PREMIO ALLA
CARRIERA: FRA BUONI AUSPICI E STORTURE
19 gennaio 2018
Ho
visto due volte Milva da vicino. La prima volta fu a
Milano, nei primi anni ’70. Era una sera d’estate. Nel cortile del Castello
Sforzesco, Carlo Mazzarella recitava una pièce teatrale (non ricordo quale), e
Milva era una spettatrice e sedeva una o due file sotto la mia, a poca
distanza, sulla mia destra. Era seduta, ma vidi lo stesso che aveva una bella
figura, alta e snella, belle spalle; era diversa, più magra e più fine di come
l’avevo vista in un film.
Ricordo nitidamente che era accompagnata
da due uomini, giovani quasi quanto me, seduti uno a fianco all’altro, alla
destra di Milva. Mi colpì il fatto che, nell’intervallo, chiacchierarono a
lungo tra loro due, disinteressandosi di lei, che stava in silenzio. Ma più di
tutto mi colpì la bellezza dei suo capelli: rossi, folti e vaporosi.
La seconda volta che l’ho vista è stata
a Napoli, più di 25 anni dopo, alla fine degli anni ’90, d’estate. Passeggiavo
sul lungomare, procedendo verso Mergellina, di pomeriggio avanzato. Sentivo
della musica in lontananza. Giunto alla Rotonda Diaz, la vidi su un piccolo palco
che cantava (o, meglio, faceva finta di cantare), ripresa dalle telecamere di
una troupe tedesca (c’erano dei cartelli), con la quale stava girando – penso -
uno spot pubblicitario. Quando fui quasi sotto il palco, centralmente, la vidi
innervosirsi sempre più e poi interrompere più volte la ripresa, ad alta voce,
causando una discreta apprensione nella troupe.
Quasi intuendo che fossi io la causa, mi
spostai dal punto centrale, sotto il palco, al mio lato sinistro. Ella mi dava,
perciò, il suo profilo destro. Il suo nervosismo sparì d’incanto, confermando
la mia intuizione. E riprese a cantare. Osservai la sua figura snella ed
elegante e i suoi lunghi capelli rossi. E il suo viso di profilo, non più
giovane. Dopo poco, me ne andai.
Passò un’oretta. Tornando indietro, la
rividi. Questa volta la scena dello spot si era spostata nella villa comunale:
lei era in piedi, in penombra, una ventina di metri oltre la cancellata che, da
alcuni anni prima, delimita la villa, e, sola, aspettava in silenzio che
preparassero le apparecchiature di ripresa. Mi fermai e la osservai per alcuni
secondi. Lei alzò la testa e mi rivolse lo sguardo.
Mi venne per un attimo il
desiderio di andare a parlarle, per - o, meglio, con la scusa di - rammentarle
lo spettacolo cui avevamo assistito casualmente “insieme” a Milano, e chiederle
chi fosse il suo accompagnatore, e perché la trascurasse mentre discorreva col
suo amico... Ma avrei dovuto raggiungere uno dei varchi, e temetti di darle
fastidio, e che avrei fatto la figura dello stupido, per cui rinunciai. E
proseguii.
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