Pubblico la lettera che ho inviato alla
Commissaria Margrethe Vestager dopo aver letto una sua dichiarazione resa al
quotidiano Il Foglio nel corso del Tech Festival, l’evento sull’innovazione
organizzato a Venezia dal Foglio. Riporto, in fondo, la breve risposta dello staff della Commissaria.
Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi
sull’Italia
Da: v
24/6/2019 15:15
A margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu Copia president.juncker@ec.europa.eu e altri 48+450
ALLA CORTESE ATTENZIONE DELLA COMMISSARIA MARGRETHE VESTAGER
CC: COMMISSIONE EUROPEA, PARLAMENTARI, ISTITUZIONI, MEDIA , UNIVERSITA'
Egr.
Signora Commissaria Margrethe Vestager,
Cito dal Foglio del 22.06.2019 una Sua dichiarazione:
“Il populismo mi preoccupa in tutte le sue forme”, e quello
che sta succedendo in Italia non è affatto nuovo: “Non è un’idea nuova che
qualcuno dica: ‘Tutti gli altri non hanno capito niente, io ho capito tutto e
ho qui la soluzione miracolosa per tutti i vostri problemi’. Questa è un’idea
vecchia. Non molto innovativa. I libri di storia sono pieni di esempi così. Ciò
che deve far pensare è che i cittadini credano a queste storie e dicano:
‘Voglio votare per lui’”.
Io aborro il governo
gialloverde, ma mi permetta di osservare che per capire occorre laicamente sapere, scevri il più possibile da ideologie e da pregiudizi, ma purtroppo anche Lei, come il Suo collega
Moscovici (che vi abbina una dose insopportabile di ipocrisia e di improntitudine ed al quale ho già scritto), è un esempio eccellente di ignoranza dei dati.
La invito a leggere, se non lo ha
ancora fatto, ciò che ha scritto di Lei, non un sovranista (nazionalista), ma
un rappresentante dell’establishment come Roberto Napoletano, ex direttore de Il Sole 24 ore (il principale giornale economico italiano), nel suo ultimo
libro, a proposito del trattamento riservato alle banche italiane:
«Questi pochi numeri
sono sufficienti a far emergere in superficie i contorni ipotetici della
questione bancaria italiana e sono tali da potere di nuovo rimettere
all’indietro le lancette della nostra Grande crisi. La comunicazione al mercato
di questi numeri avviene con queste parole: il prezzo del 17,5% è soggetto a
valutazioni analitiche delle singole posizioni da parte di un valutatore
indipendente nei successivi tre o quattro mesi. Il valutatore indipendente
arriverà in seguito alla conclusione che il prezzo delle sofferenze delle
quattro banche in risoluzione è più alto, pari al 22,5%, ma il suo lavoro
rigoroso non servirà a nulla perché la frittata è già stata fatta e a imporre
di servirla in tavola è stata la commissaria alla concorrenza, la danese
Margrethe Vestager, assistita e indirizzata dal vicedirettore generale
olandese, Gert-Jan Koopman, custode del formalismo europeo, che ha deciso di
dare in pasto ai mercati un dato così poco attendibile e così sensibile. Con
questa formalistica applicazione della comunicazione della commissione europea
sugli aiuti di stato (il burden sharing, antesignano, anche se più leggero, del
bail-in della BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive, la direttiva
comunitaria sul risanamento e la risoluzione delle banche) la Vestager mostra
di capire poco di banche in genere e niente affatto di banche italiane e
affianca il capo della vigilanza Nouy con i suoi stress test a senso unico
nella poco nobile gara a chi butta prima giù e più rovinosamente dalla torre le
banche italiane. A questa coppia si affiancherà poi con convinzione la tedesca
Elke König, nominata nel 2015 presidente del board del Meccanismo unico di
risoluzione delle crisi bancarie. Di fatto con tali comportamenti, quanto meno
discutibili, la coppia di ferro francotedesca, insieme alla commissaria danese,
pone (volutamente?) le premesse per trasformare una bronchite in una
broncopolmonite o in qualcosa di ancora più grave. Queste donne hanno nelle
loro mani il risparmio degli italiani e sembra che custodirlo sia proprio
l’ultima delle loro preoccupazioni.»
(“Il cigno nero e il cavaliere bianco” Yellow highlight | Location: 2,532).
Legga anche, se vuole, quello che ho scritto io nell’Appendice 1 del mio
libro, come 40esimo esempio clamoroso di ignoranza dei dati e delle
responsabilità della recessione italiana.
«Infine, una
Commissaria europea, Margrethe Vestager, che abbiamo già incontrato nel
capitolo 3, nel paragrafo sugli organi di vigilanza sulle banche.
40. «Più o meno nelle stesse ore, il professor Mario Monti, officiante
dell’apertura dell’anno accademico dell’Università Bocconi, si prendeva i
complimenti della commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, per
aver «salvato l’Italia» durante la crisi dello spread del 2011. Ed Elsa
Fornero, ministro del lavoro e della previdenza dello stesso governo,
presenziando volontariamente alla visione del film «L’esodo» di Ciro Formisano
alla Cascina Roccafranca di Torino, si consegnava al processo sommario di chi
era stato penalizzato dagli effetti della sua riforma previdenziale.» https://www.linkiesta.it/it/article/2017/11/30/evviva-elsa-fornero-gigante-di-dignita-tra-i-nani-e-i-pavidi-della-pol/36352/
Egr. Dott. Cancellato,
Lei è ostinato, quasi quanto la coraggiosa millantatrice Elsa Fornero. E la
commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager una ignorante dei dati
(come quasi 60 milioni di Italiani, anche per colpa di voi giornalisti). Sulla
base dei dati, Monti – con 63 mld cumulati - non ha salvato quasi un bel
niente. Quando è arrivato, lo aveva già fatto Berlusconi – con 267 mld cumulati
-, in maniera scandalosamente iniqua e perciò ancor più recessiva, anche perché
vi è stato costretto dalla Commissione Europea e dalla BCE. Mi scusi, anche un
bambino capisce che 267 è più del quadruplo di 63.
L’Italia è piena di difetti, che anche io critico severamente: una Pubblica Amministrazione inefficiente,
una classe dirigente non sempre adeguata, un livello etico insufficiente in una quota
significativa della popolazione e che riceve scarsa sanzione sociale e spesso civile e penale a causa dell’inefficienza dell’apparato giudiziario, il fardello del Sud poco e male affrontato con, da ultimo, un utilizzo solo parziale dei finanziamenti europei anche per la difficoltà di copertura del 50% di quota nazionale, l’allogazione inefficiente, sprechi e malversazioni delle risorse; ma
temo che sia anche vittima sia di pregiudizi, sia di ignoranza dei dati, sia di
un doppio standard nell’applicazione delle regole da
parte della Commissione Europea (peraltro attestato dalla Corte dei Conti UE relativamente ai salvataggi).
Segnalo alcuni dati relativi al periodo cruciale della crisi economica, utili per comprendere la
situazione e verificare quanto ho appena affermato, cominciando dal deficit/Pil per poi passare al debito/Pil.
1. Il Commissario Moscovici ha affermato che le regole UE sono intelligenti
e favoriscono la crescita. Le regole sono talmente intelligenti e favoriscono
la crescita che lui, quando è stato ministro dell’Economia francese, le ha, analogamente
ai suoi colleghi francesi, bellamente violate, complessivamente per 9 anni consecutivi (12 sui 17
dall’introduzione fisica dell’Euro, 2002), con uno sforamento totale dal 2007 al 2016 pari a
15 punti percentuali; la Spagna ha sforato anch’essa per 9 anni consecutivi, con uno sforamento totale pari a 40,2 punti percentuali; l’Italia per 3 anni, con uno sforamento totale pari a 4
punti percentuali.
EUROSTAT
– Deficit/Pil
PAESE
|
2007
|
2008
|
2009
|
2010
|
2011
|
2012
|
2013
|
2014
|
2015
|
2016
|
Italia
|
-1,5
|
-2,7
|
-5,3
|
-4,2
|
-3,5
|
-2,9
|
-2,9
|
-3,0
|
-2,6
|
-2,4
|
Francia
|
-2,5
|
-3,2
|
-7,2
|
-6,8
|
-5,1
|
-4,8
|
-4,0
|
-4,0
|
-3,5
|
-3,4
|
Spagna
|
+2,0
|
-4,4
|
-11,0
|
-9,4
|
-9,6
|
-10,4
|
-6,9
|
-5,9
|
-5,1
|
-4,5
|
Gran Br
|
+0,2
|
+0,2
|
-10,7
|
-9,6
|
-7,7
|
-8,3
|
-5,6
|
-5,6
|
-4,4
|
-3,0
|
Germania
|
+0,2
|
-0,2
|
-3,2
|
-4,2
|
-1,0
|
-0,1
|
-0,1
|
+0,3
|
+0,7
|
+0,8
|
Olanda
|
+0,2
|
+0.2
|
-5,4
|
-5,0
|
-4,3
|
-3,9
|
-2,4
|
-2,3
|
-2,1
|
+0,4
|
Grecia
|
-6,7
|
-10,2
|
-15,1
|
-11,2
|
-10,3
|
-8,9
|
-13,1
|
-3,7
|
-5,9
|
+0,7
|
Irlanda
|
+0,3
|
-7,0
|
-13,8
|
-32,1
|
-12,6
|
-8,0
|
-5,7
|
-3,7
|
-2,0
|
-0,6
|
Portogallo
|
-3,0
|
-3,8
|
-9,8
|
-11,2
|
-7,4
|
-5,7
|
-4,8
|
-7,2
|
-4,4
|
-2,0
|
La Francia, assieme alla Germania, aveva già violato il limite del 3% nel 2003, oltre che nel 2002, per giunta impedendo
alla Commissione Prodi di applicare la relativa sanzione. Cioè sono stati più gli
anni che l’ha violato che quelli che l’ha rispettato, senza subire alcuna sanzione. Eh, ma si sa, come ha
detto il presidente Juncker, la Francia è la Francia (sic!).
2. Ma, si obietta, l’Italia ha un alto
debito pubblico. Questa accusa proviene in primo luogo dalla Germania, che come è noto definisce con la stessa parola, schuld, debito e colpa. Forse perché, dal 1800, la Germania ha fatto ben 8 volte default o
ristrutturazione del debito (“This Time is Different”, pag.
99, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart). L’Italia quasi mai, tranne una parziale ristrutturazione del
debito dopo la I Guerra Mondiale. Dopo la II Guerra Mondiale, ci ha pensato l’inflazione, ma anche l’Italia (assieme alla Grecia e ad altri 19
Paesi), decise generosamente di condonare il 50% del debito tedesco e di dilazionare il resto
in 30 anni, successivamente ulteriormente tagliato. Nel 2012, l’Italia ha regolarmente pagato interessi sul debito pubblico
per 86 mld, ora ne paga regolarmente 66 su un ammontare di debito cresciuto di
450 mld (da 1.900 a 2.350, al lordo dei 58 mld dei “sostegni”) e – peraltro potendo contare anche su una ricchezza privata di 9.000 mld - non
ha mai chiesto ad altri di pagarli o aiuto ad altri per pagarli.
3. Includendo il debito “sotto il tappeto”, il rapporto debito pubblico/Pil della Germania e dell’Olanda (2016),
abituali censori dell’Italia ed in particolare del suo debito pubblico, sale,
rispettivamente, al 172% e al 173%, poco sotto quello dell’Italia, che si
attesta al 180% (con un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld
a causa della politica economica prociclica imposta dall’UE).
4. Considerando anche il debito privato
(dati OCSE), parametro altrettanto importante del debito pubblico e che
andrebbe inserito nei parametri UE, la situazione dell’Italia (172,5 per cento
del Pil) è migliore della Spagna (207,9), della Francia (233,9) e, soprattutto,
dell’Olanda (261,3), uno dei maggiori censori abituali dell’Italia, in
particolare del suo debito pubblico.
5. Il rapporto debito/Pil della Francia è quasi il 100%, ben
oltre il limite del 60% del trattato di Maastricht. In valore assoluto è uguale a quello
italiano, ma paga la metà in spesa per interessi rispetto al Pil grazie al
tasso d’interesse molto più basso,
potendo beneficiare, fin dallo SME, dello scudo finanziario della Germania, alla
quale in cambio fa da chaperon (come si vede anche dal comportamento
vergognoso del Commissario francese Moscovici). Il debito totale pubblico e
privato francese è molto più alto di quello italiano. Ha un disavanzo della
bilancia commerciale. Ha una spesa pensionistica fuori controllo, infatti solo
ora la stanno riformando, mentre l’Italia ha fatto 9 anni fa ben due riforme
severe: SACCONI (2010 e 2011), soprattutto, e Fornero (2011), il che, a
giudizio della Commissione Europea e perfino di Centri Studi tedeschi, ha reso
il debito pubblico italiano il più sostenibile nel lungo
periodo.
6. Il mercato finanziario è fatto di
investitori e di speculatori. C’è un recente articolo del Sole 24 ore
che spiega che, quando ci sono turbolenze, i trader la prima cosa che
fanno, appena accendono il computer, vendono BTP, facendo crescere lo spread. Non è estraneo a questo la cacofonia strumentale dei
Commissari UE, oltre che dei media italiani (!), strano fenomeno, quest’ultimo,
peculiare soltanto dell’Italia. Ovviamente senza che la BCE o la Banca d’Italia possano intervenire a
calmierare lo spread.
7. Da 28 anni (tranne il 2009, in piena
crisi economica), l’Italia fa registrare un avanzo primario, spesso consistente, in totale (%) maggiore
di quello della Germania. Questo vuol dire che il debito pubblico cresce
esclusivamente per colpa della spesa per interessi.
8. Anche perché l’Italia paga tassi
d’interesse medi doppio di quello francese e triplo di quello tedesco,
ingiustificati in base ai fondamentali (avanzo primario, sostenibilità del
sistema pensionistico nel lungo periodo, saldo positivo delle partite correnti,
debito totale pubblico e privato), maggiore del tasso di crescita, compresso
dalla politica economica restrittiva imposta dall’UE, il che, in un circolo
vizioso, autoalimenta il rapporto debito pubblico/Pil e accresce la sfiducia del mercato finanziario.
9. Il Governatore Visco
(Banca d’Italia) ha dichiarato pochi giorni fa: “Questo spread che
abbiamo è ridicolo perché riflette la paura che il debito non sia ripagato o
non sia ripagato ai valori giusti e quindi con una valuta diversa dall’euro. Alcuni
lo dicono, alcuni anche ci credono ma è una grande sciocchezza che genera
distanza tra il tasso di crescita e il tasso di interesse e dunque mette un
limite alla capacità di utilizzare gli investimenti pubblici per fare
investimenti”.
10. Ma è un problema
annoso. Nel mio libro “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO” l’ho definito
una sorta di “divisione internazionale del lavoro”: da decenni all’Italia è
stato assegnato il compito di pagare lauti interessi al resto del mondo (e alle
banche e assicurazioni, poiché solo il 5% è attualmente detenuto dalle famiglie), e gli investitori più importanti (coadiuvati dalle screditate società di rating con i loro giudizi ridicoli sull’Italia peggiori del 2011) sono restii a che questo cambi.
11. L’Italia è un contributore netto
dell’UE per 4 mld annui.
12. L’Italia ha
contribuito per 60 mld – prendendoli a prestito e che sono inclusi nel debito
pubblico - ai vari fondi per aiutare i partner in difficoltà, non ha mai preso
un € finora e si è dovuta accollare una parte (una trentina di miliardi) dei 140 mld di crediti inesigibili delle
banche private francesi, tedesche e olandesi verso la Grecia (che li aveva ricevuti anche per acquistare sottomarini e carri armati
tedeschi). Il salvataggio delle
banche private francesi, tedesche e olandesi (complessivamente centinaia di
miliardi, con soldi pubblici) fu addossato, limitatamente alla parte riguardante i debiti greci (2010), su tutti i Paesi dell’Eurozona, prima che
nascesse il MES (operativo dal 2012), che ha sostituito due fondi salva-Stati precedenti, ma
non i prestiti bilaterali (ad esempio uno di 10 mld dell’Italia alla Grecia).
Addirittura, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ritiene (lo ha dichiarato
anche recentemente) che il governo Berlusconi fu defenestrato nel 2011 perché
lui aveva proposto la ripartizione dei crediti in sofferenza verso la Grecia non in base
alle “quote” Pil+popolazione, come pretendevano Merkel e Sarkozy (ed hanno poi
ottenuto), ma in proporzione alle rispettive esposizioni.
13. L’Italia ha un
rapporto debito/Pil pari al 132%. Se, però, come ho fatto nel mio libro (i dati
sono al 30.6.2018):
«E (iii) una notazione
controfattuale: che il rapporto debito/Pil dell’Italia risente della perdita,
al denominatore, di 170 miliardi di prodotto a causa della doppia recessione
impostale dall’UE, discriminandola rispetto alla Spagna e alla Francia (si veda
il capitolo 1);[129] se al denominatore aggiungessimo questi 170 miliardi e al
numeratore togliessimo i 48 miliardi di disponibilità liquide del Tesoro, il
rapporto debito/PIL scenderebbe dal 131,5 al 116,9%; e se levassimo al
numeratore anche i 58 miliardi di sostegni ai Paesi in difficoltà (lo fa anche
il Governo per tali aiuti e i pagamenti debiti PA pregressi, nei report sul
debito destinati alla Commissione europea), il rapporto debito/PIL calerebbe
ulteriormente al 113,8%.»
14. Nel 2008 (inizio
della crisi), la Francia aveva un rapporto debito/Pil pari al 68,8%, l’Italia
al 102,4%. Nel 2018, rispettivamente, 98,4% (+29,6 punti; +43,0%) e 132,2%
(+29,8 punti; +29,1%, con
un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld). La Spagna, nel 2008, aveva un rapporto debito/Pil inferiore al 40%, cresciuto nel
2018 a quasi il 100% (+60 punti; +150%).
15. Infine, l’Italia, che ha subito una doppia recessione a causa della politica economica
prociclica imposta dall’UE, mentre la Francia e la Spagna hanno potuto attuare
per un decennio una politica keynesiana, non chiede di sforare il limite del
3%, ma una diversa applicazione della formula del deficit strutturale (output
gap), che giudica “naturale”, non inflazionistico, per l’Italia
un tasso di disoccupazione del 10-11% e che è ritenuta inaffidabile dalla stessa Commissione (2013) e dalla
BCE, oltre che da decine di studiosi, anche ortodossi, e che è diversa e più prociclica della
medesima regola utilizzata da OCSE e FMI. Ma voi della Commissione - anziché riformarla - continuate
ad essere sordi e arroganti e ad applicare la vostra: errata, ascientifica,
discrezionale e prociclica. Alimentando l’avversione verso l’Unione Europea, perfino negli europeisti come me, e il populismo che Lei tanto aborre. Quos
vult Iupiter perdere dementat prius (a quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione). E,
si sa, i primi e quasi soli a pagare sono stati, sono e saranno i poveri
cristi. E ad una social-liberale come Lei, almeno in teoria, questo dovrebbe
importare molto.
Distinti saluti,
V.
***
Messaggio di posta da
margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu: Lettera alla Commissaria Margrethe
Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia
Da:
margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu
25/6/2019
09:29
A v
Gentile Signore V.,
Nel confermarle presa visione del suo messaggio, la
prego di accettare i nostri piú cordiali saluti.
Cab Vestager Team
**********
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