domenica 21 gennaio 2018

Ho visto due volte Milva da vicino




PREMIO ALLA CARRIERA: FRA BUONI AUSPICI E STORTURE
19 gennaio 2018


Ho visto due volte Milva da vicino. La prima volta fu a Milano, nei primi anni ’70. Era una sera d’estate. Nel cortile del Castello Sforzesco, Carlo Mazzarella recitava una pièce teatrale (non ricordo quale), e Milva era una spettatrice e sedeva una o due file sotto la mia, a poca distanza, sulla mia destra. Era seduta, ma vidi lo stesso che aveva una bella figura, alta e snella, belle spalle; era diversa, più magra e più fine di come l’avevo vista in un film.
Ricordo nitidamente che era accompagnata da due uomini, giovani quasi quanto me, seduti uno a fianco all’altro, alla destra di Milva. Mi colpì il fatto che, nell’intervallo, chiacchierarono a lungo tra loro due, disinteressandosi di lei, che stava in silenzio. Ma più di tutto mi colpì la bellezza dei suo capelli: rossi, folti e vaporosi.
La seconda volta che l’ho vista è stata a Napoli, più di 25 anni dopo, alla fine degli anni ’90, d’estate. Passeggiavo sul lungomare, procedendo verso Mergellina, di pomeriggio avanzato. Sentivo della musica in lontananza. Giunto alla Rotonda Diaz, la vidi su un piccolo palco che cantava (o, meglio, faceva finta di cantare), ripresa dalle telecamere di una troupe tedesca (c’erano dei cartelli), con la quale stava girando – penso - uno spot pubblicitario. Quando fui quasi sotto il palco, centralmente, la vidi innervosirsi sempre più e poi interrompere più volte la ripresa, ad alta voce, causando una discreta apprensione nella troupe.
Quasi intuendo che fossi io la causa, mi spostai dal punto centrale, sotto il palco, al mio lato sinistro. Ella mi dava, perciò, il suo profilo destro. Il suo nervosismo sparì d’incanto, confermando la mia intuizione. E riprese a cantare. Osservai la sua figura snella ed elegante e i suoi lunghi capelli rossi. E il suo viso di profilo, non più giovane. Dopo poco, me ne andai.
Passò un’oretta. Tornando indietro, la rividi. Questa volta la scena dello spot si era spostata nella villa comunale: lei era in piedi, in penombra, una ventina di metri oltre la cancellata che, da alcuni anni prima, delimita la villa, e, sola, aspettava in silenzio che preparassero le apparecchiature di ripresa. Mi fermai e la osservai per alcuni secondi. Lei alzò la testa e mi rivolse lo sguardo. 
Mi venne per un attimo il desiderio di andare a parlarle, per - o, meglio, con la scusa di - rammentarle lo spettacolo cui avevamo assistito casualmente “insieme” a Milano, e chiederle chi fosse il suo accompagnatore, e perché la trascurasse mentre discorreva col suo amico... Ma avrei dovuto raggiungere uno dei varchi, e temetti di darle fastidio, e che avrei fatto la figura dello stupido, per cui rinunciai. E proseguii.


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