martedì 4 settembre 2018

Lettera sulla spesa pensionistica all’Osservatorio sui conti pubblici (Università Cattolica), diretto da Carlo Cottarelli





Pubblico la lettera che ho inviato, lo scorso 30 agosto, sul tema della spesa pensionistica, all’Osservatorio sui conti pubblici, creato dall’Università Cattolica e diretto da Carlo Cottarelli. Ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta.

Spesa pensionistica
Da:  v
30/8/2018 23:00
A:  osservatoriocpi@unicatt.it  

Spett. Osservatorio CPI,
Di ritorno dall’estero, dove avevo letto – citato dai giornali - un Vostro articolo sulle pensioni, con in calce il nome e cognome della responsabile dei contatti e l’invito a commentare, non trovo più l’articolo, ed allora commento quest’altro, di maggio, “Pensioni: spendiamo più degli altri?”.  
Il livello di tassazione
1. Non c’è nessun “motivo analitico” tecnico per un confronto della spesa pensionistica al lordo della tassazione, o almeno nell’escludere (come fanno tutti, incluso l’FMI, tranne meritoriamente l’OCSE) un confronto al netto delle imposte, nel rispetto del principio contabile della partita doppia (uscita/costo, e la quota parte “imposte” delle pensioni non è per il bilancio pubblico un’uscita/costo) e del principio della competenza (natura e destinazione), che, come dovrebbe esser noto, riguarda sia il periodo di riferimento che l’imputazione della spesa: in questo caso, al capitolo spesa pensionistica vanno imputati esclusivamente gli assegni pensionistici, evitando astruse commistioni.
2. Dire che “la posizione italiana non cambia anche al netto della tassazione” è scorretto tecnicamente, poiché anche uno scolaro di prima media capisce che non è la stessa cosa dire – in assoluto - il 16,3 o il 13,4% del PIL o – comparativamente – dire che, ad esempio, la differenza rispetto alla Francia dell’irridente Sarkozy, che una riforma delle pensioni severa come quella Sacconi (2010 e 2011) deve ancora farla, è pari a (16,3 – 13,8) 2,5 o a (13,4 – 12,6) 0,8; sicuramente imprudente, visti i millanta articoli di giornale, i “paper”, i libri e le carriere che si sono edificate sull’additare colpevolmente la spesa pensionistica italiana come la più alta del mondo (esclusa la Grecia) con ben il 16% rispetto al Pil e che essa, col 16%, è il doppio della media OCSE (si veda l’ultimo report OCSE, sbandierato con preoccupazione da tutti i media italiani). Oltre che per motivi tecnici, non c’è bisogno di essere patrioti sfegatati per evitare di prestarsi a danneggiare il proprio Paese.
L’inclusione del TFR nella spesa per pensioni
Qualunque sia l’ammontare del TFR, che è salario differito (mentre ad avviso, da ultimo, della Corte di Giustizia Europea non lo è la pensione) e viene erogato non necessariamente al termine della vita lavorativa ma ad ogni cessazione del rapporto di lavoro, o per motivi particolari, anche decenni prima del pensionamento, esso va detratto dalla spesa pensionistica, a nulla rilevando che altri (pochi) Paesi hanno istituti simili, che, in tal caso, vanno anch’essi detratti, onde evitare di confrontare le pere con le mele. Oltre che per motivi tecnici, non c’è bisogno di essere patrioti sfegatati per evitare di prestarsi a danneggiare il proprio Paese.
Spesa previdenziale e assistenziale
In tema di classificazione della spesa pensionistica-assistenziale, una grande confusione regna sotto il cielo. Essa, pare, in Italia è regolata da una legge, che una Commissione recentemente costituita dovrebbe, dopo tante critiche, adeguare ai tempi. Anche Stefano Scarpetta dell’OCSE mi ha risposto che anche gli altri Paesi includono la spesa assistenziale; gli ho chiesto di provarlo, ma non mi ha risposto. In tal caso, andrebbe scorporata per tutti. Quel che è certo, come dissi al dott. Carlo Cottarelli tre anni fa,[1] l’INPS ogni anno, nel suo Osservatorio sulle pensioni, esplicita l’ammontare degli assegni pensionistici netti effettivamente erogati, da cui risulta che la spesa pensionistica netta annua erogata è pari a meno di 200 mld.

Ai motivi di disallineamento da Voi esaminati, andrebbero aggiunti:
1.     un uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati negli altri Paesi e che non rientrano nella spesa pensionistica), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore sociale (fenomeno che, guarda caso, accomuna l’Italia e la Grecia);
2.     infine, nella spesa pensionistica degli altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi fiscali ( = minori entrate) alle pensioni integrative (v., in particolare, la Gran Bretagna, gli USA, l'Olanda, tutti Paesi che figurano verso il fondo della classifica della spesa pensionistica pubblica, cfr. tab. 4.2-Composition of private social spending, riportata negli ulteriori dati del report 2017 OCSE http://dx.doi.org/10.1787/220615515052).

Dunque, in conclusione, oltre che per motivi tecnici, non c’è bisogno di essere patrioti sfegatati per evitare di prestarsi a danneggiare il proprio Paese, e i poveri cristi, come è successo nel 2010-2011, propalando fake news, che, anche per colpa di espertoni come il sedicente socialista Cazzola transitato a destra, hanno fatto in Italia 60 milioni di vittime, oltre all’estero (sto provando a scriverci su un libro, con tutte le prove documentali).
Cordiali saluti
V.
[1] Lettera a Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del FMI, sua risposta e mia replica


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