mercoledì 26 giugno 2019

Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia






Pubblico la lettera che ho inviato alla Commissaria Margrethe Vestager dopo aver letto una sua dichiarazione resa al quotidiano Il Foglio nel corso del Tech Festival, l’evento sull’innovazione organizzato a Venezia dal Foglio. Riporto, in fondo, la breve risposta dello staff della Commissaria.


Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia
Da: v
24/6/2019 15:15
A  margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu   Copia  president.juncker@ec.europa.eu   e altri 48+450

ALLA CORTESE ATTENZIONE DELLA COMMISSARIA MARGRETHE VESTAGER
CC: COMMISSIONE EUROPEA, PARLAMENTARI, ISTITUZIONI, MEDIA , UNIVERSITA'

Egr. Signora Commissaria Margrethe Vestager,
Cito dal Foglio del 22.06.2019 una Sua dichiarazione:
Il populismo mi preoccupa in tutte le sue forme”, e quello che sta succedendo in Italia non è affatto nuovo: “Non è un’idea nuova che qualcuno dica: ‘Tutti gli altri non hanno capito niente, io ho capito tutto e ho qui la soluzione miracolosa per tutti i vostri problemi’. Questa è un’idea vecchia. Non molto innovativa. I libri di storia sono pieni di esempi così. Ciò che deve far pensare è che i cittadini credano a queste storie e dicano: ‘Voglio votare per lui’”.
Io aborro il governo gialloverde, ma mi permetta di osservare che per capire occorre laicamente sapere, scevri il più possibile da ideologie e da pregiudizi, ma purtroppo anche Lei, come il Suo collega Moscovici (che vi abbina una dose insopportabile di ipocrisia e di improntitudine ed al quale ho già scritto), è un esempio eccellente di ignoranza dei dati.
La invito a leggere, se non lo ha ancora fatto, ciò che ha scritto di Lei, non un sovranista (nazionalista), ma un rappresentante dellestablishment come Roberto Napoletano, ex direttore de Il Sole 24 ore (il principale giornale economico italiano), nel suo ultimo libro, a proposito del trattamento riservato alle banche italiane:
«Questi pochi numeri sono sufficienti a far emergere in superficie i contorni ipotetici della questione bancaria italiana e sono tali da potere di nuovo rimettere all’indietro le lancette della nostra Grande crisi. La comunicazione al mercato di questi numeri avviene con queste parole: il prezzo del 17,5% è soggetto a valutazioni analitiche delle singole posizioni da parte di un valutatore indipendente nei successivi tre o quattro mesi. Il valutatore indipendente arriverà in seguito alla conclusione che il prezzo delle sofferenze delle quattro banche in risoluzione è più alto, pari al 22,5%, ma il suo lavoro rigoroso non servirà a nulla perché la frittata è già stata fatta e a imporre di servirla in tavola è stata la commissaria alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, assistita e indirizzata dal vicedirettore generale olandese, Gert-Jan Koopman, custode del formalismo europeo, che ha deciso di dare in pasto ai mercati un dato così poco attendibile e così sensibile. Con questa formalistica applicazione della comunicazione della commissione europea sugli aiuti di stato (il burden sharing, antesignano, anche se più leggero, del bail-in della BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive, la direttiva comunitaria sul risanamento e la risoluzione delle banche) la Vestager mostra di capire poco di banche in genere e niente affatto di banche italiane e affianca il capo della vigilanza Nouy con i suoi stress test a senso unico nella poco nobile gara a chi butta prima giù e più rovinosamente dalla torre le banche italiane. A questa coppia si affiancherà poi con convinzione la tedesca Elke König, nominata nel 2015 presidente del board del Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Di fatto con tali comportamenti, quanto meno discutibili, la coppia di ferro francotedesca, insieme alla commissaria danese, pone (volutamente?) le premesse per trasformare una bronchite in una broncopolmonite o in qualcosa di ancora più grave. Queste donne hanno nelle loro mani il risparmio degli italiani e sembra che custodirlo sia proprio l’ultima delle loro preoccupazioni.»
(“Il cigno nero e il cavaliere bianco” Yellow highlight | Location: 2,532).

Legga anche, se vuole, quello che ho scritto io nellAppendice 1 del mio libro, come 40esimo esempio clamoroso di ignoranza dei dati e delle responsabilità della recessione italiana.
«Infine, una Commissaria europea, Margrethe Vestager, che abbiamo già incontrato nel capitolo 3, nel paragrafo sugli organi di vigilanza sulle banche.
40. «Più o meno nelle stesse ore, il professor Mario Monti, officiante dell’apertura dell’anno accademico dell’Università Bocconi, si prendeva i complimenti della commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, per aver «salvato l’Italia» durante la crisi dello spread del 2011. Ed Elsa Fornero, ministro del lavoro e della previdenza dello stesso governo, presenziando volontariamente alla visione del film «L’esodo» di Ciro Formisano alla Cascina Roccafranca di Torino, si consegnava al processo sommario di chi era stato penalizzato dagli effetti della sua riforma previdenziale.» https://www.linkiesta.it/it/article/2017/11/30/evviva-elsa-fornero-gigante-di-dignita-tra-i-nani-e-i-pavidi-della-pol/36352/
Egr. Dott. Cancellato,
Lei è ostinato, quasi quanto la coraggiosa millantatrice Elsa Fornero. E la commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager una ignorante dei dati (come quasi 60 milioni di Italiani, anche per colpa di voi giornalisti). Sulla base dei dati, Monti – con 63 mld cumulati - non ha salvato quasi un bel niente. Quando è arrivato, lo aveva già fatto Berlusconi – con 267 mld cumulati -, in maniera scandalosamente iniqua e perciò ancor più recessiva, anche perché vi è stato costretto dalla Commissione Europea e dalla BCE. Mi scusi, anche un bambino capisce che 267 è più del quadruplo di 63.
L’Italia è piena di difetti, che anche io critico severamente: una Pubblica Amministrazione inefficiente, una classe dirigente non sempre adeguata, un livello etico insufficiente in una quota significativa della popolazione e che riceve scarsa sanzione sociale e spesso civile e penale a causa dell’inefficienza dell’apparato giudiziario, il fardello del Sud poco e male affrontato con, da ultimo, un utilizzo solo parziale dei finanziamenti europei anche per la difficoltà di copertura del 50% di quota nazionale, l’allogazione inefficiente, sprechi e malversazioni delle risorse; ma temo che sia anche vittima sia di pregiudizi, sia di ignoranza dei dati, sia di un doppio standard nell’applicazione delle regole da parte della Commissione Europea (peraltro attestato dalla Corte dei Conti UE relativamente ai salvataggi). 
Segnalo alcuni dati relativi al periodo cruciale della crisi economica, utili per comprendere la situazione e verificare quanto ho appena affermato, cominciando dal deficit/Pil per poi passare al debito/Pil.

1. Il Commissario Moscovici ha affermato che le regole UE sono intelligenti e favoriscono la crescita. Le regole sono talmente intelligenti e favoriscono la crescita che lui, quando è stato ministro dell’Economia francese, le ha, analogamente ai suoi colleghi francesi, bellamente violate, complessivamente per 9 anni consecutivi (12 sui 17 dall’introduzione fisica dell’Euro, 2002), con uno sforamento totale dal 2007 al 2016 pari a 15 punti percentuali; la Spagna ha sforato anch’essa per 9 anni consecutivi, con uno sforamento totale pari a 40,2 punti percentuali; l’Italia per 3 anni, con uno sforamento totale pari a 4 punti percentuali.
EUROSTAT – Deficit/Pil
PAESE
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
Italia
-1,5
-2,7
-5,3
-4,2
-3,5
-2,9
-2,9
-3,0
-2,6
-2,4
Francia
-2,5
-3,2
-7,2
-6,8
-5,1
-4,8
-4,0
-4,0
-3,5
-3,4
Spagna
+2,0
-4,4
-11,0
-9,4
-9,6
-10,4
-6,9
-5,9
-5,1
-4,5
Gran Br
+0,2
+0,2
-10,7
-9,6
-7,7
-8,3
-5,6
-5,6
-4,4
-3,0
Germania
+0,2
-0,2
-3,2
-4,2
-1,0
-0,1
-0,1
+0,3
+0,7
+0,8
Olanda
+0,2
+0.2
-5,4
-5,0
-4,3
-3,9
-2,4
-2,3
-2,1
+0,4
Grecia
-6,7
-10,2
-15,1
-11,2
-10,3
-8,9
-13,1
-3,7
-5,9
+0,7
Irlanda
+0,3
-7,0
-13,8
-32,1
-12,6
-8,0
-5,7
-3,7
-2,0
-0,6
Portogallo
-3,0
-3,8
-9,8
-11,2
-7,4
-5,7
-4,8
-7,2
-4,4
-2,0
La Francia, assieme alla Germania, aveva già violato il limite del 3% nel 2003, oltre che nel 2002, per giunta impedendo alla Commissione Prodi di applicare la relativa sanzione. Cioè sono stati più gli anni che l’ha violato che quelli che l’ha rispettato, senza subire alcuna sanzione. Eh, ma si sa, come ha detto il presidente Juncker, la Francia è la Francia (sic!).
2. Ma, si obietta, l’Italia ha un alto debito pubblico. Questa accusa proviene in primo luogo dalla Germania, che come è noto definisce con la stessa parola, schuld, debito e colpa. Forse perché, dal 1800, la Germania ha fatto ben 8 volte default o ristrutturazione del debito (“This Time is Different”, pag. 99, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart). L’Italia quasi mai, tranne una parziale ristrutturazione del debito dopo la I Guerra Mondiale. Dopo la II Guerra Mondiale, ci ha pensato linflazione, ma anche l’Italia (assieme alla Grecia e ad altri 19 Paesi), decise generosamente di condonare il 50% del debito tedesco e di dilazionare il resto in 30 anni, successivamente ulteriormente tagliatoNel 2012, l’Italia ha regolarmente pagato interessi sul debito pubblico per 86 mld, ora ne paga regolarmente 66 su un ammontare di debito cresciuto di 450 mld (da 1.900 a 2.350, al lordo dei 58 mld dei “sostegni”e – peraltro potendo contare anche su una ricchezza privata di 9.000 mld - non ha mai chiesto ad altri di pagarli o aiuto ad altri per pagarli.
3. Includendo il debito “sotto il tappeto”, il rapporto debito pubblico/Pil della Germania e dell’Olanda (2016), abituali censori dell’Italia ed in particolare del suo debito pubblico, sale, rispettivamente, al 172% e al 173%, poco sotto quello dell’Italia, che si attesta al 180% (con un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld a causa della politica economica prociclica imposta dall’UE).
4. Considerando anche il debito privato (dati OCSE), parametro altrettanto importante del debito pubblico e che andrebbe inserito nei parametri UE, la situazione dell’Italia (172,5 per cento del Pil) è migliore della Spagna (207,9), della Francia (233,9) e, soprattutto, dell’Olanda (261,3), uno dei maggiori censori abituali dell’Italia, in particolare del suo debito pubblico.
5. Il rapporto debito/Pil della Francia è quasi il 100%, ben oltre il limite del 60% del trattato di Maastricht. In valore assoluto è uguale a quello italiano, ma paga la metà in spesa per interessi rispetto al Pil grazie al tasso dinteresse molto più basso, potendo beneficiare, fin dallo SME, dello scudo finanziario della Germania, alla quale in cambio fa da chaperon (come si vede anche dal comportamento vergognoso del Commissario francese Moscovici). Il debito totale pubblico e privato francese è molto più alto di quello italiano. Ha un disavanzo della bilancia commerciale. Ha una spesa pensionistica fuori controllo, infatti solo ora la stanno riformando, mentre l’Italia ha fatto 9 anni fa ben due riforme severe: SACCONI (2010 e 2011), soprattutto, e Fornero (2011), il che, a giudizio della Commissione Europea e perfino di Centri Studi tedeschi, ha reso il debito pubblico italiano il più sostenibile nel lungo periodo.
6. Il mercato finanziario è fatto di investitori e di speculatori. C’è un recente articolo del Sole 24 ore che spiega che, quando ci sono turbolenze, i trader la prima cosa che fanno, appena accendono il computer, vendono BTP, facendo crescere lo spread.  Non è estraneo a questo la cacofonia strumentale dei Commissari UE, oltre che dei media italiani (!), strano fenomeno, quest’ultimo, peculiare soltanto dell’Italia. Ovviamente senza che la BCE o la Banca dItalia possano intervenire a calmierare lo spread.
7. Da 28 anni (tranne il 2009, in piena crisi economica), l’Italia fa registrare un avanzo primario, spesso consistente, in totale (%) maggiore di quello della Germania. Questo vuol dire che il debito pubblico cresce esclusivamente per colpa della spesa per interessi.
8. Anche perché l’Italia paga tassi d’interesse medi doppio di quello francese e triplo di quello tedesco, ingiustificati in base ai fondamentali (avanzo primario, sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo periodo, saldo positivo delle partite correnti, debito totale pubblico e privato), maggiore del tasso di crescita, compresso dalla politica economica restrittiva imposta dall’UE, il che, in un circolo vizioso, autoalimenta il rapporto debito pubblico/Pil e accresce la sfiducia del mercato finanziario.
9. Il Governatore Visco (Banca d’Italia) ha dichiarato pochi giorni fa: “Questo spread che abbiamo è ridicolo perché riflette la paura che il debito non sia ripagato o non sia ripagato ai valori giusti e quindi con una valuta diversa dall’euro. Alcuni lo dicono, alcuni anche ci credono ma è una grande sciocchezza che genera distanza tra il tasso di crescita e il tasso di interesse e dunque mette un limite alla capacità di utilizzare gli investimenti pubblici per fare investimenti”.
10. Ma è un problema annoso. Nel mio libro “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO” l’ho definito una sorta di “divisione internazionale del lavoro”: da decenni all’Italia è stato assegnato il compito di pagare lauti interessi al resto del mondo (e alle banche e assicurazioni, poiché solo il 5% è attualmente detenuto dalle famiglie), e gli investitori più importanti (coadiuvati dalle screditate società di rating con i loro giudizi ridicoli sullItalia peggiori del 2011) sono restii a che questo cambi.
11. L’Italia è un contributore netto dell’UE per 4 mld annui.
12. L’Italia ha contribuito per 60 mld – prendendoli a prestito e che sono inclusi nel debito pubblico - ai vari fondi per aiutare i partner in difficoltà, non ha mai preso un € finora e si è dovuta accollare una parte (una trentina di miliardi) dei 140 mld di crediti inesigibili delle banche private francesi, tedesche e olandesi verso la Grecia (che li aveva ricevuti anche per acquistare sottomarini e carri armati tedeschi). Il salvataggio delle banche private francesi, tedesche e olandesi (complessivamente centinaia di miliardi, con soldi pubblici) fu addossato, limitatamente alla parte riguardante i debiti greci (2010), su tutti i Paesi dellEurozona, prima che nascesse il MES (operativo dal 2012), che ha sostituito due fondi salva-Stati precedenti, ma non i prestiti bilaterali (ad esempio uno di 10 mld dell’Italia alla Grecia). Addirittura, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ritiene (lo ha dichiarato anche recentemente) che il governo Berlusconi fu defenestrato nel 2011 perché lui aveva proposto la ripartizione dei crediti in sofferenza verso la Grecia non in base alle “quote” Pil+popolazione, come pretendevano Merkel e Sarkozy (ed hanno poi ottenuto), ma in proporzione alle rispettive esposizioni.
13. L’Italia ha un rapporto debito/Pil pari al 132%. Se, però, come ho fatto nel mio libro (i dati sono al 30.6.2018):
«E (iii) una notazione controfattuale: che il rapporto debito/Pil dell’Italia risente della perdita, al denominatore, di 170 miliardi di prodotto a causa della doppia recessione impostale dall’UE, discriminandola rispetto alla Spagna e alla Francia (si veda il capitolo 1);[129] se al denominatore aggiungessimo questi 170 miliardi e al numeratore togliessimo i 48 miliardi di disponibilità liquide del Tesoro, il rapporto debito/PIL scenderebbe dal 131,5 al 116,9%; e se levassimo al numeratore anche i 58 miliardi di sostegni ai Paesi in difficoltà (lo fa anche il Governo per tali aiuti e i pagamenti debiti PA pregressi, nei report sul debito destinati alla Commissione europea), il rapporto debito/PIL calerebbe ulteriormente al 113,8%.»
14. Nel 2008 (inizio della crisi), la Francia aveva un rapporto debito/Pil pari al 68,8%, l’Italia al 102,4%. Nel 2018, rispettivamente, 98,4% (+29,6 punti; +43,0%) e 132,2% (+29,8 punti; +29,1%, con un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld). La Spagna, nel 2008, aveva un rapporto debito/Pil inferiore al 40%, cresciuto nel 2018 a quasi il 100% (+60 punti; +150%).
15. Infine, l’Italia, che ha subito una doppia recessione a causa della politica economica prociclica imposta dall’UE, mentre la Francia e la Spagna hanno potuto attuare per un decennio una politica keynesiana, non chiede di sforare il limite del 3%, ma una diversa applicazione della formula del deficit strutturale (output gap), che giudica “naturale”, non inflazionistico, per l’Italia un tasso di disoccupazione del 10-11% e che è ritenuta inaffidabile dalla stessa Commissione (2013) e dalla BCE, oltre che da decine di studiosi, anche ortodossi, e che è diversa e più prociclica della medesima regola utilizzata da OCSE e FMI. Ma voi della Commissione - anziché riformarla - continuate ad essere sordi e arroganti e ad applicare la vostra: errata, ascientifica, discrezionale e prociclica. Alimentando l’avversione verso l’Unione Europea, perfino negli europeisti come me, e il populismo che Lei tanto aborre. Quos vult Iupiter perdere dementat prius (a quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione). E, si sa, i primi e quasi soli a pagare sono stati, sono e saranno i poveri cristi. E ad una social-liberale come Lei, almeno in teoria, questo dovrebbe importare molto.
Distinti saluti,
V.


***

Messaggio di posta da margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu: Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia
Da: margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu
25/6/2019 09:29
A  v  
Gentile Signore V.,
Nel confermarle presa visione del suo messaggio, la prego di accettare i nostri piú cordiali saluti.
Cab Vestager Team


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