mercoledì 27 marzo 2019

Lettera al direttore Matteo Zallocco di “Cronache Maceratesi” sulle riforme delle pensioni


Pubblico la lettera che ho inviata in data 11.2.2019 al giornale “Cronache Maceratesi”, dopo aver letto un suo articolo in cui dava notizia della presentazione del libro di Elsa Fornero, organizzata dal professor Flavio Corradini. Ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta.

Lettera al direttore Matteo Zallocco di Cronache Maceratesi sulle riforme delle pensioni.
Da:  v
11/2/2019 19:07
A:  info@cronachemaceratesi.it

A:
Direttore responsabile: Matteo Zallocco
In redazione: Alessandra Pierini, Gianluca Ginella, Federica Nardi, Matteo Zallocco, Marco Cencioni
Corrispondenti:
Laura Boccanera (Civitanova), Leonardo Giorgi (Cingoli), Monia Orazi (Camerino/San Severino)
Prof. Flavio Corradini

Egr. Dott. Zallocco,
In riferimento al Vostro articolo “Elsa Fornero a Civitanova: «La mia riforma delle pensioni? Era a rischio il patto fra generazioni» https://www.cronachemaceratesi.it/2019/02/02/elsa-fornero-a-civitanova-la-mia-riforma-delle-pensioni-era-a-rischio-il-patto-fra-generazioni/1207239/ del 2 febbraio 2019, Le invio, qui di seguito, alcune osservazioni, al fine di dare qualche ulteriore “strumento per una maggiore consapevolezza” sul tema pensioni.
1. Riforme delle pensioni. Dal 1992, le riforme delle pensioni, considerando un’unica riforma i provvedimenti varati da Sacconi nel 2010 e 2011 (oltre alla L. 102/2009, art. 22ter), sono state sette: Amato, Decreto Legislativo 503 del 1992; Dini, Legge 8.8.1995, n. 335; Prodi, Legge 27.12.1997, n. 449; Berlusconi/Maroni, Legge 23.8.2004, n. 243 Prodi/Damiano, Legge 27.12.1997, n. 247; Berlusconi/Sacconi, Legge 30.7.2010, n.122, Legge 15.7.2011, n. 111, Legge 14.9.2011, n. 148; e Monti-Fornero, Legge 22.12.2011, n. 214.
Va sottolineato che di esse, dunque, la riforma Fornero è la settima e ultima (finora), e, a giudicare dalle norme e dagli effetti, sia in fatto di allungamento dell’età di pensionamento, sia in termini di risparmio di spesa, non la più severa.
2. Pensioni di vecchiaia. La riforma Fornero non ha quasi toccato le pensioni di vecchiaia, tranne per:
- l’accelerazione gradualmente entro il 2018 dell’allineamento delle donne private a tutti gli altri a 65 anni (L. 214/2011, art. 24, comma 6), già previsto dalla riforma SACCONI (includendo l’adeguamento all’aspettativa di vita introdotto dalla riforma SACCONI) gradualmente entro il 2023, ma in ogni caso 2 anni, da 65 a 67 anni (nel 2019), "finestra" di 12 mesi e adeguamento di 12 mesi alla speranza di vita, sono dovuti a SACCONI, tranne 4 mesi in media a Damiano (L. 247/2007); e
- la riduzione di 6 mesi (da 18 a 12 mesi) della “finestra” mobile per i lavoratori autonomi (uomini e donne), per allinearli ai lavoratori dipendenti.
Per tutti gli altri, la riforma Fornero non c’entra: l’età di pensionamento di vecchiaia è stata aumentata esclusivamente dalla ben più severa riforma SACCONI (L.122/2010, art. 12, L.111/2011, L. 148/2011): (i) di un anno (da 65 a 66 anni per i dipendenti e a 66 anni e 6 mesi per gli autonomi) attraverso la “finestra” mobile, di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi; (ii) di ben 5 anni, più “finestra” di 12 mesi, quindi di 6 anni, per le dipendenti pubbliche (da 60 a 61 anni dal 1.1.2012 e da 61 a 65 dal 1.1.2013, più adeguamento di 12 mesi all’aspettativa di vita).
L’attribuzione erronea da parte di tutti, inclusi professori di Lavoro e Previdenza, alla riforma Fornero dell’aumento a 66 anni è dovuto presumibilmente alla formulazione insufficiente e poco chiara della norma Fornero, che non ha esplicitato il legame tra aumento dell’età base sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), e abolizione della “finestra” mobile SACCONI-Damiano (comma 5).
Lo stesso fraintendimento è avvenuto anche per l’aumento da 40 anni a 41 anni e 3 mesi per le pensioni anticipate, che a leggere la norma (comma 10) sembra deciso da Fornero - che anzi ha ridotto di 6 mesi per gli autonomi l’età di pensionamento di 41 anni e 9 mesi, allineandoli ai dipendenti -, mentre invece è stato deciso da SACCONI con la L. 122/2010 e la L. 111/2011.
La stessa professoressa Fornero, nel suo ultimo libro, lamenta l’errata attribuzione a lei dell’aumento dell’età di pensionamento a 66 anni:
"Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche" (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizione nel Kindle 3137).
3. Adeguamento all'aspettativa di vita. L’adeguamento triennale dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita, relativamente alle pensioni di vecchiaia e alle “quote”, è stato introdotto dalla riforma SACCONI con la L. 102/2009, art. 22ter, comma 2, modificato sostanzialmente dalla L. 122/2010, art. 12, comma 12bis. La riforma Fornero lo ha reso biennale, a decorrere dal 2022, ed esteso alle pensioni anticipate.
4. Metodo contributivo. Il metodo contributivo è stato deciso dalla riforma Dini (L. 335/1995); la riforma Fornero lo ha solo esteso a coloro che ne erano esclusi, ossia coloro che al 31.12.1995 avevano almeno 18 anni di contributi, tutti relativamente anziani e ormai quasi tutti già in pensione.
5. Risparmi. Dei 1.000 mld di risparmi pensionistici stimati da RGS al 2060 dalle 4 riforme dal 2004 (Maroni, 2004, la cui misura principale, lo ‘scalone’, fu abrogato da Damiano prima che andasse in vigore; Damiano, 2007, le cui “quote” furono abolite da Fornero; Sacconi, 2010 e 2011; e Fornero, 2011), al lordo dell'errata attribuzione delle norme (come conferma la professoressa Elsa Fornero nel suo ultimo libro), soltanto 350 (poi calati a 280 dopo i vari interventi legislativi) vengono ascritti alla riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esauriscono nel 2045. Secondo Lei, a chi vanno ascritti i residui 700 mld, cioé il doppio di 350?
Dall’analisi di RGS, risulta anche che il «pro-rata» contributivo introdotto dalla riforma Fornero fa risparmiare, a regime (2018), appena 200 milioni circa all’anno (su una quindicina di miliardi annui), che poi si riducono in breve fino a sparire. Il che conferma la scarsissima incidenza della misura.
Conclusione. Contrasto la generale DISINFORMAZIONE sulle pensioni (e altro), che ha fatto in Italia 60 milioni di vittime, oltre all’estero, da sette anni, soprattutto tramite il mio blog (http://vincesko.blogspot.it), nel quale ho pubblicato le decine di lettere circolari inviate agli autori delle notizie false, inclusa, per il suo contributo alla DISINFORMAZIONE, la professoressa Fornero. Da poco ho pubblicato questo libro, che ha in calce un commento finale di Elsa Fornero e dove potrà trovare altre spiegazioni, un’analisi critica di alcune tesi del libro della professoressa Fornero e le prove documentali: https://www.amazon.it/dp/B07L3B5N5M.
Cordiali saluti,
V.

PS: Allego il Quadro sintetico dell’età di pensionamento in base alle norme e ai loro autori
QUOTE: abolite dalla riforma Fornero (L. 214/2011, art. 24, commi 3 e 10).
PENSIONE DI VECCHIAIA
- L’età di pensionamento degli uomini è salita (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi 2 anni in più - “finestra” mobile di 12 mesi (o 18 mesi per gli autonomi) e adeguamento triennale all’aspettativa di vita - sono stati decisi dalla riforma Sacconi (L. 122/2010, art. 12), tranne 4 mesi in media dalla riforma Damiano (L. 247/2007); quindi la riforma Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi).
- L’età di pensionamento delle donne del settore pubblico è salita (da 60) quasi senza gradualità a 65 anni nel 2012, ed è stato deciso nel 2009 (L. 102/2009, art. 22ter, comma 1) e modificato nel 2010 (L. 122/2010, art. 12, comma 12-sexies) da Sacconi a seguito della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento all’aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la riforma Fornero non c’entra.
- L’allineamento dell’età di pensionamento delle donne del settore privato (da 60) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più «finestra», previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento all’aspettativa di vita), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018 (L. 214/2011, art. 24, comma 6), ma in ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.
PENSIONE ANTICIPATA (ex anzianità)
- L’età di pensionamento degli uomini è salita (da 40 anni nel 2010) a 42 anni e 10 mesi e di questi 2 anni e 10 mesi in più (+ 6 mesi per gli autonomi) 1 anno e 3 mesi (o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi), sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 1 anno e 7 mesi sono di Fornero (o 1 anno e 1 mese relativamente agli autonomi). L’anno e tre mesi in più sono stati decisi da SACCONI, rispettivamente, con il DL 78/2010, art. 12 (“finestra” mobile di 12 mesi) e col DL 98/2011 (L. 111/2011), art. 18, comma 22ter: più 1 mese per chi matura i requisiti nel 2012, più 2 mesi per chi li matura nel 2013, e più 3 mesi per chi li matura nel 2014. Quindi si arriva a 41 anni e 1 mese o 2 o 3 per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti e 41 anni e 7 mesi o 8 o 9 per i lavoratori e le lavoratrici autonomi.
- L’età di pensionamento delle donne è salita, da 40 anni nel 2010, a 41 anni e 10 mesi, e di questo anno e 10 mesi in più (+ 6 mesi per gli autonomi), 1 anno e 3 mesi (o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi), sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 7 mesi sono di Fornero.
Va aggiunto (i) che la riforma Fornero ha ridotto da 18 (previsto dalla riforma Sacconi) a 12 mesi la «finestra» degli autonomi (uomini e donne); (ii) che la riforma Fornero (rispettivamente, con il comma 6, lettere c e d, e con il comma 10 dell’art. 24 della L. 214/2011) ha aumentato l'età base di vecchiaia e di anzianità di 1 anno (rispettivamente da 65 a 66 e da 40 a 41), ma solo formalmente, poiché (con il comma 5) ha abolito contestualmente la «finestra» di 12 o 18 mesi, di Damiano (4 mesi in media) e Sacconi (8 o 14 mesi), ma senza evidenziarne il legame, così si è intestata di fatto entrambe le misure; (iii) che, dal 2022, in forza della legge Fornero (L. 214/2011, art. 24, comma 13), l’adeguamento automatico diverrà biennale («13 Gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita successivi a quello [triennale, ndr] effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale»), ma, appunto, è solo un’accelerazione del meccanismo deciso da Sacconi; e (iv) che la riforma Fornero (col comma 2 dell’art. 24 della L. 214/2011) ha soltanto esteso, pro rata dall’1.1.2012, il metodo contributivo – introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – a coloro che ne erano esclusi, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di contributi, quindi tutti relativamente anziani e ora già in pensione o prossimi al pensionamento.


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Lettera a Roberto Bagnoli di Iomiassicuro sulle sue notizie false sulla riforma Fornero






Pubblico la lettera che ho inviato in data 11.2.2019 a Roberto Bagnoli, titolare di un sito di previdenza, sulle sue notizie false sulla riforma delle pensioni Fornero. Ad oggi non ho ricevuto nessuna risposta.

  
Lettera a Roberto Bagnoli di Iomiassicuro sulle sue notizie false sulla riforma Fornero.
Da:  v
11/2/2019  16:57
A  info@iomiassicuro.it  

Egr. Dott. Bagnoli,
Traggo dal Suo articolo “LA RIFORMA MONTI-FORNERO” http://www.iomiassicuro.it/pensione-senza-segreti/la-riforma-monti-fornero (senza data) una serie di notizie false, compendiate dalle due frasi seguenti (in grassetto nel testo): la prima, “Si tratta di una vera e propria “rivoluzione” che sconvolge tutte le regole precedenti”; la seconda, “Il governo Monti è riuscito a mettere insieme in un colpo solo una serie d’interventi invocati da più parti per lunghi anni”.
Osservo:
1. Dal 1992, le riforme delle pensioni, considerando un’unica riforma i provvedimenti varati da Sacconi nel 2010 e 2011 (oltre alla L. 102/2009, art. 22ter), sono state sette: Amato, Decreto Legislativo 503 del 1992; Dini, Legge 8.8.1995, n. 335; Prodi, Legge 27.12.1997, n. 449; Berlusconi/Maroni, Legge 23.8.2004, n. 243 Prodi/Damiano, Legge 27.12.1997, n. 247; Berlusconi/Sacconi, Legge 30.7.2010, n.122, Legge 15.7.2011, n. 111, Legge 14.9.2011, n. 148; e Monti-Fornero, Legge 22.12.2011, n. 214.
Va sottolineato che di esse, dunque, la riforma Fornero è la settima e ultima (finora), e, a giudicare dalle norme e dagli effetti, sia in fatto di allungamento dell’età di pensionamento, sia in termini di risparmio di spesa, non la più severa.
2. La riforma Fornero non ha quasi toccato le pensioni di vecchiaia, tranne per:
- l’accelerazione gradualmente entro il 2018 dell’allineamento delle donne private a tutti gli altri a 65 anni (L. 214/2011, art. 24, comma 6), già previsto dalla riforma SACCONI (includendo l’adeguamento all’aspettativa di vita introdotto dalla riforma SACCONI) gradualmente entro il 2023, ma in ogni caso 2 anni, da 65 a 67 anni (nel 2019), "finestra" di 12 mesi e adeguamento di 12 mesi alla speranza di vita, sono dovuti a SACCONI, tranne 4 mesi in media a Damiano (L. 247/2007); e
- la riduzione di 6 mesi (da 18 a 12 mesi) della “finestra” mobile per i lavoratori autonomi (uomini e donne), per allinearli ai lavoratori dipendenti.
Per tutti gli altri, la riforma Fornero non c’entra: l’età di pensionamento di vecchiaia è stata aumentata esclusivamente dalla ben più severa riforma SACCONI (L.122/2010, art. 12, L.111/2011, L. 148/2011): (i) di un anno (da 65 a 66 anni per i dipendenti e a 66 anni e 6 mesi per gli autonomi) attraverso la “finestra” mobile, di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi; e (ii) di ben 5 anni, più “finestra” di 12 mesi, quindi di 6 anni, per le dipendenti pubbliche (da 60 a 61 anni dal 1.1.2012 e da 61 a 65 dal 1.1.2013, più adeguamento di 12 mesi all’aspettativa di vita).
L’attribuzione erronea da parte di tutti, inclusi professori di Lavoro e Previdenza, alla riforma Fornero dell’aumento a 66 anni è dovuto presumibilmente alla formulazione insufficiente e poco chiara della norma Fornero, che non ha esplicitato il legame tra aumento dell’età base sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), e abolizione della “finestra” mobile SACCONI-Damiano (comma 5).
Lo stesso fraintendimento è avvenuto anche per l’aumento da 40 anni a 41 anni e 3 mesi per le pensioni anticipate, che a leggere la norma (comma 10) sembra deciso da Fornero - che anzi ha ridotto di 6 mesi per gli autonomi l’età di pensionamento di 41 anni e 9 mesi, allineandoli ai dipendenti -, mentre invece è stato deciso da SACCONI con la L. 122/2010 e la L. 111/2011.
La stessa professoressa Fornero, nel suo ultimo libro, lamenta l’errata attribuzione a lei dell’aumento dell’età di pensionamento a 66 anni:
“Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche” (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”, posizione nel Kindle 3137).
3. L’adeguamento triennale all’aspettativa di vita, relativamente alle pensioni di vecchiaia e alle “quote”, è stato introdotto dalla riforma SACCONI con la L. 102/2009, art. 22ter, comma 2, modificato sostanzialmente dalla L. 122/2010, art. 12, comma 12bis. La riforma Fornero lo ha reso biennale, a decorrere dal 2022, ed esteso alle pensioni anticipate.
4. Il metodo contributivo è stato deciso dalla riforma Dini (L. 335/1995); la riforma Fornero lo ha solo esteso a coloro che ne erano esclusi, ossia coloro che al 31.12.1995 avevano almeno 18 anni di contributi, tutti relativamente anziani e ormai quasi tutti già in pensione.
5. Dei 1.000 mld di risparmi pensionistici stimati da RGS al 2060 dalle 4 riforme dal 2004 (Maroni, 2004, la cui misura principale, lo ‘scalone’, fu abrogato da Damiano prima che andasse in vigore; Damiano, 2007, le cui “quote” furono abolite da Fornero; Sacconi, 2010 e 2011; e Fornero, 2011), al lordo dell'errata attribuzione delle norme (come conferma la professoressa Elsa Fornero nel suo ultimo libro), soltanto 350 (poi calati a 280 dopo i vari interventi legislativi) vengono ascritti alla riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esauriscono nel 2045. Secondo Lei a chi vanno ascritti i residui 700 mld?
Dall’analisi di RGS, risulta anche che il «pro-rata» contributivo introdotto dalla riforma Fornero fa risparmiare, a regime (2018), appena 200 milioni circa all’anno (su una quindicina di miliardi annui), che poi si riducono in breve fino a sparire. Il che conferma la scarsissima incidenza della misura.
In conclusione: contrasto la generale DISINFORMAZIONE sulle pensioni (e altro), che ha fatto in Italia 60 milioni di vittime, oltre all’estero, da sette anni, soprattutto tramite il mio blog (http://vincesko.blogspot.it), nel quale ho pubblicato le decine di lettere circolari inviate agli autori delle notizie false, inclusa, per il suo contributo alla DISINFORMAZIONE, la professoressa Fornero. Da poco ho pubblicato questo libro, che ha in calce un commento finale di Elsa Fornero: https://www.amazon.it/dp/B07L3B5N5M.
Cordiali saluti,
V.

PS: Poiché Lei non è un esperto di pensioni, evito di inviare questa lettera, per conoscenza, ad altri destinatari. La pubblicherò nel mio blog, assieme alla Sua eventuale risposta.


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lunedì 25 marzo 2019

Salvataggio banche italiane, il Tribunale UE dà torto alla Commissione Europea





Segnalo molto volentieri la recentissima sentenza del Tribunale dell’Unione Europea,[1]   che ha bocciato la decisione della Commissione Europea, in particolare della Commissaria danese Margrethe Vestager, di considerare aiuto di Stato il salvataggio nel 2014 di una piccola banca, la Tercas, tramite l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD).
«Non ci fu ‘aiuto di Stato’ nei fondi concessi dal Fondo Interbancario (Fitd) alla Popolare di Bari per il salvataggio di Tercas nel 2014 e bocciato dall'Antitrust Ue all'epoca. Il tribunale Ue. accogliendo il ricorso dell'Italia e della Bari (sostenuto dalla Banca d'Italia) ha così annullato la decisione della Commissione Ue “che non ha dimostrato che i fondi concessi a Tercas a titolo di sostegno del Fitd (dove sedeva nel consiglio un rappresentante di Bankitalia ndr) fossero controllati dalle autorità pubbliche italiane”. L’Abi plaude e chiede alla commissione Ue i rimborsi per risparmiatori e banche concorrenti danneggiate dalle conseguenze delle sue non corrette decisioni sugli altri quattro istituti italiani.»[2]

Il divieto costituì poi il grimaldello per applicare il bail-in – in maniera retroattiva e senza gradualità - alle quattro banche medio-piccole Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e Carife.[3]
Il nuovo capo della Vigilanza bancaria europea, l’italiano Andrea Enria, finora non particolarmente amichevole con l’Italia, ravvisa nella sentenza una novità positiva per le banche dell’Eurozona.[4]

Aggiornamento

Banca Tercas: Commissione bocciata definitivamente da Corte Ue su recupero aiuti Italia
02 marzo 2021
https://www.ilsole24ore.com/radiocor/nRC_02.03.2021_10.05_21910219

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Note

[1] Tribunale dell’Unione europea COMUNICATO STAMPA n. 34/19 Lussemburgo, 19 marzo 2019
Il Tribunale annulla la decisione della Commissione secondo cui un intervento di sostegno di un consorzio di diritto privato a favore di uno dei suoi membri costituiva un «aiuto concesso da uno Stato»

[2] Ue, Fondo Interbancario salvataggi non fu aiuto di stato
19 marzo 2019
PER IL SALVATAGGIO DI BANCA TERCAS
Corte Ue: i fondi alla Popolare di Bari non sono aiuti di Stato. Patuelli (Abi) chiede le dimissioni di Vestager
19 marzo 2019

[3] Salvataggio Banca Marche, Popolare Etruria, Carichieti e Carife

Il governo deve ristorare i risparmiatori delle quattro banche Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e Carife?

[4] 21 MARZO 2019 / 11:54
Banche Ue, Enria (Bce): decisione Corte su Tercas apre nuove strade su crisi
(Reuters) - La pronuncia della Corte di giustizia europea di annullare la decisione dell’esecutivo Ue, che aveva giudicato come aiuto di Stato l’intervento del Fondo di tutela dei depositi per il salvataggio di Banca Tercas nel 2014, apre una nuova strada per la risoluzione delle crisi bancarie della zona euro.
Lo dice Andrea Enria, nuovo responsabile Bce per la vigilanza.
Quanto alla potenziale fusione tra Commerzbank e Deustche Bank, sempre secondo Enria, un istituto di credito di grandi dimensioni deve avere una sufficiente dotazione di capitale ed essere “solvibile”.



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venerdì 8 marzo 2019

Replica alla risposta del Quirinale sulle errate interpretazioni della Ragioneria Generale dello Stato di norme pensionistiche




Nell’ottobre scorso, avevo trasmesso via pec (richiamando una mia precedente lettera del febbraio 2018), per conoscenza, anche al Presidente della Repubblica la mia Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche (facente parte della SECONDA PIU’ GRANDE BUFALA DEL XXI SECOLO), che ho inviato p.c. ad oltre 1.000 destinatari in data 8 e 9 ottobre 2018. Si tratta di errori riportati anche in leggi approvate dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica.
Ho il piacere di informarvi che tre giorni fa ho ricevuto la risposta di un funzionario del Segretariato Generale del Quirinale (Direzione Ufficio per gli Affari giuridici e le Relazioni costituzionali), con la quale mi informa che “questo Ufficio ha sottoposto quanto da Lei rappresentato al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, per l’esame di competenza”.
Gli ho dovuto, però, riscrivere. Pubblico, qui di seguito, la mia replica.

Egregio Dott. T.,
La ringrazio molto della Sua cortese lettera (rif. …), ma mi permetto di rappresentarLe:
(i) che quanto da me esposto andrebbe trasmesso da Codesto Segretariato Generale anche - e soprattutto - al Ragioniere Generale dello Stato, poiché la legge Sacconi (Legge 30.7.2010, n. 122), col comma 12bis,[1] ha sottratto la competenza sul decreto ai politici e al Governo ed ha attribuito direttamente alla persona del Ragioniere generale (che, peraltro, dipende dal MEF), di concerto con la Direzione Generale Previdenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a pena di responsabilità erariale, l’obbligo di emettere il decreto direttoriale, per stabilire ufficialmente la variazione dell’aspettativa di vita (determinata dall’ISTAT); considerando anche che RGS ha del tutto ignorato le mie due lettere del febbraio e dell’ottobre 2018 (inviate p.c. al Capo dello Stato) e seguita, la prima, da una mia telefonata per accertarmi che fosse arrivata;
(ii) che queste errate interpretazioni della legge da parte di RGS rientrano nella più generale DISINFORMAZIONE sulle riforme delle pensioni Sacconi e Fornero, che ha fatto in Italia 60 milioni di vittime (inclusi gli esperti, l’INPS, i Sindacati, tutti i media e perfino i legislatori e i loro ausiliari), oltre all’estero; e
(iii) che la DISINFORMAZIONE mondiale sulle riforme delle pensioni Sacconi e Fornero è inferiore – per gravità dell’errore di attribuzione - a quella relativa alle pesanti manovre finanziarie varate nella XVI legislatura e alle responsabilità della recessione (governi Berlusconi e Monti).
DISINFORMAZIONE che cerco di contrastare, nel mio piccolissimo, ormai da otto anni, ma che – data la sua estensione e l’importanza delle materie - richiederebbe un intervento ben più autorevole ed efficace del mio, e proprio a tale scopo ho deciso – come extrema ratio – di scrivere anche al Signor Presidente della Repubblica.
Per concludere, se mi comunica il nome, il cognome e l’indirizzo di consegna di una persona alla quale inviarla, vorrei trasmetterVi, direttamente tramite Amazon, una copia del mio libro, richiamato nella mia lettera a RGS, per il Sig. Presidente della Repubblica o per il Segretariato Generale, dove si trovano spiegate estesamente e provate documentalmente la genesi, la natura e la dimensione di quelle che non a caso ho definito, nel titolo del libro, Le tre più grandi bufale del XXI secolo (la terza riguarda la BCE), con prefazione di Carlo Clericetti di “Repubblica” e commento di Elsa Fornero. Grazie ancora.
Distinti saluti,
V.
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[1] 12-bis. In attuazione dell'articolo 22-ter, comma 2, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, concernente l'adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita, e tenuto anche conto delle esigenze di coordinamento degli istituti pensionistici e delle relative procedure di adeguamento dei parametri connessi agli andamenti demografici, a decorrere dal 1° gennaio 2013 i requisiti di eta' e i valori di somma di eta' anagrafica e di anzianita' contributiva di cui alla Tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, i requisiti anagrafici di 65 anni e di 60 anni per il conseguimento della pensione di vecchiaia, il requisito anagrafico di cui all'articolo 22-ter, comma 1, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, il requisito anagrafico di 65 anni di cui all'articolo 1, comma 20, e all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, e il requisito contributivo ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'eta' anagrafica devono essere aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento. La mancata emanazione del predetto decreto direttoriale comporta responsabilita' erariale. Il predetto aggiornamento e' effettuato sulla base del procedimento di cui al comma 12-ter.


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mercoledì 6 marzo 2019

Analisi quali-quantitativa/34 - Classifica Forbes 2019 dei ricchissimi





Ovunque c'è grande proprietà, c'è grande diseguaglianza. Per ogni uomo molto ricco ce ne devono essere per lo meno cinquecento poveri, e l'opulenza di pochi presuppone l'indigenza di molti”(Adam Smith).


I più ricchi del mondo, per Forbes Kylie Jenner (21 anni) è la miliardaria più giovane
Jeff Bezos resta il re con una fortuna di 131 miliardi di dollari. Mr Nutella Giovanni Ferrero è il primo degli italiani: è nella top 40
Pubblicato il 06/03/2019

La top ten (tra parentesi, l’anno 2018)
1   - Jeff Bezos 131 (112) miliardi di dollari
2   - Bill Gates 96,5 (90) miliardi di dollari
3   - Warren Buffett 82,5 (84) miliardi di dollari
4  - Bernard Arnault 76 (82,7) miliardi di dollari
5   - Carlos Slim 64 (67) miliardi di dollari
6   - Amancio Ortega 62,7 (70) miliardi di dollari
7  - Larry Ellison 62,5 (58,5) miliardi di dollari
8  - Mark Zuckerberg 62,3 (71) miliardi di dollari
9   - Michael Bloomberg 55,5 (51,8) miliardi di dollari
10   - Larry Page 50,8 (53,8) miliardi di dollari

Gli italiani tra i primi 691 (tra parentesi, l’anno 2018)
39 (37) - Giovanni Ferrero 22,4 (23) miliardi di dollari
50 (45) - Leonardo Del Vecchio 19,8 (21,2) miliardi di dollari
107 (127) - Stefano Pessina 12,4 (11,8) miliardi di dollari
173 (174) - Giorgio Armani 8,5 (8,9) miliardi di dollari
198 (196) – Massimiliana Aleotti (Menarini) 7,4 (7,9) miliardi di dollari
244 (251) - Augusto & Giorgio Perfetti 6,5 (6,6) miliardi di dollari
257 (190) - Silvio Berlusconi 6,3 (8) miliardi di dollari
478 (404) - Paolo &Gianfelice Mario Rocca 4,1 (4,9) miliardi di dollari
546 (499) - Giuseppe De Longhi 3,8 (4,3) miliardi di dollari
691 (xxx) - Luca Garavoglia 3,2 (?) miliardi di dollari

NB: Il valore della ricchezza è influenzato dal valore dell’Euro rispetto al Dollaro.


I primi 10 hanno una ricchezza pari a 743,8 miliardi di dollari, con un decremento di 11,5 miliardi di dollari rispetto ai 755,3 miliardi di $ del 2018.

I primi 10 Italiani hanno una ricchezza pari a 94,4 miliardi di dollari, con una diminuzione di 6,3 miliardi rispetto ai 100,7 miliardi di dollari del 2018.

Per una comparazione con gli anni scorsi (ho modificato l’anno in quello della pubblicazione):

AnalisiQQ/33/Classifica Forbes 2018 dei ricchissimi

AnalisiQQ/32/Classifica Forbes 2016 dei ricchissimi

AnalisiQQ/31/Classifica Forbes 2015 dei ricchissimi

AnalisiQQ/26/Classifica Forbes2014 dei ricchissimi

AnalisiQQ/23/Classifica Forbes 2013 dei ricchissimi

AnalisiQQ/17/Classifica Forbes 2012 dei ricchissimi

Classifica 2011 dei ricchissimi

Classifica 2010 dei ricchissimi


Post e articoli collegati:

Dossier Imposta Patrimoniale

Piketty, i ricchi si abbuffano e i poveri annaspano

Piketty: "L'economia è soffocata dal denaro. Come ai tempi di Marx"
Lo studioso francese analizza tre secoli di evoluzione dei paesi occidentali: "La rendita cresce più del Pil, per questo aumenta la disuguaglianza"
di Fabio Gambaro
06 marzo 2014

Les limites du classement des milliardaires par « Forbes »
Le palmarès des grandes fortunes établi chaque année par le magazine américain est entaché de nombreuses limites méthodologiques.
LE MONDE | 06.03.2018 à 16h44 • Mis à jour le 07.03.2018 à 06h 37 |  Par MaximeVaudano et Jérémie Baruch


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martedì 5 marzo 2019

Anche Olivier Blanchard è vittima della BUFALA mondiale che la recessione italiana sia stata causata dal Governo Monti




Errori di previsione del Pil durante l’Eurocrisi: quali cause?
di Emiliano Brancaccio e Fabiana De Cristofaro

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi (in ordine dimportanza) hanno troppi morti e feriti sulla coscienza a causa della loro teoria ossimorica dell’austerità espansiva fatta propria dalle principali Istituzioni (leggasi troika) ed applicata ai Paesi in crisi economica. Ma anziché ammettere virilmente e onestamente l’errore, di fronte alle evidenze empiriche e alla smentita autorevole e “istituzionale” del FMI, che li ha sbugiardati (soprattutto il primo) a livello mondiale, cospargersi il capo di cenere e sparire dalla scena pubblica rifugiandosi in qualche convento ad espiare la loro colpa, continuano con tigna sovrumana a pontificare da pulpiti prestigiosi e scrivono perfino libri, che poi i media e le università li chiamano a commentare.
Fa benissimo il prof. Brancaccio a criticarli. Quel prof. Brancaccio che però anche lui, come la quasi totalità degli economisti, è rimasto vittima della BUFALA cosmica che la crisi sia stata causata da Monti (cfr. Appendice al primo volume[1]).

Aggiungo che, a giudicare da un suo recente paper (commentato nel sito Economia&Politica dal prof. Pizzuti,[2]  anch’egli – come il 99% degli economisti - vittima della BUFALA su Monti), probabilmente (in effetti, egli nel suo paper non cita Monti, anche se Pizzuti glielo mette nella penna, ma è forse legittimo dedurlo dal momento che scrive “Governo italiano”, al singolare, e cita l’anno 2012, quando al governo c’era Monti) anche Olivier Blanchard, ex capo economista del FMI, è vittima della BUFALA mondiale che la recessione italiana sia stata causata dal Governo Monti, che ha varato soltanto il 19% del totale delle manovre, contro l’81% di Berlusconi.
Blanchard, infatti, scrive:
“At the height of the debt crisis, many politicians and economists argued that sharp fiscal adjustment was necessary and likely to stabilize output. By increasing confidence that countries would repay their debt, the argument went, public borrowing costs would fall, making credit cheaper. Increased confidence and cheaper credit would offset the contractionary impact of fiscal tightening. Prodded by the European Central Bank (ECB) and its European partners, the Italian government tightened its fiscal policy by over 3 percentage points of GDP in 2012. The opposing view was that deficits should be allowed to increase during the recession, until the economy started to recover. Borrowing costs, if they increased, should instead be limited through other means, including intervention by the ECB or the European Stability Mechanism (ESM).”
(All’apice della crisi del debito, molti politici ed economisti sostenevano che era necessario un forte aggiustamento fiscale e che probabilmente avrebbe stabilizzato il prodotto. Aumentando la fiducia che i paesi avrebbero ripagato il loro debito, l'argomentazione ebbe successo, i costi di indebitamento pubblico sarebbero diminuiti, rendendo il credito più economico. Una maggiore fiducia e un credito più economico avrebbero compensato l'impatto restrittivo della stretta fiscale.
Spronato dalla Banca centrale europea (BCE) e dai suoi partner europei, il governo italiano ha rafforzato la sua stretta fiscale di oltre 3 punti percentuali del PIL nel 2012. L’opinione opposta era che i deficit dovessero essere aumentati durante la recessione, fino all'avvio della ripresa economica. I costi di finanziamento, se aumentati, avrebbero invece dovuto essere limitati con altri mezzi, compreso l'intervento della BCE o del Meccanismo europeo di stabilità (MES).).
In realtà, nel 2012 si sono concentrati gli effetti delle tre mastodontiche manovre correttive del Governo Berlusconi, per un ammontare cumulato, relativamente al periodo 2011-2014, quadruplo di quelle del Governo Monti.
Come si può dedurre dalla mia tabella n. 3.[1]
Tabella n. 3 - Valori delle cinque manovre correttive varate dal 2010 al 2012
Governo Berlusconi: DL 78/2010, DL 98/2011 e DL 138/2011; Governo Monti: DL 201/2011 e DL 95/2012 (milioni di euro)
DL
2010
2011
2012
2013
2014
TOTALE
%
DL 78/2010
          36
12.131
25.068
25.033
 -
62.268
22,8
DL98/201 1
 -
  2.108
  5.577
24.406
49.973
82.064
30,1
DL138/2011
 -
     732
22.698
29.859
11.822
65.111
23,8
Tot.Gov.B.
         36
14.971
53.343
79.298
61.795
 209.443
76,7
DL201/2011
 -
 -
20.243
21.319
21.432
62.994
23,1
DL95/2012*
 -
 -
     603
       16
      27
     646
  0,2
Tot.Gov.M.
 -
 -
20.846
21.335
21.459
63.640
23,3
TOTALE
        36
14.971
74.189
100.633
83.254
 273.083
100,0
  %
 -
  5,5
  27,2
  36,9
  30,5
100,0

 *Minori spese per 20.326 milioni nel triennio 2012-14 sono compensate da minori entrate per 19.680. 
(Fonte: elaborazione mia su dati del Servizio Studi della Camera o del Senato)

Da essa, elaborata su dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati, si evince che:
(i) “spronato” è un eufemismo (si vedano gli importi e i tempi di attuazione imposti dai veri e propri diktat dellUE e della lettera del 5/8/2011 della BCE al governo Berlusconi, costretto poi a dimettersi[1]), il che forse conferma che Blanchard si riferisce a Monti, che subentra a Berlusconi all’esito di un complotto sui generis orchestrato su input iniziale di Sarkozy-Merkel;[1]
(ii) Blanchard sottostima la manovra di bilancio 2012;
(iii) nel 2012, impattarono sia la manovra del governo Monti, sia quelle varate in precedenza dal governo Berlusconi, per un totale (esclusa la legge di stabilità 2011, che nel 2012 impatta per 2,8 mld[3]) di 74.189 milioni (pari a circa 4,6 punti di Pil), di cui Berlusconi 53.343 mln e Monti 20.846 mln.

PS: Do il link all’articolo originale di Blanchard:
“The Italian Budget: A Case of Contractionary Fiscal Expansion?”
Olivier Blanchard (PIIE) and Jeromin Zettelmeyer (PIIE)
October 25, 2018 5:45 PM

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