mercoledì 29 gennaio 2020

Lettera: Le BUFALE del Sole 24 Ore (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero


 


Dopo quello del Corriere della Sera, pubblicato ieri, ecco un altro esempio preclaro della mia fatica di Sisifo.

Lettera: Le BUFALE del Sole 24 Ore (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero
martedì 21 gennaio 2020 - 11:55

ALLA C.A. DEL DIRETTORE FABIO TAMBURINI
CC: PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN. QUIRINALE, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI LAVORO E POLITICHE SOCIALI, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI ECONOMIA E FINANZE, COMMISSIONI LAVORO E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, COMMISSIONI FINANZE CAMERA E SENATO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, PROF.SSA ELSA FORNERO, MEF, RGS, DIR. GEN. PREVIDENZA, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI, ALTRI


Egr. direttore Fabio Tamburini,
Mi sorprende che anche il Sole 24 Ore, il principale giornale economico italiano, come fanno tutti i media, continui ad alimentare la generale disinformazione sulle pensioni (ormai mondiale), in particolare sulla Riforma Fornero, che dura dal 2013-14, dimentichi di ciò che scrivevate nel 2012 sugli effetti rilevanti delle riforme precedenti, e coinvolge anche gli esperti previdenziali. Purtroppo, nonostante le mie decine di lettere “circolari”, vi partecipano anche giornalisti esperti come Davide Colombo. Mi riferisco al suo articolo del 15 gennaio 2020 Pensioni, perché il nuovo decennio è l’ultima chance per una previdenza sotto controllo, nel quale sorprendentemente attribuisce alla sola Riforma Fornero l’intero risparmio al 2060 stimato dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) in 60 punti di Pil (1.000 mld).
1. Errata attribuzione di norme pensionistiche alla Riforma Fornero
Per inciso, evidenzio che anche RGS continua[1] a sovrastimare la Riforma Fornero, attribuendole norme e relativi effetti della ben più severa Riforma Sacconi, rivelando che il funzionario che ha redatto questa parte del rapporto (forse il medesimo di due anni fa) non conosce bene la normativa pensionistica, forse sviato anch’egli dalla formulazione poco chiara e omissiva delle norme della Riforma Fornero.[2] Traggo dalla NADEF 2019,[3] citata come fonte attendibile da Davide Colombo, il quale ripete gli stessi errori:
La previsione della spesa pensionistica14 in rapporto al PIL, riportata in figura 1, sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli ultimi venti anni. Si fa riferimento, in particolare, all’applicazione del regime contributivo (Legge n. 335/1995) e alle nuove regole introdotte con la Legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato, ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni.”
Falso in gran parte, la Riforma Fornero non ha quasi toccato la pensione di vecchiaia, se non per l’accelerazione dell’allineamento da 60 a 65 anni delle donne del settore privato e la riduzione di 6 mesi per gli autonomi (uomini e donne)[4]; mentre, relativamente alla pensione anticipata, dei 2 anni e 10 mesi di aumento per gli uomini (dai 40 anni nel 2010), 1 anno e 3 mesi sono dovuti alla Riforma Sacconi; dell’anno e 10 mesi per le donne, 1 anno e 3 mesi sono stati decisi dalla Riforma Sacconi.[5]
Il processo di riforma [sic!] ha previsto altresì l’estensione, a partire dal 2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori.
Falso, questa è forse la BUFALA più clamorosa diffusa da tutti sulla Riforma Fornero, poiché avrebbe salvato i conti pensionistici: essa lo ha soltanto esteso a quelli che ne erano esclusi dalla stessa Riforma Dini, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di contributi, tutti relativamente anziani e ormai tutti o quasi tutti già in pensione. Misura che ha realizzato un risparmio molto esiguo: appena 200 milioni a regime (2018), destinato a sparire a brevissimo.[6]
Tale risposta vale anche – e soprattutto - per Davide Colombo quando scrive: “Dal 1995, quando abbiamo adottato il sistema di calcolo contributivo, sono stati fatti circa trenta interventi in materia, quasi sempre per aumentare la spesa [questo è smentito dal risparmio, si veda appresso il punto 2, ndr]. Poi è arrivata la riforma Fornero, che ha attuato quello che con la Dini non si ebbe il coraggio di fare subito, lasciando così una transizione costosa con pensioni a calcolo misto-retributivo.” Strano che lo affermi, poiché in passato anche Colombo aveva ascritto al “pro-rata” contributivo 200 milioni”.[7]
Infine, - scrive RGS - a partire dal 2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli per l’accesso all’assegno sociale) e quello contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica sono periodicamente indicizzati alle variazioni della speranza di vita, misurata dall’ISTAT.
Beninteso, l’adeguamento alla speranza di vita – come scrive anche RGS citando non il nome ma la norma (DL 78/2010, art. 12, comma 12-bis) - è stato introdotto dalla Riforma Sacconi,[8] relativamente alla pensione di vecchiaia, alle “quote” (abolite dalla Riforma Fornero) e all’assegno sociale; la Riforma Fornero lo ha soltanto esteso alla pensione anticipata.[9] Davide Colombo, invece, lo attribuiva erroneamente alla Riforma Fornero (si veda l’Appendice). Forse ingannato anche lui, come quasi tutti, dall’art. 24, comma 1, lettera c della Riforma Fornero, che definisce i principi e i criteri della riforma: “c) adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita”. Che non è il solo esempio di “appropriazione” di misure della Riforma Sacconi (e della Riforma Dini) da parte della professoressa Fornero (si veda anche l’esame critico del suo libro nel mio saggio).
2. Risparmio dalle riforme delle pensioni
Veniamo all’ultimo punto dell’articolo di Colombo: il risparmio. Egli scrive:
Gli effetti della riforma del 2011
La riforma del 2011 garantisce un minore spesa previdenziale per 60 punti di Pil, in termini cumulati, entro il 2060 (stima della Ragioneria generale dello Stato; Nadef 2019). Senza quell’intervento la “gobba” sarebbe già arrivata con tutto il suo peso a schiacciare il resto della spesa sociale; altro che asili nido gratis. È bene tenerne conto prima di varare nuove misure di flessibilità o di “garanzia” per i lavoratori con carriere discontinue e la prospettiva di una pensione leggera. Perché, se le previsioni macroeconomiche possono anche sbagliare, i trend demografici non lasciano scampo.”
Strano. Nell’attribuire tutti i 60 punti di Pil alla Riforma Fornero, egli (i) si è dimenticato di ciò che scriveva appena nel 2018 riguardo agli effetti della Riforma Fornero[7]: “Il contributo della riforma Fornero alla sostenibilità del sistema pensionistico […] Da sola questa riforma vale un terzo dei risparmi cumulati fino al 2060”, al quale articolo seguì una mia lettera con qualche osservazione critica; (ii) si è anche dimenticato di quando, nel 2018, alla trasmissione radiofonica Radio1 RAI “Tra poco in edicola” del 13.02.2018, confermò all’incredulo conduttore Stefano Mensurati la mia dichiarazione resa in diretta (a 24’13”, cui segue dopo qualche minuto la risposta di Colombo) che circa un terzo era ascrivibile alla Riforma Fornero, circa due terzi alle riforme precedenti, e la gran parte dei residui due terzi alla Riforma Sacconi, grazie anche all’adeguamento alla speranza di vita (Mensurati è incredulo tuttora, palesando la solita, terribile “resistenza” psicologica di TUTTI ad accogliere che la Riforma Fornero è molto meno severa della Riforma SACCONI; anzi, che esista una Riforma Sacconi, cancellata perfino da documenti di studio universitari); e (iii) forse distratto da altri pensieri o, scientemente, per ingigantire i meriti della Riforma Fornero, ha travisato ciò che scrive la sua fonte, cioè RGS nella NADEF 2019,[2] che attribuisce il risparmio di 60 punti di Pil, pari a 1.000 miliardi, all’intero ciclo di riforme dal 2004: “Cumulativamente la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 ammonta a circa 60 punti percentuali di PIL al 2060” (pag. 48).
Dal 2004, le riforme delle pensioni sono state quattro: Maroni, 2004; Damiano, 2007; SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero, 2011.[10] Per inciso, aggiungo che facevano seguito ad altre tre riforme dal 1992: Amato, 1992; Dini, 1995; e Prodi, 1997, per un totale di sette.
Nei precedenti rapporti,[11] dei 1.000 miliardi di risparmio al 2060, circa due terzi venivano ascritti alle misure prima del DL 201/2011 e circa un terzo (pari al massimo a 330 mld, poi calati a 280 mld dopo i vari interventi legislativi successivi), venivano ascritti dalla Ragioneria Generale dello Stato agli interventi successivi (?) e in modo particolare alla Riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esaurivano nel 2045. E poiché la misura principale di Maroni, lo ‘scalone’, fu abrogato da Damiano prima che andasse in vigore, e quella di Damiano, le “quote”, furono abolite da Fornero, al lordo dell’errata attribuzione delle norme (come conferma la professoressa Elsa Fornero nel suo ultimo libro), la grandissima parte dei residui 700 mld è ascrivibile alla Riforma SACCONI. Di fatto, perché né RGS né nessun altro lo dice.
Evidenzio che anche dalla Figura R2 della NADEF 2019 (pag. 49), emergono dubbi: (i) sono stati anche questa volta omessi il DL 138/2011 (quarto e ultimo DL della Riforma Sacconi, che ha esteso i 12 mesi della “finestra” al comparto della scuola e dell’università e rinviata la liquidazione) e la L. 247/2007 (Riforma Damiano, che però si spiega poiché ha reintrodotto le “quote”, “addolcendo” lo “scalone”, con un risparmio negativo); (ii) il risparmio dal DL 78/2010 (Sacconi) è sottovalutato, presumibilmente perché alcune sue misure sono attribuite erroneamente al DL 201/2011 (Fornero), (iii) che di conseguenza è sovrastimata; (iv) come è sovrastimata ancor di più la L. 243/2004 (Riforma Maroni), il cui provvedimento principale (lo “scalone”) fu cancellato prima che andasse in vigore dalla Riforma Damiano (non sono riuscito a reperire la relazione tecnica, ma il dossier del Servizio Studi del Senato (pag. 47) quantifica in circa 9 mld a regime il risparmio dalla Riforma Maroni, quindi un effetto notevole, però in gran parte (che non sono in grado di quantificare) annullato dalla Riforma Damiano. Al riguardo aggiungo che per l’abolizione delle “quote” la relazione tecnica (lettera B pag. 46) accredita alla Riforma Fornero un risparmio a regime di 4 mld annui. Sulle critiche al grafico, si vedano, al riguardo, la mia lettera n. 2 a RGS riportata in nota 1 e, soprattutto, l’analisi critica del grafico 2017 nel mio saggio citato alla nota 2, che in parte riporto in nota[12]. La conseguenza è che, anche questa volta, viene citata la Riforma Fornero (L. 214/2011), oltre alla Riforma Dini (L. 335/1995), e non viene citata la più severa e incisiva Riforma SACCONI, sulla quale si conferma la inspiegabile damnatio memoriae da me denunciata invano da quasi dieci anni. Una vera fatica di Sisifo.

3. Errata contabilizzazione e valutazione della spesa pensionistica
Infine, sarebbe auspicabile che Il Sole 24 Ore, con la sua autorevolezza, non alimentasse la BUFALA gigantesca sull’ammontare della spesa pensionistica italiana, BUFALA che tanti problemi ha causato (in particolare nell’anno orribile 2011) e, in parte, ancora causa all’Italia. E attestasse pubblicamente con voce chiara e forte che nell’importo lordo di 290 mld circa ci sono 90 mld di voci spurie: (i) in primo luogo 58 mld di imposte, le quali (oltre ad essere le più alte in ambito OCSE) sono una partita di giro, e, come sa anche uno studente del 1° anno che abbia studiato le partite di giro e i conti transitori, esse hanno un impatto nullo sulla spesa pensionistica; ripeto: hanno un impatto nullo sulla spesa pensionistica (e “normalmente” ci vorrebbero né anni, né mesi, né giorni, ma pochi minuti per sistemare una siffatta questione, che invece si trascina da sempre); (ii) poi, la spesa assistenziale (20-25 mld), che va a carico della fiscalità generale; e (iii) il TFR (10-15 mld), che può essere riscosso anche decenni prima del pensionamento. Al netto, il rapporto spesa pensionistica/Pil cala di 5 punti percentuali, a circa il 10,5%. Come è confermato dal Rapporto INPS relativo ai dati netti 2018:
«Le pensioni vigenti al 1° gennaio 2019 sono 17.827.676, di cui 13.867.818 di natura previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) e le restanti 3.959.858 di natura assistenziale (invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali). Nel 2018 la spesa complessiva per le pensioni è stata di 204,3 miliardi di euro, di cui 183 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali. È quanto emerge dall’Osservatorio sulle pensioni erogate dall’INPS che analizza i dati del 2018.»
Il Pil 2018 è pari a 1.753 mld; 204,3 su 1.753 fa dunque l’11,6% e, soprattutto, 183 (cioè l’importo netto effettivo pagato dalle gestioni previdenziali dell’INPS) su 1.753 è pari al 10,4%. Il che smentisce tutti gli allarmismi dei luminari e dei vari dirigenti di OCSE e FMI che hanno edificato le loro carriere sull’additare – poco patriotticamente - la spesa pensionistica italiana come quasi la più alta al mondo in rapporto al Pil, fuori controllo e bisognevole di un’ennesima riforma. Come inclina a fare anche Davide Colombo del Sole 24 ore, nell’articolo esaminato, sul fondamento di dati falsi.
Distinti saluti,
V.

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Note
[1] Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche
[2] DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24, commi 6 e 10.
Traggo dal mio saggio “Le menzogne sulle Riforme delle pensioni Sacconi e Fornero”, secondo volume della trilogia LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO:
«Si noti bene che la Riforma Fornero ha (col comma 5) opportunamente eliminato la «finestra» di 12 mesi (estesa anche ai lavoratori autonomi in luogo dei 18 mesi e quindi riducendola di 6 mesi), sostituendola con un allungamento corrispondente dell’età base, sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), ma l’allungamento (già recato dalle Riforme Sacconi - 8 o 14 mesi - e Damiano – 4 mesi in media - con le «finestre») è solo formale. Ciò ha sia dato maggiore trasparenza al sistema, sia reso omogeneo il dato dell’età di pensionamento nel confronto internazionale. Per contro, non avendo il testo della Riforma Fornero esplicitato il legame tra l’allungamento dell’età base e l’abolizione delle «finestre», l’allungamento dell’età base di 12 mesi (o 18 mesi per gli autonomi, poi ridotto a 12 dalla Riforma Fornero) viene da tutti erroneamente attribuito alla Riforma Fornero e non alla Riforma Sacconi, come lamenta la stessa professoressa Fornero nel suo ultimo libro, già citato, che riporto in nota. E che, data la sua notevole importanza, trascrivo qua:
«Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche.» (Elsa Fornero, «Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni», posizione nel Kindle 3134).
Ma in questo caso si può dire: chi è causa del suo mal pianga sé stessa.»
[4] L’età di pensionamento di vecchiaia a 67 anni è stata decisa dalla Riforma Sacconi:
-          da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante la “finestra” mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la “finestra” fissa reintrodotta dalla Riforma Damiano;[i] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
-          da 60 a 61 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2011, e da 61 a 65 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012, (più «finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche, per equipararle ai dipendenti pubblici uomini, a seguito della sentenza del 2008 della Corte di Giustizia UE;[ii] quindi la Riforma Fornero non c’entra.

-          da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 o 18 mesi) per le donne del settore privato, gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l’adeguamento automatico alla speranza di vita);[iii] accelerato dalla Riforma Fornero, gradualmente entro il 2018;
-          da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[iv] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
[i] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma Sacconi DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, comma 21, per l’estensione al comparto della scuola e dell’università.
[ii] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1, modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[iii] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato dal DL 138, L. 148/2011, art. 1, comma 20.
[iv] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 nel 2013, +4 nel 2016, +5 mesi nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.
[5] DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, comma 2 (“finestra” di 12 o 18 mesi); DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 22-ter (+ 1 mese per chi matura il diritto nel 2012, + 2 mesi per chi lo matura nel 2013, + 3 mesi per chi matura il diritto nel 2014); l’effetto combinato delle due misure porta l’età di pensionamento di anzianità (o anticipata) a 41 anni e 3 mesi per i dipendenti o 41 anni e 9 mesi per gli autonomi.
[6] Valga a confermarlo il risparmio di appena 200 milioni a regime stimato dalla relazione tecnica del DL 201/2011 (“salva-Italia”) per tale misura, quantificato dalla RGS, relativamente al periodo dal 2012 al 2018, in, rispettivamente, (al netto fisco) 5, 24, 39, 70, 116, 169 e 216 milioni, numeri che dimostrano la scarsissima incidenza della misura, pari ad appena l’1 per cento circa del risparmio annuo accreditato alla Riforma Fornero e destinato ad azzerarsi a brevissimo.
«Estensione del sistema contributivo pro-rata dal 1° gennaio 2012 (i valori di economia del 2018 sono sostanzialmente quelli di regime destinati a ridursi nel tempo in ragione dell'eliminazione delle pensioni interessate dalla misura).» (Relazione tecnica, pag. 46).
[7] Pensioni, senza legge Fornero spesa di 20 miliardi in più all’anno
[8] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 mesi nel 2013, +4 nel 2016, +5 nel 2019 = 1 anno, portando l’età di pensionamento a 67 anni per tutti dal 1.1.2019.
[9] DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24, comma 12.
[10] Maroni, L. 243/2004; Damiano, L. 247/2007; SACCONI, L. 122/2010, art. 12, L. 111/2011, art. 18, e L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23; e Fornero, L. 214/2011, art. 24.
[11] LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017
Considerando l’insieme degli interventi di riforma approvati a partire dal 2004 (L 243/2004), si evidenzia che, complessivamente, essi hanno generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL pari a circa 60 punti percentuali di PIL, cumulati al 2060. Di questi, circa due terzi sono dovuti agli interventi adottati prima del DL 201/2011 (convertito con L 214/2011) e circa un terzo agli interventi successivi, con particolare riguardo al pacchetto di misure previste con la riforma del 2011 (art. 24 della L 214/2011).
[12] «Infine, rilevo di nuovo che RGS, sempre nel documento LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017,[33] riguardo alla Riforma Fornero scrive:
«Poi la curva scende, con risparmi attorno allo 0,8% del Pil nel 2030, per azzerarsi nel 2045, quando ai minori pensionamenti corrispondono assegni più pesanti.»
Invece, la curva della Riforma SACCONI [33] – mai citata da nessuno - è bella gagliarda fino al 2060. Osservo, inoltre, che tale curva è duplice: una relativa al DL 78/2010 e l’altra al DL 98/2011 più il DL 138/2011 (quest’ultimo, estendendo la «finestra» di 12 mesi al personale del comparto della scuola e dell’università e rinviando il pagamento della buonuscita, ha procurato un risparmio, nel primo triennio di applicazione, di 100 milioni nel 2012, 1.031 milioni nel 2013 e 774 milioni nel 2014, cfr. l’analisi del Servizio Studi della Camera nel documento linkato alla nota 30).
Visivamente, emergono, dal grafico di RGS, altre considerazioni critiche (procedendo dal basso verso l’alto): (i) l’ampiezza tra la curva del DL 78/2010 (Sacconi) e la curva del DL 201/2011 (Fornero) appare sostanzialmente la stessa di quella tra il DL 78/2010 e quella dei DL 98 e 138 (Sacconi), il che è strano, poiché i provvedimenti del primo sono più corposi di quelli degli altri due messi assieme (il che giustifica il - ed è corroborato dal - sospetto (si veda la mia seconda lettera a RGS[48]) che alcune misure del DL 78/2010, tra cui l’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e/o dell’età di pensionamento anticipato a 41 anni e 3 mesi, siano state attribuite erroneamente al DL 201/2011 (Fornero); (ii) la somma delle due curve della Riforma SACCONI, dal 2020 in poi, mostra un’ampiezza analoga a quella della Riforma Fornero e va oltre il 2045, eppure – chissà per quale «arcano» motivo - si cita soltanto la Riforma Fornero e viene completamente obliterata la Riforma SACCONI; e (iii) l’ampiezza tra la curva della L. 243/2004 (Riforma Maroni) e quella dei due DL 98 e 138 del 2011 di Sacconi è palesemente sovradimensionata, il che sembra ascrivibile, in parte, al fatto che forse vi sia stata inglobata la L. 247/2007 (Riforma Damiano), che infatti non è menzionata, ed in parte ad una presumibile sovrastima complessiva delle misure della Riforma Maroni, stante l’abolizione del suo provvedimento principale, cioè lo «scalone».[23]
In definitiva, ne emerge, con le cautele del caso visto che non sono esplicitati i calcoli effettuati, che anche il grafico di RGS conferma la sopravvalutazione della Riforma Fornero a scapito della Riforma SACCONI (vedi anche appresso).»
***
APPENDICE
QUALCHE ALTRO ESEMPIO DI STRAFALCIONI DE IL SOLE 24 ORE SULLA RIFORMA FORNERO

1) Cosa prevede la Riforma Fornero
–di Ma.l.C. - 20 gennaio 2015
La cosiddetta Riforma Fornero è parte del decreto legge Salva Italia varato dal governo Monti a fine 2011. In particolare la riforma impone il sistema di calcolo contributivo nella costruzione della pensione di tutti i lavoratori, anche [no, soltanto per loro, a decorrere dall’1.1.2012, ndr] per coloro che - in ragione della riforma Dini del 1995 – stavano costruendo la propria pensione con il più generoso sistema retributivo.
Contestualmente la riforma Fornero ha innalzato l'età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” (in base all’età anagrafica): minimo 20 anni di contribuzione [no, per la pensione calcolata col metodo retributivo lo decise la Riforma Amato nel lontano 1992, la Riforma Fornero ha esteso il minimo di 20 anni alla pensione calcolata esclusivamente col metodo contributivo, ndr] e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pa e privati) [no, come abbiamo visto, lo ha deciso la Riforma Sacconi, ndr], 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).
Inoltre abolisce la “pensione di anzianità” (in base al numero di anni di lavoro) sostituita dalla “pensione anticipata” [no, gli ha cambiato soltanto il nome, da “anzianità” ad “anticipata”, ndr]: oggi bisogna aver lavorato 41 anni e 3 mesi per le donne o 42 anni e 3 mesi per gli uomini [no, come abbiamo visto, 41 anni e 3 mesi sia per gli uomini che per le donne è stato deciso dalla Riforma Sacconi, ndr].

2) Legge Fornero, canone Rai e tasse universitarie: fact-checking alle promesse dei partiti
di M. Bartoloni, A. Biondi, D. Colombo - 8 gennaio 2018
Al netto di queste misure di maggiore spesa previdenziale, le regole della riforma 2011 dovrebbero garantire comunque risparmi attorno ai 20 miliardi annui tra il 2019 e il 2020, con una proiezione di 200 miliardi nei prossimi dieci anni. Questo numero comprende anche la piena applicazione degli stabilizzatori automatici che modificano i requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita (altro strumento che molti vorrebbero depotenziare) e che fa scattare a 67 anni la vecchiaia dal 2019. [no, come abbiamo visto, è stato introdotto dalla Riforma Sacconi col DL 78/2009, art. 22-ter, comma 2, due anni prima che arrivasse il Governo Monti-Fornero, e modificato col DL 78/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, e, per la decorrenza, col DL 98/2011, art. 18, comma 4, ndr]
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-08/la-riforma-fornero-vale-ancora-20-miliardi-risparmi-l-anno-124229.shtml 

3) Nel libro dell’ex direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano “Il cigno nero e il cavaliere bianco”, ce n’è un campionario.


Post collegati:

Lettera: Le BUFALE del Corriere della Sera (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero
https://vincesko.blogspot.com/2020/01/lettera-le-bufale-del-corriere-della.html  

Lettera al direttore de LINKIESTA Christian Rocca (e a tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero
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