lunedì 2 maggio 2016

La religione neo-liberista


Che il neo-liberismo assomigliasse a una religione, lo avevo già dedotto da molto tempo frequentando siti neo-liberisti, tra cui NoisefromAmerika, al cui titolare (e sodali) contestai di essere una sètta di un credo fideistico “strano” al soldo dei ricchi.[1] Adepti che naturalmente proiettano l’accusa di manipolazione ideologica sugli appartenenti al campo avverso. Riporto, come esempio, questo breve, apparentemente ironico commento:
So bene che il trattino andrebbe omesso, ma io lo uso indifferentemente, e lo metto apposta per evidenziare la distanza siderale dal punto di vista morale tra il liberismo smithiano e il neo-liberismo, ideologia spietata al soldo dei ricchi-potenti-egoisti-crapuloni-bulimici.
Ti spiace? Contraddizione in termini, perché i neo-liberisti, dotati di cuore crudele, quindi consapevolmente, sono più simili, anzi peggio, dei feroci – e quindi inconsapevoli – impietosi squali. Entrambi i tipi di esemplare vivono in gruppi: gli squali in branchi; gli adepti del neo-liberismo in sètte, con delle regole strane…
Anche Jens Weidmann,[2] presidente della Bundesbank, ne fa parte, come tantissimi altri che occupano posizioni apicali di Istituzioni pubbliche capaci di incidere anche pesantemente sulla vita di centinaia di milioni di persone.
Occorre una guerra di liberazione, accompagnandola però con un’autocritica degli errori e delle esagerazioni che hanno costellato il campo keynesiano, come opportunamente riconosce il prof. Gustavo Piga, col quale concordo:
La prima risposta ha a che fare con quella che io chiamo la “questione ideologica”. La mia generazione di cinquantenni, oggi al potere in tutti i gangli delle amministrazioni nazionali e sovranazionali, si è formata nelle università al tempo in cui il verbo neo-classico aveva preso il sopravvento. Partito in sordina alla fine degli anni sessanta presso la scuola di Chicago, fu sospinto dai fallimenti evidenti negli anni settanta del modello keynesiano, applicato dalla classe dirigente di allora senza interrogarsi se l’intervento statale che Keynes perorava durante la Grande Depressione da crisi di domanda degli anni trenta fosse necessario in economie alle prese invece con problemi strutturali di offerta che cominciavano ad affliggere il benestante Occidente. […]
Oggi, come è avvenuto spesso nel corso della storia, il pendolo ritorna indietro, e una crisi da domanda simile a quella degli anni trenta richiede soluzioni simili a quelle persuasivamente argomentate da Keynes allora. Ma questa classe dirigente al potere oggi non riesce ad accettarle, troppo imbevuta di quello che allora era sapere ed oggi è mera ideologia”.

Segnalo:

La scienza economica dominante come religione pubblica
di Nicolò Bellanca
Plasmando i nostri modelli mentali e le nostre azioni, l’odierna teoria economica dominante si rivela in grado di convertirci, operando come una religione pubblica. Senza tenere in adeguato conto questa sua capacità si capisce poco dell’affermazione planetaria del neoliberismo. Una riflessione a partire dagli ultimi libri di Mauro Gallegati


[1] Dialogo nel blog neo-liberista NoisefromAmerika su Keynes e dintorni

Dialogo n. 2 nel blog neo-liberista NoisefromAmerika: pensioni

Dialogo n. 3 nel blog neo-liberista NoisefromAmerika: pensioni

[2] Il bugiardo e imbroglione Jens Weidmann e la massima di Goebbels

Appendice

Tutto bello, tutto giusto. Le fallacie logiche, prima che tecniche, del neo-liberismo sono evidenti e clamorose. I suoi sacerdoti sono nudi come il re nudo. Eppure le schiere degli adepti si assottigliano appena, rimangono quasi integre. Allora bisogna acquisire la consapevolezza che l’adesione al neo-liberismo, ideologia strampalata e spietata al soldo dei ricchi – il ceto dominante da 30 anni, ricchissimo, potentissimo (controlla i media, le università, i centri nevralgici del potere), bulimico e spietato – è un effetto; la causa determinante è, per solito, un’educazione troppo severa, autoritaria, castrante, la quale produce, da un lato, problemi col principio di realtà; da un altro, ottundimento dello spirito critico; da un altro, l’uso abituale della proiezione (psicologica); da un altro ancora, familiarità con la sindrome di Stoccolma; e, dall’altro, sado-masochismo. E, spesso, idiosincrasia personale per le regole, che però sono inclini irresistibilmente ad imporre agli altri. I neo-liberisti sono dei sado-masochisti, oltre che contrastare sui giornali e nei libri la loro religione algida, fallace e dalla sospetta spietatezza, bisognerebbe chieder loro – semplicemente – di farsi curare. E sommergerli con una corale, oceanica risata.


Post e articoli collegati:

Dialogo sul liberismo, il liberalismo, le banche, la speculazione, il comunismo ed altro

Dialogo su debito pubblico, privatizzazioni, neo-liberismo, stato sociale

I tabù europei e la creatività dei grigi burocrati
Fabrizio Patriarca  17 maggio 2016
Fabrizio Patriarca esamina alcune proposte emerse di recente nell’ambito del progetto di completamento dell’Unione Economica e Monetaria e da esse trae spunto per sostenere che contrariamente a un diffuso luogo comune i “grigi burocrati” di Bruxelles e Francoforte sono in realtà dotati di notevole creatività. Essi, infatti, ad avviso di Patriarca trovano soluzioni creative in grado di mediare tra posizioni diverse senza toccare i “tabù” che sono all’origine di quelle divisioni. Però, le conseguenze di questa creatività sono spesso molto negative.
http://www.eticaeconomia.it/i-tabu-europei-e-la-creativita-dei-grigi-burocrati/

Dopo aver dato potere all’1% e impoverito milioni, il FMI ammette l’insuccesso del neoliberismo
di Ben Dangl – 1 giugno 2016

Segnalo questo bel saggio di Luciano Pellicani, del quale vengono riportati ampi stralci, in particolare su Friedrich von Hayek, nel libro “Massoni” di Gioele Magaldi (v. UE, dirigenti illuminati o massoni reazionari? 1 oppure 2 ):

Così è fallito il modello neoliberista
Un saggio di Pellicani
Luciano Pellicani  -  25 marzo 2013
http://www.reset.it/caffe-europa/cosi-e-fallito-il-modello-neoliberista-un-saggio-di-pellicani  


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