Lettera
al Ministro Roberto Gualtieri: Le BUFALE di RGS (e di tutti i media) sulla
Riforma delle pensioni Fornero
mercoledì 19 febbraio 2020 - 17:40
ALLA
C.A. DEL SIG. MINISTRO (MEF) ROBERTO GUALTIERI
CC:
PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN. QUIRINALE, MINISTRO E
SOTTOSEGRETARI LAVORO E POLITICHE SOCIALI, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI ECONOMIA E
FINANZE, COMMISSIONI LAVORO E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, COMMISSIONI FINANZE
CAMERA E SENATO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, PROF.SSA ELSA
FORNERO, MEF, RGS, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI, ALTRI
Egr.
Sig. Ministro Roberto Gualtieri,
1. Errata
attribuzione di RGS di norme pensionistiche alla Riforma Fornero
Mi permetto di comunicarLe
che anche RGS – come tutti i media - continua[1] a sovrastimare abnormemente
la Riforma Fornero, attribuendole erroneamente norme importanti e
relativi effetti della ben più severa Riforma Sacconi. Evidentemente il
funzionario che ha redatto la parte della NADEF 2019 relativa al risparmio
dalle pensioni (forse il medesimo di due anni fa) non conosce bene la normativa
pensionistica.[2] Come tutti.
Traggo dalla NADEF 2019, citata come fonte
attendibile da Davide Colombo del Sole 24 Ore,[3] il quale ripete
gli stessi errori:
“La previsione
della spesa pensionistica14 in rapporto al PIL, riportata in figura
1, sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma
adottati negli ultimi venti anni. Si fa riferimento, in particolare,
all’applicazione del regime contributivo (Legge n. 335/1995) e alle nuove
regole introdotte con la Legge n. 214/2011 che, elevando
i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato, ha migliorato in modo
significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo
periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni.”
Falso in grandissima
parte.
La Riforma Fornero non ha quasi toccato la pensione di vecchiaia, se non per:
- l’accelerazione
dell’allineamento da 60 a 65 anni delle donne del settore privato; e
- la riduzione
di 6 mesi per gli autonomi (uomini e donne).[4]
Anche relativamente
alla pensione anticipata (ex anzianità), dei 2 anni e 10 mesi di aumento per
gli uomini (dai 40 anni nel 2010), 1 anno e 3 mesi sono dovuti alla Riforma
Sacconi, un anno e sette mesi alla Riforma Fornero (oltre alla riduzione
di 6 mesi per gli autonomi); dell’anno e 10 mesi per le donne, 1 anno e 3 mesi
sono stati decisi dalla Riforma Sacconi, 7 mesi dalla Riforma Fornero (oltre
alla riduzione di 6 mesi per le autonome).[5]
“Il processo di
riforma [sic! Le riforme dal 1992 sono sette, e la Riforma Fornero è
soltanto la settima, e non la più severa] ha previsto altresì
l’estensione, a partire dal 2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori.
Falso, perché
fuorviante.
Questa è forse la BUFALA più clamorosa diffusa da tutti sulla Riforma
Fornero, anche talvolta da Elsa Fornero stessa, come nel suo libro del 2018,
poiché – si dice - avrebbe salvato i conti pensionistici. In effetti, tale
misura ha soltanto esteso il metodo contributivo a quelli che ne erano
esclusi dalla stessa Riforma Dini, cioè coloro che, al 31.12.1995,
avevano almeno 18 anni di contributi, tutti relativamente anziani e ormai tutti
o quasi tutti già in pensione. Misura che ha realizzato un risparmio molto
esiguo: appena 200 milioni a regime (2018), destinato a sparire a
brevissimo.[6]
“Infine, -
scrive RGS - a partire dal 2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli
per l’accesso all’assegno sociale) e quello contributivo per l’accesso al
pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica sono
periodicamente indicizzati alle variazioni della speranza di vita, misurata
dall’ISTAT.
Beninteso, l’adeguamento
alla speranza di vita – come scrive anche RGS citando non il nome ma la norma (DL
78/2010, art. 12, comma 12-bis) - è stato introdotto dalla Riforma
Sacconi,[7] relativamente alla pensione di vecchiaia, alle “quote” (abolite
dalla Riforma Fornero) e all’assegno sociale; la Riforma Fornero lo ha esteso
alla pensione anticipata e reso biennale.[8] A decorrere dal
2022.
Ma RGS lo fa
decorrere erroneamente dal 2019.
E, particolare non
secondario, la stessa interpretazione errata di norme sull’adeguamento alla
speranza di vita l’ha fatta il Ragioniere Gen. dello Stato, di concerto con
la Direttrice Gen. Previdenza, nel decreto direttoriale del 5.12.2017. Ho
scritto ad entrambi due volte nel 2018 e, vista la sordità, come extrema
ratio, l’ho inviata p.c. anche al Presidente della Repubblica: il Segretariato
Gen. del Quirinale ha trovato fondate le mie osservazioni e, nel marzo 2019, le
ha inoltrate con un esposto al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Tuttavia, i due alti
dirigenti hanno ripetuto l’errata interpretazione nel decreto
direttoriale del 5.11.2019. Allora ho riscritto a RGS e DG Previdenza una terza
lettera.[9] Sono riuscito ad avere un’interlocuzione telefonica con la
Dir. Gen. Previdenza, anche il funzionario delegato per la risposta ha trovato
fondate le mie osservazioni critiche (“Lei non ha tutti i torti, ma perché
finora nessuno se n’è accorto?”) ed aveva posto alla firma la sua risposta, ma sentito
il suo superiore mi ha detto che non possono rispondere a un privato cittadino
e di rivolgermi all’INPS, che è del tutto estraneo alla questione.
Ne ho dato
comunicazione al Quirinale,[10] a Lei p.c., come tutte le altre volte in
passato.
2. Responsabilità primaria
della professoressa Elsa Fornero e del Sen. Maurizio Sacconi nella
DISINFORMAZIONE mondiale sulle pensioni italiane
Debbo aggiungere
(i) che non è casuale che tutti ritengono che l’allungamento dell’età di
pensionamento di vecchiaia a 66 anni e poi a 67, e anticipata a 41 anni e 3
mesi sia stato deciso dalla Riforma Fornero; e (ii) che la causa della
DISINFORMAZIONE generale è in primo luogo della professoressa Fornero, e per la
formulazione poco chiara, omissiva e tendente al plagio delle sue norme, fin
dall’indicazione degli obiettivi della sua riforma e dall’uso improprio del
verbo “confermare” (una legge ordinaria pienamente in vigore – Sacconi - non ha
affatto bisogno di essere confermata da un’altra legge ordinaria - Fornero), e,
successivamente, con la sua reticenza, le millanta volte che comunica
attraverso i media, da ultimo ieri sera a Dimartedì;[11] sia
dell’ex senatore Maurizio Sacconi, con la sua reticenza (o peggio) sulla
paternità delle sue misure. Con l’ausilio di famosi esperti previdenziali,[12]
di tutti i media[13] e dell’Accademia.[14]
3. Risparmio dalle riforme delle pensioni
Anche
nella NADEF 2019, RGS attribuisce un risparmio di 60 punti di
Pil, pari a 1.000 miliardi, all’intero ciclo di riforme dal 2004: “Cumulativamente
la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo
processo di riforma avviato nel 2004 ammonta a circa 60 punti percentuali di
PIL al 2060” (pag. 48).
Dal 2004, le riforme delle pensioni sono
state quattro: Maroni, 2004; Damiano, 2007; SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero,
2011.[15] Per inciso, aggiungo che facevano seguito ad altre tre riforme
dal 1992: Amato, 1992; Dini, 1995; e Prodi, 1997, per un totale di sette.
Nei precedenti rapporti,[16]
dei 1.000 miliardi di risparmio al 2060, circa due terzi venivano
ascritti alle misure prima del DL 201/2011 e circa un terzo (pari al massimo a 330
mld, poi calati a 280 mld dopo i vari interventi
legislativi successivi), venivano ascritti dalla Ragioneria Generale dello Stato agli interventi successivi (?) e in modo particolare alla
Riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esaurivano nel 2045. E poiché
la misura principale di Maroni, lo ‘scalone’, fu abrogata da Damiano prima che
andasse in vigore, e quella di Damiano, le “quote”, furono abolite da Fornero, al
lordo dell’errata attribuzione delle norme (come conferma la professoressa
Elsa Fornero nel suo libro del 2018), o RGS sovrastima il risparmio complessivo
o la
grandissima parte dei residui 700 mld è ascrivibile alla Riforma SACCONI.
Di fatto, perché né RGS né nessun altro lo dice.
Evidenzio che
anche dalla Figura R2 della NADEF 2019 (pag. 49), emergono dubbi: (i)
sono stati anche questa volta omessi il DL 138/2011 (quarto e ultimo DL della
Riforma Sacconi, che ha esteso i 12 mesi della “finestra” al comparto della
scuola e dell’università e rinviato il pagamento della liquidazione) e la L.
247/2007 (Riforma Damiano, che però si spiega poiché ha reintrodotto le “quote”, “addolcendo” lo “scalone”, con un risparmio negativo);
(ii) il risparmio dal DL 78/2010 (Sacconi) a me sembra sottovalutato, presumibilmente
perché alcune sue misure sono attribuite erroneamente al DL 201/2011 (Fornero),
(iii) che di conseguenza è sovrastimato; (iv) come è sovrastimata ancor di più
la L. 243/2004 (Riforma Maroni), il cui provvedimento principale (lo
“scalone”) fu cancellato prima che andasse in vigore dalla Riforma Damiano. Il dossier del Servizio
Studi del Senato (pag. 47) quantifica in circa 9 mld a regime il risparmio
dalla Riforma Maroni, quindi un effetto notevole, però in tutto o in grandissima
parte (che non sono in grado di quantificare, ma presumo sia in tutto)
annullato dalla Riforma Damiano. Al riguardo aggiungo che per l’abolizione
delle “quote” la relazione tecnica (lettera B
pag. 46) accredita alla Riforma Fornero un risparmio a regime di 4 mld annui.
Sulle critiche al grafico, si vedano, al riguardo, la mia lettera n. 2 a RGS
riportata in nota 1 e, soprattutto, l’analisi critica del grafico 2017 nel mio
saggio citato alla nota 2, che in parte riporto in nota[17]. La
conseguenza è che, anche questa volta, viene citata la Riforma Fornero (L.
214/2011), oltre alla Riforma Dini (L. 335/1995), e non viene citata la più
severa e incisiva Riforma SACCONI, sulla quale si conferma la inspiegabile damnatio
memoriae da me denunciata invano da quasi dieci anni. Una vera fatica di
Sisifo.
4. Errata
contabilizzazione e valutazione della spesa pensionistica
Infine, colgo
l’occasione per rilevare che nell’importo lordo di 290 mld della spesa
pensionistica ci sono 90 mld di voci spurie: (i) in primo luogo 58 mld
di imposte, le quali (oltre ad essere le più alte in ambito OCSE) sono una partita
di giro, e, come sa
anche uno studente del 1° anno che abbia studiato le partite di giro e i conti transitori, esse hanno un impatto nullo sulla
spesa pensionistica; ripeto: hanno un impatto nullo sulla spesa
pensionistica, come presumo faccia obbligatoriamente anche RGS per i conti
pubblici (e “normalmente” ci vorrebbero né anni, né mesi, né giorni, ma pochi
minuti per sistemare una siffatta questione, che invece si trascina da sempre);
(ii) poi, la spesa assistenziale (20-25 mld), che va a carico della fiscalità
generale; e (iii) il TFR (10-15 mld), che può essere riscosso anche decenni
prima del pensionamento. Al netto, il rapporto spesa pensionistica/Pil cala di 5
punti percentuali, a circa il 10,5%. Come è confermato dal Rapporto INPS relativo ai dati
netti 2018:
«Le pensioni
vigenti al 1° gennaio 2019 sono 17.827.676, di cui 13.867.818 di natura
previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) e le restanti 3.959.858 di
natura assistenziale (invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni
e assegni sociali). Nel 2018 la spesa complessiva per le pensioni è stata di
204,3 miliardi di euro, di cui 183 miliardi sostenuti dalle gestioni
previdenziali. È quanto emerge dall’Osservatorio
sulle pensioni erogate dall’INPS che analizza i dati del 2018.»
Il Pil 2018 è pari a 1.753,3 mld;
204,3 su 1.753,3 fa dunque l’11,6% e, soprattutto, 183 (cioè l’importo
netto effettivo pagato dalle gestioni previdenziali dell’INPS) su 1.753 è pari
al 10,4%, ben più basso del 15-16% ufficiale.
Spero, Signor Ministro Gualtieri,
che Lei intervenga per contribuire a sanare almeno in parte questa surreale
DISINFORMAZIONE generale sulle pensioni (e non solo: si vedano le manovre
correttive della XVI legislatura e gli obiettivi statutari della BCE), che ha
fatto in Italia 60 milioni di vittime, inclusi gli esperti e i professori
universitari, ad opera anche di RGS, e che è ormai diventata mondiale.
Distinti saluti,
V.
_____________________
Note
[1] Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato
sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche
[2] DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24,
commi 6 e 10.
«Si noti bene
che la Riforma Fornero ha (col comma 5) opportunamente eliminato la
«finestra» di 12 mesi (estesa anche ai lavoratori autonomi in luogo dei 18
mesi e quindi riducendola di 6 mesi), sostituendola con un allungamento
corrispondente dell’età base, sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6,
lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), ma l’allungamento (già
recato dalle Riforme Sacconi – 8 o 14 mesi – e Damiano – 4 mesi in media – con
le «finestre») è solo formale. Ciò ha sia dato maggiore trasparenza al
sistema, sia reso omogeneo il dato dell’età di pensionamento nel confronto
internazionale. Per contro, non avendo il testo della Riforma Fornero
esplicitato il legame tra l’allungamento dell’età base e l’abolizione delle
«finestre», l’allungamento dell’età base di 12 mesi (o 18 mesi per gli
autonomi, poi ridotto a 12 dalla Riforma Fornero) viene da tutti
erroneamente attribuito alla Riforma Fornero e non alla Riforma Sacconi, come
lamenta la stessa professoressa Fornero nel suo ultimo libro, già citato,
che riporto in nota. E che, data la sua notevole importanza, trascrivo qua:
«Rispondeva infine
essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette
«finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era
stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento.
[…] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più
richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12,
commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento
dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre
polemiche.» (Elsa Fornero, «Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi
comuni e verità sulle pensioni», posizione nel Kindle 3134).
Ma in questo caso si può dire: chi è
causa del suo mal pianga sé stessa.»
(“Le menzogne sulle Riforme delle pensioni
Sacconi e Fornero”, secondo volume della trilogia LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL
XXI SECOLO).
[3] Lettera: Le
BUFALE del Sole 24 Ore (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni
Fornero_20-01-2020
[4] L’età di
pensionamento di vecchiaia a 67 anni è stata decisa dalla Riforma Sacconi:
-
da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti
uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante
la “finestra” mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la “finestra” fissa reintrodotta
dalla Riforma Damiano;[i] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
-
da 60 a 61 anni, a decorrere dal 1°
gennaio 2011, e da 61 a 65 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012, (più
«finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche, per
equipararle ai dipendenti pubblici uomini, a seguito della sentenza del 2008
della Corte di Giustizia UE;[ii] quindi la Riforma Fornero non
c’entra.
-
da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 o 18
mesi) per le donne del settore privato, gradualmente entro il 2026 (2023, includendo
l’adeguamento automatico alla speranza di vita);[iii]
accelerato dalla Riforma Fornero, gradualmente entro il 2018;
-
da 66 a 67 anni per TUTTI mediante
l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[iv] quindi
la Riforma Fornero non c’entra.
[i] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma Sacconi DL 78/2010, L.
122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L.
148/2011, art. 1, comma 21, per l’estensione al comparto della scuola e
dell’università.
[ii] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1,
modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[iii] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato dal DL 138, L.
148/2011, art. 1, comma 20.
[iv] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter,
comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010,
L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato
per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L.
111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 nel 2013, +4 nel
2016, +5 mesi nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.
[5] DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, comma 2
(“finestra” di 12 o 18 mesi); DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 22-ter
(+ 1 mese per chi matura il diritto nel 2012, + 2 mesi per chi lo matura nel
2013, + 3 mesi per chi matura il diritto nel 2014); l’effetto combinato delle
due misure porta l’età di pensionamento di anzianità (o anticipata) a 41 anni e
3 mesi per i dipendenti o 41 anni e 9 mesi per gli autonomi, poi ridotta
a 41 anni e 3 mesi dalla Riforma Fornero.
[6] Valga
a confermarlo il risparmio di appena 200 milioni a regime stimato dalla
relazione tecnica del DL 201/2011 (“salva-Italia”) per tale misura, quantificato dalla Relazione tecnica, relativamente al periodo dal 2012 al 2018, in, rispettivamente,
(al netto fisco) 5, 24, 39, 70, 116, 169 e 216 milioni, numeri che dimostrano
la scarsissima incidenza della misura, pari ad appena l’1 per cento circa del risparmio
annuo accreditato alla Riforma Fornero e destinato ad azzerarsi a brevissimo.
«Estensione
del sistema contributivo pro-rata dal 1° gennaio 2012 (i valori di economia del
2018 sono sostanzialmente quelli di regime destinati a ridursi nel tempo in
ragione dell'eliminazione delle pensioni interessate dalla misura).» (Relazione
tecnica, pag. 46).
[7] DL 78/2009, L.
102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12,
commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal
2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18,
comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 mesi nel 2013, +4 nel 2016, +5 nel
2019 = 1 anno, portando l’età di pensionamento a 67 anni per tutti dal
1.1.2019.
[8] DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24,
comma 12.
[9] Lettera n. 3 al Ragioniere Generale dello
Stato e alla Direttrice Generale Previdenza sulla loro errata interpretazione
della norma che adegua l’età di pensionamento alla speranza di vita
[10] Lettera n. 2 all’Ufficio Affari
Giuridici del Quirinale sull’errata interpretazione di RGS e DG Previdenza di
norme delle Riforme Fornero e Sacconi: comunicazione dell’esito negativo
[11] Lo scontro tra Elsa Fornero e
Marta Collot: "Lei risponde per slogan che non hanno contenuto"
18/02/2020
[12] Pensioni,
la congiura del silenzio di sette noti esperti di previdenza contro Elsa
Fornero http://vincesko.blogspot.com/2017/12/pensioni-la-congiura-del-silenzio-di.html
[13] Uno tra tutti (all’interno è citato
l’esperto famoso n. 8).
Lettera: Le BUFALE del Corriere della
Sera (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero https://vincesko.blogspot.com/2020/01/lettera-le-bufale-del-corriere-della.html
[14] Uno tra i tanti.
Lettera:
Le BUFALE di UniBocconi-Il Mulino sulla Riforma delle pensioni Fornero e su
Monti https://vincesko.blogspot.com/2020/02/lettera-le-bufale-di-unibocconi-il.html
[15] Maroni, L.
243/2004; Damiano, L. 247/2007; SACCONI, L. 122/2010, art. 12, L. 111/2011,
art. 18, e L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23; e Fornero, L. 214/2011, art.
24.
[16] LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA
PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017
Considerando
l’insieme degli interventi di riforma approvati a partire dal 2004 (L
243/2004), si evidenzia che, complessivamente, essi hanno generato una riduzione
dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL pari a circa 60
punti percentuali di PIL, cumulati al 2060. Di questi, circa due terzi sono
dovuti agli interventi adottati prima del DL 201/2011 (convertito con L
214/2011) e circa un terzo agli interventi successivi,
con particolare riguardo al pacchetto di misure previste con la riforma del
2011 (art. 24 della L 214/2011).
[17] «Infine, rilevo di nuovo che RGS, sempre
nel documento LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA
PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017,[33] riguardo
alla Riforma Fornero scrive:
«Poi la curva scende, con risparmi
attorno allo 0,8% del Pil nel 2030, per azzerarsi nel 2045, quando ai minori
pensionamenti corrispondono assegni più pesanti.»
Invece, la curva della Riforma SACCONI [33] – mai citata da nessuno - è
bella gagliarda fino al 2060. Osservo, inoltre, che tale curva è duplice: una
relativa al DL 78/2010 e l’altra al DL 98/2011 più il DL 138/2011
(quest’ultimo, estendendo la «finestra» di 12 mesi al personale del comparto
della scuola e dell’università e rinviando il pagamento della buonuscita, ha
procurato un risparmio, nel primo triennio di applicazione, di 100 milioni nel
2012, 1.031 milioni nel 2013 e 774 milioni nel 2014, cfr. l’analisi del
Servizio Studi della Camera nel documento linkato alla nota 30).
Visivamente,
emergono, dal grafico di RGS, altre considerazioni critiche (procedendo dal
basso verso l’alto):
(i)
l’ampiezza tra la curva del DL 78/2010 (Sacconi) e la curva del DL 201/2011
(Fornero) appare sostanzialmente la stessa di quella tra il DL 78/2010 e quella
dei DL 98 e 138 (Sacconi), il che è strano, perché i provvedimenti del primo
sono più corposi di quelli degli altri due messi assieme (il che giustifica il
- ed è corroborato dal - sospetto (si veda la mia seconda lettera a RGS[48])
che alcune misure del DL 78/2010, tra cui l’allungamento dell’età di pensionamento di
vecchiaia a 66 anni e/o dell’età di pensionamento anticipato a 41 anni e 3 mesi,
siano state attribuite erroneamente al DL 201/2011 (Fornero);
(ii) la
somma delle due curve della Riforma SACCONI, dal 2020 in poi, mostra
un’ampiezza analoga a quella della Riforma Fornero e va oltre il 2045, eppure –
chissà per quale «arcano» motivo - si
cita soltanto la Riforma Fornero e viene completamente obliterata la Riforma
SACCONI; e
(iii)
l’ampiezza tra la curva della L. 243/2004 (Riforma Maroni) e quella dei due DL
98 e 138 del 2011 di Sacconi è palesemente sovradimensionata, il che sembra
ascrivibile ad una presumibile sovrastima complessiva delle misure della
Riforma Maroni, stante l’abolizione del suo provvedimento principale, cioè lo
«scalone».[23] Il
dossier del Servizio
Bilancio del Senato[23]
quantifica in circa 9 miliardi a regime il risparmio dalla Riforma Maroni,
quindi un effetto notevole, interamente annullato dalla Riforma Damiano, al
netto del risparmio negativo (ovvero maggiore spesa) determinato da
quest’ultima.
In
definitiva, ne emerge, con le cautele del caso visto che non sono esplicitati
i calcoli effettuati, che anche il grafico di RGS conferma la
sopravvalutazione della Riforma Fornero a scapito della Riforma SACCONI (vedi
anche appresso).»
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