lunedì 17 agosto 2015

Pil +0,2 per cento nel secondo trimestre 2015


PIL
La performance mediocre del Pil italiano nel II trimestre 2015,[1] che si inscrive in un trend negativo che, tranne il rimbalzo del 2010 e la quasi stazionarietà del 2011, dura da 7 anni (2008=-1,0; 2009=-5,0; 2010 =+1,3; 2011=+0,4 2012=-2,4; 2013=-1,8; 2014=-0,4), non è un fenomeno naturale, ma l’inevitabile conseguenza della politica economica prociclica (anziché anticiclica) imposta dall’ideologia neo-liberista - sub specie ordoliberista tedesca per renderla terminologicamente digeribile agli Europei di fede socialista -, che permea di sé sia i trattati costitutivi dell’UE, sia le altre regole adottate successivamente (ad esempio il fiscal compact). Sopperisce solo in parte l’andamento positivo della domanda estera, essendo preclusa all’Italia per volere dell’UE (lèggi: Germania) qualunque flessibilità sostanziale del parametro deficit/Pil (o, in alternativa, prendendo i soldi al 5% più ricco con un’imposta patrimoniale, come propose la Confindustria nel 2011 e Squinzi nel 2012, ma se ne sono dimenticati[2]) per stimolare la domanda interna.
La Spagna del popolare Rajoy ha una discreta performance perché è uno dei pochissimi Paesi dell’Eurozona (l’altro è la Francia) che faccia, in parte, una politica anticiclica e a cui venga permesso, per il 3° anno consecutivo, di sforare abbondantemente il limite del 3% del rapporto deficit/Pil, come premio per aver implementato la riforma del lavoro che piace alla Germania (e come pretese la Germania stessa per 3 anni tra il 2002 e il 2005).
Come si vede, alla Francia non basta neppure avere un deficit del 4%. Mentre la Germania, a causa del pareggio di bilancio e della crisi dei partner commerciali EUZ, sconta anch’essa l’effetto negativo della sua politica economica prociclica.

Occupazione
Com’è noto, perché si abbia un incremento dell’occupazione occorre che il Pil aumenti almeno del 2% su base annua. Quindi, jobs act o non, i disoccupati, per i prossimi 2 anni almeno, difficilmente troveranno un’occupazione.

Aggiustamenti degli squilibri infra Eurozona
L’Eurozona è un insieme di Paesi strutturalmente eterogenei; non sono previsti dai trattati (influenzati dall'ordoliberismo germanico) meccanismi di aggiustamento degli squilibri equamente distribuiti tra Paesi forti (sanzione dei surplus commerciali) e Paesi deboli, ma soltanto a carico dei Paesi deboli (deflazione dei salari e dei diritti), e non con trasferimenti fiscali ma attraverso i prestiti del circuito bancario privato (Target2), con le storture che abbiamo visto nel caso della Grecia. La Germania (e l’Olanda) sfora da anni la soglia del 6% (già di per sé sovradimensionata e fatta a sua misura), ma non viene sanzionata, né può esserla.[3]

BCE
L’ideologia ordoliberista tedesca ha influenzato anche – forse soprattutto – lo statuto della BCE,[4] che è soltanto un po’ meno rigido di quello della Bundesbank, ma prevede anch’esso che l’obiettivo principale sia la stabilità dei prezzi (“sotto, ma vicino, al 2%”). Fatto salvo questo, essa ha, però, anche l’obiettivo di sostenere le politiche economiche dell’UE fissate dall’art. 3 del TUE, tra cui “una crescita equilibrata” e “la piena occupazione”. Sotto questo aspetto, con la deflazione o l’inflazione molto sotto target e la crisi economica ed occupazionale che perdura da 7 anni (tranne in Germania e satelliti), la BCE ha mancato e sta mancando entrambi gli obiettivi statutari, con gravi conseguenze sui popoli europei e sui Paesi debitori (tra cui l’Italia). Il QE è tardivo e insufficiente sia qualitativamente che quantitativamente, e di per sé, se non è accompagnato da una politica fiscale espansiva anticiclica (taglio di tasse e aumento di spesa) che accresca la domanda aggregata (consumi, investimenti, spesa pubblica ed esportazioni nette), non sarà in grado di debellare da solo la deflazione (come, ovviamente, ammette la stessa BCE).[5]

[1] CRESCITA ECONOMICA
Pil II trimestre 2015, Italia a +0,2% Confindustria: «Non c’è ripresa vera» Mef: «Risultato come da attese»
Squinzi: «Si devono creare le condizioni favorevoli all’impresa». Berlino cresce dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, mentre Parigi fa registrare un risultato invariato
14 agosto 2015

[2] Analisi quali-quantitativa/14/Imposta Patrimoniale

[3] Dialogo sul surplus commerciale eccessivo e il taglio dei salari

[4] Allegato alla Petizione al Parlamento europeo: la Bce non rispetta il suo statuto

[5] La BCE a trazione tedesca le spara grosse


**********


Nessun commento:

Posta un commento