Quando un’accolita di governanti incapaci e crudeli ebbe in mano le sorti del Paese e la sussistenza dei poveri cristi
(NB: Nella seconda immagine, ci sono le foto dei membri del Governo Berlusconi, ma sembra sia stata censurata; per vederla, digitate in un motore di ricerca il titolo del post).
Introduzione
A - Il Governatore Ignazio Visco
Nell’articolo precedente,[1 o 2] ho citato, nella nota 3, le Comunicazioni tra il Governo italiano e
l'Unione Europea nel 2011 ed ho preannunciato un altro “documento con notizie e soprattutto nessi molto
difficilmente reperibili in Rete, per smentire false convinzioni su ciò che è
avvenuto nella scorsa legislatura, fatte proprie da quasi 60 milioni di
Italiani”.
Si tratta di avvenimenti pochissimo conosciuti nei dettagli ma che
hanno segnato profondamente la vita politica italiana, richiamati non a caso, con il suo abituale understatement, dal
Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nel corso della seconda parte (dopo le 19:46, dal minuto 23, in risposta alla quarta e ultima domanda dell’On. Bruno Tabacci)
della
sua lunghissima audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. Egli ha fatto una
dichiarazione tanto dirompente, vista la provenienza, quanto commentata incongruamente dal presidente Casini con una battuta, quanto passata inosservata sui media: ha ricondotto la responsabilità di
quanto accadde allora, nel 2011 (caduta del Governo Berlusconi, a causa del rischio di default
dell’Italia dovuto all’attacco della speculazione finanziaria, e sua sostituzione con il Governo d’emergenza Monti), principalmente al
duo Merkel-Sarkozy, dopo essersi incontrati nella piccola cittadina balneare francese
di Deauville, ed alla gestione errata della crisi da parte dell’Europa.
All’inizio del suo racconto,
prima di indicare le responsabilità decisive di Merkel e Sarkozy, il
Governatore Visco ha citato l’On. Renato Brunetta, Vice Presidente della Commissione d'inchiesta, come uno dei co-protagonisti
della vicenda del 2011: sia Merkel-Sarkozy,[1 o 2] sia Brunetta
(del quale condivido l’opinione che su quel periodo
andrebbe istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta) sono tre figure-chiave anche nella mia
ricostruzione di quanto avvenne nella scorsa legislatura, fatta sia in passato (vedi, ad esempio, qui,[1 o 2] qui - cfr. dialogo tra Vincesko e Koccobill -,[1 o 2] qui[1 o 2], e, last
but not least, in questo lungo commento qui), che nel presente articolo.
L’attualità e l’utilità del presente articolo risiedono anche nella
decisione di Silvio Berlusconi di partecipare alle prossime elezioni politiche,
che grazie alla nuova legge elettorale, alla divisione del Centrosinistra e
alle rinnovate sue promesse reboanti di riduzione delle tasse (i pifferai
magici perdono il pelo e talora il senno ma non il vizio), potrebbe vederlo
tornare al governo direttamente o indirettamente.
B - L’assassinio della verità
Oltre al Pil (quasi -10%), alla
capacità produttiva
(quasi -25%), all’occupazione
(circa 1 milione di posti di lavoro in meno) e
a centinaia di morti per suicidio, la
lunga e grave crisi economica (la grande recessione) ha
fatto un’altra vittima, in Italia e all’estero: la verità.
Questo è successo, per fare solo
alcuni esempi:
1. nel caso della spiegazione della
genesi della crisi: la menzogna che è stato il debito
pubblico propalata per 5 anni in luogo della verità che è
stato il debito privato, con
massicci aiuti pubblici
alle banche e
conseguenti misure draconiane di risanamento dei conti pubblici, addossate in
massima parte sui non ricchi;
2. nel caso della Grecia: la
menzogna del salvataggio della Grecia dal default in luogo della verità
del recupero crediti delle
banche francesi, tedesche e olandesi verso la Grecia, avvenuto
con soldi di tutti gli europei[1 o 2];
3. nel caso della
Germania: la menzogna che essa si svenerebbe per aiutare gli altri Paesi
UE in luogo della verità dei vantaggi che soprattutto la Germania trae
dall’attuale assetto monco UE-Euro tra Paesi con economie disomogenee[1 o 2];
4.
nel caso della BCE: la
menzogna dell’esistenza di un solo obiettivo statutario in luogo della verità
che gli obiettivi statutari sono due; o gli elogi per aver salvato l’Euro in
luogo delle critiche per l’insufficienza e tardività delle decisioni di
politica monetaria, che hanno costretto gli Stati deboli ad adottare misure
draconiane di risanamento dei conti pubblici; o per la sua invasione
dell’ambito politico-economico, si veda la sua lettera del
5/8/2011 al Governo italiano, a firma del presidente in
carica, Jean-Claude Trichet, e di
quello designato, Mario Draghi, violando e il proprio
statuto –
artt. 2-Obiettivi e 7-Indipendenza - e le regole deontologiche – diciamo così - delle banche centrali
indipendenti; e, per venire all’Italia,
5. la disinformazione
generale sia nel caso della responsabilità del risanamento recessivo
ascritto a Monti in luogo di Berlusconi, le cui manovre finanziarie sono state
il quadruplo di quelle di Monti e molto più inique e quindi ancor più recessive,
sia, infine, nel caso del sensibile allungamento dell’età di pensionamento imputato tutto a Fornero in luogo di,
prevalentemente, a Sacconi.[1 o 2]
Gli ultimi tre esempi rappresentano
tre casi di scuola, per l’ampiezza della platea delle vittime, quantificabili
nella quasi generalità della popolazione italiana, senza distinzione di censo e
di istruzione, annoverandosi nella predetta platea – pare - quasi tutti i docenti di Economia, e
per la durata, sei anni.
E’ un fenomeno apparentemente
inspiegabile e quasi incredibile, ma che ha delle motivazioni razionali sia di
ordine comunicativo - il potentissimo sistema
propagandistico berlusconiano -, sia di ordine qualitativo dell’informazione,
sia di ordine psicologico: la “cattura” delle vittime, le quali, anche quando
sono messe di fronte alla realtà inoppugnabile delle norme di legge e dei dati
ufficiali, li rifiutano perché rifiutano l’idea stessa di essere state per
tanto tempo - sei anni - vittime di una tale generale disinformazione che
coinvolge gli esperti e tutti i media.
C - “Ripetete una bugia cento,
mille, un milione di volte e diventerà una verità” (Joseph Goebbels)
Da
sei anni, infatti, ci troviamo di fronte, come scrivevo in un precedente articolo, a tre casi di
disinformazione tra i più macroscopici della storia italiana:
1.
La riforma delle
pensioni Fornero, alla
quale, per varie responsabilità dei soggetti coinvolti, tra i quali sono
inclusi – con un grado diverso di malafede - la stessa professoressa Fornero, il
prof. Monti, che per inciso io giudico una persona per solito sincera fino alla
gaffe; e, – stranissimo ma vero -, oltre
all’ISTAT, a EUROSTAT e all’Ufficio Parlamentare di Bilancio, noti esperti di previdenza,[1 o 2] come ad esempio il Prof. Giuliano Cazzola, che
essendo stato uno dei protagonisti (durante il governo Berlusconi era
vicepresidente della Commissione Lavoro alla Camera) conosce benissimo la
normativa pensionistica e i suoi autori, o Oscar Giannino, o il Sen. Prof. Pietro Ichino, o la strana coppia costituita dal
senatore Sacconi (FI) e dall’onorevole Damiano (PD), o la coppia meno strana formata dai professori Tito Boeri e Pietro Garibaldi, vengono attribuite anche
tutte le misure della ben più severa riforma delle pensioni Sacconi, 2010 e
2011, il quale, anziché denunciare pubblicamente il plagio e rivendicare la
paternità e l’incisività della sua riforma, è stato per anni silenzioso assecondando
la vulgata.
2.
L’ammontare
complessivo di 330 (trecentotrenta)
mld€ delle manovre finanziarie correttive varate
nella scorsa legislatura, costituite, secondo Il Sole 24
ore, per il 55% da maggiori tasse e per il 45% da minore spesa pubblica, la
quasi generalità delle vittime di tale disinformazione (quasi 60 milioni di
Italiani, inclusi – pare – quasi tutti i docenti di Economia) e la sua
ripartizione tra il governo Berlusconi (81%) e il governo Monti (19%), ma
attribuendo tutto a Monti, o, almeno, non
citando mai Berlusconi.
E, in ambito UE, per
corresponsabilità anche della stessa BCE e della Commissione Europea,
3. Gli obiettivi statutari
della BCE, che non è uno soltanto - la stabilità dei prezzi - come
quasi tutti pensano, in Italia e non solo, ma due, ancorché il secondo (sostenere le politiche economiche generali dell’UE fissate
nel fondamentale art. 3 del TUE) sia in rapporto
duale-gerarchico con il primo (cfr. Statuto BCE, art. 2): “fatto salvo l'obiettivo
della stabilità dei prezzi” (“without prejudice”, nella versione inglese). Ma
che in deflazione o con tasso d’inflazione sensibilmente inferiore al target (poco sotto il 2%) ha la
stessa dignità e cogenza del primo, poiché non lo pregiudica ma anzi è concordante,
convergente e complementare con esso (come è dimostrato dal periodo post Quantitative Easing).[1 o 2]
In questo articolo, tratterò approfonditamente il secondo caso - spiegando anche i nessi con le decisioni delle Autorità europee che portarono alla caduta del Governo Berlusconi -, come ulteriore contributo personale,
dopo quello sulle pensioni, alla
piccola e assidua opera di chiarificazione e di controinformazione che porto avanti
da sei anni, per contrastare la vulgata della versione di chi davvero ha
messo le mani nelle tasche degli Italiani e causato la grande recessione,
alimentata ad arte dalla potente propaganda berlusconiana ed anche agevolata
dalle millanterie di fatto del Prof. Monti, a cominciare già dal titolo del
primo DL del Governo Monti: “Salva-Italia”. Credetemi, è una fatica di Sisifo!
***
Manovre finanziarie
correttive varate nella scorsa legislatura
Premessa. L’attacco
al debito sovrano italiano nel 2011, che, a causa della quasi latitanza della
BCE, aveva portato lo spread BTP-Bund
ad un picco di
574 punti base e faceva temere il default, causò le dimissioni del Governo Berlusconi, ritenuto
dall’UE - e forse dai mercati finanziari, che in realtà, come ha confermato
nella predetta audizione il Governatore Visco, avevano scommesso sulla rottura dell’Euro
- inadeguato e renitente ad adottare i provvedimenti necessari suggeriti dalla
stessa UE, e la sua sostituzione, quasi a furor di popolo e con la benedizione
dell’UE, con il Governo tecnico Monti, che
appariva quindi, in quelle circostanze drammatiche, un salvatore dell’Italia.
Questo duplice giudizio non è confermato da un’analisi
obiettiva ex post dei dati.
Berlusconi, non Monti. Le
manovre finanziarie correttive del governo Berlusconi, in un quasi equivalente
lasso di tempo (circa un anno e mezzo), sono state ben il quadruplo di
quelle del governo Monti.[1 o 2]
Riepilogo delle manovre
correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
-
governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld (80,8%);
-
governo Monti 63,2 mld (19,2%);
Totale
329,5 mld (100,0%).
Le cifre. Le
manovre correttive, dopo la crisi greca, sono state: • 2010, DL 78/2010 di 24,9
mld; • 2011 (a parte la legge di stabilità 2011), due del governo
Berlusconi-Tremonti (DL 98/2011 e DL 138/2011, 80+60 mld), (con la scopertura di 15 mld, che Tremonti si riprometteva di coprire, la cosiddetta clausola di
salvaguardia, con la delega fiscale, – cosa che ha poi dovuto fare Monti –
aumentando l’IVA), e una del governo Monti (DL 201/2011, c.d. decreto
salva-Italia), che cifra 32 mld “lordi” (10 sono stati “restituiti” in sussidi
e incentivi); • 2012, DL 95/2012 di circa 20 mld.
Quindi
in totale esse assommano, rispettivamente: - Governo Berlusconi: 25+80+60 =
tot. 165 mld; - Governo Monti: 22+20 = tot. 42 mld.
Se
si considerano gli effetti cumulati da inizio legislatura (fonte: Il Sole 24 ore), sono: - Governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld; - Governo Monti
63,2 mld. Totale 329,5 mld.[1]
Vale
a dire, per i sacrifici imposti agli Italiani e gli effetti recessivi
Berlusconi batte Monti 4 a 1. Per l'iniquità e le variabili extra-tecnico-contabili
(immagine, scandali e cattivo rapporto con i partner europei, che incisero sul rating
dell’Italia, al di là dei fondamentali macroeconomici), è anche peggio.
E’ tale
la dimensione del rapporto quali-quantitativo tra i governi Berlusconi e Monti
(267 mld cumulati contro 63, cioè 4 a 1, 81% contro 19%, anche per l’iniquità),
che è del tutto infondato attribuire a Monti il risanamento dei conti pubblici,
gli effetti recessivi, il calo del Pil (quasi -10%), la moria di imprese (-22%
della produzione industriale) ed il calo dell'occupazione, oltre ad alcune
centinaia di morti, obliterando completamente Berlusconi, che, rammento, ha eseguito
quasi tutte le imposizioni di UE e lettera BCE del 5.8.2011, tranne, per l'opposizione di Bossi, l'eliminazione delle pensioni di anzianità (concentrate soprattutto al Nord) e l'adeguamento a tutti
gli altri delle lavoratrici del settore privato.
[1] I
numeri messi in fila (finora) dalla legislatura della crisi mostrano lo sforzo
fatto fin qui dal Paese per rimettersi in sesto: imponente.Quattro anni, dieci
manovre, e richieste per 329 miliardi e 520 milioni di euro,
per il 55% (cioè 178 miliardi) rappresentato da aumenti di entrate vale a dire,
quasi sempre, di nuove tasse.Un tema, quello della composizione delle manovre,
che ha acceso dibattiti scatenati fra i partiti, piuttosto ingiustificati alla
luce dei numeri. La composizione del «Salva-Italia» di Natale, che tra Imu,
addizionale Irpef e fisco vario è stata bersagliata di critiche per l'eccessivo
ruolo giocato dalle tasse, ha una composizione identica alla manovra-bis di
Ferragosto 2011, ultimo intervento di peso del Governo Berlusconi: 73% di
maggiori entrate, e 27% di tagli di spesa. […]
L'impatto
decreto per decreto
È
il conto complessivo delle dieci principali manovre anti-crisi varate
dal giugno 2008 a oggi, dai governi guidati da Silvio Berlusconi e Mario
Monti. Il conteggio non è effettuato in base all'impatto a regime sui saldi, ma
in base al totale reale delle risorse coinvolte dagli aumenti di entrata (in
termini di imposte e, in misura marginale, di riversamenti da parte delle
Regioni a Statuto speciale) e tagli di spesa. In pratica: l'introduzione di
un'imposta che genera un gettito di 100 il primo anno, 150 il secondo e 200 il
terzo ha un effetto a regime di 200, ma nei tre anni chiede ai cittadini un
totale di 450: è questo secondo dato a essere preso in considerazione
nell'analis.i
Il
Sole 24 ore Quattro anni di manovre: fisco pigliatutto Gianni Trovati 15 luglio 2012
Invece, i dati negativi
sono in gran parte gli effetti delle mastodontiche manovre correttive molto
inique e recessive del governo Berlusconi-Tremonti, fatte in buona parte di misure
strutturali (cioè permanenti, quindi che valgono tuttora), almeno in un
rapporto di 4 a 1 rispetto al governo Monti, e che cominciarono a dispiegare i
loro effetti dall’1.1.2011, ben prima che arrivasse Monti.
Fonti. Non
ho ricavato le cifre dalle relazioni tecniche delle leggi, ma seguivo attentamente
gli sviluppi normativi ed ho fatto semplicemente la somma degli ammontari delle
manovre ricavandoli, come un qualsiasi lettore o telespettatore, dai media: 24,9 mld (valore non cumulato) per il DL
78/2010, a valere per il biennio 2011-2012, + 80 mld per il DL 98/2011 + 60 mld per il DL 138/2011, a
valere per il triennio 2012-2014; poi ho letto e utilizzato come fonte l’articolo
citato del Sole 24 ore con i valori cumulati, tra cui i ben 62 mld del DL 78/2010 (con,
all’art. 12, la severa riforma delle pensioni Sacconi e, al comma 12bis,
l’introduzione dell’adeguamento triennale dell’età di pensionamento
all’aspettativa di vita); confermate, successivamente, da un’analisi della CGIA di Mestre (qui la tabella riepilogativa delle cifre), che forse è precedente all’articolo del Sole 24 ore. Il tutto
poi è stato confermato e arricchito da questa analisi dell’ISTAT del 2014: I
CONTI PUBBLICI NEGLI ANNI DELLA CRISI - POLITICHE FISCALI E REDISTRIBUZIONE.
Disinformazione della potentissima propaganda berlusconiana
All'inizio
dell'estate del 2010, in teoria i due peggiori ministri dal punto di vista
delle parti meno ricche di popolo - i ceti medio e popolare - colpite duramente
dalla manovra finanziaria correttiva di fine maggio, che erano i ministri più
dotati di capacità camaleontiche, entrambi sedicenti socialisti transitati a
destra - il politico di terza o quarta fila al tempo di Craxi, il maramaldesco
(copyright di Michele Serra, “L’Amaca” del 27.6.2010) e filoconfindustriale
Sacconi, che nel 2008 aveva abrogato la legge
Prodi-Damiano di abolizione delle dimissioni in bianco, ridotto da 5 anni a 60 giorni il termine per opporsi al licenziamento e, soprattutto, da poco varato la più
severa riforma delle pensioni dal 1992, con, tra l'altro, l'innalzamento dell'età di pensionamento (fino a 6 anni per le lavoratrici dipendenti pubbliche), e l'introduzione sia dell'incisivo meccanismo dell'adeguamento automatico all'aspettativa di vita, sia della ricongiunzione onerosa dei contributi; e il “leghista” bulimico Tremonti (la sua bulimia è inferiore solo a quella del mammone dal collo taurino Berlusconi[1 o 2]), che quando ripartiva i fondi in sede CIPE dando il 90% al povero
Nord e il 10% al ricco Sud oppure sottraeva decine di miliardi di fondi FAS al ricco
Mezzogiorno per stornarli al povero Nord su
ordine di Bossi, anche
per pagare le multe delle quote latte, diceva che lui era filomeridionale
perché aveva zie calabresi - occupavano stabilmente il primo posto (col 64%) e
il secondo posto della graduatoria dei ministri per gradimento degli Italiani,
il che significava che vi erano inclusi parecchi loro estimatori di
centrosinistra, e non pochi meridionali.
Tali giudizi erano, di tutta
evidenza, il frutto sia del meccanismo di “innamoramento”,[1 o 2] abnorme per la durata,
tra il premier e l’elettorato, che faceva tenere in non cale le brutte notizie riguardanti
il Governo, sia della ignoranza delle misure e delle cifre, occultate
accuratamente o contrastate efficacemente, grazie a megafoni potentissimi e a
una capacità menzognera fuori dal comune del PdC e dei ministri, dalla
DISINFORMAZIONE attuata dalla potentissima e aggressiva propaganda
berlusconiana-tremontiana-sacconiana, che fu scandalosa e rappresenta – ripeto
– un caso di scuola. Esemplificative di essa: la diatriba a cadenza mensile - una guerra dei dati - tra i due citati ministri, da una parte, e la Banca d’Italia (retta da Mario Draghi) e la CGIL, dall'altra, sul
tasso di disoccupazione;[1 o 2] o il peggioramento del giudizio di opacità dei conti pubblici nel 2010; o la chiusura dell’ISAE, che, senza timori riverenziali, correttamente, in aderenza al proprio
compito, faceva le pulci ai conti del permalosissimo superministro dell’Economia
e delle Finanze, Giulio Tremonti, refrattario ai controlli, che perciò sicuramente lo fece per punirne il vertice (se ne ebbe una conferma autentica sentendolo ad Annozero
meravigliarsi delle proteste, quando - disse - in fondo si trattava di licenziare
“soltanto” il presidente ed il Consiglio di Amministrazione), portandone il
personale e le funzioni nell’ambito del suo MEF (il controllando diventava controllore di se
stesso), mentre i ricercatori - contattai telefonicamente l’ISAE - furono inglobati
dall’ISTAT.
Eppure le cose talvolta
venivano scritte (riporto una serie di
articoli di Massimo Giannini, di Repubblica, e Sergio D’Antoni,
Responsabile del PD per il Mezzogiorno, tra i più assidui commentatori delle
gesta dell’incompetente e sleale Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti[1 o 2]) e dette, anche se in
maniera effettualmente debole:
- da esponenti
dell’opposizione: vedi, ad esempio, la dichiarazione vagamente iettatoria di
Bersani a L’Unità del 7 luglio 2010 «Ma con una manovra che non chiede
nulla ai ricchi come lui, non ha paura che qualche Dio lo fulmini?»;[2]
[2] Il quale Bersani, però, pure lui non si rese conto – vedi,
ad esempio, il suo intervento ad Annozero su RAI2 – che la perdita subita dai
dipendenti pubblici a causa del mancato rinnovo del contratto, circa 1.000€
all’anno, tanto sbandierata da tutti i media, fu notevolmente inferiore alla
perdita subita dalle decine o forse centinaia di migliaia di pensionandi
inattivi (in senso lato) a causa dell’allungamento di 12 mesi (13 mensilità)
della cosiddetta “finestra” di erogazione della pensione o dell’allungamento
senza gradualità fino a ben 6 anni (inclusa la “finestra”) dell’età di
pensionamento di vecchiaia (escluse le lavoratrici private), decisi dal medesimo
DL 78/2010; o coltivò per qualche tempo l’insana idea – per sostituire
Berlusconi - di appoggiare la candidatura a PdC dell'inaffidabile ed
incompetente Tremonti).[1 o 2]
- dal Governo: gli 80 mld
per il DL 98 del 6.7.2011 più i 60 mld per il DL 138 del 13.8.2011 li ascoltai
direttamente dalla voce del ministro Tremonti in tv, il quale, alla domanda di un
giornalista, dopo il Consiglio dei Ministri, che gli chiedeva se i 60 mld della
seconda manovra estiva 2011 (decisa e varata – rammento - pochissimi giorni
dopo la famigerata lettera della BCE del 5.8.2011) appena approvata fossero un
di cui della manovra di 80 mld decisa 40 giorni prima o si aggiungessero ad
essa, rispose che si aggiungevano;
- e da esponenti della ex maggioranza di centrodestra, in maniera
strumentale quando era necessario: vedi la polemica riaccesa nel 2013 dal
Commissario UE all’Economia, Olli Rehn, che aveva riaccusato il governo
Berlusconi di aver fatto poco contro la crisi, ricevendo la replica piccata
dell’on. Renato Brunetta (il quale, si badi bene, aveva provveduto a redigere
un documento fondamentale per la sorte
del IV Governo Berlusconi: la lettera del Governo italiano all’UE, dell'ottobre 2011 - si veda il paragrafo successivo -, che era un aggiornamento sintetico del Piano Nazionale di Riforma), che gli oppose proprio i dati dei 330 mld dell’articolo del Sole 24 ore. [1 o 2]
Ma poi, contraddittoriamente, in una lettera di replica all’ex presidente Napolitano ad
Huffington Post sul complotto contro Berlusconi, lo
stesso Brunetta raccontò la bugia che Berlusconi non aveva soggiaciuto ai
diktat dell’UE e della BCE: “Conta il fatto che interprete di quelle
pressioni estere fu il Quirinale, che si fece parte volonterosa per attuare i
desideri e le strategie di forze finanziarie e politiche congiunte tra loro, le
quali esigevano la necessità di una prosternazione del governo italiano alle
impostazioni tedesche e francesi. Con Berlusconi era impossibile”.
Mentre la realtà è che
vi ha ottemperato quasi in tutto (tranne, in particolare, la revisione delle
pensioni di anzianità e l’allineamento a tutti gli altri delle lavoratrici del
settore privato - chiesti dalla lettera della BCE del 5.8.2011 -, e sol perché Bossi aveva
posto il veto), e, come abbiamo visto, in un modo pesantissimo e, come vedremo, molto
iniquo.
Ho
citato il documento elaborato dall’On. Renato Brunetta: si tratta della lettera di intenti del
Governo italiano all’UE, quella che il ministro Tremonti si rifiutò di firmare, nella quale venivano esplicitati gli obiettivi e le misure prese e da
prendere. Ma, oltre all’accettazione obtorto collo di anticipare il
pareggio di bilancio dal 2014 al 2013, chiesto dalla BCE nella lettera del
5.8.2011 (“a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie.
Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno
un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto
del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto
previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio
in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa.”), costringendosi
ad una copertura straordinaria con la clausola di salvaguardia di 15 mld
dell'aumento dell'IVA (cui poi dovette provvedere il Governo Monti), fu
commesso un duplice errore di comunicazione sulle pensioni: (i) un tema così
sensibile fu evaso in appena 10 righe e (ii) che l’età di pensionamento di vecchiaia a 67 anni si sarebbe raggiunta per tutti nel 2026 (“Grazie al meccanismo di aggancio dell'età pensionabile alla
speranza di vita introdotto nel 2010 (art. 12 commi 12-bis e 12-ter, DL
78/2010, come modificato con art. 18 comma 4, DL 98/2011), il Governo italiano
prevede che il requisito anagrafico per il pensionamento sarà pari ad almeno 67
anni per uomini e donne nel 2026.”), mentre in
effetti questo valeva soltanto per le lavoratrici private, tutti gli altri ci
sarebbero arrivati nel 2021 (ora, 2019,
per tutti), cioè prima della Germania (2027, ora 2029) e molto prima della Francia
(dove ancora oggi, a scorno dell’irridente Sarkozy, è a 62 anni e i sindacati vorrebbero riportarla a 60), errore che –
ingigantito dalla nomea di inaffidabile del PdC Berlusconi (vedi i sorrisetti di scherno di Sarkozy e Merkel al Consiglio
europeo del 23 ottobre 2011) - a mio avviso si rivelò esiziale,
vedi la reazione della Commissione Europea con la richiesta di ben 39
chiarimenti, qui una ricostruzione dettagliata al paragrafo Comunicazioni tra il Governo italiano e l'Unione europea (in
esso, il link http://www.legautonomie.it/content/download/6375/33992/file/Lettera%20UE%20-%20Risposta-italia-UE.pdf non
è più attivo, sostituirlo con questo oppure
con quest'altro); questa
è la lettera di richiesta di 39 chiarimenti dell’UE e,
infine, questa è la risposta (in inglese) dell’Italia, nella
quale gli errori vengono corretti e vengono fornite spiegazioni
esaurienti che l’età di pensionamento di vecchiaia era la più alta in
ambito UE e avrebbe avuto un’evoluzione più rapida che in Germania, ma ciò pose
solo parziale riparo al danno, poiché la Commissione aveva già chiesto, nella sua lettera di richiesta di chiarimenti, altre riforme
e una manovra aggiuntiva, per raggiungere il pareggio
di bilancio già nel 2013, come aveva improvvidamente e sorprendentemente
chiesto la lettera di Trichet e Draghi.
Il “golpe”
Riguardo alla lettera della BCE, va evidenziato - come recentemente ha rammentato l’ex
ministro Giulio Tremonti - (i) che il Governatore di Bankitalia Draghi, nelle Considerazioni
finali del 31 maggio 2011 -
cioè appena due mesi prima - aveva,
invece, approvato la decisione del pareggio di bilancio nel 2014 (“Appropriati
sono l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014 e l’intenzione di anticipare
a giugno la definizione della manovra correttiva per il 2013-14.”) e (ii) che il Consiglio Europeo del 21 luglio 2011,
nel comunicato
finale, aveva confermato tale
giudizio positivo “In questo
contesto, accogliamo con favore il pacchetto di misure di bilancio recentemente
presentato dal Governo italiano, che gli consentirà di portare il
disavanzo al di sotto del 3% nel 2012 e di raggiungere il pareggio di bilancio
nel 2014.” [DL 98 del 6.7.2011, di 80 mld
cumulati, ndr]; (iii) che la stampa internazionale e, soprattutto, la cancelliera Merkel avevano manifestato il loro apprezzamento “Merkel: la manovra italiana va bene”; (iv) che Tremonti deduce
a ragione: “Ciò premesso è evidente come solo in malafede si
possa pensare che i conti pubblici di un grande paese possano virare dal bene
al male… in soli 15 giorni!”; e (v) conclude, a ragione: “Come puoi fare riforme e sviluppo se parallelamente devi
condurre una [terza!, ndr] selvaggia manovra di bilancio [e la precedente – di ben 80 mld cumulati - di appena 38 giorni prima, ndr]”.
Proprio per questo, risulta improvvida e/o
segno di estrema debolezza la decisione del governo Berlusconi di
adempiere i diktat della BCE, anziché
rispedirli al mittente, in tutto o almeno in parte: per un Governo credibile, c'è sempre un margine negoziale, a fortiori in questo caso in cui c'è un ribaltamento del giudizio in pochi giorni. Poi, a confermare quasi inconsapevolmente la contraddittorietà del comportamento del duo Berlusconi-Tremonti, (vi) Giulio Tremonti
parlerà di golpe, motivando
la grave accusa così: “la Bce non solo imponeva l'anticipo del
pareggio di bilancio dal 2014 al '13, ma anche l'obiettivo di “un fabbisogno
netto dell'1% nel 2012”. La Troika in confronto si è poi rivelata flessibile e
lungimirante. Una doppia e contemporanea richiesta di questo tipo non è mai
stata avanzata, né realizzata nella storia finanziaria europea”; e (vii) il
ministro Bossi, il 6 agosto, ne attesta il carattere di do ut des, che in quella situazione (resa) drammatica ha l'amaro sapore di un ricatto, “Tutti hanno paura che i titoli di stato si
trasformino in carta straccia, ma facendo il pareggio di bilancio un anno
prima, la Bce ci ha garantito che da lunedì ce li comprerà: quindi per noi è
una soluzione, una garanzia”.
Manovre finanziarie
correttive
Ma vediamo meglio come si è arrivati a questo punto. Per quanto attiene alle misure decise da Tremonti e Berlusconi a
partire dal 2010, dopo la crisi del debito pubblico della Grecia (gestita malissimo, secondo Romano Prodi, sia per non
averla prevenuta “La Grecia ha ripetutamente imbrogliato sui suoi conti pubblici perché
non fu ritenuto opportuno introdurre un controllo dei conti” da Schröder e Chirac, sia per come la si è affrontata «Se la Germania fosse intervenuta all’inizio della crisi, ce la saremmo cavata con 30-40 miliardi; oggi i costi sono dieci volte di più»), i mutati rapporti di forza tra le classi rispetto al “trentennio glorioso”
si fecero sentire vieppiù sulla gestione della crisi economica. In Italia, la
distribuzione dei pesi del sesquipedale consolidamento fiscale (330 mld cumulati)
fu fortemente iniqua per le manovre correttive del governo
Berlusconi, sia per la fonte da cui esse
promanavano, un governo di centrodestra, retto da un imprenditore miliardario (Adam Smith, padre del liberismo, diffidava degli imprenditori come leader
politici, perché li considerava “un ordine di uomini il
cui interesse non è mai esattamente uguale a quello del pubblico e che,
generalmente, ha interesse a ingannare e anche a opprimere il pubblico, come in
effetti ha fatto in numerose occasioni”),
sia per l’influenza preponderante degli imprenditori,[3] sia per l’assenza di una reazione adeguata da parte dei
sindacati dei lavoratori, avendo scelto la CISL di Bonanni e la UIL di
Angeletti di rompere il fronte sindacale e di “collaborare” con il governo
Berlusconi-Tremonti, diventandone “complici” nella stesura delle severe ed inique misure, elaborate dal
ministro dell’Economia Tremonti assieme al ministro del Lavoro Sacconi e alla
presidentessa di Confindustria Marcegaglia, escludendo la CGIL, come conferma lo stesso ministro Tremonti
«A luglio, lavorando sulla manovra con Angeletti, Sacconi, Marcegaglia e
Bonanni, usavamo la formula "contratti alla tedesca".».
Angeletti, per
decidere come dire sì, andava a meditare in crociera assieme ai dirigenti
apicali, incluso l'attuale Segretario generale Carmelo
Barbagallo,
a spese della UIL.
[3] La presidentessa della
Confindustria, Emma Marcegaglia, come rilevò Bersani a L’Unità del
7 luglio 2010, «Questo giochino lo fanno con i potenti che orientano i
giornali, mentre chi è senza voce deve solo star zitto» - con una semplice
telefonata a Berlusconi ottenne anche una
modifica corposa della manovra correttiva a beneficio degli industriali, fatto stigmatizzato anche da Avvenire, diretto da Dino Boffo (poi vittima del cosiddetto “metodo Boffo” da parte dei
media berlusconiani), «Oggi l'Avvenire si chiede - aggiunge Bersani - dove sono i
soldi per i disabili dopo che si danno i soldi alle imprese. È un buon titolo. La situazione sta
degenerando e stiamo al rito della telefonata».
Prima manovra
finanziaria correttiva dopo la crisi della Grecia (DL 78/2010)
Il DL 78 del 31 maggio 2010, convertito
dalla L. 122 del 30.7.2010, fu una manovra scandalosamente iniqua
che, da un lato, segnò un cambio di fase: la “osabilità” delle misure, fino a
poco tempo prima ritenute dal governo impossibili, agevolata – unico Paese
in Europa - dalla quasi assenza di reazioni dei sindacati, tranne due scioperi
generali indetti dalla CGIL, che – come abbiamo visto - non veniva neppure invitata dal Governo agli incontri con i
Sindacati, ma la CISL e la UIL vi andavano lo stesso, e del popolo italiano in
generale, cosa di cui Tremonti si vantava “Nell'insieme la manovra è stata fatta
su una vastissima base di consenso sociale”),
sia a livello interno che europeo; dall’altro, fu l’inizio di una serie di
tagli miliardari sia della spesa sanitaria che della spesa scolastica,
controbilanciati (si fa per dire, poiché i beneficiari furono altri, sia come fasce di reddito che come fasce di
elettorato) dal taglio dell’ICI (ai più abbienti, 2,2 mld; a tutti gli altri
aveva già provveduto, in due tranche, il governo Prodi)[1 o 2] o da sprechi come il
“salvataggio” dell’ALITALIA (almeno 5 mld),[1 o 2] o il doppio G8 (0,5 mld)[1 o 2] o
il Trattato di amicizia Italia-Libia (su
iniziativa di Prodi, che però alla fine rifiutò di firmarlo perché troppo
oneroso per l’Italia: 250 mln $ all’anno per 20 anni) o non ottimali perché
basati su tagli lineari e non selettivi.
Il
DL 78 del 31.5.2010 fu scandalosamente iniquo anche per l'unico Sindacato che
vi si oppose, qui il giudizio severo della CGIL, che
mette opportunamente in luce, rispetto a tutti gli altri Paesi: (i) l'assenza
di misure fiscali sui ricchi; e (ii) che il governo Berlusconi-Tremonti ha
speso per la crescita appena lo 0,1% del Pil, contro il 2% medio dei Paesi europei
di confronto; inoltre, (iii) l'aumento abnorme della spesa pubblica (dove
alligna la corruzione), in particolare della voce "consumi intermedi"
e (iv) il frettoloso ripristino, con l'aggravarsi della crisi economica
(cominciata in Europa nel 2008), delle norme antievasione targate Prodi-Visco,
che il fiscalista di Sondrio aveva abrogato all'inizio della legislatura; fino
ad arrivare a fornire a Equitalia norme iugulatorie per la
riscossione,[1 o 2] che poi la propaganda
berlusconiana, come al solito, attribuirà ad altri (segnatamente i “vampiri” Visco
e Monti).
Il DL 78 fu iniquo e crudele perché contemplò anche,
tra l’altro, il taglio del 75% della
spesa sociale dei Comuni e delle Regioni (destinata ai poveri: sussidi
all’affitto, provvidenze a disabili, disoccupati, anziani, minorenni a rischio,
ragazze-madri, matti, ex drogati, ex carcerati, LSU, ecc.), poi tagliata di un
ulteriore 15% col DL 98/2011
(qui un’analisi dell’impatto delle manovre 2010 e 2011
sulla spesa sanitaria e sociale, dalla
quale emerge che il Fondo nazionale per
le politiche sociali al netto della quota INPS scende
vertiginosamente da
1.000 milioni nel 2007 a 712 nel 2008, a 578 nel 2009, a 435 nel 2010, a 218
nel 2011, a 70 nel 2012 e a 45 nel 2013; complessivamente, i fondi sociali
calarono da 1.134 milioni nel 2010 a 144 nel 2013, pari al -87%); (iv) l’aumento della percentuale minima di invalidità
sufficiente per la concessione dell’assegno mensile di assistenza dal 74%
all’85%, che avrebbe escluso i down (indennità di 256€ mensili), poi cancellato in sede di conversione per le corali
proteste, che si addensarono sul governo e sul fido esecutore di Tremonti,
il Sen. Antonio Azzollini, presidente della strategica Commissione
Bilancio del Senato.
Isolando un altro dei capitoli della manovra - quello della previdenza -,
per evidenziare l'iniquità della misura prevista dal DL 78 di un rinvio di 6-9
mesi per le pensioni di vecchiaia, che si aggiungeva a quello prima vigente di
3-6 mesi, che fu deciso dal governo Prodi con la legge 247/07 (riforma Damiano),
il cui combinato disposto porta quindi l'età pensionabile per vecchiaia da 65 a
66 anni (l'allungamento di 12 mesi vale anche per quelle di anzianità), è
sufficiente dire che in soli 3 anni si è aumentata l'età pensionabile di 4
trimestri, mentre per l'aumento a 67 anni, cioè di altrettanti 4 trimestri, ci sarebbero
voluti 11 anni (poi ridotti a 8 dai successivi interventi legislativi).
Il DL approvato ha visto succedersi varie stesure ed anche la parte
relativa alla previdenza ha avuto – pare - quattro redazioni e subìto varie
modifiche, ma mentre quelle riguardanti altri capitoli sono state migliorative
per i destinatari, la quarta, quella definitiva, riguardante la previdenza è
stata invece peggiorativa. In un primo momento (come risultava dal testo del DL
approvato dal Consiglio dei Ministri e pubblicato sul sito del Tesoro), questa
“finestra” mobile era stata fissata a 6 mesi dalla maturazione del diritto
(cioè a 65 anni e mezzo), poi, chissà perché e senza colpo ferire, a 12 mesi.
Se si analizza il testo del DL relativo alla previdenza (art. 12) - valido
da allora in poi permanentemente per tutti e perciò da considerare intervento
strutturale -, riepilogando, risulta quanto segue: il rinvio di 12 mesi vale
anche per chi ha già maturato 40 anni di anzianità contributiva (!); non vale
per i lavoratori in mobilità, ma fino al limite di 10.000 persone (!!), che giustifica dubbi di incostituzionalità; vale anche per gli
inoccupati o inattivi a qualunque titolo, con reddito
pari a zero (!!!).
Invece, ai percettori di redditi privati (ad eccezione dei produttori e
distributori di farmaci e dei farmacisti in quanto fornitori del SSN), anche
miliardari (i primi tre erano
Ferrero, Del Vecchio e Berlusconi) o milionari (come
Tremonti), non venne chiesto - letteralmente - neppure un centesimo.
Il
contributo di solidarietà, varato in due DL separati prima sulle retribuzioni
elevate pubbliche e poi su quelle private e sulle pensioni, fu presumibilmente
congegnato apposta male – infatti, sarebbe bastato metterli insieme - per farlo
cassare, come poi avvenne con le sentenze nn. 223/2012, 241/2012 e 116/2013).
Così successe per la tassazione delle stock option (art.
33), per le quali fu prevista una soglia troppo alta, per cui neppure manager
milionari come Passera e Profumo probabilmente ne vennero colpiti.
Il confronto con gli altri Paesi europei
fu impietoso. Qui un articolo di Repubblica con la comparazione delle
misure Berlino verso la stangata sui ricchi. L'Italia non la
prevede. Siamo anche uno dei pochissimi Paesi a non colpire le rendite di tipo
finanziario.
2011
Nel
2011, il governo Berlusconi-Tremonti varò altre due manovre finanziarie
correttive (oltre alla legge finanziaria) molto pesanti e inique: il DL 98 del 6.07.2011,
di 80 mld cumulati, e, appena otto giorni dopo la famigerata lettera del 5.08.2011 della BCE, il DL
138 del 13.08.2011, di 60 mld cumulati (Approfondimenti), come contropartita degli
acquisti di titoli di Stato italiani, nell'ambito del programma SMP, per cercare di raffreddare lo spread, iniziato
dalla BCE nel 2010 “Gli acquisti
sono stati effettuati tra il maggio 2010 e il marzo 2011 [Irlanda, Grecia e Portogallo, ndr] e tra l’agosto 2011 e
il febbraio 2012” [Spagna e Italia, ndr],
e che per l’Italia ebbero inizio il 22 agosto 2011, 9 giorni dopo l’approvazione della seconda manovra correttiva estiva.
Anche per queste
due pesantissime manovre correttive, la distribuzione dei pesi, ancorché in
misura inferiore a quella del 2010 (ad esempio, l’elevata franchigia fiscale
sulle stock option venne abolita), fu
iniqua, sia per il clima di appeasement
generale alimentato dalla propaganda berlusconiana, sia per l’assenza di una
reazione adeguata da parte della CISL di Bonanni e della UIL di Angeletti, che
isolarono la CGIL, sia per il peso preponderante della lobby del sindacato degli imprenditori, retto prima dalla ricca e
spietata Emma Marcegaglia (spietatezza
confermata recentemente, con motivazioni sul welfare che contraddicono quanto da lei dichiarato allora) e poi
dal ricco e apparentemente più dialogante Giorgio Squinzi, i quali,
nell’ordine, quando Casa Italia, nel secondo semestre 2011, era nel pieno dell’incendio
da spread, prima proposero, con un documento unitario di tutte le associazioni delle
imprese, l’introduzione di un’imposta patrimoniale ordinaria sui ricchi, “per
dare concretezza all’obbligo dichiarativo e ottenere un gettito annuale certo
stabile. Si può stimare che la misura comporti un maggior gettito per l’erario
di circa 6 miliardi di euro annui.”, come contropartita della ‘riforma’ del
lavoro, la confermarono nel 2012, ma poi, spento l’incendio solo grazie alla tardiva ma risolutiva, famosa frase del
presidente della BCE, Mario Draghi, “Within our mandate, the ECB is ready
to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be
enough.” del 26 luglio 2012, se ne
sono “dimenticati” finora, incluso il ricco Carlo De Benedetti che l’aveva proposta per primo nel 2009, imitato poi da
vari altri, tra cui Amato, Capaldo, Veltroni, la CGIL.[1 o 2]
Commissariamento di fatto e dimissioni del
Governo Berlusconi
Ma tutto fu inutile. Queste
misure mastodontiche e molto inique furono sommerse e obliterate dalla canea provocata
dalla pessima reputazione personale del PdC Berlusconi, dai dissidi interni al
Governo, in particolare tra il PdC Berlusconi e il ministro dell’Economia
Tremonti (protetto dal potente Bossi), che arrivarono a scambiarsi insulti e
accuse di pazzia,
dal concerto cacofonico e autolesionistico dei media
italiani che amplificavano le cattive notizie interne dando loro un’eco
mondiale,[1 o 2] dalle critiche urlate
provenienti dagli Organismi internazionali (UE, FMI, OCSE), dal declassamento dell’Italia da parte prima di
Standard & Poor’s e poi, subito dopo, di Moody’s
e, soprattutto, dall’attacco della speculazione finanziaria mondiale, che fece
salire in novembre lo spread BTP-Bund a 574 punti base, nonostante gli
interventi calmieratori della BCE (del tutto insufficienti, ma questo sarà
oggetto di un altro articolo); i cui effetti prima portarono al commissariamento
di fatto del Governo da parte dell’UE, e poi alle sue dimissioni dopo
aver perso la maggioranza parlamentare e alla sua sostituzione con il Governo
Monti.[1 o 2]
Dopo,
con i suoi potentissimi megafoni, l’apparato (dis)informativo berlusconiano e
del centrodestra ha addossato tutta la colpa dei sacrifici e della recessione
sul cattivissimo Monti (che gli ha dato una mano con le sue millanterie), e
quasi 60 milioni di Italiani ci sono cascati, inclusi i docenti di Economia,[1 o 2] a conferma che il gioco
democratico in Italia da 23 anni è asimmetrico e mùtilo.
Il
popolo italiano, infatti, inclusi quasi tutti i media e perfino famosi
parlamentari (in tema di pensioni, pubblicai
l’elenco in un mio commento nel blog di un importante quotidiano), si lasciò ancora una volta irretire
dalla potente propaganda governativa, che negava addirittura l’esistenza della
crisi, e ancora oggi è convinta che i sacrifici lacrime e sangue (con
conseguente ‘salvataggio’ dell’Italia) siano opera del subentrato governo
Monti.
Governo Monti
Innanzitutto, va evidenziato che il
Governo Monti operò – come hanno dichiarato più volte sia Monti che Fornero -
avendo come bussola e programma le vere e proprie prescrizioni contenute nella lettera del 5.8.2011 della BCE, tra cui il completamento della riforma delle
pensioni (“È possibile intervenire ulteriormente
nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per
le pensioni di anzianità e riportando l'età del ritiro delle donne
nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il
settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012”).
In
secondo luogo, va sottolineato che molto più eque furono le manovre varate dal
governo Monti, che, in aderenza alle richieste dell’UE, del FMI e dell’OCSE
(disattese dal Governo Berlusconi) di spostare il peso fiscale dalle persone
alle cose, reintrodusse l’IMU sulla casa principale (che era stata abolita dal
prodigo con i soldi pubblici Berlusconi, tranne per le cosiddette case di lusso
- A1/abitazioni signorili, A8/ville e A9/castelli -, che però erano appena 74.430 su un totale di 34.435.196), aggravò quella sugli altri immobili, sulle
aree fabbricabili e sui terreni (il gettito complessivo dell’IMU fu di 23,7 mld “I
versamenti IMU totali aggiornati alle deleghe del 25 gennaio 2013 ammontano a
circa 23,7 miliardi di euro”),[1 o 2] varò una patrimonialina sui depositi
(confermata dai governi successivi) e introdusse una leggera TTF (mentre siamo
ancora in attesa che la strabica UE, spietata verso i poveri cristi ma ossequiente verso le lobby finanziarie, ne adotti una pesante a livello europeo
dopo oltre un lustro di discussioni e passi del gambero[1 o 2]), avendo dovuto rinunciare all’introduzione
di un’imposta patrimoniale – che poi successivamente diventò una delle proposte
del suo programma elettorale Agenda Monti – a causa dell’opposizione del miliardario Berlusconi, il cui partito - il PDL - faceva parte della
maggioranza di governo.
Manovre finanziarie
Manovre finanziarie
La
prima manovra correttiva fu il DL 201 del 6.12.2011 (Approfondimento), battezzato pomposamente e infedelmente dal PdC Monti decreto salva-Italia, convertito dalla L. 214/2011 (Approfondimenti generale e previdenziale), che, come abbiamo visto, ammonta ad “appena”
32 mld “lordi” (10 mld sono stati “restituiti” in sussidi e incentivi).
La
seconda manovra correttiva fu il DL 95 del 6.7.2012, convertito
dalla L. 135/2012, di circa 20 mld (Approfondimento).
In
termini cumulati, le manovre finanziarie del Governo Monti assommarono a 63
mld, distribuiti in maniera molto più equa.[4]
[4] A parte gli esodati, il cui numero, come dichiarò la professoressa Elsa Fornero a “In
mezz’ora”
del 10.5.2015, fu prima
sottostimato (la prima salvaguardia riguardò 65.000 persone) e poi, come
riportato da varie fonti (tra cui i Deputati PD e l'On. Damiano, presidente della Commissione
Lavoro della Camera), sovrastimato dalla burocrazia di RGS e INPS, che,
nell'arco di 6 anni e su 8 salvaguardie, «ridetermina il numero massimo
degli esodati a 153.389 soggetti», contro una stima iniziale
di 389.200, cioè a meno della metà della stima iniziale.
Ma
il Governo Monti ebbe il “torto” di colpire due tipologie di beni molto
sensibili agli occhi ed alle tasche degli Italiani: la prima casa con l’IMU, il
cui costo consuntivo pro capite smentì il piagnisteo generale (secondo il MEF, 225€ il
gravame medio annuo e l'85% dei contribuenti ha pagato meno di 400€) e l’autovettura con
l’aumento delle accise sui carburanti (nonché l’aumento dell’IVA, che in
realtà, però, era stato già deciso dal governo precedente).
Fiscal Compact
Fiscal Compact
Anche l’accettazione del fiscal compact non è opera di Monti ma di Berlusconi, che lo
negoziò e lo sottoscrisse nel Consiglio europeo del
24 e 25 marzo 2011. Infatti, il relativo DdL costituzionale
fu presentato dal governo Berlusconi nel mese di settembre 2011. Poi votato e introdotto in Costituzione nel 2012 durante il governo
Monti, col voto favorevole di PDL, PD, Scelta Civica e Lega Nord.[5]
[5] FISCAL
COMPACT. Questo patto, come avviene sempre per accordi di tale importanza,
si è sviluppato su più fasi. Le basi giuridiche del fiscal compact furono
poste nel Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011, con l'accettazione e la
firma da parte del PdC Berlusconi.[a] Poi, il patto venne
ratificato, cioè approvato, reso valido,[b] da 25 Paesi su 27.
Quindi, com’era stato raccomandato, fu necessario inserirlo, formalizzarlo
nella legislazione dei singoli Paesi, in una norma di rango costituzionale o
equivalente (obbligatoria se si voleva ottenere l’aiuto eventuale del MES). Il
relativo DdL costituzionale fu presentato dal governo Berlusconi nel mese di
settembre 2011. Poi votato e introdotto in Costituzione nel 2012 durante il
governo Monti, col voto favorevole di PDL, PD, Scelta Civica e Lega Nord.[c]
Lo
stesso Monti ha rammentato più volte che il fiscal compact fu
accettato da Berlusconi, che infatti diede inizio all'iter di approvazione
parlamentare.
Politica fiscale del Governo italiano
In definitiva, la politica fiscale durante la crisi, in parte scelta dal Governo
Berlusconi-Tremonti ed in parte imposta al Governo italiano dall’Unione Europea
e dalla BCE, anche a causa delle debolezze extratecniche del PdC Berlusconi e
della perdita di immagine del Paese (Placebo
di Peter: Un grammo di immagine vale più di un chilo di fatti), che si riverberò sul Governo
Monti, fu contrassegnata da fattori
univoci nel senso della recessione:
a) la quasi assenza di misure anticicliche (meno dello 0,5% fu
destinato alla crescita, contro il 2-3% medio negli altri Paesi);
b) l’avanzo primario, tranne il 2009-2010, culmine della crisi, fu
consistente: “L’Italia ha registrato nei cinque anni considerati
(2008-2012) un avanzo primario cumulato pari a circa il 5,4 per cento del Pil 2012,
contro un disavanzo medio del 7,4 per cento nell’area dell’euro. La Germania ha
conseguito un avanzo primario, pari a 4,7 punti percentuali di Pil, mentre la
Francia ha conseguito un disavanzo primario per 7,4 punti percentuali.
Eccezionali livelli di disavanzo si sono registrati in Irlanda (59 punti
percentuali di Pil), Spagna (35 punti percentuali) e Grecia (30 punti
percentuali)”;
c) una
politica fiscale divergente rispetto a tutti gli altri Paesi[6]: “Nel confronto complessivo, si evidenzia il grande sforzo di
consolidamento fiscale compiuto dall’Italia nel periodo della crisi: il nostro
è stato l’unico paese della Uem a non aver attuato nel complesso politiche
espansive, presentando effetti cumulati restrittivi per oltre 5 punti di Pil.
Nell’area dell’euro l’impatto è risultato espansivo per 13 punti di Pil, in
Francia per 14 e in Germania per 6.”; e sprecando
d) l’assenza della necessità di interventi di salvataggio delle
banche - esclusa dalle stesse banche (a ragione, poiché le sofferenze quadruplicarono nell'arco di 6 anni
soltanto per il prolungarsi della crisi, come ha confermato il Governatore
Visco nel corso dell’audizione citata) -, allora
in regime di bail-out (salvataggio
esterno con soldi pubblici): “L’Italia ha
attuato solo piccoli interventi a sostegno del settore finanziario, meno di due
decimi di punto in termini di Pil del 2012 rispetto a un ammontare complessivo
nell’area dell’euro pari a 5,5 punti. I governi che hanno finanziato in misura
maggiore le banche con emissioni di debito pubblico sono stati l’Irlanda (28
per cento del Pil), la Grecia (20 per cento), la Germania e Cipro (10 per
cento)”.
[6] EUROSTAT
– Deficit/Pil
...................2007
2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
Italia...........-1,5...-2,7...-5,3..-4,2…-3,5..-2,9...-2,9..-3,0..-2,6...-2,4
Francia…...-2,5...-3,2...-7,2...-6,8...-5,1..-4,8...-4,0...-4,0..-3,5...-3,4
Spagna…...+2,0..-4,4.-11,0..-9.4…-9,6.-10,4..-6,9...-5,9..-5,1...-4,5
Gran
Br…...-3,0..-5,0.-10,7..-9,6...-7,7...-8,3...-5,6...-5,6..-4,4..-3,0
Germania...+0,2..-0,2...-3,2...-4,2...-1,0...-0,1...-0,1..+0,3.+0,7.+0,8
Olanda
…..+0,2..+0,2...-5,4..-5.0...-4,3...-3,9...-2,4..-2,3..-2,1..+0,4
Grecia…….-6,7.-10,2.-15,1.-11,2.-10,3...-8,9.-13,1..-3,7...-5,9..+0,7
Irlanda.......+0,3...-7,0..-13,8.-32,1-12,6..-8,0..-5,7...-3,7..-2,0...-0,6
Portogallo..-3,0...-3,8…-9,8.-11,2..-7,4...-5,7..-4,8...-7,2..-4,4...-2,0
Le
differenze di crescita tra l'Italia e altri Paesi UE sono motivate anche dalle
differenti politiche economiche implementate consentite dalla Commissione
Europea.
Va anche notato
che, escluso il Portogallo, l’Italia col 4% nel 2016 (che per fortuna è calato
dal 5,2% del 2012 per effetto del calo dei tassi grazie alla politica monetaria
finalmente espansiva della BCE) ha il primato in UE28 dell'incidenza della spesa degli interessi passivi sul Pil, che aumenta il deficit/Pil.[7]
[7] BANCA D’ITALIA – Statistiche di finanza
pubblica nei paesi dell’Unione europea - Spesa per interessi (in
percentuale del PIL) Tav. 16
...................2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
2014 2015 2016
Italia.............4,8…4,9…4,4...4,3…4,7…5,2....4,8…4,6...4,1…4,0
Francia….....2,6…2,8…2,4...2,4…2,6…2,6....2,3…2,2...2,0…1,9
Spagna…......1,6…1,5…1,7...1,9…2,5…3,0....3,5…3,5...3,1…2,8
Gran
Br….....2,2…2,2…1,9...2,9…3,2…2,9....2,9…2,7...2,3…2,5
Germania......2,7…2,7…2,6...2,5…2,5…2,3....2,0…1,8...1,6…1,4
Olanda…......2,0…2,0…2,0...1,8…1,8…1,6....1,5…1,4...1,3…1,1
Grecia….…..4,5…4,8…5,0...5,9…7,3…5,1....4,0…4,0...3,6…3,2
Irlanda..........1,0…1,3…2,0...2,8…3,4…4,2....4,3....3,9...2,6…2,2
Portogallo….2,9…3,1…3,0...3,0…2,9…4,3....4,9…4,9...4,6…4,2
Nonostante tutto questo, il debito pubblico è aumentato durante il IV governo Berlusconi-Tremonti (durato quasi 3 anni e mezzo) di circa 300 mld, passando da 1.600 a 1.900 mld e dal 103% del Pil nel 2008 al 119% nel 2011, anche a causa del calo di circa 150 mld del denominatore (Pil) e del contributo ai fondi Salva-Stato (quasi 60 i miliardi prestati complessivamente dall'Italia ai Paesi UE in difficoltà), produttivo di interessi attivi.
Conclusione
In conclusione, il valore cumulato (cioè sommando gli effetti anno
per anno, considerando che le misure strutturali sono permanenti e quindi
valgono tuttora) delle manovre correttive varate nella scorsa legislatura
ammontò a 330 mld (4/5 Berlusconi e 1/5 Monti), che servirono (assieme ad un
aumento del debito stesso) a pagare gli interessi passivi sul debito (75-80 mld
in media per 5 anni, con un picco di 86 mld nel 2012, pari, al lordo degli swap, a un totale di 390 mld), a ricostituire in parte l’avanzo primario
ricevuto in eredità da Berlusconi e da lui dilapidato e a ridurre il deficit.
La depressione economica prolungata italiana è conseguenza in gran
parte di quelle manovre correttive mastodontiche, molto inique e recessive varate dal Governo Berlusconi-Tremonti, in parte cospicua imposte dall’UE
(Commissione e BCE) più in ragione del pessimo standing del PdC che dei dati macroeconomici, e dalla straripante speculazione finanziaria, lasciata libera di
operare, che aveva sì scommesso sulla rottura dell'Euro, ma che trovava terreno fertile e carburante e opportunità di guadagno nella debolezza del Governo italiano, che aveva ridotto l'Italia in bersaglio facile e vittima sacrificale di turno.
Il debito pubblico italiano è detenuto per il 10% dalle famiglie e
per il 90% dalle banche e da altri soggetti finanziari (il 30-40% è in mani
estere). In definitiva, sotto l’attacco sinergico della speculazione
finanziaria mondiale e della ‘connivente’ oligarchia
reazionaria UE asservita al neoliberismo-ordoliberismo, che ha applicato la
nefasta e ossimorica “austerità
espansiva” ed ha per giunta gravemente discriminato l'Italia rispetto ad altri Paesi come la
Francia e la Spagna per quanto riguarda l'osservanza del
parametro deficit/Pil,[6] assecondati
di fatto dall’inadeguatezza politica, tecnica e personale del PdC Silvio
Berlusconi, contro il quale andrebbe promossa una class action (azione risarcitoria collettiva), e del suo ministro dell’Economia,
Giulio
Tremonti, abbiamo dovuto fare (non tutti, però!) enormi sacrifici per migliorare i conti
pubblici e, soprattutto, per le banche e i ricchi.
**********
Nessun commento:
Posta un commento