A JACKSON HOLE BANCHE CENTRALI IN AFFANNO. LA
DEFLAZIONE GLOBALE AVANZA
30
agosto 2016
1.
Che stampando moneta si produca inflazione è una fesseria affermata dalla teoria monetarista, come dimostra il Quantitative easing; poi persino il suo autore - Milton Friedman - la ripudiò. Solo un aumento della domanda
aggregata produce un aumento dei prezzi.
2. Ma,
ammesso che fosse come sostengono i neo-liberisti-monetaristi, le misure adottate dalla BCE e dalla FED sono state
diverse:
a) “le due banche centrali hanno fronteggiato la crisi ricorrendo a strumenti differenti”[1]; b) “la differenza principale tra
le due banche centrali riguarda però la composizione del passivo. In estrema
sintesi la Bce, al fine di non immettere liquidità aggiuntiva nel sistema, ha sempre
sterilizzato le misure non convenzionali di politica monetaria. La Fed, invece,
ha finanziato i programmi di sostegno della liquidità e di acquisto di titoli
tramite un ampliamento significativo delle proprie riserve, ossia della base
monetaria”. [1] Questo fino al 2012 con gli SMP, e non solo, quindi, come è
spiegato nell’articolo, nel corso del 2013-2014 fino al varo del QE da parte
della BCE, nel marzo del 2015. Al quale si aggiunge la fesseria (gestione
Trichet, che lascia la BCE nell’ottobre 2011) dell’aumento del tasso di sconto
in piena crisi economica.
3. Ne consegue che opporre alle misure di politica monetaria delle due banche centrali
(inefficaci), aggravate dagli effetti sia del mastodontico risanamento dei
conti pubblici (in Italia, 330 mld cumulati solo nella scorsa legislatura, 4/5
Berlusconi, distribuiti in maniera scandalosamente iniqua sui ceti medi e
popolari ad alta propensione al consumo; 1/5 Monti), sia delle “riforme
strutturali” (riforma del diritto del lavoro e deflazione dei salari con
conseguente calo del reddito disponibile), chiesti entrambi insistentemente
dalla BCE, opporre, dicevo, alle misure monetarie inefficaci “le politiche fiscali espansive (spesa ed
investimenti pubblici, aiuti finanziari diretti a famiglie ed imprese)”
suggerite dal professor Sims - e da tantissimi altri, ora anche dai
neo-liberisti pentiti -, (efficaci, come dimostrano appunto gli USA, che hanno
accresciuto il deficit fino al 10% per poi ridurlo gradualmente), è un po’
quella che si definisce una fallacia logica della falsa equivalenza.
[1]
Le misure adottate dalla Banca centrale europea e dalla Federal reserve e gli
effetti sui rispettivi bilanci
Le
due banche centrali hanno fronteggiato la crisi ricorrendo a strumenti differenti,
tenuto conto della struttura dei rispettivi mercati finanziari e del ruolo delle
banche nel finanziamento dell’economia. La Fed ha intrapreso azioni miranti ad assicurare
l’erogazione diretta di credito a famiglie e imprese e ha varato piani di acquisto
di titoli pubblici e privati mediante emissione di moneta (cosiddetto quantitative
easing). La Bce, invece, ha privilegiato l’offerta di liquidità alle
banche, al fine di contenere la contrazione dell’erogazione di credito, e ha
sempre sterilizzato le misure non convenzionali di politica monetaria
(cosiddetto credit easing). […]
La
differenza principale tra le due banche centrali riguarda però la composizione
del passivo.
In estrema sintesi la Bce, al fine di non immettere liquidità aggiuntiva nel
sistema, ha sempre sterilizzato le misure non convenzionali di politica
monetaria attraverso operazioni di fine-tuning di deposito a tempo determinato,
condotte con cadenza settimanale. La Fed, invece, ha finanziato i programmi di
sostegno della liquidità e di acquisto di titoli tramite un ampliamento
significativo delle proprie riserve, ossia della base monetaria. http://www.consob.it/documenti/Pubblicazioni/Relazione_annuale/2011/box02.pdf
*
In
sostanza, dunque, la politica monetaria espansiva della BCE è iniziata soltanto
nel marzo 2015, con un ritardo di ben 6
anni rispetto alla FED e alla BoE (per non parlare della BoJ, che ha
cominciato ancora prima). Perché la BCE
ha cominciato così tardi, mancando di adempiere entrambi i suoi obblighi
statutari fissati dall’art.
2-Obiettivi del suo Statuto? Cioè – si badi - non soltanto quello
secondario, sempre da essa ad arte obliterato e ignoto a quasi tutti, di
“sostenere le politiche economiche dell’Unione europea fissate dall’art 3 del
TUE” (tra cui “una crescita economica equilibrata” e “la piena occupazione”),
ma anche quello principale, da essa tanto sbandierato, della stabilità dei
prezzi (tasso d’inflazione poco sotto il 2% nel medio periodo). Lo ha fatto,
volendo essere franchi, per ubbidire
alla Germania, violando così anche l’art. 7-Indipendenza del proprio
Statuto. E ai suoi interessi di Paese creditore.[2]
[2] Vedi, per le spiegazioni dettagliate
e le prove documentali questo mio post
e quelli in esso linkati Replica alla
risposta della BCE alla petizione sulla BCE http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2845674.html oppure (se in
avaria) http://vincesko.blogspot.com/2016/04/replica-alla-risposta-della-bce-alla.html.
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