sabato 18 gennaio 2020

Lettera al direttore de LINKIESTA Christian Rocca (e a tutti i media) sulle loro false notizie sulle pensioni





Lettera al direttore de LINKIESTA Christian Rocca (e a tutti i media) sulle loro false notizie sulle pensioni.

ALLA C.A. DEL DIRETTORE CHRISTIAN ROCCA
CC PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN. QUIRINALE, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, COMMISSIONI LAVORO E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, PROF.SSA ELSA FORNERO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, RGS, DIR. GEN. PREVIDENZA, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI



martedì 14 gennaio 2020 - 21:13


Egr. direttore Christian Rocca,

Mi sorprende constatare che, nonostante le mie decine di lettere “circolari”, LINKIESTA continui ad alimentare, peraltro come fanno tutti i media, le BUFALE, ormai diventate mondiali, sulle pensioni ed in particolare sulla Riforma delle pensioni Fornero.
Come scrivo nel mio saggio LE MENZOGNE SULLE RIFORME DELLE PENSIONI SACCONI E FORNERO, secondo volume della trilogia LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO:
«A mio giudizio, formulato su base empirica, la materia pensionistica va distinta in due branche: (i) la legislazione e (ii) la spesa. Se è relativamente facile, per un docente universitario o un giornalista, analizzare e scrivere della spesa pensionistica, quasi nessuno si sobbarca al gravoso lavoro di studiare la complessa normativa pensionistica. Ma, ciononostante, tutti si sentono in grado di trattarla.»
In questo caso, siamo di fronte a un duplice errore: sia sulla normativa che sulla spesa pensionistica. Temo, dunque, che Lei debba fare e far fare un “tagliando” severo al Suo collaboratore Andrea Fioravanti (e ad altri) circa la vostra conoscenza delle norme pensionistiche, in particolare della Riforma SACCONI e della Riforma Fornero. Ma è (siete) in numerosissima compagnia: TUTTI i media, dimentichi di ciò che scrivevano nel 2012 sugli effetti rilevanti della Riforma Sacconi (oltre agli esperti italiani e internazionali e a 60 milioni di cittadini). Voi media, com’è noto, siete prodighi di esortazioni per la lotta in teoria alle fake news, alias BUFALE, ma poi siete i primi ad alimentarle nella prassi quotidiana.
1. Secondo l'Inps nel 2018 la spesa complessiva per le pensioni è stata di 204,3 miliardi di euro, per erogare 17.827.676 pensioni, di cui il 63,1% è sotto la soglia di 750 euro. Più o meno il 16% del nostro prodotto interno lordo, quattro punti in più della media dei Paesi dell'Unione europea (12,6%).
Il Pil 2018 è pari a 1.753 mld. 204,3 su 1.753 fa dunque l’11,6%, lontano dal 16%. Ma involontariamente egli ha dato il dato corretto, cioè l’importo netto effettivo pagato dall’INPS. Infatti, coloro che raffrontano la spesa pensionistica al lordo delle imposte (55 mld), che sono una partita di giro, cioè quasi tutti, sono degli emeriti asini in Ragioneria, come capisce anche uno studente del 1° anno, che abbia studiato le partite di giro e i conti transitori, e di fatto dei propalatori di BUFALE e quindi degli imbroglioni, anche se sono dei luminari nel loro campo (nel mio saggio faccio qualche nome e cognome). Va anche considerato che il peso delle imposte italiane è il più alto in ambito OCSE, che, peraltro, è l’unico Ente che espone i dati al lordo e al netto fisco.

2. Su 204 miliardi però solo 183 miliardi sono arrivati dai contributi versati dai lavoratori. La differenza di 21 miliardi? L'ha messa lo Stato, cioè gli italiani con le loro tasse.
Falso, lo Stato copre la parte costituita dall’assistenza. Come risulta chiaramente anche dal Rapporto INPS relativo ai dati 2018, su cui si basa il vostro articolo:
«Le pensioni vigenti al 1° gennaio 2019 sono 17.827.676, di cui 13.867.818 di natura previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) e le restanti 3.959.858 di natura assistenziale (invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali). Nel 2018 la spesa complessiva per le pensioni è stata di 204,3 miliardi di euro, di cui 183 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali. È quanto emerge dall’Osservatorio sulle pensioni erogate dall’INPS che analizza i dati del 2018.»

3. Se la popolazione invecchia crescono i costi delle pensioni pari al 90% dell'ultimo stipendio ricevuto, basate ancora sul vecchio sistema retributivo, non coperto dai contributi.
Doppiamente falso: (i) NO, come spiega l’INPS, in ragione di 2 punti per ogni anno di contributi completi e fino a un massimo di 40, per cui con 35 anni è pari al 70%, con 40 anni è pari al massimo all’80%; e (ii) non dell’ultimo, ma della media degli ultimi anni: da 5 a 15.

4. Come ha fatto il sistema a non crollare? Il merito è della ministra più odiata dai leghisti: Elsa Fornero. Alla fine del 2011 ha ideato una riforma che ha imposto il limite oltre i 66 anni per andare in pensione, ovviamente da ricalcolare in base all’adeguamento della prospettiva di vita.
Doppiamente falso! (i) La Riforma Fornero non ha quasi toccato la pensione di vecchiaia, se non per l’accelerazione dell’allineamento da 60 a 65 anni delle donne del settore privato, gradualmente entro il 2018, già previsto da Sacconi gradualmente entro il 2023, e la riduzione da 18 a 12 mesi della “finestra” per i lavoratori autonomi (uomini e donne).
L’età di pensionamento a 67 anni è stata decisa dalla ben più severa (per allungamento dell’età di pensionamento e risparmio al 2060) Riforma Sacconi:
-          da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante la “finestra” mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la “finestra” fissa reintrodotta dalla Riforma Damiano;[1] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
-          da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche;[2] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
-          da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 o 18 mesi) per le donne del settore privato, gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l’adeguamento automatico alla speranza di vita);[3] accelerato dalla Riforma Fornero, gradualmente entro il 2018;
-          da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[4] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
(ii) Da quest’ultimo punto si deduce facilmente che anche l’adeguamento alla speranza di vita è stato introdotto dalla Riforma Sacconi (DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-bis), relativamente alla pensione di vecchiaia, alle “quote” e all’assegno sociale, cioè due anni prima che arrivasse il Governo Monti-Fornero, al quale viene da (quasi) tutti erroneamente attribuito. La Riforma Fornero lo ha soltanto esteso alla pensione anticipata (L. 214/2011, art. 24, comma 12) e reso biennale (comma 13) “successivamente a quello del 2019”, cioè dal 2022. Riguardo a quest’ultimo punto, re-informo che il Ragioniere Generale dello Stato interpreta male la norma. Gli ho scritto e inviato p.c. anche al PdR, come extrema ratio e perché l’errore è presente in varie leggi promulgate dal Capo dello Stato. E il Quirinale (destinatario anche della presente lettera pec), giudicando fondate le mie osservazioni, le ha inoltrate nel marzo 2019 al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (ministro Di Maio). Ma RGS ha ripetuto l’errore nel decreto direttoriale del 5.11.2019. E allora sono tornato alla carica, sia con la nuova ministra Catalfo (che pare ignorare l’esistenza della Riforma Sacconi, poiché nomina sempre e soltanto la Riforma Fornero), che con i due alti dirigenti. Attualmente, sono da quasi due mesi in attesa della risposta della Direzione Generale Previdenza, che anch’essa ha ritenuto fondate le mie osservazioni e mi ha preannunciato una risposta.
Perché non mi date una mano, tutti voi che leggete, in particolare gli ottimi Roberto Petrini (Repubblica), Diego Marro (Corriere della Sera), Davide Colombo (Il Sole 24 ore), ecc., visto che in gran parte vi riguarda? A me no, poiché sono già in pensione (di vecchiaia) dal 2012, dopo aver subito il rinvio di 12 mesi stabilito dalla Riforma Sacconi, un anno e mezzo prima che arrivasse il Governo Monti-Fornero.
E aiutarmi anche a convincere la professoressa Elsa Fornero, che io considero (e spiego nel mio saggio perché, secondo il mio parere, lo fa) uno dei principali responsabili (assieme a noti esperti previdenziali, citati nel mio saggio adducendo le prove documentali) della DISINFORMAZIONE ormai mondiale che circonda le pensioni, a smettere la sua reticenza (anche le mezze verità sono bugie intere) e a denunciare, vista la sua onnipresenza sui media, via etere e con altri mezzi, sia ai media (come ho fatto io finora da solo, da ultimo col Corriere della Sera nel caso delle BUFALE diffuse sullo stesso Corriere da Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, sulla Riforma Fornero), sia se occorre perfino alla Procura della Repubblica o non so a chi (forse all’ONU…), l’erronea e sistematica attribuzione a lei anche di tutte le norme della ben più severa Riforma SACCONI.
Come fa perfino la CGIL, che fu l’unico sindacato ad opporsi nel 2010-11, anche con due scioperi generali, alla Riforma Sacconi, considerate le critiche feroci che riceve nel Web per non essersi opposta alla Riforma Fornero, e perciò avrebbe tutto l’interesse a chiarire chi ha fatto che cosa in tema di pensioni. Non ad attribuire i 67 anni alla Riforma Fornero, come fanno Landini, Pedretti, ecc., o i 67 anni e i 1.000 mld di risparmio, come improvvidamente e incredibilmente ha fatto ieri notte Roberto Ghiselli a Radio1 RAI, alimentando la damnatio memoriae della severissima Riforma SACCONI e rivelando che non ha letto lo studio di RGS “LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017,[6] che io esamino nel mio saggio rilevandone le incongruenze e dove si analizza il risparmio al 2060 delle riforme delle pensioni dal 2004 (che sono 4: Maroni, 2004; Damiano, 2007; SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero, 2011), e ne parla forse per sentito dire.
Infine, dei 1.000 mld di risparmi stimati da RGS al 2060[6] dalle riforme delle pensioni dal 2004, al lordo dell’errata attribuzione delle norme, agevolata a mio avviso da una poco chiara formulazione delle stesse (ad esempio, nel caso dell’“appropriazione” dell’aumento già deciso da Sacconi dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e anticipata a 41 anni e 3 mesi, tramite l’eliminazione della “finestra” di Sacconi-Damiano col comma 5 della L. 214/2011, art. 24, e la sua incorporazione nell’età base, ma con commi diversi, 6 e 10, senza però esplicitare il legame) attestata dalla stessa professoressa Fornero nel suo libro del 2018[7] e che può confermarlo, essendo tra i destinatari anche di questa mia lettera) soltanto 350 (poi calati a 280 dopo i vari interventi legislativi successivi) vengono ascritti alla Riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esauriscono nel 2045. Mentre quelli della Riforma Sacconi arrivano al 2060 e oltre. Ne consegue, al lordo di errori di RGS, che, dal momento che le principali misure delle riforme Maroni (lo “scalone”, prima che entrasse in vigore, dalla Riforma Damiano) e Damiano (le “quote”, dalla Riforma Fornero) sono state abolite, la grandissima parte dei residui 700 mld è ascrivibile alla Riforma Sacconi. Di fatto, perché né RGS né nessun altro lo dice.
Cordiali saluti,
V.

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Note
[1] Lettera al direttore de LINKIESTA, Francesco Cancellato, su sue notizie false su Elsa Fornero
Lettera a Mauro Bottarelli de LINKIESTA sulle sue notizie false sul ministro Savona, la BCE e la Troika
Lettera a Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla sua notizia falsa sulle pensioni
Lettera ad Andrea Danielli e Alessio Mazzucco de LINKIESTA sulle loro notizie false sul Governo Monti
[2] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma Sacconi DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, comma 21, per l’estensione al comparto della scuola e dell’università.
[3] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1, modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[4] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato dal DL 138, L. 148/2011, art. 1, comma 20.
[5] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 nel 2013, +4 nel 2016, +5 mesi nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.
[6] LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017
[7] Traggo dal mio saggio:
«Si noti bene che la Riforma Fornero ha (col comma 5) opportunamente eliminato la «finestra» di 12 mesi (estesa anche ai lavoratori autonomi in luogo dei 18 mesi e quindi riducendola di 6 mesi), sostituendola con un allungamento corrispondente dell’età base, sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), ma l’allungamento (già recato dalle Riforme Sacconi - 8 o 14 mesi - e Damiano – 4 mesi in media - con le «finestre») è solo formale. Ciò ha sia dato maggiore trasparenza al sistema, sia reso omogeneo il dato dell’età di pensionamento nel confronto internazionale. Per contro, non avendo il testo della Riforma Fornero esplicitato il legame tra l’allungamento dell’età base e l’abolizione delle «finestre», l’allungamento dell’età base di 12 mesi (o 18 mesi per gli autonomi, poi ridotto a 12 dalla Riforma Fornero) viene da tutti erroneamente attribuito alla Riforma Fornero e non alla Riforma Sacconi, come lamenta la stessa professoressa Fornero nel suo ultimo libro, già citato, che riporto in nota. E che, data la sua notevole importanza, trascrivo qua:
«Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche.» (Elsa Fornero, «Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni», posizione nel Kindle 3134).
Ma in questo caso si può dire: chi è causa del suo mal pianga sé stessa.»


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