Nel post
precedente[1 oppure 2] di questo blog,
ho linkato un articolo del prof. Gustavo Piga, che commentando un saggio sugli
USA spiega che l’obiettivo di diventare uno Stato federale richiede moltissimo
tempo e il superamento di notevoli ostacoli.
Vi dicevo anche
che l’UE è una confederazione (atipica) di Stati con economie molto eterogenee,
priva degli strumenti riequilibratori tipici delle federazioni e degli Stati
nazionali (i trasferimenti fiscali, soprattutto, dai Paesi o Regioni ricchi a
quelli meno ricchi).
Assodato questo,
in attesa di diventare federazione tra alcuni decenni, se ci riusciremo,
occorre disporre - oggi - di strumenti idonei onde evitare che l’UE imploda.
Le regole
attuali, ispirate in buona parte dal neo-liberismo (il mercato che si regola da
sé), vanno forse bene nei periodi normali; non vanno bene invece per niente –
come si vede da 7 anni in Italia o in Grecia o in Portogallo, ecc. – nei
periodi di crisi, poiché non consentono politiche economiche anti-cicliche (il
che è un obbrobrio logico prima che tecnico). Quindi andrebbero assolutamente
adeguate. Un po’ lo si è fatto con decisioni sui generis (ad esempio,
l’applicazione del fiscal compact[1] viene
rinviata di anno in anno), ma appunto sono un palliativo temporaneo.
[1]
Fiscal compact, piove, anzi diluvia, sul bagnato. Alcune contromisure http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2805158.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/07/fiscal-compact-piove-anzi-diluvia-sul.html
La Germania, con
i suoi satelliti, non vuole cambiare le regole attuali, chi può costringerla?
Lo potrebbe fare l’Italia, ma ha troppi scheletri nell’armadio, alcuni reali (il
debito pubblico attuale, anche se, a ben vedere, nel lungo periodo è giudicato
tra i più sostenibili), altri fittizi (l’equilibrio di bilancio: come è
scritto anche nell’articolo che stiamo commentando, l’Italia è uno dei due
Paesi che rispetta – da anni - il limite del 3% del deficit/Pil e quando l’ha
sforato l’ha fatto di poco, mentre la Spagna, la Gran Bretagna, la Francia,
ecc. hanno raggiunto durante la crisi fino il 10%).
Anche la Francia ha delle
debolezze e cerca di non gridare troppo per rimanere sotto la “fiducia”
dell’ombrello finanziario teutonico, ma, come secondo membro della diarchia
storica europea, è l’unico Paese che se veramente lo volesse potrebbe
contrastare l’egemonia della Germania. Purtroppo, anche il sedicente socialista
Hollande ha tradito il suo programma col quale ha vinto le elezioni
presidenziali ed, irretito dal potere – come ha rivelato la sua ex moglie - si è
affrettato anche lui ad applicare la ricetta mainstream neo-liberista: riduzione – anche se un po’ al
rallentatore - del deficit e riforme strutturali: riforma del diritto del
lavoro e deflazione dei salari (recalcitra invece sull’inasprimento della
riforma delle pensioni). Ed è ora il presidente francese meno popolare nella
storia della Francia, pregiudicandosi qualunque possibilità di sua riconferma
alla presidenza (quindi non vedo che cosa ci abbia guadagnato).
Questo è il
problema negli ultimi 30 anni: anche quando vince la sinistra, la politica
economica attuata è di stampo liberista. I sedicenti socialisti e democratici
(Blair, Hollande, Renzi) tradiscono gli ideali socialisti e/o i loro programmi
elettorali.[2]
[2]
La Terza Via secondo D’Alema http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2823368.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2015/08/la-terza-via-secondo-dalema.html
*
Che fare?
Occorre agire su più direttrici. Atteso che è quasi vano sperare in una
'rivoluzione' progressista (siamo quasi tutti dei pantofolai, ma mai dire mai)
e l'avversario - il ceto dominante da 30 anni - è ricchissimo, potentissimo
(controlla i media e le università), bulimico e spietato, da una parte occorre
partecipare assiduamente e, nelle forme a disposizione che includono il mezzo
potente del web, bombardare senza sosta lo stato maggiore di sinistra,
stimolandolo, criticandolo e punendolo; dall’altra, occorre appoggiarsi alla
legge vigente, nel caso di specie i trattati UE (il nefasto fiscal compact non fa parte dei
trattati, ma è una regola successiva, e andrebbe denunciato perché – afferma il
prof. Guarino – li vìola) e chiederne l’applicazione rispettandone la lettera e
lo spirito.
Qui arrivo al
dunque: pochissimi – debbo presumere da quel che leggo in giro - hanno letto i
trattati UE, se li si leggono e li si approfondiscono un poco, come ho fatto io
da profano, ci si accorge che, almeno dacché è scoppiata la grave crisi
economica in EUZ (Grecia, 2010), essi vengono patentemente violati sia nella
lettera che nello spirito, da parte sia della Commissione europea, sia del
Consiglio europeo, sia della BCE. Traggo dal mio post Replica alla risposta
della BCE alla petizione sulla BCE[3]
“E’
agevole notare che, a dispetto dell'impronta ideologicamente connotata in senso
ordoliberista dei Trattati UE e contrariamente alla loro interpretazione
maistream neo-liberista
ostinatamente propalata stravolgendo spesso la lettera e lo spirito delle norme,
la lingua, la matematica, la logica e perfino i fatti, la deduzione è
arbitraria, non avvalorata da una semplice lettura dell’intero testo del
Trattato, in particolare l’art. 3 del TUE, che, in aderenza ai "valori"
contenuti nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali, ribadisce i
principi fondamentali del governo dell'Unione Europea, finalizzandolo a due
obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale, essendo la
stabilità dei prezzi un mero sub-obiettivo [Art. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo
sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata
e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente
competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e
su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente.
Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte
l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la
protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le
generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione
economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.]; smentita dalle evidenze empiriche
dell’ultimo quinquennio; contraddetta dai dati macroeconomici relativi al tasso
d’inflazione e al tasso di disoccupazione dell’Eurozona; formalmente corretta
per l’Eurosistema ma sostanzialmente fuorviante, poiché è in discussione non la
prevalenza e la cogenza dell’obiettivo principale – la stabilità dei prezzi -
ma l’obliterazione sistematica da parte della BCE del secondo obiettivo
statutario – sostenere le politiche economiche dell’UE - che in deflazione o
con inflazione inferiore (sensibilmente) al target,
quando i due obiettivi sono assolutamente concordanti e complementari, ha
le stesse dignità e cogenza del primo”.
[3] Replica alla risposta della BCE alla petizione
sulla BCE http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2845674.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2016/04/replica-alla-risposta-della-bce-alla.html
Se ciò risponde,
almeno in parte, al vero, occorrerebbe, come dicevo prima, appoggiarsi alla
legge e – come Stati o come cittadini o, meglio, come soggetti organizzati (partiti, sindacati, associazioni) – “muovere”
i due Organi deputati a dirimere la questione: in primo luogo, la Corte di
Giustizia Europea (organo giurisdizionale), ricorrendone i presupposti, e, in
secondo luogo, il Parlamento europeo (organo politico). Ho provato anche a fare
un tentativo per pungolarne qualcuno, ma finora ho constatato che nessuno, né i
docenti e gli intellettuali, i quali preferiscono gli inefficaci appelli, né i
politici, né i sindacati, né i cittadini salvo casi sparuti, intende seguire
questa strada. Ma è l’unica percorribile in tempi relativamente brevi e senza
chiedere il permesso a chi detiene le leve del potere.
PS: Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei
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