Pubblico la lettera che ho inviato due
giorni fa a quattro economisti del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Michal Andrle, Shafik Hebous, Alvar Kangur, and
Mehdi Raissi, autori di uno studio sulle pensioni italiane con delle proposte che non è esagerato definire spietate, tipiche degli Stati Maggiori, motivate dalla supposta cattiva situazione dei conti pensionistici italiani, che è una bufala ricorrente dei poteri forti, di cui l'FMI è una longa manus. Nella lettera io ho limitato l'analisi ai conti pensionistici, ma chi fosse interessato può trovare un commento alle proposte dei quattro economisti del FMI nell’articolo allegato in calce. Ad oggi, non ho ricevuto nessuna
risposta; nel caso la riceva, la pubblicherò di seguito.
Lettera
a FMI su working paper con fake news sulle pensioni italiane
Da: v
29/3/2018 19:05
A: mandrle@imf.org, shebous@imf.org e altri 48+369
In riferimento al Vostro documento “Italy: toward a growth-friendly fiscal reform”, che ha avuto, in Italia, come d’abitudine, una grossa eco nei media, con le solite strumentalizzazioni basate su una cattiva conoscenza dei dati, e, per fortuna, anche qualche critica, mi
permetto di formulare i seguenti rilievi critici.
Citazione1:
· Pension system. Over half of current primary spending
is social benefit spending, which is dominated by pension spending. At around
16 percent of GDP, pension spending in Italy is the second highest in the euro area
after Greece. (pag.
3)
[Con
circa il 16% del Pil, la spesa pensionistica italiana è la seconda più alta in
Eurozona dopo la Grecia.]
Intanto, va osservato che, in Italia, il peso fiscale sulle pensioni è il più alto in
ambito OCSE, che è l’unico Ente che propone i dati al lordo e al netto delle
imposte (area, peraltro, più eterogenea dell’UE), e che il dato relativo alla
spesa pensionistica al netto delle imposte dell’Italia è più basso,
comparativamente, di oltre 2 punti percentuali.[1]
Ma il problema è più generale, la
comparazione è inficiata alla radice, poiché – come osservavo ad un’analoga deduzione
di Carlo Cottarelli,[2] ex direttore
esecutivo FMI - si confrontano le pere con le mele.
Infatti, la spesa pensionistica italiana
include (nel confronto internazionale) varie voci spurie, che
sono:
1. TFR
(1-1,5% del Pil), che è salario differito[3] e può essere
riscosso decenni prima del pensionamento;
2. un
10% di spesa assistenziale sul totale della spesa pensionistica (1,5% circa del
Pil);
3. un
peso fiscale comparativamente maggiore (la spesa pensionistica italiana è al
lordo di quasi 50 mld di imposte, che per lo Stato è una mera partita di giro:
gli assegni pensionistici sono erogati al netto);[4]
4. un
uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati
negli altri Paesi), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore
sociale;
5.
infine, ad essere esaustivi, nella spesa pensionistica degli
altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi fiscali (= minori entrate) alle
pensioni integrative (v., in particolare, la Gran Bretagna).
Al netto dei
90 mld di voci spurie, la spesa pensionistica gestioni private effettivamente
erogata è pari, al 31.12.2016, a 176,8 mld (cfr. Osservatorio INPS
sulle pensioni al 31.12.2016[4]), e l’incidenza sul Pil cala dal 16% (già
influenzato dal calo di 150 mld del denominatore a causa della lunga e grave
crisi economica) al 12%, che è inferiore al dato “lordo” previsto per il 2060.
Citazione2:
Since 1992, the
pension system in Italy has undergone multiple reforms. (pag. 11)
[Dal
1992, il sistema pensionistico in Italia ha subito molteplici riforme.]
Dal 1992, le riforme delle pensioni, considerando un'unica riforma i provvedimenti varati da Sacconi nel 2010 e 2011 (oltre alla Legge 3.8.2009, n. 102), sono state 7 (sette): Amato, Decreto Legislativo 503 del 1992; Dini, Legge 8.8.1995, n. 335; Prodi, Legge 27.12.1997, n. 449; Berlusconi/Maroni, Legge 23.8.2004, n. 243; Prodi/Damiano, Legge 27.12.1997, n. 247; Berlusconi/Sacconi, Legge 30.07.2010, n.122, Legge 15.7.2011, n. 111, Legge 14.9.2011, n. 148; Monti-Fornero, Legge 22.12.2011, n.214.
Citazione3:
ages are set to
increase further over time as part of the ‘Fornero’ reform (L. 214/2011).6 (pag. 12)
[le
età sono destinate ad aumentare ulteriormente nel tempo per la riforma
"Fornero" (L. 214/2011) .6]
Io temo che Voi
quattro economisti del FMI, fuorviati dai disinformatori (inclusi Enti importanti,
noti esperti previdenziali e la stessa professoressa Elsa Fornero[5]) che hanno
fatto in Italia quasi 60 milioni di vittime, oltre all’estero, (a) non conosciate
bene la riforma Fornero (L.
214/2011, art. 24),
che è soltanto la settima riforma dal 1992 e NON la più severa e incisiva, e, soprattutto,
non conosciate bene (o affatto?) la ben più severa riforma SACCONI (2009, 2010
e 2011); (b) quindi ignoriate (i) che l’età di pensionamento è stata allungata
molto più dalla riforma SACCONI che dalla riforma Fornero (vedi Appendice);
(ii) che il meccanismo di adeguamento automatico dell’età di pensionamento alla
speranza di vita è stato introdotto dalla riforma SACCONI con la L. 102/2009, art. 22ter, comma 2, modificato
sostanzialmente dalla L.
122/2010, art. 12, comma 12bis (riforma SACCONI); e (iii) che la riforma
Fornero (L. 214/2011, art. 24, comma 13) ha solo modificato la periodicità del
meccanismo da triennale a biennale, a decorrere dal 2022 (“adeguamenti successivi a quello
[triennale, 2019-2021] effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019”),
anche se TUTTI, a partire dalla Ragioneria Generale dello Stato, e poi ISTAT,
EUROSTAT, OCSE, ecc., sostengono erroneamente che la modifica decorra dal 2019
e quindi il primo adeguamento biennale avverrà nel 2021.[6]
Citazione4:
(every three
years up to 2019 and two years starting from 2021). (pag. 12)
Vedi sopra.
Citazione5:
but also due to
the very high pension contribution rate of 33 percent. (pag. 17)
[ma
anche l’alto tasso di contributi pensionistici del 33%.]
Essi sono “oneri sociali”, contributi
non soltanto pensionistici, ma anche, ad esempio, sanitari.
Al riguardo,
segnalo che, col 33%, l’Italia detiene il primato, ma, ad esempio, l’Olanda
(25esima nella classifica OCSE del rapporto spesa/Pil) presenta un dato del
4,9% per le pensioni pubbliche e di ben il 36,9% per quelle private (tab. 7.1,
pag. 141). Quanto della spesa
pensionistica privata si è tradotto in incentivi pubblici, vale a dire in
minori introiti fiscali? Lo stesso quesito riguarda altri Paesi, segnatamente
la GB e gli USA.
Infatti, dalla
tab. 4.2-Composition of private social spending, riportata negli ulteriori dati
(http://dx.doi.org/10.1787/220615515052), rilevo che,
contro un dato privato/totale dell’Italia di 7,6, abbiamo 38,9 degli USA, 25,1
della GB, 28,5 dell’Olanda, 27,5 della Corea, 25,1 del Canada, 29,3 della
Svizzera, tutti Paesi che figurano nell’intervallo più basso del rapporto spesa
pensionistica/Pil. Per non parlare di quei Paesi che, stante una media
spesa/Pil OCSE pari all’8%, avendo valori della spesa pensionistica inferiori al
5% del Pil, praticamente hanno quasi rinunciato ad avere un welfare adeguato,
però rientrano nei confronti internazionali della spesa pensionistica. Finalmente il Governo italiano ha deciso di costituire una Commissione per esaminare l'opportunità di modificarne i criteri di classificazione.
Citazione6:
Long-Run Simulations
In riferimento alla previsione al
2060 della spesa pensionistica (OCSE, tab. 7.5, pag. 147): chiarito, per
completezza, che il dato 2010 e 2015 è influenzato dal calo del Pil di circa
150 mld a causa della grande recessione, a parte l’aleatorietà delle previsioni
a lungo e lunghissimo termine, il dato del 13.8% nel 2060 è un dato lordo. Se
defalchiamo i 2,3 punti di imposte, caliamo a 11,5; e se sottraiamo il TFR e
l’assistenza (almeno altri 2 punti), scendiamo a 9,5.
Infine,
per quanto riguarda il risparmio dalle pensioni dal 2004, come scrivevo nella
mia lettera al Ragioniere Generale dello Stato, “C’è anche da chiedersi,
infine, (i) se il calcolo del risparmio cumulato al 2060 dalle quattro riforme
pensionistiche dal 2004 (Maroni, 2004, il cui ‘scalone’ fu abrogato da Damiano;
Damiano, 2007, le cui “quote” furono abolite da Fornero; Sacconi, 2010 e 2011;
e Fornero, 2011) fatto dalla RGS, per la quota parte ascritta alla riforma
Fornero (nell’ultima versione, “21 punti
percentuali” di Pil su 60, pari a 350
mld, cioè poco più di un terzo del totale di 1.000 mld,[9] a decorrere dall'1.1.2012, inclusi
le spese delle salvaguardie degli ‘esodati’ e il blocco dell'indicizzazione poi
dichiarato incostituzionale [stimati complessivamente in 70 mld, per cui il
risparmio futuro ascende a 280 mld, ndr], è inficiato, oltre che dalla non inclusione
della L. 247/2007 (Damiano), anche dall’errata anticipazione della periodicità
biennale Fornero al 1° gennaio 2019[10] e in generale da una “commistione” degli
effetti delle varie riforme (analogo a quello indicato dalla relazione
tecnica della legge Fornero: “Sul piano metodologico si precisa che la
valutazione degli effetti delle diverse disposizioni di cui ai commi da 1 a 20
non può che essere complessiva attesa la interazione tra i diversi istituti
afferenti sia i requisiti di accesso sia il sistema di calcolo.”), riforme tra le quali spicca nettamente
la riforma SACCONI, non certamente la riforma Fornero (si veda attentamente la situazione dell’età di
pensionamento nel 2019 per autore, nell’Appendice); e (ii) a chi è ascrivibile
la quota dei due terzi residui, pari a 700
mld, ben maggiore del poco più di un terzo “lordo”[11] attribuito alla riforma
Fornero, i cui effetti peraltro si esauriscono nel 2045, ma chissà perché l’unica
ad essere citata dalla RGS (la stessa cosa, peraltro, la fa la Corte dei Conti,
nei suoi ponderosi rapporti, ripresi da tutti i media[9]), con l’effetto
involontario di alimentare ulteriormente la vulgata sulla riforma Fornero”.
Mi
auguro di esserVi stato utile e che vogliate condividere queste mie
osservazioni nell’ambito dell’FMI e possiate tutti tenerne conto in futuro.
Cordiali
saluti
V.
__________________________
Note:
[1] Al netto delle imposte, il dato
dell’Italia è quello che cala di più, di ben 2,3 punti, mentre la Francia di
1,2; la Germania di 0,4; la Spagna di 0,5; la GB di 0,2; l’Olanda di 0,5;
l’Austria di 1,0; la Danimarca di 2,2; la Svezia di 1,7; il Giappone di 0,5;
gli USA di 0,5; il Canada di 0,3.
01. Greece 17,4
16,2 -1,2
02. Italy 16,3 14,0
-2,3
03. Portugal 14,0 13,0
-1,0
04. France 13,8 12,6 -1,2
05. Austria 13,4 11,4 -1,0 [la differenza è errata, ndr]
06. Slovenia - 11,8 11,8
-0,0
07. Spain 11,4
10,9 -0,5
08. Finland 11,1
9,2 -1,9
09. Hungary - 10,3 10,3 -0,0
10. Poland 10,3
9,3 -1,0
11. Belgium 10,2 10,2 -0,0
12. Japan 10,2 9,7
-0,5
13. Germany 10,1
9,7 -0,4
14. Czech Republic 8,7 8,7 -0,0
15. Turkey 8,1 8,1 -0,0
16. Luxembourg 8,5 7,5
-1,0
17. Latvia 7,5 7,2 -0,3
18. Slovak Republic 7,2
7,2 -0,0
19. United States 7,0
6,5 -0,5
20. Estonia 6,9 6,5 -0,4
21. Sweden 7,7 6,0
-1,7
22. United Kingdom 6,1 5,9 -0,2
23. Denmark 8,0
5,8 -2,2
24. Switzerland 6,4 5,2
-1,2
25. Netherlands 5,4 4,9
-0,5
26. New Zealand 5,1
4,4 -0,7
27. Israel 4,9
4,9 -0,0
28. Norway 5,8 4,7
-1,1
29. Ireland 4,9
4,5 -0,4
30. Canada 4,6 4,3 -0,3
31. Australia 4,3 4,3 -0,0
32. Chile 3,0 2,9 -0,1
33. Korea 2,6 2,6
-0,0
34. Mexico 2,3 2,3
-0,0
35. Iceland 2,0- 2,0
-0,0
OECD 8,2
7,6 -0,6
Rapportato alla
media OCSE (7,6), il divario dell’Italia è di 6,4 punti, pari al +84,2%.
Rapportato al valore mediano (Latvia e
Slovacchia, 7,2), il divario è di 6,8 punti, pari al +94,4%.
Rapportato al valore mediano dei Paesi
UE (il Belgio, 10,2) il divario è di 3,8 punti, pari al +37,2%.
(tab. 7.3, pag. 143)
[2] Lettera a
Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del FMI, sua risposta e mia replica
[3] TFR Eurostat, l’OCSE e l’FMI considerano
il TFR spesa pensionistica (!).
Mentre
tale non è la pensione, almeno secondo una parte della giurisprudenza italiana
– si veda la sentenza della Corte dei Conti 951/2012 http://it.wikipedia.org/wiki/Pensione
- e , soprattutto, la Corte di Giustizia Europea - si veda la sentenza nel caso
della BCE “Il Tribunale dell’UE ha osservato
che i diritti pensionistici non rientrano nel concetto di “retribuzione” come
inteso nella Direttiva 91/533/CEE96 e non costituiscono pertanto un elemento
intangibile del contratto di lavoro; la BCE può quindi riformare lo schema
pensionistico senza il consenso del personale”. (pag. 96) Rapporto annuale BCE
sul 2016 http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rapporto-bce/2016-bce/index.html
-.
[4] L’Osservatorio
statistico sulle pensioni è
stato aggiornato con i dati relativi
alle pensioni vigenti al 1° gennaio 2017 e liquidate nel 2016. Al 1° gennaio 2017 le pensioni erogate dall’INPS, con
esclusione di quelle a carico delle Gestioni Dipendenti Pubblici ed ex-ENPALS,
sono 18.029.590. Di queste, 14.114.464 sono di natura previdenziale, cioè
derivano dal versamento di contributi previdenziali, mentre le altre 3.915.126,
che comprendono invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e
assegni sociali, sono di natura assistenziale. Nel 2016 la spesa complessiva
per le pensioni è stata di 197,4 miliardi di euro, di cui 176,8 miliardi
sostenuti dalle gestioni previdenziali).
[5] Pensioni, la congiura del silenzio di sette noti esperti di previdenza contro Elsa Fornero
[5] Pensioni, la congiura del silenzio di sette noti esperti di previdenza contro Elsa Fornero
[6] Lettera al Ragioniere Generale dello Stato
e alla Direttrice Generale Previdenza (p.c. al Presidente della Repubblica e al
Parlamento): errori interpretativi della norma sull'adeguamento dell'età
pensionabile
***
Appendice
Il quadro
complessivo dell’età di pensionamento in base alle norme e ai loro autori è il
seguente (nel 2019):
QUOTE (somma di età anagrafica e
anzianità contributiva): abolite dalla riforma Fornero. Va notato, per inciso, che, se non ci fosse stata la riforma Fornero, la “quota”, nel 2019, sarebbe stata di 99, soltanto un anno in meno delle richieste formulate in campagna elettorale dai due partiti M5S e Lega Nord.
PENSIONE ANTICIPATA (ex anzianità)
- L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 40 anni nel 2010)
a 43 anni e 3 mesi e di questi 3 anni e 3 mesi in più quasi 2 anni sono di
SACCONI, 4 mesi in media di Damiano e solo 1 anno di Fornero [rectius: 1
anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di
cui 4 mesi in media di Damiano) e 2 anni sono di Fornero o 1 anno e 6 mesi
relativamente agli autonomi].
- L'età di pensionamento
delle donne salirà (da 40 anni) a 42 anni e 3 mesi, e di questi 2 anni e 3 mesi
in più, quasi 2 anni sono di SACCONI e 4 mesi in media di Damiano; quindi la
Fornero non c’entra [rectius: 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli autonomi, sono di
Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 1 anno o 6 mesi sono di Fornero].
PENSIONE DI VECCHIAIA
-
L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni e questi
2 anni in più sono di SACCONI, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero
non c’entra.
-
L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico salirà (da 60 di botto
a 65 deciso nel 2010 da SACCONI a seguito della sentenza del 2008 della CGUE,
ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni) + “finestra” di 12
mesi a 67 anni e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a SACCONI, tranne 4
mesi in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
-
L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da
60) a tutti gli altri (già regolati da SACCONI) a 65 anni più “finestra”,
previsto da SACCONI gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento
automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in
ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di SACCONI, tranne 4 mesi in media di
Damiano.
Va aggiunto (i) che la riforma Fornero
ha ridotto da 18 (previsto dalla
riforma SACCONI) a 12 mesi la “finestra” degli autonomi; (ii) che la riforma
Fornero ha aumentato l'età base di vecchiaia e di anzianità di 1 anno
(rispettivamente da 65 a 66 e da 40 a 41), ma solo formalmente, poiché ha
abolito contestualmente la “finestra” di 12 mesi, di Damiano (4 mesi in media)
e SACCONI (8 mesi), ma senza evidenziarne il legame, così si è intestata
entrambe le misure; (iii) che, dal 2022, in forza della legge Fornero (L. 214/2011, art. 24, comma 13), l'adeguamento
automatico diverrà biennale (“13 Gli
adeguamenti agli incrementi della speranza di vita successivi a quello [triennale,
ndr] effettuato con decorrenza 1° gennaio
2019 sono aggiornati con cadenza biennale”), ma, appunto, è solo
un'accelerazione del meccanismo deciso da SACCONI; e (iv) che la riforma
Fornero ha soltanto esteso, pro rata
dall’1.1.2012, il metodo contributivo – introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – a
coloro che ne erano esclusi, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18
anni di contributi, quindi tutti relativamente anziani.
Come si vede facilmente, la riforma
SACCONI è molto più severa e incisiva della riforma Fornero, oggetti, del tutto
ingiustificatamente, di damnatio memoriae la prima e di demonizzazione
la seconda, alla quale, dai millanta ignoranti o in malafede, vengono
attribuite tutte le misure della riforma SACCONI.
***
Destinatari:
29/3/2018 19:05
mandrle@imf.org, shebous@imf.org, akangur@imf.org, mraissi@imf.org
CC clagarde@imf.org
CC maria.alberticasellati@senato.it,
fico_r@camera.it,
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redazione@giornalettismo.com, lettere@lettera43.it
(n. 50)
ecc. ecc.
Articolo collegato:
Fmi. Affamare i pensionati, le vedove, gli orfani
Come in un romanzo sociale dell’Ottocento
di Stefano Porcari
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