Lettera al direttore de LINKIESTA Christian Rocca (e a tutti i media) sulle
loro false notizie sulle pensioni.
ALLA C.A. DEL DIRETTORE CHRISTIAN ROCCA
CC PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN.
QUIRINALE, MINISTRO E
SOTTOSEGRETARI DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, COMMISSIONI LAVORO
E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, PROF.SSA
ELSA FORNERO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, RGS, DIR. GEN.
PREVIDENZA, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI
martedì 14 gennaio 2020 - 21:13
Egr. direttore Christian Rocca,
Mi sorprende constatare che, nonostante le
mie decine di lettere “circolari”, LINKIESTA continui ad alimentare, peraltro
come fanno tutti i media, le BUFALE, ormai diventate mondiali, sulle pensioni
ed in particolare sulla Riforma delle pensioni Fornero.
Come scrivo nel
mio saggio LE MENZOGNE SULLE RIFORME DELLE PENSIONI SACCONI E FORNERO, secondo
volume della trilogia LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO:
«A
mio giudizio, formulato su base empirica, la materia pensionistica va distinta
in due branche: (i) la legislazione e (ii) la spesa. Se è relativamente facile,
per un docente universitario o un giornalista, analizzare e scrivere della
spesa pensionistica, quasi nessuno si sobbarca al gravoso lavoro di studiare la
complessa normativa pensionistica. Ma, ciononostante, tutti si sentono in grado
di trattarla.»
In
questo caso, siamo di fronte a un duplice errore: sia sulla normativa che sulla
spesa pensionistica. Temo, dunque, che Lei debba fare e far fare un “tagliando”
severo al Suo collaboratore Andrea Fioravanti (e ad altri) circa la vostra
conoscenza delle norme pensionistiche, in particolare della Riforma SACCONI e
della Riforma Fornero. Ma è (siete) in numerosissima compagnia: TUTTI i media,
dimentichi di ciò che scrivevano nel 2012 sugli effetti rilevanti della Riforma
Sacconi (oltre agli esperti italiani e internazionali e a 60 milioni di
cittadini). Voi media, com’è noto, siete prodighi di esortazioni per la lotta
in teoria alle fake news, alias BUFALE, ma poi siete i primi ad
alimentarle nella prassi quotidiana.
Estrapolo alcune frasi dal vostro articolo Quota 102? Non toccate la Fornero. Gli italiani vanno
già in pensione prima degli altri (e i loro figli dovranno aspettare i 71 anni) e vi aggiungo il mio commento critico.
1. Secondo l'Inps nel 2018 la
spesa complessiva per le pensioni è stata di 204,3 miliardi di euro, per
erogare 17.827.676 pensioni, di cui il 63,1% è sotto la soglia di 750 euro. Più
o meno il 16% del nostro prodotto interno lordo, quattro punti in più della
media dei Paesi dell'Unione europea (12,6%).
Il Pil 2018 è pari a 1.753 mld.
204,3 su 1.753 fa dunque l’11,6%, lontano dal 16%. Ma involontariamente egli ha
dato il dato corretto, cioè l’importo netto effettivo pagato dall’INPS.
Infatti, coloro che raffrontano la spesa pensionistica al lordo delle imposte
(55 mld), che sono una partita di giro, cioè quasi tutti, sono degli emeriti asini
in Ragioneria, come capisce anche uno studente del 1° anno, che abbia studiato le
partite di giro e i conti transitori, e di fatto dei propalatori di BUFALE e quindi degli imbroglioni, anche se sono
dei luminari nel loro campo (nel mio saggio faccio qualche nome e cognome). Va
anche considerato che il peso delle imposte italiane è il più alto in ambito
OCSE, che, peraltro, è l’unico Ente che espone i dati al lordo e al netto
fisco.
2. Su 204 miliardi
però solo 183 miliardi sono arrivati dai contributi versati dai lavoratori. La differenza
di 21 miliardi? L'ha messa lo Stato, cioè gli italiani con le loro tasse.
Falso, lo Stato
copre la parte costituita dall’assistenza. Come risulta chiaramente anche dal Rapporto INPS relativo ai dati 2018, su cui si basa il vostro articolo:
«Le pensioni
vigenti al 1° gennaio 2019 sono 17.827.676, di cui 13.867.818 di natura
previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) e le restanti 3.959.858 di
natura assistenziale (invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni
e assegni sociali). Nel 2018 la spesa complessiva per le pensioni è stata di
204,3 miliardi di euro, di cui 183 miliardi sostenuti dalle gestioni
previdenziali. È quanto emerge dall’Osservatorio sulle
pensioni erogate dall’INPS che analizza i dati del 2018.»
3. Se la popolazione invecchia crescono i
costi delle pensioni pari al 90% dell'ultimo stipendio ricevuto, basate ancora
sul vecchio sistema retributivo, non coperto dai contributi.
Doppiamente falso:
(i) NO, come spiega l’INPS, in ragione di 2
punti per ogni anno di contributi completi e fino a un massimo di 40, per cui
con 35 anni è pari al 70%, con 40 anni è pari al massimo all’80%; e (ii) non dell’ultimo,
ma della media degli ultimi anni: da 5 a 15.
4. Come ha fatto il sistema a non crollare?
Il merito è della ministra più odiata dai leghisti: Elsa Fornero. Alla fine del 2011 ha
ideato una riforma che ha imposto il limite oltre i 66 anni per andare in
pensione, ovviamente da ricalcolare in base all’adeguamento della prospettiva
di vita.
Doppiamente falso!
(i) La Riforma Fornero non ha quasi toccato la pensione di vecchiaia, se non
per l’accelerazione dell’allineamento da 60 a 65 anni delle donne del
settore privato, gradualmente entro il 2018, già previsto da Sacconi
gradualmente entro il 2023, e la riduzione da 18 a 12 mesi della
“finestra” per i lavoratori autonomi (uomini e donne).
L’età
di pensionamento a 67 anni è stata decisa dalla ben più severa (per allungamento
dell’età di pensionamento e risparmio al 2060) Riforma Sacconi:
-
da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti
uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini,
mediante la “finestra” mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la “finestra”
fissa reintrodotta dalla Riforma Damiano;[1] quindi la Riforma
Fornero non c’entra.
-
da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12
mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche;[2] quindi
la Riforma Fornero non c’entra.
-
da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 o 18
mesi) per le donne del settore privato, gradualmente entro il
2026 (2023,
includendo l’adeguamento automatico alla speranza di vita);[3]
accelerato dalla Riforma Fornero, gradualmente entro il 2018;
-
da 66 a 67 anni per TUTTI mediante
l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[4] quindi
la Riforma Fornero non c’entra.
(ii) Da
quest’ultimo punto si deduce facilmente che anche l’adeguamento alla speranza
di vita è stato introdotto dalla Riforma Sacconi (DL 78/2009, L. 102/2009, art.
22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, art. 12, comma
12-bis), relativamente alla pensione di vecchiaia, alle “quote” e
all’assegno sociale, cioè due anni prima che arrivasse il Governo
Monti-Fornero, al quale viene da (quasi) tutti erroneamente attribuito. La
Riforma Fornero lo ha soltanto esteso alla pensione anticipata (L. 214/2011,
art. 24, comma 12) e reso biennale (comma 13) “successivamente a quello del
2019”, cioè dal 2022. Riguardo a quest’ultimo punto, re-informo che il Ragioniere
Generale dello Stato interpreta male la norma. Gli ho scritto e inviato
p.c. anche al PdR, come extrema ratio e perché l’errore è presente in
varie leggi promulgate dal Capo dello Stato. E il Quirinale (destinatario anche
della presente lettera pec), giudicando fondate le mie osservazioni, le ha
inoltrate nel marzo 2019 al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
(ministro Di Maio). Ma RGS ha ripetuto l’errore nel decreto direttoriale del
5.11.2019. E allora sono tornato alla carica, sia con la nuova ministra Catalfo
(che pare ignorare l’esistenza della Riforma Sacconi, poiché nomina sempre e
soltanto la Riforma Fornero), che con i due alti dirigenti. Attualmente, sono
da quasi due mesi in attesa della risposta della Direzione Generale Previdenza,
che anch’essa ha ritenuto fondate le mie osservazioni e mi ha preannunciato una
risposta.
Perché non mi date
una mano, tutti voi che leggete, in particolare gli ottimi Roberto Petrini (Repubblica),
Diego Marro (Corriere della Sera), Davide Colombo (Il Sole 24 ore),
ecc., visto che in gran parte vi riguarda? A me no, poiché sono già in pensione
(di vecchiaia) dal 2012, dopo aver subito il rinvio di 12 mesi stabilito dalla
Riforma Sacconi, un anno e mezzo prima che arrivasse il Governo Monti-Fornero.
E aiutarmi anche a
convincere la professoressa Elsa Fornero, che io considero (e spiego nel
mio saggio perché, secondo il mio parere, lo fa) uno dei principali
responsabili (assieme a noti esperti previdenziali, citati nel mio saggio
adducendo le prove documentali) della DISINFORMAZIONE ormai mondiale che
circonda le pensioni, a smettere la sua reticenza (anche le mezze verità sono
bugie intere) e a denunciare, vista la sua onnipresenza sui media, via etere e
con altri mezzi, sia ai media (come ho fatto io finora da solo, da
ultimo col Corriere della Sera nel caso delle BUFALE diffuse sullo stesso Corriere
da Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, sulla Riforma
Fornero),
sia se occorre perfino alla Procura della Repubblica o non so a chi (forse
all’ONU…), l’erronea e sistematica attribuzione a lei anche di tutte le norme della
ben più severa Riforma SACCONI.
Come fa perfino la
CGIL, che fu l’unico
sindacato ad opporsi nel 2010-11, anche con due scioperi generali, alla Riforma
Sacconi, considerate le critiche feroci che riceve nel Web per non essersi
opposta alla Riforma Fornero, e perciò avrebbe tutto l’interesse a chiarire chi
ha fatto che cosa in tema di pensioni. Non ad attribuire i
67 anni alla Riforma Fornero, come fanno Landini, Pedretti, ecc., o i 67
anni e i 1.000 mld di risparmio, come improvvidamente e incredibilmente ha
fatto ieri notte Roberto Ghiselli a Radio1 RAI, alimentando la damnatio
memoriae della severissima Riforma SACCONI e rivelando che non ha letto lo
studio di RGS “LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E
SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017,[6] che io esamino nel mio saggio
rilevandone le incongruenze e dove si analizza il risparmio al 2060 delle
riforme delle pensioni dal 2004 (che sono 4: Maroni, 2004; Damiano, 2007;
SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero, 2011), e ne parla forse per sentito dire.
Infine, dei 1.000
mld di risparmi stimati da RGS al 2060[6] dalle
riforme delle pensioni dal 2004, al lordo dell’errata attribuzione delle
norme, agevolata a mio avviso da una poco chiara formulazione delle stesse (ad
esempio, nel caso dell’“appropriazione” dell’aumento già deciso da Sacconi dell’età
di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e anticipata a 41 anni e 3 mesi,
tramite l’eliminazione della “finestra” di Sacconi-Damiano col comma 5 della L.
214/2011, art. 24, e la sua incorporazione nell’età base, ma con commi diversi,
6 e 10, senza però esplicitare il legame) attestata dalla stessa
professoressa Fornero nel suo libro del 2018[7] e che può confermarlo,
essendo tra i destinatari anche di questa mia lettera) soltanto 350
(poi calati a 280 dopo i vari interventi legislativi successivi) vengono
ascritti alla Riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esauriscono nel 2045.
Mentre quelli della Riforma Sacconi arrivano al 2060 e oltre. Ne consegue, al
lordo di errori di RGS, che, dal momento che le principali misure delle riforme
Maroni (lo “scalone”, prima che entrasse in vigore, dalla Riforma Damiano) e
Damiano (le “quote”, dalla Riforma Fornero) sono state abolite, la grandissima
parte dei residui 700 mld è ascrivibile alla Riforma Sacconi. Di fatto,
perché né RGS né nessun altro lo dice.
Cordiali saluti,
V.
_____________________
Note
[1] Lettera
al direttore de LINKIESTA, Francesco Cancellato, su sue notizie false su Elsa
Fornero
Lettera
a Mauro Bottarelli de LINKIESTA sulle sue notizie false sul ministro Savona, la
BCE e la Troika
Lettera a
Francesco Vecchi de LINKIESTA sulla
sua notizia falsa sulle pensioni
Lettera ad Andrea
Danielli e Alessio Mazzucco de LINKIESTA
sulle loro notizie false sul Governo Monti
[2] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma
Sacconi DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, comma 21, per
l’estensione al comparto della scuola e dell’università.
[3] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1,
modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[4] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato
dal DL 138, L. 148/2011, art. 1, comma 20.
[5] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter,
comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a
12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è
effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora
ci sono stati 3 scatti: 3 nel 2013, +4 nel 2016, +5 mesi nel 2019 = 1 anno, dal
1.1.2019.
[6] LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA
PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017
[7] Traggo dal
mio saggio:
«Si noti bene
che la Riforma Fornero ha (col comma 5) opportunamente eliminato la
«finestra» di 12 mesi (estesa anche ai lavoratori autonomi in luogo dei 18
mesi e quindi riducendola di 6 mesi), sostituendola con un allungamento
corrispondente dell’età base, sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6,
lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), ma l’allungamento (già
recato dalle Riforme Sacconi - 8 o 14 mesi - e Damiano – 4 mesi in media - con
le «finestre») è solo formale. Ciò ha sia dato maggiore trasparenza al
sistema, sia reso omogeneo il dato dell’età di pensionamento nel confronto
internazionale. Per contro, non avendo il testo della Riforma Fornero
esplicitato il legame tra l’allungamento dell’età base e l’abolizione delle
«finestre», l’allungamento dell’età base di 12 mesi (o 18 mesi per gli
autonomi, poi ridotto a 12 dalla Riforma Fornero) viene da tutti
erroneamente attribuito alla Riforma Fornero e non alla Riforma Sacconi, come
lamenta la stessa professoressa Fornero nel suo ultimo libro, già citato,
che riporto in nota. E che, data la sua notevole importanza, trascrivo qua:
«Rispondeva
infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette
«finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era
stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento.
[…] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più
richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12,
commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento
dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre
polemiche.» (Elsa Fornero, «Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi
comuni e verità sulle pensioni», posizione nel Kindle 3134).
Ma in questo caso si può dire: chi è
causa del suo mal pianga sé stessa.»
**********
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