Pubblico
la lettera che ho inviato ieri al professor Michel Martone, ex Vice Ministro
del Lavoro nel Governo Monti e attualmente Professore ordinario di Diritto del
Lavoro e di Relazioni Industriali alla LUISS, su alcune sue notizie false sulla
riforma delle pensioni Fornero, in un suo breve saggio.
Lettera
al Prof. Michel Martone sulle sue notizie false sulla riforma delle pensioni
Fornero
Da: v
19:24
A: mmartone@luiss.it, michemartone@gmail.com e altri
48+99
ALLA C.A. DEL PROF. MICHEL MARTONE
CC OPEN LUISS, MEDIA, ALTRI
Egr. Prof. Martone,
Rilevo nel Suo articolo-saggio “Perché tutti (s)parlano della
Riforma Fornero ma nessuno l’abolisce” http://open.luiss.it/2017/12/19/perche-tutti-sparlano-della-riforma-fornero-ma-nessuno-labolisce/ alcune sorprendenti imprecisioni, che purtroppo
alimentano la vulgata sulla riforma Fornero (e sulla spesa pensionistica), che
ha fatto in Italia (quasi) 60 milioni di vittime, oltre all’estero, che sto
cercando di contrastare da sei anni. Quindi mi permetto di osservare:
1. «Il decreto in questione, che ha innalzato a 67 anni l’età pensionabile fissata dalla riforma
Fornero in 66 anni e 7 mesi».
Scusi, da dove lo ha ricavato? Visto che peraltro Lei
attribuisce correttamente – rara avis - la paternità dell’adeguamento alla
speranza di vita alla riforma Sacconi?
L’età di pensionamento di vecchiaia oggi a 66 anni e 7 mesi e
nel 2019 a 67 è dovuto esclusivamente alla riforma Sacconi.[1]
[1] PENSIONE DI VECCHIAIA (2019)
- L'età di
pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni nel 2019 e questi
2 anni in più sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero
non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi).
- L'età di
pensionamento delle donne del settore pubblico salirà (da 60) quasi senza
gradualità a 65 anni nel 2012, deciso nel 2010 da Sacconi a seguito della Sentenza
del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma che poteva avvenire a qualunque
età tra 60 e 65 anni), più “finestra” di 12 mesi, più 12 mesi di adeguamento
all'aspettativa di vita, e a 67 anni nel 2019, e questi 7 anni in più sono
tutti dovuti a Sacconi, tranne 4 mesi in media a Damiano; quindi la
Fornero non c’entra.
-
L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da
60) a tutti gli altri (già regolati da Sacconi) a 65 anni più “finestra”,
previsto da Sacconi gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento
automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in
ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di Sacconi, tranne 4 mesi in media di Damiano.
Aggiungo
che la stessa professoressa Fornero, che mi legge p.c., ha lamentato
recentemente sia nel suo ultimo libro, sia in interviste l’attribuzione errata
alla sua riforma dell’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66
anni (e di un anno e 3 mesi dell'età di pensionamento anticipato). Ma io temo
sia colpa della formulazione insufficiente e poco chiara del testo della norma,
nel senso che ella non ha esplicitato il legame della sua decisione
molto opportuna tra l'aumento dell’età base e l'abolizione della c.d.
“finestra” Sacconi-Damiano, “appropriandosi” così di fatto di entrambe le misure, che infatti TUTTI non a caso le
attribuiscono, perfino un Professore ordinario di Diritto del Lavoro e
Relazioni Industriali come Lei.[2]
[2] "Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza
l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e
contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’
surrettiziamente l’età di pensionamento. Nel commentare quest’ultima misura, mi
sia consentita un’annotazione sullo stile di governo dei tecnici (e in ogni
caso della sottoscritta): mentre le finestre erano state introdotte con lo
scopo di ritardare il pensionamento senza farlo ben comprendere all’opinione
pubblica, la loro cancellazione rispondeva a un criterio di trasparenza,
riassumibile nel messaggio: «se hai maturato il diritto al pensionamento è
assurdo che ti si chieda un anno di “attesa”, peraltro non contato a fini
pensionistici». La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in
più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art.
12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento
dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre
polemiche” (Elsa Fornero, “Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni
e verità sulle pensioni”, posizioni nel Kindle 3137-3141).
2. «gli articoli. 22-ter, comma 2 D.l. n.
78 del 2009 (norma Sacconi) e 12 del D.l. n. 78 del 2010, che hanno disposto
l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alle aspettative di vita nella
formulazione finale che
è stata ripresa dall’art. 24, comma 13, del D.l. n. n.201 del 2011 della
riforma Fornero».
Più che riprendere, la riforma Fornero (i) lo ha esteso alle
pensioni anticipate (ex anzianità) (comma 12); e (ii) ne ha modificato la
periodicità da triennale a biennale, “successivamente a quello del
2019” (comma 13), anche se il Ragioniere Gen. dello Stato scrive erroneamente
che decorre dal 2019 (gli ho scritto, inviando la lettera p.c. al Presidente
della Repubblica, poiché l’errore è stato ripetuto, da ultimo, nella Legge di
Bilancio 2018 promulgata a fine anno, ma non mi ha risposto).
3. «il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emanato il decreto di
adeguamento dell’età pensionabile».
Per esattezza, la decisione è stata sottratta (dal DL 78/2010,
L. 122/2010, art. 12bis) ai politici e attribuita a due alti burocrati a pena
di sanzione erariale: il Ragioniere Generale dello Stato, di concerto con la
Direttrice Previdenza, che hanno emesso un decreto direttoriale.
4. «L’abolizione della Riforma Fornero
costerebbe, infatti, tra gli 80 e i 90 miliardi di euro».
RGS (i) stima il risparmio complessivo dalla riforma Fornero in
350 mld, poi calati a 280 dopo gli interventi legislativi successivi; (ii)
scrive che il risparmio è crescente, “passando da 0,1 punti percentuali del
2012 a circa 1,4 punti percentuali del 2020. Successivamente, esso decresce a
0,8 punti percentuali intorno al 2030 per poi annullarsi sostanzialmente
attorno al 2045”.
5. «Non è un caso che l’INPS abbia chiuso il bilancio 2015 con un
risultato economico di esercizio negativo per 16.297 milioni di euro».
Suggerirei di prendere questa cifra con le molle, sia per la
commistione tra spesa pensionistica (compito istituzionale dell’INPS) e spesa
assistenziale (a carico della fiscalità generale), sia per la presenza di altre
voci spurie, sia per il deficit di INPDAP ed ENPALS incorporati nell’INPS, a
causa del loro strutturale mancato versamento dei contributi sociali.[3]
[3] IL BUCO NEI
CONTRIBUTI DEL PUBBLICO IMPIEGO
La
Cassa degli Statali manda in rosso l'Inps
L'impatto
della fusione con Inpdap e Enpals
Enrico
Marro - 1 ottobre 2012
Spero di essere stato utile e che vorrà
contribuire in futuro a chiarire con maggiore cura chi ha fatto che cosa in
tema di riforme pensionistiche.
Cordiali saluti,
V.
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