato Trevor Agus e Simon Thorpe, delle università Paris-Descartes e Toulouse 3, e pubblicato su Neuron. Come i profumi, ciò che si sente può essere fastidioso o piacevole perché viene immediatamente associato alla sensazione del primo ascolto. I ricercatori, inoltre, hanno dimostrato che i ricordi dei rumori vengono registrati in maniera quasi perfetta rimanendo chiarissimi per settimane. Per scoprirlo gli scienziati hanno arruolato gruppi di volontari, sottoposti a test di ascolto. Si trattava di suoni imprevedibili, senza significato, intervallati da un motivo sonoro ripetitivo. I volontari, praticamente senza errori, sono riusciti a distinguere i temi ripetitivi dopo aver ascoltato appena due volte le sequenze. Lo studio potrebbe essere utile per chi ha problemi di udito nella fase di rieducazione uditiva.
(04-06-10)

La scarsa diffusione di libri e di giornali, lo scadimento qualitativo del linguaggio televisivo,  il carente livello culturale dei genitori, la diffusione esponenziale del gergo digitale sono tutte cause di un generale impoverimento linguistico.
Io conosco un solo modo per imparare a parlare e scrivere correttamente: leggere molto. C'è un solo modo per acquisire la passione della lettura: prenderla da piccoli. 

De Mauro: «Colpa dei padri se i giovani parlano come parlano»
di Maria Serena Palieri
12 agosto 2010
Maria Giuliana Bigardi, direttrice dell’ufficio scolastico di Treviso, nei giorni scorsi ha lanciato su queste pagine l’allarme-lingua: dal suo osservatorio di Nord-Est il mondo giovanile appare in un drammatico regresso, il cui sintomo è l’uso sempre più ristretto che gli studenti fanno di tempi e modi verbali. Vado, non andrò, faccio, non farei... Siamo alla «generazione presente indicativo»? E, se sì, quali rischi questo comporta? I cervelli dei più giovani. senza ginnastica verbale, si contraggono? Lo chiediamo a Tullio De Mauro, in quanto linguista, ma anche in quanto ex-ministro della Pubblica Istruzione. (…).

LO STUDIO
I bambini ci prendono in giro "Usano l'ironia già a 4 anni"
Una ricerca canadese ribalta le teorie sostenute finora sulla capacità dei piccoli di comprendere i paradossi. E rimette in discussione gli schemi usati da sempre sull'intera evoluzione del linguaggio infantile   di VERA SCHIAVAZZI

Riporto questo articolo molto interessante, e presumo anche molto utile, che riguarda sia le madri che i padri (lo devo riportare per intero, poiché il link è scaduto).

Divorzio, parental alienation syndrome ed oneri connessi al mantenimento dei figli
Il divorzio causa, sempre più spesso, ai figli minori, una sindrome psicologica da alienazione genitoriale (P.A.S), col conseguente aumento degli oneri connessi al mantenimento. La Parental Alienation Syndrome (o P.A.S.), sindrome da alienazione genitoriale, o parentale, è una patologia psicologica che ormai colpisce più di un terzo dei fanciulli italiani, figli di genitori separati o divorziati e li segue talvolta per tutta l’esistenza, nonostante si cerchi di intervenire tempestivamente con accorgimenti psicologici sui comportamenti degli adulti per eliminare i suoi effetti più inquietanti.
Le caratteristiche:
La P.A.S. è chiaramente osservabile nei figli dei soggetti separati o divorziati già dal terzo anno di vita, perché tra l’altro già a questa età si manifesta con mutamenti di:
1.      abitudini, (modi di dormire, alimentarsi, abbigliarsi);
2.      carattere, (timidezza, chiusura, incertezza, paura, esibizionismo, reattività, sfida del rischio);
3.      comportamenti (modi di reagire alle gratificazioni, alle sconfitte ed alle sollecitazioni della vita di relazione);
4.      rendimento, (disturbi del rendimento scolastico e lavorativo);
5.      motivazioni, (incostanza motivazionale ed incertezza degli obiettivi). 
Il danno psicologico si manifesta con la compromissione della fantasia e delle motivazioni:
I figli dei divorziati, dopo la “perdita” di uno dei genitori per effetto dell’allontanamento causato dal divorzio, contraggono la Parental Alienation Syndrome a causa di un “vissuto negativo”, cioè attraverso un percorso costellato di delusioni e sofferenze simile ad un piccolo calvario giornaliero che copre con la massima intensità tutto il periodo dell’età evolutiva, (all’incirca fino al 25° anno), poi si attenua, ma comunque dopo aver segnato il carattere ed aver lasciato effetti duraturi sulle motivazioni individuali riguardanti il lavoro, la famiglia e la società.
Il nesso di causalità tra la sindrome (P.A.S.) ed il vissuto negativo dei figli dei divorziati durante l’età evolutiva,emerge dalla relazione temporale col piccolo calvario percorso dai figli dei divorziati dalla presa di coscienza dell’allontanamento di un genitore dalla famiglia, non tanto in senso fisico (infatti i figli ben sopportano i genitori impegnati in lavori lontani da casa) ma in senso psicologico- relazionale, cioè quando l’allontanamento significa bisticcio, incomprensione, intolleranza, freddezza, disaccordo, indifferenza, mancanza di dialogo. A tal punto il bambino, appena percepisce l’avvenuta separazione dei genitori, è preso da due fuochi (pressioni psicologiche): uno esterno ed uno interno.
Un “fuoco esterno” che attanaglia i figli dei divorziati ed alimenta la Parental Alienation Syndrome è prodotto dal genitore rimasto col figlio da allevare. Egli, nel migliore dei casi, senza polemizzare dice o fa capire al figlio che dopo la separazione od il divorzio la situazione è cambiata in tutti i sensi: sul piano affettivo, sul piano economico, sul piano abitativo, sul piano progettuale, sul piano degli interessi personali, sul piano relazionale.
Contribuiscono a produrre disturbo, incertezza ed angoscia anche  i discorsi e le puntualizzazioni di amici e parenti che “toccano”, volontariamente od involontariamente, l’argomento “separazione” in presenza del figlio o della figlia dei genitori separati. Talvolta il genitore separato parla col figlio ricorrendo a perifrasi del tipo: io non ho niente da perdere e non o niente a che vedere con te e con tuo padre (o con te e con tua madre) prefigurando una deresponsabilizzazione contornata di criminalità piuttosto che di chiara superficialità sentimentale.
Ancor più arrecano sofferenze psichiche, ed anche fisiche in qualche caso, i “cerimoniali” socio-legali obbliganti il figlio o la figlia agli incontri con il genitore separato, l’assistente sociale, e via dicendo. La situazione diventa più negativa e pesante durante le cerimonie familiari, le feste e le vacanze perché maggiormente si notano le differenze nei comportamenti dei genitori separati.
Un “fuoco interno” disturba la mente dei figli dei divorziati appena percepiscono la mutata situazione genitoriale.
Il bambino quando fa i capricci, commette qualche piccolo errore, provoca contrattempi o si rifiuta di eseguire indicazioni, sente dire dalla madre o dal padre, magari stanchi, rammaricati od alquanto esauriti: << .. guarda, figlio mio, io sono stanca/o, se continui a non ubbidirmi, un giorno farò come ha fatto tuo/a padre/madre, ti lascio e me ne vado anch’io>>. Il bambino nota anche, dopo il divorzio, (prima non vi faceva caso) tutti gli incontri, anche se fugaci ed occasionali, di strada o d’ufficio, della madre con altri uomini e del padre con altre donne, prefigurandosi un tradimento affettivo ed una sostituzione di fatto che annulli brutalmente e totalmente l’altro genitore. Nasce nel bambino un senso di colpa che lo induce a credere di essere forse egli stesso  la causa della separazione o del divorzio.
Con le applicazioni della psicologia si tenta di allentare la Parental Alienation Syndrome.
Si cerca di ottenere buoni risultati nei confronti dei figli dei divorziati affetti da P.A.S. migliorando le condizioni vitali e l’integrazione sociale attraverso lo studio, e le vacanze organizzate.
Ma sul piano più propriamente clinico bisogna agire molto, mediante interventi psicologici e culturali, rivolti ai genitori separati, partendo col dire di non rappresentare, in nessun caso ed in nessun modo  – mai -, neppure minimamente -, con discorsi, immagini o prove, le manchevolezze del genitore allontanato. Bisogna convincere i genitori, gli zii e i nonni a non commettere l’errore di disprezzare o discreditare il coniuge allontanato, davanti ai figli, al fine di evitare la produzione di un danno grave e duraturo che si abbatterebbe rovinosamente e principalmente sul loro equilibrio mentale e sulla loro futura riuscita socio-familiare  e lavorativa.
A queste preoccupazioni cliniche si aggiungono le problematiche giuridiche conseguenti aumento degli oneri connessi al mantenimento dei figli dei divorziati, per effetto dell’incidenza delle spese relative agli interventi psicoterapeutici riferiti alla P.A.S.
Prof. Gennaro Iasevoli
http://www.giurisprudenza.uniparthenope.it/siti_docenti/SitoDocentiStandard/default.asp?sito=giasevoli
(Data: 17/05/2010 20.18.00 - Autore: Prof. Gennaro Iasevoli)
(19 maggio 2010)


Allego sullo stesso argomento la voce di Wikipedia, che mi sembra un utile complemento del 'post' precedente.

WIKIPEDIA
Sindrome da alienazione genitoriale

Allego sullo stesso argomento:

Pediatria: 1 mln figli di separati, problemi psichici per 200 mila

Milano, 21 mag. (Adnkronos Salute) 18:02
Sono oltre un milione in Italia i minorenni figli di genitori separati. Per almeno 200 mila di loro la 'rottura' della famiglia ha portato con sè problemi psicologici o psichiatrici. E separazioni e divorzi sono in aumento. A lanciare l'allarme i pediatri riuniti oggi e domani a Milano per il Congresso 'Pediatria 2010' della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) della Lombardia. Un "tema caldo", lo definisce in una nota Marina Picca, responsabile del Dipartimento formazione permanente della Fimp Lombardia e presidente del congresso. Anche perché ogni anno sono più di 60 mila i minori coinvolti. Gli under 18 della Lombardia sono fra i più colpiti: "qui si conclude con una separazione il 40% dei matrimoni (che sono in totale più di 34 mila l'anno), contro una media nazionale del 28%", spiega Picca. Ma il numero di famiglie 'spezzate' cresce in tutta Italia, dove si celebrano circa 250 mila matrimoni l'anno (34.300 in Lombardia).  
E se nel 2000, si registravano circa 72 mila separazioni e 37.500 divorzi, nel 2007 i numeri sono saliti a 81 mila e 50 mila rispettivamente. "E spesso il pediatra - continua Picca - è interpellato per un aiuto professionale". La separazione dei genitori è una vicenda complessa che altera la vita affettiva dei figli e scompiglia i loro schemi di riferimento, spiegano gli esperti. "E' un evento critico che va monitorato attentamente. Il bambino prova ansia, paura, perde sicurezza, si sente ingannato, si sente in colpa. A separazione avvenuta, possono verificarsi alcuni gravi squilibri nelle relazioni del sistema familiare, a causa dello stress e del sovraccarico emotivo", aggiunge Picca. "Nei casi più gravi, soprattutto in carenza di una figura genitoriale si può verificare nel bambino una vera e propria sindrome", definita tecnicamente 'Parental alienation syndrome'.

21/10/2010 - IL CASO
La bella scrittura ti fa intelligente
"Le lettere legate tra loro riproducono il ritmo del pensiero"
FABIO SINDICI

Aggiornamento:

Il bebè impara la lingua già nel pancione
La ricerca dell'Università di Washington e pubblicata sulla rivista Acta Paediatrica. Secondo gli studiosi il nascituro inizia ad apprendere le parole sin da quando cresce nel ventre materno, durante i mesi di gestazione   di VALERIA PINI
(03 gennaio 2013)
[…] Per gli scienziati i bambini sono i migliori allievi e scoprire come assorbono le informazioni potrebbe far luce sull'apprendimento durante tutto l'arco della vita. "Vogliamo arrivare a scoprire qual è la magia che scatta nella prima infanzia, quando i piccoli sono come spugne. Una magia che sparisce in età adulta. Si tratta di un potenziale che non possiamo sprecare", conclude Patricia Kuhl. Per i ricercatori le mamme devono seguire un unico consiglio: parlare ai bambini non solo dai primi mesi di vita, ma anche quando sono nel pancione.
http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/gravidanza-e-parto/2013/01/03/news/lingua_si_impara_nella_pancia-49851522/


Aggiornamento (26.12.2016)

Sopra, ho riportato la lettera che ho inviato in data 11 ottobre 2010 alla Sen. Anna Maria Serafini, prima firmataria della proposta di legge (Atto Senato n. 812 http://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=sddliter&leg=16&id=31770) sugli asili nido, intitolata “Un nuovo piano straordinario per un’educazione di qualita’ 0-6”, nella quale affermavo: “Io credo che non basti partire dall'asilo nido, e lo credo proprio sulla base delle acquisizioni della scienza (inclusi supporti strumentali come l'ecografo ed ora il “brain imaging”), ma basterebbe solo una capacità congrua di osservazione empirica, sorretta da quel che scrive, ad esempio, Alice Miller o da quel che fanno all'estero. Io credo che occorra partire prima, fin dalla gravidanza, e poi nei primi 3 anni di vita dei figli, periodo in cui il cervello è come una spugna ed assorbe tutto – di bene e di male - con grandissima facilità, e con un lavoro di assistenza a domicilio, rivolto alla figura cruciale dell'educazione: la madre (ed al padre), per una vera rivoluzione culturale”.
Allego questa recente, autorevole conferma delle mie osservazioni. Ho colto l'occasione per scrivere ad uno degli autori della ricerca, il Prof. Andrea Ichino, ed inviargli i miei 4 post sull'educazione.[•]
UNA RICERCA OSSERVA UN EFFETTO NEGATIVO DELLA SUA FREQUENTAZIONE A 0-2 ANNI SUL QI DELLE BAMBINE CON FAMIGLIE PIÙ AGIATE  – POTREBBE ESSERE CHE NEI PRIMI ANNI DI VITA LE INTERAZIONI “UNO A UNO” CON GLI ADULTI SIANO ESSENZIALI PER LO SVILUPPO COGNITIVO E CHE A QUELL’ETÀ LE BAMBINE SIANO PIÙ IN GRADO DI BENEFICIARNE
di Margherita Fort, Andrea Ichino e Giulio Zanella

[•] Dialogo breve tra il Prof. Andrea Ichino e me sulla dannosità degli asili nido  

Aggiornamento (16.04.2017)

Bambini, quel che si impara prima dei cinque anni influenza il resto della vita
Lo studio Abecedarian Project segue cento individui da 45 anni. La qualità della vita da adulti dipende molto da quel che si è appreso da piccolissimi. I vantaggi si fanno sentire per quanto riguarda il successo sul lavoro ma anche la solidità del rapporto con i genitori
  --14 aprile 2017
“Abbiamo dimostrato che se forniamo educazione di qualità ai bambini che vivono in situazioni di disagio sociale possono raggiungere ottimi traguardi da grandi”.


Aggiornamento (07.05.2017)

"Bambini, troppo tablet può causare ritardo del linguaggio"
Lo sostiene una ricerca presentata al 2017 Pediatric Academic Societies Meeting. Se tra i sei mesi e i due anni si passa molto tempo a giocare con lo schermo, aumenta il rischio di avere problemi nella crescita


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