Carlo
Clericetti - 7 GIU 2016
Nel Sud salari troppo alti? Come no...
Andrea Ichino,
nato a Milano (il 10 dicembre 1959), laureato alla Bocconi;
Tito Boeri, nato
a Milano (il 3 agosto 1958), laureato alla Bocconi;
Enrico Moretti,
nato a [dato indisponibile], laureato alla Bocconi.
Prima
osservazione
Quello dei prezzi è un discorso
delicato, da affrontare con cautela. Ho vissuto per un periodo in un paesino
collinare del salernitano, con una discreta attività turistica legata alla presenza
di un quadro “miracoloso” della Madonna. Ho trovato dei prezzi maggiori almeno
del 20% rispetto al napoletano, dove avevo molta più possibilità di scelta (e
Napoli ha una dinamica inflazionistica elevata). Aggiungo che un giudizio
analogo veniva espresso da un romano. Perfino il farmacista, forte della sua
posizione quasi monopolistica (la farmacia più vicina era a 5 Km, di strada
collinare), faceva la cresta sui prezzi maggiorandoli illecitamente del 5-6%.
Dal punto di vista dei prezzi, quindi, la situazione è molto variegata e
occorrerebbe calibrare i salari al costo della vita tra Comuni della stessa
Regione o della stessa Provincia, non soltanto tra Nord e Sud.
Seconda
osservazione
Dalla presentazione di Andrea Ichino, si
ricava che le differenze del costo della vita tra Nord e Sud sono ascrivibili
in primo luogo alla casa e in secondo luogo ai servizi, atteso che un Kg di
pasta o una lavatrice hanno lo stesso prezzo al Nord e al Sud. “La casa è la
componente più importante delle nostre spese. Il prezzo della casa +36% al Nord
rispetto al Sud, + 16% il costo della vita; in Germania, tra Ovest e Est, +7%
il prezzo della casa, +4% il costo della vita”.
Anche
questi dati dimostrano una verità tanto semplice quanto misconosciuta: per
allineare i salari reali, o meglio ridurre sensibilmente il disallineamento dei
salari reali tra Nord e Sud, è necessario ed in parte sufficiente abbattere la
rendita immobiliare, riducendo l’enorme divario tra l’Italia e la Germania
(1/40esimo) del numero di alloggi pubblici ed implementare un corposo Piano
pluriennale di alloggi pubblici di qualità da affittare ad affitto sociale.[1]
Terza
osservazione
Per ragioni storiche, ecc. il Nord gode
di parametri economico-sociali molto superiori al Sud, il che dopo oltre 150
anni dalla nascita dello Stato unitario è insopportabile; Andrea Ichino accenna
(nelle risposte al pubblico) alla questione meridionale, che andrebbe risolta a
suo avviso non incrementando le infrastrutture – metodo vecchio e fallimentare
- ma con un approccio innovativo e cioè accrescendo il capitale sociale. E a
mio avviso è giustissimo, a condizione che si parta con un Progetto educativo
che affronti alla radice il problema e cioè nella famiglia e coinvolgendo come
soggetto e oggetto del progetto le mamme in gravidanza e nei primi tre anni di
vita dei figli. Tuttavia gli autori – tutti settentrionali, con un punto
interrogativo per Moretti - sarebbero più credibili se accompagnassero questa
proposta di ripristino delle gabbie
salariali[2] con proposte di misure più articolate volte a ridurre i divari
Nord-Sud, quali: a) analogamente a quanto è stato fatto per la Germania Est,[3] destinare al Mezzogiorno un ammontare di risorse straordinarie pari ad almeno
50 mld per 20 anni, affidandone l’amministrazione ad un Comitato formato dai
presidenti delle Regioni del Nord; b) applicare rigorosamente la norma che
regola la distribuzione dei fondi per gli investimenti tra Nord, Centro e Sud e
ripristinare l’obbligo della riserva degli investimenti per il Mezzogiorno;[4] e c) restituire al Sud l’ammontare
complessivo degli investimenti di spettanza del Sud stornati (vedi in
particolare durante l’ultimo governo Berlusconi-Bossi-Tremonti) al Nord.[5]
NB:
Andrea Ichino, nelle risposte al pubblico, chiarisce che l’allineamento dei
salari deve avvenire riducendo i salari nominali al Sud.
[1] La casa è un diritto essenziale
[3] Banca
d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali *
“Nel Mezzogiorno risiede un terzo della
popolazione italiana; si produce solo un quarto del prodotto interno; si genera
soltanto un decimo delle esportazioni italiane. Un innalzamento duraturo del
tasso di crescita di tutto il Paese non può prescindere dal superamento del
sottoutilizzo delle risorse al Sud” (pag.
7).
“A
metà di questo decennio il PIL pro capite delle regioni meridionali non
raggiungeva il 60 per cento di quellocentro-settentrionale; alla metà degli
anni sessanta tale ritardo era di dimensioni identiche.
La frattura territoriale nel nostro
paese appare almeno altrettanto ampia, anche con riferimento ad indicatori di
sviluppo più direttamente correlati alle condizioni materiali di vita delle
popolazioni, come i tassi di occupazione, la diffusione della povertà, i
livelli di istruzione o il funzionamento dei servizi pubblici locali. L’elevata
ampiezza percepita dei trasferimenti di risorse effettuati nel corso dei
decenni in favore delle aree meridionali acuisce il senso di insoddisfazione
verso le attuali dimensioni del dualismo territoriale italiano” (pag. 427).
“Fino alla conclusione del XIX
secolo, il PIL pro capite delle regioni meridionali non scese mai al di sotto
del 90 per cento di quello centro-settentrionale” (pag. 427).
“Il dualismo economico italiano, che
vede una quota rilevante della popolazione risiedere in un’area molto povera
rispetto alla media nazionale, si presenta assai più grave rispetto agli altri
paesi con livelli di sviluppo similari e si avvicina invece alle condizioni di
disparità che caratterizzano i paesi economicamente meno avanzati” (pag. 430).
“I maggiori divari di reddito che il
nostro paese mostra nel confronto internazionale sembrano quindi dipendere per
intero dall’anomala dimensione della distanza fra regioni nelle diverse
componenti del tasso di occupazione: la quota di forza lavoro occupata e,
soprattutto, il tasso di attività della popolazione in età da lavoro.
Quest’ultima variabile, in particolare, mostra un divario tra Mezzogiorno e
Centro Nord di quasi 27 punti percentuali (Tavola 11), mentre nei paesi di
confronto esso è mediamente inferiore a 5 punti” (pag. 435).
* 744 pagg., vi sono inclusi: informazioni
utili per valutare la performance territoriale delle amministrazioni pubbliche
ed un raffronto con la Germania Est (in 40 anni, la politica straordinaria
ha speso nel Sud non più dello 0,7 per cento del Pil; per contro, per osservatori autorevoli
tedeschi, “l’unità nazionale è un valore che
trascende la logica economica, per il quale può ben valere la pena sacrificare
il 5 per cento del PIL” - maggiore
di quello italiano - secondole regole del federalismo cooperativo (Politikverflechtung), che costituisce il carattere saliente del modello
politico tedesco. Secondo stime non ufficiali i trasferimenti lordi sarebbero
ammontati per il periodo 1991-2003 a 1.250-1500 miliardi di euro, equivalenti a
una media di 96-115 miliardi annui) (pag.
486).
link sostituito da:
[4] “LA
QUESTIONE MERIDIONALE NON AVRÀ MAI FINE”, DI LUIGI RUSCELLO, UN LIBRO DA
LEGGERE TUTTO D’UN FIATO
10
marzo 2016
La questione meridionale non avrà mai fine
Per quanto
riguarda la riserva degli investimenti è da sottolineare che, more solito, essa è stata applicata all’italiana, nel senso che la disposizione di legge
prevedeva di calcolare il 40% sul totale degli investimenti statali, ossia
delle spese in conto capitale, al netto di quelle già stanziate in favore del Mezzogiorno,
mentre nella pratica solo alcuni ministeri erano assoggettati e non per tutte
le spese. […]
[5] A proposito
della ripartizione dei fondi tra Nord e Sud, per dare solo un’idea delle
decisioni concrete passate che sono state adottate al di là dei paroloni sui
fiumi di soldi dati al Sud, allego una serie di scritti. Va da sé che sprechi e
malversazioni ci sono stati, ma dato il notevole divario delle dotazioni
infrastrutturali occorre ripristinare l'obbligo della
riserva per il Mezzogiorno di tutti gli investimenti pubblici, affidandone però
la gestione a rappresentanti del Nord. Questo è un modo serio – assieme ad
altre misure: vedi in particolare l’eliminazione o riduzione sostanziale della rendita immobiliare cui
accennavo nel mio commento sopra - di eliminare le cause
sottostanti delle differenze salariali e di produttività tra Nord e Sud.
Fini contro Tremonti: “Fondi
Fas? Bancomat per la Lega”
di Antonella
Folgheretti
08 novembre 2010
(Intervista del governatore PDL
della Campania, Caldoro).
Una polemica con il governo,
intanto, l'ha aperta anche lei attaccando il Cipe che ha assegnato fondi solo
al Nord e poi chiedendo ai suoi colleghi governatori meridionali di disertare
le prossime riunioni. Ha cambiato idea?
"No, le cifre parlano chiaro. Nella riunione di giovedì sono stati assegnati 21 miliardi al Nord e duecento milioni al Sud. La prossima volta sarà opportuno che le regioni meridionali disertino il Cipe".
"No, le cifre parlano chiaro. Nella riunione di giovedì sono stati assegnati 21 miliardi al Nord e duecento milioni al Sud. La prossima volta sarà opportuno che le regioni meridionali disertino il Cipe".
Sud, D’Antoni: “Da Tremonti fiscalità di svantaggio”
23/06/2011
Riporto una serie di articoli di Massimo Giannini, di Repubblica, e Sergio D’Antoni,
Responsabile del PD per il Mezzogiorno, tra i più assidui commentatori delle
gesta dell’incompetente e sleale Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Come si vede, entrambi concordano sulla “diagnosi” di
schizofrenia e di incompetenza.
Il Sig. Giulio T. ed il principio di Peter/6/Schizofrenia
Piano
per il Sud? Il gioco delle tre carte
Il Consiglio dei ministri approva il Piano per il
Sud ma non dà nessuna garanzia circa la copertura finanziaria. Bersani: “si
sono presi 4-5 miliardi dai fondi Fas e hanno ripubblicizzato il Mediocredito.
Il resto sono solo parole senza cassa, siamo alle solite, al gioco delle tre
carte”
Piano Sud: CGIL, il
gioco delle tre carte del ministro Tremonti
25/10/2011
Investimenti
pubblici, il clamoroso caso ferrovie: 98,8% di fondi al Nord. Al Meridione solo
le briciole
di Marco Esposito
26 Ottobre 2014
Post collegati:
Le proposte del
Partito Democratico/11 - Mezzogiorno
Proposte per il
Partito Democratico campano (2007-2008)
L’Italia è stata
fatta con il Sud, ma poi…
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