lunedì 23 marzo 2020

Anche in Germania c’è qualche voce dissonante e consapevole di ciò che serve all’Italia e all'UE




Anche in Germania c’è qualche voce dissonante e consapevole di ciò che serve all’Italia e allUE. È musica per le mie orecchie. Riporto l’intervista del Sole 24 Ore al professor Achim Truger. Ad integrazione, osservo che rimane sullo sfondo lenorme macigno della sfiducia dei Paesi del Nord verso l’Italia, che essi intendono “compensare” con un taglio corposo dell’ammontare del nostro elevatissimo debito pubblico, attraverso un ineludibile intervento sulla ricchezza privata italiana, preventivo alla somministrazione della carota dell’allentamento dei vincoli (ancorché sacrosanti come la revisione del calcolo del deficit strutturale) e ancor più alla condivisione del debito. Ho già scritto più volte in passato (anche nel mio saggio) che io concordo su questo. Nel pieno della crisi economica, furono avanzate diverse proposte di misure taglia-debito, oltre che di imposta patrimoniale. Ora tutte sparite.[1]

Il professor Achim Truger, economista di spicco in Germania e da un anno membro del Consiglio degli esperti economici come uno dei grandi saggi che consigliano il Governo tedesco, lancia l’allarme in questa intervista esclusiva al Sole-24Ore: l’Italia e l’euro vanno aiutati e con misure forti.
E’ presto per stimare l’impatto dell’epidemia del coronavirus sull’economia. L’Italia, la Germania e altri Paesi stanno varando misure straordinarie di spesa pubblica, ma per ora di dimensioni modeste. Basteranno?
Sono d’accordo con l’OCSE e con un approccio in due fasi. Il primo pacchetto di misure va mirato al sistema sanitario e a garantire la liquidità per le aziende e le banche e sostenere l’orario di lavoro ridotto per evitare licenziamenti. Queste sono misure di breve termine, per tamponare la crisi. Se poi la crisi dovesse continuare, la seconda fase richiederebbe pacchetti di stimolo. Entrambi questi passi, per la gran parte, possono essere fatti in Europa rimanendo all’interno delle eccezioni già previste dalle attuali regole fiscali.
Lo sconvolgimento di questa epidemia potrebbe essere tale da richiedere uno sforzo eccezionale per sostenere l’economia: non crede sia giunto il momento di riformare la politica economica e le istituzioni nella Ue?
Sono convinto che un cambiamento più radicale sulla politica economica nella Ue debba essere affrontato e questo qualcosa di più fondamentale dovrà andare nella direzione di una maggiore convergenza economica e più crescita. Perché, così com’è, l’area dell’euro non è pronta a gestire una crisi economica grave. L’intera architettura dell’euro è fragile e in termini fiscali va fatto di più per rafforzarla e sostenerla.
Concretamente, cosa fare?
L’area dell’euro deve andare in tre direzioni per evitare il break-up dell’euro, lo scioglimento definitivo della moneta unica, e quindi non solo per contrastare l’epidemia del coronavirus. Serve questo: 1) titoli di stato più sicuri, e cioè bond europei che siano veri safe asset anche quando i singoli Paesi sono colpiti da una crisi; 2) più spazio di manovra per la politica fiscale e ci sono molti modi per farlo: emissione di safe asset per finanziare progetti europei, un Eurobudget come indicato da Emmanuel Macron, oppure un Fondo europeo che fa credito agli Stati che ne hanno bisogno o consente loro maggiori spazi di manovra fiscale; 3) una politica industriale europea per rafforzare la convergenza e prevenire gli enormi squilibri che ancora abbiamo e che rischiano di diventare più grandi.
Lei menziona bond europei, safe asset, eurobond. Per Confindustria sono lo strumento migliore per finanziare un grande programma di progetti infrastrutturali transfrontalieri in Europea. E’ d’accordo?
Ci sono in effetti molte proposte in circolazione sui safe asset per la zona dell’euro e sugli eurobond. In un recente studio che ho scritto assieme a Daniel Seikel, intitolato “Il completamento bloccato dell’Unione monetaria europea”, sosteniamo la tesi che è necessario migliorare la protezione dei titoli di Stato nazionali contro le crisi di fiducia dei mercati finanziari (con eurobond o euro area safe asset, assicurazione europea per la disoccupazione, eurobudget, Fondo monetario europeo, ecc.). Questo perché con l’introduzione della Uem, le banche centrali nazionali hanno perduto la loro funzione di guardiani delle rispettive valute nazionali e dei rispettivi titoli di Stato domestici. Tuttavia gli eurobond o i safe asset potranno essere pienamente efficaci solo se la BCE sarà messa nella condizione (e idealmente se addirittura sarà obbligata) ad acquistare questi nuovi bond con qualche condizionalità, per esempio se la Bce potrà e dovrà svolgere la sua funzione di prestatore di ultima istanza, proprio come fanno le altre banche centrali.
L’Italia rappresenta uno di quegli squilibri enormi che lei menziona, converge lentamente e l’economia è tra le più deboli dei 19 e il coronavirus la renderà ancora più gracile. Che può fare l’Europa per l’Italia?
La mia opinione su questo è che l’Italia merita più supporto e più solidarietà. I problemi dell’Italia non sono solo colpa dell’Italia. L’Italia è stata un Paese così apertamente europeo, difficile trovare chi lo è stato di più. E l’Italia ha fatto molto per l’integrazione, ma proprio perché ha fatto così tanto ha anche perso molti strumenti economici per la gestione delle crisi. E un mero mix di austerità e riforme strutturali non funziona, serve altro. La pressione, lo stress sulla popolazione è stato troppo pesante troppo a lungo. E non si può mettere una popolazione in una situazione disperata per venti anni: il risultato di questo, lo stiamo vedendo nei sondaggi. Come ho già detto, bisogna fare di più per rafforzare la convergenza nell’area dell’euro. Qualsiasi cosa che sostiene l’euro deve essere fatto per evitare la fine dell’euro. La sopravvivenza della moneta unica europea va anche nell’interesse della Germania. Se l’euro si sfascia, la Germania ovviamente pagherà un conto molto salato.
Ma è proprio la Germania a chiedere di più all’Italia, bisogna fare i compiti a casa, mettere in ordine i conti pubblici. Il bastone della Germania viene molto prima della carota. Anzi, in Italia questa carota proprio non la vediamo…
Penso a una soluzione molto pragmatica. Si potrebbe fare un “ritocco cosmetico” sul modo in cui le regole fiscali sono misurate e applicate, in particolare sul deficit strutturale: basterebbe questo per aiutare l’Italia e molti altri Paesi colpiti dal rallentamento economico. Un grande passo in tal senso è aumentare la stima della crescita potenziale del Pil dell’Italia, che è irrealisticamente bassa, che è stata sottozero in via cumulativa dal 2007. Non dico di aumentarla al 2% ma basterebbe incrementarla attorno all’1%. Questo automaticamente creerebbe più spazio fiscale. La Commissione europea dovrebbe muoversi in questa direzione.
(Dal Sole-24Ore del 8 marzo 2020 “Eurobond e non solo per salvare la moneta unica”, l’articolo non è accessibile e linkabile, l'ho dovuto trascrivere).

[1] Qui alcune proposte e il dossier sull'imposta patrimoniale:
Piano taglia-debito per la crescita


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