sabato 8 agosto 2015

Dialogo su debito pubblico, privatizzazioni, neo-liberismo, stato sociale


A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 533 del 23-02-15 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Dialogo su debito pubblico, privatizzazioni, neo-liberismo, stato sociale


Riporto la discussione su debito pubblico, privatizzazioni, neo-liberismo, stato sociale, svoltasi nei giorni dal 16 al 19 febbraio 2015, in calce a questo articolo del blog di Carlo Clericetti su Repubblica.it.

Carlo Clericetti  15 FEB 2015
La frase che svela le ipocrisie

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L’importo delle privatizzazioni previsto dalla legge di stabilità 2014 (governo Renzi-Padoan) era pari a 7 mld, in precedenza portato a parole a 10-12 mld dal governo Letta, dopo le critiche della Commissione europea. La legge di stabilità 2015 prevede un importo di privatizzazioni pari allo 0,7% del Pil (cioè una decina di mld), definito ambizioso (
“In addition, I would like to restate the commitment of the Italian government to its ambitious plan of privatisation of state owned companies and assets.
In 2014, a number of assets, including stakes in Fincantieri and Rai Way through IPOs and in CDP through trade sale, have been put on the market. Over the period 2015-2017, privatisation proceeds are expected to amount to 0.7 per cent of GDP on average and to be fully allocated to debt reduction”. http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0142.html, vedi la lettera del ministro Padoan).
Le quote da privatizzare riguardano ENI, ENEL, STM, ENAV, SACE, Fincantieri, CDP Reti, TAG, RAI WAY, FS, Poste italiane.
La motivazione ufficiale è la riduzione del debito, che è ora pari complessivamente a 2.160 mld, per cui l’importo atteso dalla vendita ne rappresenta un’aliquota quasi insignificante.
Stante la situazione dei tassi d’interesse, la redditività delle aziende le cui quote si intendono vendere (in particolare Eni ed Enel) è superiore al costo del debito, per cui sarebbe più conveniente, anziché vendere le quote, acquistarne indebitandosi.
Nonostante tutte le critiche avanzate al programma di privatizzazioni, presso il MEF sono stati già costituiti gruppi di lavoro ad hoc, che dovrebbero guadagnare il ritardo causato anche dalla decisione governativa di rinviare una parte delle privatizzazioni per il calo dei corsi azionari.
Per tutte le considerazioni predette, non si può che dar ragione a Carlo Clericetti per le motivazioni ideologiche sottostanti al programma di privatizzazioni, nonché alla disciplina del lavoro.
Nell’ambito di una visuale interpretativa “atipica”, ma a mio avviso intrigante, questo modo oggettivamente irrazionale e quindi apparentemente inspiegabile di procedere della Commissione europea, ormai braccio operativo degli ottimati più retrivi, è più comprensibile se si considera che è anch’esso il portato dei piani della corrente conservatrice e reazionaria della Massoneria sovranazionale, che annovera trasversalmente nelle sue file tutti gli attuali e principali rappresentanti delle Istituzioni europee.
Vincesko

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In verità in quella frase non vedo nulla di ipocrita, non fosse altro perchè sono tematiche non introdote surretiziamente ma al centro del dibattito.
Vedo invece, nell'articolo, un atteggiamento ideologico, per non parlare dei 4 commenti che mi precedono (alcuni deliranti), dovuto a vari assunti 1) che il neo-liberismo è il male, 2) che ha fallito, 3) che il neo-liberismo non possa prevedere politiche di redistribuzione del reddito che sono le uniche a calmierare la pretese disuguaglianze.
Poi si tratta anche di intenderci su cosa sia liberismo: il rifiuto del salvataggio di Lehmann è stato concepito all'insegna del liberismo, ed è stato un errore colossale, la madre di tutti gli errori, il salvataggio di Dexia, Fortis, Royal Bank of Scotland, etc. è stato il contrario del liberismo, ma un'azione statale dentro l'economia, eppure il "salvataggio delle Banche" è comunemente inteso come cifra del liberismo, e potrei continuare.
Le privatizzazioni non sono buone o cattive, di certo lo Stato-Imprenditore ha dato più esempi di insipienza che altro, e se società pubbliche mal gestite vengono privatizzate si toglie un fardello ai conti e si recupera un pò di denari.
Di certo trovo un non-sense la privatizzazione di Enel o ENI ma forse per il Porto del Pireo è tutt'altra cosa.

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L'ipocrisia sta nel fatto che si afferma di puntare ad un risanamento dei conti pubblici, mentre invece si vuole imporre un modello sociale. Non dico che il neo-liberismo "è il male", dico che è un'ideologia con una precisa connotazione politica (mascherata dalla pretesa di perseguire l'efficienza), che io non condivido perché non la ritengo adatta a regolare al meglio la società; e non dico affatto che ha fallito (rilegga le ultime righe): ha funzionato perfettamente per gli scopi che si prefiggeva. Quanto alla redistribuzione, certo che si potrebbe fare, ma si dà il caso che non si faccia: secondo lei le disuguaglianze sono "pretese"? Cioè si tratta solo di un mio abbaglio?
Quanto al fatto che lo Stato imprenditore abbia dato solo "esempi di insipienza", mi sembra un giudizio assai discutibile: l'Italia, con il settore pubblico più esteso dopo l'Unione sovietica, era diventata la quinta potenza industriale del mondo: non mi sembra che dopo l'ondata di privatizzazioni le cose siano andate meglio.

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Ipocrisie? Palesi "bugie", le chiamerei. I risparmi veramente esigui delle privatizzazioni, sono "disagi, sacrifici" immensi per le famiglie, con tutta la contabilità creativa che Padoan mostra di avere! La previsione di crescita del Pil è veramente un pio desiderio/bugia: 2014 +0,5; 2015 +1,0; 2016 +2,1 2017 +2,7, 2018 +2,8%, senza alcun cambio di legislazione, di quello che va nel Pil. ( TABLE I.1-1) Qualcuno faccia il conto: per il 2018 dovremmo avere un Pil d'un ammontare tale da aver risolto tutti i problemi. Fatto è che il 2014 si è chiuso con un - 0,5 e la fantasia di Padoan porta per il 2015 un +1,5% E tutta questa manfrina per portare il rapporto debito/pil da 131,7 nel 2014 a 129,5 nel 2018. E' "solo" un programma politico. Le privatizzazioni (7 miliardi, una goccia) servono solo a schiavizzare il lavoratore. E non vedo come possano essere caldeggiate, con quale motivazione? Ah, ma Padoan è lo stesso che ha detto che il debito Italiano di 2160 miliardi è sostenibile! Quello Greco di 370 miliardi di euro, no! Da farsi le croci!

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lucianoavogadri 16 febbraio 2015 alle 07:36
Vorrei sommessamente ricordare che questa "ideologia fallita" è quella che sta permettendo a tutto il resto del mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, dall'India al Canada, dal Nord europeo al Sud-Est asiatico di avere aumenti di ricchezza che invece le teorie "non fallite né fallimentarie" dell'Europa mediterranea si sognano da anni. Basta solo smetterla di sentirsi i migliori, soprattutto quando poi si vanno a chiedere i soldi agli altri "ideologi falliti".

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Come ho risposto a mainessuno non ho affatto affermato che quell'ideologia ha fallito. Quanto ai mirabolanti aumenti di ricchezza (ma perché, prima del neo-liberismo non c'era progresso?) provi a chiedere che cosa ne pensano quelli del movimento americano del "99%".

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Purtroppo la situazione politica in Italia non ci consente di nutrire molte speranze: è vero che in politica (specialmente in Italia!) le posizioni ideologiche sono molto "fluide", ma quale partito al momento dovrebbe guidare la lotta all'austerità?
1. PD, NCD e Scelta Civica (o quel che ne rimane) sposano in pieno le politiche di Bruxelles; nessuno dei leader di questi partiti oserà mai di mettersi contro la Germania, semmai cercheranno di blandirla ed ottenere un po' di flessibilità sui conti, ma nulla che serva a cambiare sostanzialmente la situazione attuale.
2. Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia sono da tempo orientati verso posizioni anti-Euro, ma si tratta più di posizioni di convenienza elettorale piuttosto che di strategia economica. Una volta fuori dall'Euro, Salvini ci condurrebbe dritto verso il disastro economico perchè del tutto incapace di gestire la situazione.
3. Il M5S è troppo impegnato sul fronte dei rimborsi elettorali/scontrini fiscali per realizzare che gli "sprechi della Casta" sono pochissima cosa rispetto alle risorse economiche che sarebbero necessarie per far riprendere il Paese.
4. SEL esprime posizioni tipiche della sinistra massimalista europea (pari pari quello che lo Sinn Fein sostiene qui in Irlanda): guardano alla redistribuzione del reddito, all'imposizione di patrimoniali, ma nessuno ha il coraggio di dire che serve più deficit.

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Carissimo dott. Clericetti,
pur dandole ragione nel complesso, è innegabile infatti che ci sia da almeno 2 decenni una pressione "neo-liberista" che spinge per eliminare dalla scena un modello sociale preciso, mi preme suggerirle qualche spunto per una migliore analisi...spunti che mi permetto di darle non dall'alto di chissà quale altisonante cattedra accademica ma dalle mie personali esperienze di vita e professionali svolte su 2/3 del pianeta Terra (sono infatti cresciuto negli USA e per svago/apprendimento/lavoro ho soggiornato in 28 Paesi su 4 diversi continenti).
Il modello "minacciato" a cui lei si riferisce è certamente il modello sociale non nato dalla rivoluzione d'Ottobre in Russia, il lavoro nell'URSS degli inizi più che un diritto era un obbligo con la gente deportata nelle fabbriche in mezzo al nulla che poi costituiscono parecchie "città" semi-abbandonate che rimangono in tutta l'area dell'ex URSS, bensì il modello sociale nato in Europa dopo il '68.
Senza scendere nei particolari, sarebbe troppo lungo, questo modello sociale che respinge la meritocrazia ed i suoi risvolti a favore di una "solidarietà" fatta di "diritti" acquisiti da tutti, il più possibile e senza alcun riguardo della sostenibilità in un dato momento (o del senso logico) di tali "diritti" fà semplicemente parte del passato.
Un passato in cui c'erano enormi palazzoni con dentro centinaia di impiegati che timbravano o trascrivevano pratiche a mano...operazioni che oggi svolge un solo server in pochi secondi.
Questa non è una idea politica ma la semplice realtà.
Quello che è cambiato, oltre all'innovazione tecno-informatica, è il panorama mondiale con la globalizzazione (dovuta, nessuno lo dice, all'evoluzione delle tecnologie dei trasporti di uomini, cose e dati che hanno "accorciato le distanze" annullandole).
Là fuori ci sono strutture economico-produttive colossali e funzionano tutte non sul "neo-liberismo"...ma su di una competizione feroce e senza quartiere.
Penso alla Cina, all'India ma anche al Pakistan, al Brasile, alla Nigeria (non se ne parla ma la Nigeria è la nuova frontiera della manodopera meccanica e tessile)...le ho appena elencato paesi che sommano quasi 3 miliardi di persone, gran parte delle quali con un tenore di vita bassissimo, vogliose di emergere, vogliose di crearsi una famiglia e vite dignitose.
Queste persone competono senza alcun problema, anzi degenerano appena hanno un minimo di successo in veri e propri schiavisti dei loro connazionali (ho visto cose agghiaccianti mi creda, le basti sapere che 1/3 dell'olio per friggere venduto in Cina è riciclato dalle fogne da aziende Cinesi senza scrupoli).
In questo quadro non dobbiamo assolutamente pensare di imitarli ma nemmeno sperare di poter mantenere i nostri attuali livelli di vita senza diventare nemmeno un pò "neo-liberisti" (ovvero opportunità pari per tutti, darci dentro e c'è chi vince e chi "perde" fatte salve le normali solidarietà per la salute e l'istruzione).
Insomma mantenere un bengodi di fancazzismo impunito nella piccola Italia nel generale quadro del mondo dominato dalla Cina, dall'India, dal Pakista etc... vuol dire solo condannare i nostri discendenti alla povertà futura, a diventare la "Nigeria" del 2200.
Saluti.

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Gentile dr. Tadolti, quel modello sociale è il frutto di un'evoluzione storica iniziata ben prima del '68: bisogna risalire almeno a Bismarck. I suoi concetti basilari sono che lo Stato si occupi di assicurare i cittadini rispetto alle avversità della vita (malattia, perdita del lavoro, previdenza: cose che può fare in modo più efficiente del settore privato), garantisca l'istruzione, garantisca la dignità del lavoro tutelandone i diritti e la libertà di associazione. Nessuno ha mai sostenuto che debba "respingere la meritocrazia", ma il concetto di "merito" ha implicazioni più complesse di quel che potrebbe sembrare a prima vista, e va maneggiato con cura. La sostenibilità è certamente un fattore da considerare, e lei ha ragione ad osservare che spesso in passato si è trascurato di farlo. Ma anche quello non è un dato oggettivo, ma in parte dipendente da scelte politiche sulla distribuzione della ricchezza. Che la globalizzazione debba spazzare via quel modello è del tutto opinabile. L'Europa nel suo complesso è certo cresciuta molto poco, ma non è diventata più povera: non si vede dunque perché debbano peggiorare le condizioni della grande maggioranza dei suoi cittadini, mentre migliorano enormemente quelle di una piccola minoranza. Anche questo è frutto di una scelta politica, e io ne preferisco una diversa. Che non implica affatto la protezione del fancazzismo, né aborrisce il merito (con le avvertenze di cui sopra). Il punto è che bisogna decidere quali obiettivi perseguire, e a vantaggio di chi: la creazione della maggior ricchezza possibile, anche se poi va a vantaggio di un numero limitato di persone, o il maggior benessere possibile per tutti (senza che questo significhi appiattimento)? La differenza fra i due modelli è tutta qui.

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@Mainessuno (16 febbraio 2015 alle 04:20)
Dopo 6 anni di frequentazione di Internet, ho imparato che già la scelta del nickname svela la psicologia del commentatore. Il tuo è un esempio evidente di proiezione, dal momento che uno può facilmente eccepire che anche la tua è un’ideologia.
Il problema naturalmente non è il termine ideologia, ma le tesi, le argomentazioni a supporto e soprattutto l’analisi il più possibile oggettiva degli effetti di essa.
Io ad esempio mi sono limitato a fotografare gli atti normativi ufficiali, le loro motivazioni e le cifre: anziché contestarli nel merito, ti sei permesso di qualificarli come ideologici, tipico esempio di pregiudizio ideologico.
Che il neo-liberismo (che arrivo a pensare che anche il padre del liberismo, Adam Smith, economista e filosofo morale, criticherebbe), egemone negli ultimi 30 anni, abbia fallito, soprattutto nella gestione delle crisi, è un dato di realtà, che soltanto uno condizionato come te da una visione ideologica preconcetta, svelata plasticamente anche dall’aggettivo “pretese”, riferito alle disuguaglianze macroscopiche, scandalose e crescenti, denunciate spesso anche da Papa Francesco, e prima di lui dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (“Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”
http://www.pcgp.it/dati/2011-10/24-999999/RIFORMA-MONETARIA-italiano.pdf), può revocare in dubbio.
Anche il riferimento al salvataggio delle banche, portato ad esempio come decisione contraria al liberismo, è un giudizio ideologico, smentito dalla semplice osservazione che il neoliberismo solo a chiacchiere afferma la libertà economica, purché questa però non pregiudichi gli interessi sostanziali del ceto dominante, che ha al vertice la Cupola bancaria (copyright New York Times), talmente potente da aver ottenuto l’eliminazione delle regole del funzionamento del sistema bancario e finanziario, che avevano funzionato egregiamente per 60 anni, e da impedirne da tempo il ripristino, ma sempre pronta a sostenere le regole che riguardano gli altri, in particolare i poveri cristi, come me e te.
Dovresti, infine, aggiornarti: a) dopo le grandi privatizzazioni degli anni ’90, di aziende di proprietà dello Stato è rimasto ben poco, tant’è che gli incassi previsti sono molto esigui; b) non sempre privato è meglio del pubblico, dipende; e c) quasi sempre, i privati che acquistano cercano bellamente di mantenere i privilegi e le privative del pubblico. Alla faccia del liberismo.
Vincesko

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@lucianoavogadri 16 febbraio 2015 alle 07:36
La tua è un’analisi (si fa per dire...) semplicistica. 1) La crescita del Pil degli USA è un effetto della politica keynesiana di Barack Obama. 2) Anche l’Italia aveva tassi di sviluppo importanti negli anni ’50-’60, che erano una conseguenza prima del Piano Marshall e poi degli investimenti pubblici. 3) Il neo-liberismo è la teoria economica meno adatta a gestire le crisi, che essa stessa periodicamente provoca. 4) Nessuno dei Paesi mediterranei (a parte forse la sciovinista Francia…) si sente migliore, anzi sono i Paesi del Nord Europa che si sentono tali, talvolta a ragione, talaltra a torto. 5) L’Italia non ha preso 1 € dagli altri Paesi, ma ha contribuito in ragione del 17,9% del totale degli aiuti.
Vincesko

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@DesertFlower
Il debito pubblico della Grecia è di 360 miliardi di euro contro i 2160 miliardi del nostro...ma il PIL della Grecia (11 milioni di abitanti) è pari alla metà del PIL della sola Lombardia (9 milioni di abitanti).
Non serve la calcolatrice per capire come la Grecia abbia un debito che è un ottavo del nostro ma una efficenza produttiva che è circa 1/3 della nostra.
Se poi consideri che demograficamente i 2 paesi sono uguali ma loro hanno in proporzione quasi il 30% in piu di pensionati mentre l'evasione galoppa in terra Ellenica oltre il 30% (ci sono isole in cui l'evazione è quasi del 70%!) si capisce perfettamente come mai il nostro debito sia sostenibile (potrei tirare in ballo quello aggregato, tra i più bassi d'europa, a fronte di una ricchezza complessiva tra mobiliare e immobiliare che è 3 volte il debito pubblico ma poi diventa complicato).
In sostanza la Grecia è in bancarotta per la quinta volta dagli anni '50, è stata salvata con i soldi anche nostri, e anche stavolta sta cercando di non poagare o pagare di meno o pagare quando vuole.

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@vincenzoaversa (16 febbraio 2015 alle 11:16)
“4. SEL esprime posizioni tipiche della sinistra massimalista europea (pari pari quello che lo Sinn Fein sostiene qui in Irlanda): guardano alla redistribuzione del reddito, all'imposizione di patrimoniali, ma nessuno ha il coraggio di dire che serve più deficit.
Che hai, Vincenzo? Ne hai sparato un’altra, dopo quella di ieri su Prodi.
a) SEL non è assimilabile alla sinistra massimalista (tipo RC o PdCI e simili), Vendola fece apposta una scissione. b) La redistribuzione del reddito è un pilastro della socialdemocrazia. c) L’imposta patrimoniale sui ricchi (5% delle famiglie) sarebbe una santa misura. d) Non mi pare che SEL sia contraria all’aumento del deficit come misura anticiclica o che non lo dica. Forse in Irlanda hanno nascosto la notizia...
Vincesko

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@Desertflower (16 febbraio 2015 alle 05:57)
Come ho già segnalato, credo, qui in passato, che il debito pubblico italiano sia tra i più sostenibili nel lungo termine lo scrive da anni la Commissione Europea, che all'analisi della sostenibilità del debito pubblico in UE dedica un report periodico, reperibile nel suo sito. Varoufakis in questo caso ha sbagliato.
Il debito italiano è sostenibile. Mai rischiato il fallimento
Pubblicato da keynesblog il 20 dicembre 2012 in Economia, Europa, Italia
di Domenico Moro – da Pubblico

http://keynesblog.com/2012/12/20/il-debito-italiano-e-sostenibile-mai-rischiato-il-fallimento/
Vincesko

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PS:
#prideandprejudice
“L'Italia viene spesso descritta, soprattutto nella comunità internazionale, sulla base di alcuni indicatori negativi: il debito pubblico, la bassa competitività, il deficit nominale di bilancio (che in passato ha determinato l'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea). Tuttavia, accanto a questi dati ci sono grandezze economiche utili a rappresentare l'Italia per ciò che è: uno dei paesi principali del mondo sviluppato, il secondo paese per produzione manifatturiera in Europa, la terza economia dell'Eurozona.
Un paese che negli ultimi venti anni ha saputo tenere i propri conti sotto controllo collocandosi tra i più virtuosi in Europa e nel mondo. Raccogliamo qui alcuni dati economici dell'Italia di cui non si parla mai, o non abbastanza, per combattere il pregiudizio e rappresentare adeguatamente un Paese che ha contribuito a fondare l'Unione Europea.

http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0143.html

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lucianoavogadri 16 febbraio 2015 alle 13:34
@Magna Grecia e @clericetti. Penso che le parole liberismo, neoliberismo e simili vengono usate per coprire situazioni di privilegio, che si vogliono tenere ma facendosele pagare dagli altri. Fate un giro in Vietnam, Cambogia, Cina, Africa, America Meridionale per vedere i veri poveri, e chiedetevi come fanno a vivere. E poi chiedetevi a che cosa possano essere disposti pur di ottenere una parte della ricchezza (sì, della ricchezza) dei "poveri" italiani. Se volete un altro esempio piu vicino, pensate ai bergamaschi e ai veneti di cinquanta sessant'anni fa rispetto ai milanesi. Pensate poi ai miliardi di persone che il lavoro (= come procurarsi da vivere) se lo devono inventare senza nemmeno pensare di "poterlo" aspettare da qualcuno. Tralascio per ora lo Stato e il Pubblico usato per difendere i privilegi di chi ci è entrato, per sottrarsi alla concorrenza e in buona sostanza per evitare di rapportarsi al fruitore come cliente, in quel rapporto fornitore-cliente che sta alla base delle organizzazioni della Qualità. E mi scuso se il movimento 99% negli Stati Uniti non lo vedo.

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@magnagrecia 12:51
a. Per "sinistra massimalista" intendevo qualcosa più a sinistra dei partiti aderenti al PSE all'Europarlamento. Magari non è il termine appropriato, visto che come hai fatto notare ci sono formazioni ancora più a sinistra di SEL che si richiamano più o meno direttamente al PCI.
b. Concordo sulla redistribuzione del reddito, ma la mia osservazione era: quale reddito dobbiamo redistribuire? quello attuale è misera cosa, l'ideale sarebbe prima creare più reddito e cercare poi di distribuirlo equamente.
c. L'imposta patrimoniale è giusta dal punto di vista etico, ma non è necessaria da quello economico. Non è la presenza dei ricchi che sottrae risorse alla classe media, è la tassazione del governo che sottrae risorse a tutto il settore privato.
d. Non ho mai sentito SEL dire qualcosa a proposito della necessità di aumentare il deficit. Solitamente il giochino che fanno quando viene varata una finanziaria è quello di proporre una contro-finanziaria, ma a saldi invariati! E' questo approccio che io non condivido, qualcuno di sinistra dovrebbe avere il coraggio di dire che i saldi non devono essere invariati, bisogna fare più deficit e destinarlo a promuovere l'occupazione.

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@vincenzoaversa (16 febbraio 2015 alle 14:10)
a) SEL è un partito, in sostanza, riformista, che alberga una minoranza (meno del 20%) di intelligentoni massimalisti. D’altra parte, Vendola, che fece apposta la scissione da RC, è da quasi 10 anni governatore pragmatico della Puglia. E ci sono piccole formazioni politiche ancora più a sinistra di RC e PdCI.
b) Il reddito attuale non è affatto misera cosa.
c) Dati i vincoli UE, e la sordità della Germania per gli EuroUnionBond, l’imposta patrimoniale sui ricchi è l’unica misura (interna) anti-crisi congrua e possibile, suggerita anche da Confindustria nel 2011 e 2012, FMI e Bundesbank (cfr. Dossier Imposta Patrimoniale
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2670796.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/04/analisi-quali-quantitativa14imposta.html ).
d) SEL è a favore del deficit spending, quella della contromanovra a saldi invariati è un esercizio accademico che svolge ogni anno Sbilanciamoci.info.
Vincesko

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Penso che ci siano tanti corrotti, boiardi, mafiosi, mazzettari... insomma tutti quelli che per decenni hanno usato il denaro pubblico (che è sempre bene ricordarlo NON è la ricchezza dei parassiti MA il sudore degli ultimi!) come roba loro che le saranno molto ma molto grati.
La sinistra o comunque quei movimenti anti liberisti e anti mercato in teoria si battono per cose moralmente alte: la lotta alle diseguaglianze, redistribuzione della ricchezza, una società più giusta e solidale. Ma invece quello che fanno puzza! Puzza parecchio!
Tutto sa di casta e spartizione, di ipocrisia e privilegio.
Dietro ma anche molto davati alle loro battaglie c'è un mondo parassita, privilegiato e corrotto fino al midollo che abbraccia sindacati opulenti e imprenditori parassiti, tutti uniti nel mantenimento dello status quo. Quello che ben conosciamo e che è tutto tranne che solidale e ancor meno meritocratico.
Mandano in piazza utili idioti con le sirene del posto fisso a vita o della pensione a cinquanta o meno anni. Li imbrigliano su un futuro che non ci sarà mentre gli rubano il presente.
Il peggio del peggio!
Insomma lei ha poche idee ma assai chiare. Ma tutte sbagliate.

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Dall'altra parte, invece, ci sono tutte persone integerrime, caritatevoli, pensose del bene comune. Meno male che c'è chi come lei mi spiega come va il mondo.

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@magnagrecia, mi scuso ma il sistema delle repliche è qui un pò barocco.
Tralascio la parte in cui fai riferimento alla tua lunga frequentazione di internet e i relativi insegnamenti tratti in fatto di nick. Non saprei cosa dirti, vedo hai le tue convinzioni, coltivale.
Circa il fallimento di quello che chiami neoliberismo, su cui ci sono differenti sensi (gli USA fanno una politica neoliberista con 4 anni di QE ?, o la GB che ha nazionalizzato R.B.oS. ?), credo che anche qui si tratti piuttosto di convinzione.
Le crisi sono cicliche, questa è stata più lunga del ragionevole, per grossolani errori di percorso (la Grecia p.e. è stata lasciata marinare per 2 anni interi prima di prendere una decisione) e inficiata da quello che ho definito la madre di tutti gli errori, cioè l'aver lasciato fallire Lehmann.
Sono sicuro che senza quel fallimento le cose sarebbero andate molto diversamente.
Circa il salvataggio delle banche, constato che te la giri come vuoi, ovvero quello che conviene al tuo discorso è nel campo del neoliberismo, che lo sia di fatto oppure no.
Siccome non mi interessa una discussione nominalista, cioè non me ne frega nulla del neoliberismo, non resta che opporre convinzioni opposte.
Viene però nel complesso difficile replicare alle teorie complottiste (la Cupola, la massoneria, etc.). Di certo so che se il fior fiore del sistema bancario europeo fosse stato lasciato fallire adesso saremmo messi molto ma molto peggio.
Circa le privatizzazioni non sono a priori nè pro nè a favore.
Ho scritto che trovo stupido privatizzare ENEL, o ENi, ma il caso RAI per esempio è molto diverso. E soprattutto è stupido venderla con la finalità di abbattere il debito tanto la cifre sono incomparabili, semmai per raggranellare un pò di denari per progetti di sviluppo.
Invece la miriade di partecipate pubbliche, su cui si era soffermata la Spending Review di Cottarelli ha evidenziato un comparto largamente da privatizzare, a cominciare dalle partecipate comunali, cronicamente in rosso da decenni, i cui debiti vengono costantemente ripianati con soldi nostri, miei e tuoi.
P.S. - Quando ho scritto "alcuni deliranti" non mi riferivo al tuo commento ma in particolare a quelli di aquila 5

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Piccola postilla sempre per @magnagrecia.
Come mai se la patrimoniale è un toccasana (addiritttura etica dice vincenzoaversa) l'unico paese che l'ha in ordinamento è la Francia, e fior fiore di Paesi dopo averla introdotta l'hanno poi cancellata ?
Sempre figli massonici della Cupola ?

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i Greci hanno eletto ripetutamente governi corrotti che hanno portato il debito alle stelle; non possono per questo morire di fame ed è giusto aiutarli ma almeno che privatizzino una parte dei carrozzoni mal gestiti e lavorino anche se sono pubblici impiegati: sembra la minima richiesta, un pò di neo liberismo che tanto odio là sarebbe l'uscita dalla palude.

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Cari CC,
Punto primo, lei gestisce un blog ospite di Repubblica può fare il permaloso come su un forum da quattro soldi o mantenere un pò di distacco. Il fatto che si impermalosisca (io posso farlo lei no) come al bar la dice lunga su quanto abbia ragione e lei parli di cose ben al di là della sue capacità.
Punto secondo, le rispondo parafrasando Robin Williams a Matt Damon in genio ribelle, lei è solo (non un ragazzo) ma uno sprovveduto.
Lei è non mai stato in una trattativa tra sindacato e azienda dove si scambiano soldi pubblici(!!) in cambio di un ruolo,
lei non ha mai visto un appalto vinto per dieci divenire nel tempo cento e poi mille e non fare mai il lavoro,
lei non ha mai visto persone perdere la propria dignità e prostrarsi e piagnere e piegarsi in sagrestia, in sede sindacale o di partito per un posto(!!) di lavoro da fame che era solo lo spechietto delle allodole per far girare un sistema che li avrebbe costretti (ironia della sorte) ad una vita in schiavitù,
lei non ha mai visto persone vendersi per un pacchetto di patatatine e cercare di fottere compagni e amici per ancor meno per difendere il posto(!!) di lavoro. Perchè il posto(!!) di lavoro che difendevano non lo facevano con la professionalità ma era grazia ricevuta, e dovevano ubbidienza a vita a chi di dovere e la delazione faceva parte dello scotto,
.... e potrei continuare a lungo, molto a lungo.
Lei è tra i molti che nulla sa di economia e che non ha neppure mai vissuto nel mondo reale, o se lo ha fatto poco ha capito. Parla di cose di cui ha solo una vaga, vaghissima idea e che analizza e giudica secondo pregiudizi piccoli e stantii come tutti i pregiudizi. E in quetso internet le/vi da una gran mano!
Vede io sono liberista comePaperino!,e vorrei un mondo più giusto, meritocratico e libertario. Se non altro perché sono povero! E detesto gente come Limbaugh o Pallin (neocon doc) per gli stessi motivi che detesto lei; siete superficiali e manichei. Loro almeno ci diventano ricchi, e lei?, non credo ma quetso non la giustifica.
Entrambi gli schieramenti ideologici alfieri di un modo dove censo e caste (magari diversi tipi di caste ma non cambia nulla!) sono al potere e gli ultimi devono chiedere il permesso anche solo per sopravvivere. non volete ne welfare o merito ma sudditi di un potere più forte, per uno è lo stato per l'altro aziende non controllate dalla legge. Stessa cosa.
Insomma di due una, o lei è veramnte tanto ignorante(nel senso etimologico del termine) o veramnte tanto in cattiva fede.
Lei sa.

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Egregio luamat, a differenza di quanto ha fatto lei io non l'ho insultata, e se dà del permaloso a me posso ricordarle la storiella del bue che dice cornuto all'asino. Sul resto di quello che dice non aggiungo nulla a quanto ho già scritto. Le posso solo far presente che io ho sempre lavorato nel settore privato e non ho mai frequentato sagrestie, né mi sono fatto appoggiare da sindacati o altri. Comunque, data la sua visione apocalittica del "mondo reale", non capisco che cosa ci possa essere oltre la sua rabbia ecumenica.

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Caro Clericetti,
Grazie per il post, e' un tema cruciale. Purtroppo il giornale che la ospita e' l'agenzia culturale che piu' ha contribuito a quella linea politica, una linea politica che mira ad utilizzare i vincoli europei per imporre quelle che lei giustamente chiama 'controriforme neoliberali'. Gli intellettuali che scrivono su questo giornale e il partito che questo giornale sponsorizza sono un pilastro dell'ipocrisia che lei denuncia. Quando Renzi ha giudicato 'legittimo ed opportuno' il trattamento riservato dalla BCE alla Grecia, ha semplicemente fatto propria la teoria politica dei vari europeisti Amato, Ciampi, Prodi, Andreatta (si puo' continuare) - per non parlare dei governi della Troika, di cui Renzi e' l'ultima incarnazione. Di questa triste deriva antidemocratica, l'antiberlusconismo di laRepubblica e' stata un'arma potente, un'arma potente utilizzata per convincere gli Italiani della loro incapacita' a governarsi (indi la necessita' della troika e dell'europeismo, come invocato su queste pagine dai principali responsabili del giornale) e per nascondere il vero conflitto di interessi: quello dei tecnocrati del PD, pronti a riciclarsi nei gangli delle istituzioni UE e nelle compagnie finanziarie. Nel ringraziarla per l'intervento, la imploro di dissociarsi: senza la pasokificazione del PD e di Repubblica nulla puo' cambiare in Italia e in Europa!
Saluti e grazie ancora per l'intervento.

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Gentile lords, per fortuna Repubblica dà spazio anche a riformisti all'antica come me.

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@mainessuno (16 febbraio 2015 alle 15:59)
1. “mi scuso ma il sistema delle repliche è qui un pò barocco”.
Quale barocco? Vedi che t’inventi le cose o le proietti? A differenza di quasi tutti gli altri blog, non c’è neppure da aspettare la moderazione, a meno che non si alleghi più di 1 link.
2. I cognomi si ereditano, i nomi non si possono scegliere, i nickname sì. Secondo te, non c’è nessun motivo perché tu ti sia scelto un nickname doppiamente “strano” (tra virgolette) come mainessuno (doppiamente, perché è composto da “mai” e “nessuno”) o io mi sia scelto il mio – magnagrecia - che è il mio primo e che ora il server di Repubblica mi costringe ad usare di nuovo al posto di Vincesko?
3. Vedi che t’inventi di nuovo le cose? Lo fai perché non sei in grado di replicare puntualmente e in maniera pertinente (ideologia, proiezione, disuguaglianze)? Dove avrei scritto che gli USA hanno fatto una politica liberista? Peraltro, se leggi la mia risposta a lucianoavogadri del 16 febbraio 2015 alle 12:38, puoi verificare che ho scritto esattamente il contrario: “1) La crescita del Pil degli USA è un effetto della politica keynesiana di Barack Obama”.
4. Il tema dei ritardi nell’aiuto alla Grecia qui è pane quasi quotidiano (v. il precedente post del blog), sfondi una porta aperta. Ma ometti di individuare le responsabilità.
5. Troppo comodo dire che le crisi sono cicliche, senza sceverarne le determinanti strutturali, gli effetti differenziati e i rimedi possibili. Comunque, sei ancora distratto: il mio assunto non sono le crisi, ma se il neo-liberismo è l’ideologia meno adatta a risolverle.
6. Io sono miscredente e aborro i paranoici del complotto. Mi piace indicare chiavi interpretative, anche eterodosse, fornendo le fonti (sulla Massoneria reazionaria, le ho già date qui in passato), poi ognuno ne fa l’uso che vuole.
7. E’ chiaro che il fallimento delle banche sarebbe stato dannosissimo, ma ometti di aggiungere – ed è una mancanza molto grave, ideologica… - che come contropartita non c’è stata neppure la regolazione adeguata della finanza malata, per cui paradossalmente le stesse banche hanno utilizzato i soldi ricevuti per non fallire, presi dalle tasche dei contribuenti (in Italia, in grandissima parte poveri cristi ad alta propensione al consumo, e per salvare banche straniere) e aumentando il debito pubblico, per speculare contro gli stessi Stati, aggravando le misure correttive e prolungando la crisi economica. Semplicemente pazzesco, ma tu colpevolmente non ne fai neppure un minimo accenno.
PS: Precisazione superflua, infatti io ho replicato sull’ideologia, non sul… delirio, che aborro anch’io.
PPS: Ti informo che, in sei anni, ho fatto centinaia di duelli dialettici, anche con professoroni, non ne ho mai perso nessuno. Poi mi sono scocciato. Però devi impegnarti maggiormente…
Vincesko

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@clericetti
Potrebbe anche essere che per risanare i conti pubblici bisogni imporre un modello sociale, invece che il contrario, magari in particolare a quei paesi mediterranei, per storia un po’ furbi e levantini, che faticano a vestirsi con un modello sociale solidale, assunto e rispettato.
L'altro ieri abbiamo imparato che un insegnante su 5 è handicappato o ha handicappati a casa ….., da tempo sappiamo che quando gioca la nazionale in certi luoghi l'assenteismo aumenta, sappiamo che laddove a coprire i costi è il Pubblico, questi lievitano (esempio dicotomico RAI/Mediaset), etc., etc., etc.
Ecco forse per queste ragioni, perché non sappiamo disciplinarci, c'è bisogno lo faccia qualcun' altro.
Questo tipo di atteggiamenti, che la Grecia ha strutturali, il nuovo Governo greco li ha promessi di ritorno, davanti agli elettori.
Circa lo Stato Imprenditore, eravamo si la 5 potenza industriale, ma quando a competere ce ne stavano 7, poi i dati sono cambiati …….. e le privatizzazioni all'italiana sono state spesso una catastrofe.
Però, nel contempo, negli anni '70 circa da interi comparti industriali eravamo del tutto spariti (chimica, farmaceutica per esempio).

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Finalmente un articolo che mette in chiaro quali sono i veri fini di questa crisi: tramite il ricatto economico, obbligare il mondo intero a porsi su una linea neoliberista, mettendo all'angolo qualsiasi pulsione di tipo socialdemocratico. Dopo la caduta del muro di Berlino, la globalizzazione è stato l'atto preparatorio di questa maxitruffa; con essa si sono raggiunti contemporaneamente due obiettivi: corrompere l'ultimo baluardo rappresentato dalla Cina e contemporaneamente affamare le economie europee che, per l'alto livello culturale, avevano un rispetto per i lavoratori e i servizi sociali inconciliabile con le razzie egoistiche tipiche del capitalismo. L'Europa poteva essere un faro culturale per il mondo intero e invece si è lasciata sconfiggere dai barbari. La speranza è che, toccando il fondo, si liberi una reazione che con forza ripristini i principi basilari della cultura europea. Forse qualcosa già si sta muovendo e questo articolo lo dimostra.

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@luamat (16 febbraio 2015 alle 17:09)
“Cari CC, lei gestisce un blog ospite di Repubblica può fare il permaloso”
Scusandomi dell’intromissione, io, invece, l’ho trovata una risposta per niente permalosa, ma ironica e degna di un gentiluomo.
Luamat (nomen omen
http://it.wikipedia.org/wiki/Nomen_omen), ti informo che qui non ci sono Carabinieri, in compenso siamo già forniti di paranoici che pensano di usare questo blog come terapia, scrivendo in un italiano improbabile. Fatica vana.
Vincesko

      http://1.gravatar.com/avatar/1996a9d893d44554c1f145418c21a70e?s=48&d=http%3A%2F%2F1.gravatar.com%2Favatar%2Fad516503a11cd5ca435acc9bb6523536%3Fs%3D48&r=G
Dott. Clericetti,
non voglio fare polemica, ma la sua risposta stimola in me la riflessione. Infatti ero e sono(!) convito che anche un laureato in filosofia (pur non sapendo nulla di economia) sapesse leggere. Lei un pò mi lascia interdetto.
Detto questo quella che lei chiama rabbia ecomunica (è un po di rancore c'è), non è affatto ecumenica io ce l'ho con lei e quelli come lei. Di estrema destra o estrema sinistra. Non con tutti. E soprattutto so cosa mi piace. Un mondo dove c'è diritto e onestà. Lei lo sa cosa le piace?
Lei avrà anche lavorato nel privato, come ho fatto io per 23 anni, ma lei (forse) saprà che il privato in Italia è spesso tale di facciata. Ad esempio l'editoria vive da decenni di contributi pubblici. È un fatto. E dunque qualcuo o in qualche sagrestia o sezione è andato, sennò i soldi...
Lei ha su tutto una grande fortuna, è nato nel '51(!), certe cose semplicemnete non le comprende. Ha vissuto l'età dell'oro. E non se ne rende neppure conto. Tutto era infinitamente più semplice e facile. Tutto, da aprire una pizzeria a fare l'impiegato. E anche il mondo era facile facile. O qui o lì. E fino a un paio di decadi fa passavi per intellettuale dicendo che era tutto colpa dell'Amerika. Si immagina qualcosa di più semplice.
Oggi se cerchi il nemico senza trovare soluzioni hai sicuramente un successone (fai una bella carriera nella lega, nel fronte nazionale, In Tzipras o nel m5stelle) ma almeno tutti sanno che per contare fino venti ti devi togliere le scarpe.
Buona serata... Io vado a cucinare
Post scriptum lei è veramnte molto permaloso ha mai pensato come sarebbe diventato se avesse passato venti anni tra call center e simili? Ci pensi.
La favoletta del bue e l'asino la raccontano solo i più astiosi, lo sai dal ginnasio.

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@magnagrecia, dal tono del post e con evidenza della chiusa sei uno sbruffoncello da blog, e data questa situazione non c'è nessun interesse da parte mia a continuare.
Circa il "barocco" mi riferivo all'impossibiltà di replica sotto l'intervento cui si vuole replicare. Che obbliga a cercare di continuo il testo in questione, e d'altra parte ha trovare repliche ai propri parecchie righe sotto.
Una buona serata.

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@lords (16 febbraio 2015 alle 17:17)
'controriforme neoliberali'
Non “neoliberali”, ma “neoliberiste”. In Italia, è l’unico Paese in cui si deve fare la distinzione tra “liberalismo” (in politica) e “liberismo” (in economia).
Anche io, socialista riformista o socialdemocratico (europeo), sono liberale, ma non liberista.
Liberismo e liberalismo [Wikipedia]
Nella lingua italiana liberismo e liberalismo non hanno lo stesso significato: mentre il primo è una dottrina economica che teorizza il disimpegno dello stato dall'economia (perciò un'economia liberista è un'economia di mercato solo temperata da interventi esterni), il secondo è un'ideologia politica che sostiene l'esistenza di diritti fondamentali e inviolabili facenti capo all'individuo e l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (eguaglianza formale).
Nella lingua inglese i due concetti tendono a sovrapporsi nell'unico termine liberalism.[senza fonte] Nella tradizione politica degli Stati Uniti, il termine liberal indica un liberalismo progressista molto attento alle questioni sociali, ma nel contempo geloso custode del rispetto dei diritti individuali[2]. Secondo alcuni, i liberal americani sono l'equivalente dei socialdemocratici europei, o, secondo un'accezione diffusa, dei liberali sociali.
Alcuni danno come analogo inglese di liberismo il termine free trade (libero commercio). Un termine francese spesso usato in modo equivalente è laissez faire ("lasciate fare").

http://it.wikipedia.org/wiki/Liberismo
Vincesko

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@mainessuno (16 febbraio 2015 alle 18:14)
Strano che della mia replica articolata e puntuale ti abbia colpito così tanto solo la chiusa. Che ti ha impedito addirittura di rispondermi in tema in maniera educata.
Anche per mestiere, ne ho incrociato centinaia come te nella vita reale. Poi nel web. Che ne sono pieni. All’inizio, inesperto, non capivo. Ma ad un certo punto, dopo averne visti tanti, ci mett(ev)o 3 secondi a riconoscerli.
La tua risposta sopra le righe è soltanto la conferma (per gli altri, non per me) che hai la leggerezza di un caprone, il senso dell’umorismo di un calabrese permalosissimo (o un leghista del Nord) e soprattutto la perspicacia istintiva di un moscerino... Ma naturalmente (come insegnava il grande Dostoevskij, che per capacità introspettiva Robert Musil paragonava a Freud) pensi di essere un sapientone intelligentissimo che dispensa la sua scienza agli ottusi. Perciò ti sei scelto quel nickname rivelatore. Ma è solo - illusoria - proiezione.
Vincesko
PS: Che ti riferissi all’incolonnamento ovviamente l’avevo capito, ma era solo per sottolineare – indirettamente - la tua irresistibile inclinazione a pretendere dagli altri ciò che – purtroppo solo inconsciamente - “sai” di non essere in grado di dare. Il meccanismo difensivo della proiezione è soltanto un indizio di questo. Ma temo che questa spiegazione sia troppo difficile da capire per un sedicente sapientone come te.

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Le considerazioni di Carlo Clericetti sono ampiamente condivisibili sul piano strettamente politico ancorché bisognerebbe fare attenzione, trattando queste tematiche, a non portare acqua ed argomenti al mulino del populismo e dell'antipolitca come facilmente riscontrabile in alcuni post.
La saldatura fra pensiero neo-conservatore di matrice reaganiana e tatcheriana e la visione economica neo-liberista è un dato storico inconfutabile.
Quello su cui le nostre analisi divergono e non è poco, è sulle premesse che sottintendono la sua analisi e sulle implicazioni nelle dinamiche economiche in atto.
Ricondurre per esempio gli interventi sulle "privatizzazioni" o sulla "flessibilità del mercato del lavoro" a un disegno emanante dalla pervicacia dei, già evocati, "ciechi tecnocrati" (unicamente preoccupati del rispetto di rigidi ed inutili parametri), equivale a gettare discredito sulla totalità della costruzione europea e dell'eurozona, ignorando colpevolmente gli sforzi di chi opera proprio contro l'ortodossia monetarista e agisce per la riforma delle istituzioni.
Sbandierare contro la supposta dominazione del pensiero neo-liberista, un ritorno alla statalizzazione dell'economia, sembra preconizzare un rimedio peggiore del male e fa astrazione delle mutazioni intervenute rispetto all'epoca in cui l'Italia era la quinta potenza mondiale.
La fine dei blocchi, l'emergere dei paesi asiatici, la crescita dei Brics, in pratica la mondializzazione hanno sconvolto il mondo conosciuto ed imposto nuove sfide.
Possiamo forse essere nostalgici di economie regolate ed assistite a spese dei contribuenti, ma dobbiamo riconoscere che a parte settori come l'industria petrolifera dove il prezzo mondiale fa da calmiere alla redditività o la distribuzione di energia in cui il bacino captivo di clientela adatta in permanenza la struttura di costo ai margini, in settori come la siderurgia, l'automobile, la farmacia, l'aviazione civile, il disastro della statalizzazione è sotto gli occhi di tutti.
Privatizzare non voleva dire obbedire ai diktat del neo-liberismo, era il risultato di considerazioni economiche legate da un lato alla insostenibilità di modelli di business confrontati a nuove condizioni di concorrenza mondiale e dall'altro al bisogno di scindere il vincolo incestuoso e distorsivo della democrazia determinato dal connubio fra politica e potentati economici (ne sappiamo qualcosa) volti alla riproduzione di una certa classe politica.
Anche nel campo delle politiche sociali, a parte i bastioni neo-lib, neo-con (Stati Uniti, Gran Bretagna), siamo sicuri che i paesi a forte penetrazione sindacale (Germania, Francia...) si siano fatti laminare dalla dominazione reazionaria?
In Spagna dove le politiche di "deregulation" erano state inaugurate da Zapatero, in Italia dove, in tempi non sospetti Reichlin si era scagliato contro le Partecipazioni statali e Amendola aveva infranto il tabù del l'austerità, siamo sicuri che la flessibilità sia una battaglia di destra e che Renzi sia asservito al giogo dei "parametri"?
Non è piuttosto che i modelli di politica industriale concepiti nel dopoguerra e praticati fino agli anni 2000, si siano infranti, per mancanza di flessibilità, di fronte alle nuove condizioni concorrenziali che le imprese subiscono a causa della mondializzazione?
È ragionevole imputare all'Ue la miopia delle successive classi politiche?
Ps
Coraggio comunque a Clericetti poiché il tema sollevato è di quelli che fanno apparire i peggiori istinti.

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Caro Basile, non mi faccia passare come un fautore della sovietizzazione dell'economia, perché non lo sono. Penso però che ci siano alcune cose che è opportuno - ognuna per ragioni specifiche, che ora sarebbe troppo lungo esaminare - riservare al settore pubblico. Così come penso che ci siano occasioni in cui l'intervento dello Stato non sarebbe solo opportuno, ma doveroso: il caso Ilva, tanto per fare un esempio. Invece non sono stato affatto tifoso delle manovre sull'Alitalia, che avrei venduto di corsa. L'avevo anche scritto su Rep (se vuole togliersi lo sfizio il pezzo è questo: http://nuke.carloclericetti.it/Telefonieaerei/tabid/137/Default.aspx , di Alitalia si parla verso la fine). Insomma, bisogna vedere caso per caso quando è bene che di una cosa si occupi lo Stato e quando invece è meglio lasciarla al mercato: non si può fare una regola generale, che invece è appunto quello che fanno i neo-liberisti. E a proposito dei "disastri della statalizzazione" non posso che ripetere che il nostro sviluppo è stato guidato dall'industria pubblica e che se ci sono stati disastri (e certo ci sono stati) non sono stati più di quelli dell'industria privata. Lei ricorda i (ne)fasti dell'Alfa Romeo pubblica, ma non è che la Fiat abbia fatto sfracelli, nonostante che sia sempre stata amorevolmente assistita. E la Telecom pubblica, con tutte le sue inefficienze, era tra le aziende più avanzate del settore: vogliamo parlare di come è ridotta dopo la privatizzazione?
Quanto al "disegno", magari fosse solo dei ciechi tecnocrati: è invece condiviso dalla quasi totalità delle classi dirigenti europee, compresi i cosiddetti socialisti che da Blair in poi sono passati armi e bagagli dall'altra parte. Ed è un "disegno" insito nella costruzione europea da Maastricht in poi, perché è stata fatta appunto in base a quei principi. Ora non mi faccia dire che voglio distruggere l'Europa: io sono molto europeista, ma vorrei un'Europa più simile a quella che avevano in mente i fondatori, che non mi risulta fossero leninisti e per la maggior parte neanche socialdemocratici. Lei dice che il mondo è cambiato e non è più possibile: davvero? Cioè il progresso consisterebbe nel peggioramento delle condizioni della maggioranza dei cittadini? A me sembra che soluzioni alternative ci sarebbero, a volerle attuare.

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Vincesko
Non so cosa tu possa avere contro i calabresi...;-) vorrei farti notare che fanno parte integrante della bella...magnagrecia.
Ciao.

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Sarà così... peccato però che la Germania, principale promotrice delle politiche di austerity e di riforma del mercato del lavoro, è al contempo uno dei paesi con lo stato sociale più sviluppato, ivi comprese politiche di co-gestione delle imprese con lavoratori e sindacati. Quindi, insomma, qualche rotella gira a vuoto in questo ragionamento.

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@magnagrecia7 Ho cercato di commentare una tabella che ho trovato nel "documento programmatico di bilancio 2015" dal link che lei ci ha fornito! E mi sembra che i numeri non giustifichino la politica di Padoan-Renzi e fin qui perseguita. Anche perché "luce" per uscire dal buio non se ne vede, nonostante i sacrifici fatti e gli spending review ancora applicate. Guardavo le cifre in assoluto. I 360 miliardi di debito greco sono senz'altro spiccioli per le banche private che girano in Europa; i 2160 miliardi del nostro debito sono tanti! E se ci hanno attirato tanti sacrifici e lo sfascio dello stato..... allora checché sia stato giudicato sostenibile, è un debito che ci sta causando un sacco di..... grane! Ripresa dell'economia reale neanche a parlarne. Mettere alla gogna la nazione, l'Italia, o ricattare la Grecia e la democrazia perché la finanza vuole la meglio.... beh, lascio perdere. Purtroppo è la finanza e il governo che non "ci" lasciano perdere! Saluti!

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@feanaaro (16 febbraio 2015 alle 22:26)
il discorso, come si usa dire, è complesso. Comunque, l'uno non esclude l'altro: sono veri entrambi. Lo stato sociale serve anche ad integrare i 7-8 mln di mini job, ed eroga aiuti surrettizi di Stato alle imprese, vietati dall'UE, per deflazionare i salari e fare concorrenza sleale agli altri Paesi. La cogestione (Mitbestimmung) è un lascito socialdemocratico degli anni '50 del secolo scorso, riformata negli anni '70, e riguarda le aziende sopra i 500 dipendenti (qui un piccolo dossier: “Partecipazione dei lavoratori alla proprietà ed al controllo delle aziende”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2586257.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/partecipazione-dei-lavoratori-alla.html ).
Vincesko

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@domenicobasile (16 febbraio 2015 alle 21:29)
Domenico, ecco la mia risposta serissima:
Il Sud uscirà dalla sua condizione di minorità soltanto quando la Calabria giungerà ad un livello di progresso socio-economico-culturale in linea con il resto d'Italia.
Dialogo sulla Calabria, sul Mezzogiorno
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2783416.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/dialogo-sulla-calabria-sul-mezzogiorno.html
Vincesko

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Vero, ritengo che lei abbia ragione. E' un'ideologia che dai tempi di Regan e della Thatcher ha fatto danni inenarrabili. Forse aveva ragione Schumpeter quando diceva che durante le crisi economiche sarebbe meglio non intervenire perché altrimenti "quello che c'è da imparare va' perso". Senza l'intervento delle banche centrali già dal 2000 il sistema finanziario come lo conosciamo sarebbe stato spazzato via. Lo hanno tenuto su con le flebo ed è successo ancora peggio nel 2008. E' un problema interessante, continuano ad insistere con mezzi surrettizi ma evidentemente non funziona. Chissà cosa dovrà ancora succedere prima che si cambi rotta. Noto in un articolo di oggi che la Germania, prima potenza economica europea è quarta in quanto a salari medi, e l'Italia, quarta economicamente, è ottava in quanto a salari.

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A parte le privatizzazioni e la (de)regolamentazione del lavoro, il terzo perno su cui si basa l'ideologia neoliberista propugnata da Bruxelles è rappresentata dalle esportazioni. Ho più volte affrontato questo tema partecipando al blog, ma credo valga la pena di fare un paio di considerazioni:
1. In generale, non c'è nulla di male ad esportare: è un'indicazione che alcune (o molte) aziende di un territorio riescono a produrre beni e servizi di qualità tale che vengono richiesti all'estero. Il problema nasce quando l'export è l'unica possibilità che viene data ad uno Stato per aumentare il proprio PIL (dato che l'austerità deprime i consumi interni, non c'è altra via per cui uno Stato dell'Eurozona possa crescere): bisogna aumentare le "competitività", che detto in soldoni significa deflazione salariale. Si scatena una corsa al ribasso che ha come conseguenza un peggioramento delle condizioni lavorative dei lavoratori dipendenti.
2. Puntare esclusivamente sulle esportazioni ha un altro indubbio svantaggio, ovvero la dipendenza della propria economia da quelle dei propri "clienti" esteri. Il fatto che la Merkel in persona (anche se il compito presumo sarebbe toccato alla Mogherini?) si spenda per riportare la pace sul fronte russo-ucraino la dice lunga su quanto quel mercato sia importante per la Germania.

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RISPOSTA a MAINESSUNO : VOlevo solo precisare che in belgio quando DEXIA e FORTIS stavano fallendo hanno fatto pressione allo stato con una propaganda pubblicitaria ed anche con altri metodi, che lo stato doveva salvarli il sedere dando a loro tot migliardi di euro (soldi dei cittadini) ma che una volta salvati dovevano essere rivenduti a prezzo stracciato di nuovo al privato !!!! ed e SCANDALOSO , E proprio questo il neo-liberismo dell'europa :"" IO privato, faccio i cavoli miei ,poi faccio cazzate,vado quasi in fallimento, vado dallo stato mi frego i suoi(cittadini) soldi dicendo che mi DEVE aiutare ,e poi di nuovo arrivederci !!! "" in pratica secondo il neo liberismo lo stato deve stare li solo come pappagallo e intervenire (sempre a spese nostri ,perche lo stato siamo noi) ,quando i privati fanno le cazzate e vanno quasi in fallimento .... MA SCHIFO é ??!!! Fossi IO uno come tsipras ,statalizzerei proprio tutto cio che ha un funzionamento pubblico e cosi deve essere dappertutto e basta con quaste privatizzazioni e banchieri ,fra poco non ci rimane neanche l'orto di casa...tutto cio puo avvenire solo con un partito serio con un programma serio ...

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mainessuno é mainessuno,... MA magna grecia fa solo copia incolla...

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Su 254 mld di prestiti alla Grecia, soltanto 11,7+15,3=27 mld sono andati alla gente.
Dove sono finiti i soldi della troika alla Grecia (mld):
Riacquisto del debito: 11,3 (4%)
Fabbisogno di cassa 11,7 (5%)
Debito in scadenza: 81,3 (32%)
Restituzione all’FMI 9,1 (3%)
Capitale all’ESM 2,3 (1%)
Ricapitalizzazione banche greche 48,2 (19%)
Deficit primario 15,3 (6%)
Pagamento degli interessi 40,6 (16%)
Spese per l’haircut sui bond sovrani 34,6 (14%)
Totale 254,4 (100,0%)
La troika ha salvato le banche, non la Grecia. Per questo il debito va rinegoziato
ONEURO – REDAZIONE - 14 gennaio 2015
http://www.eunews.it/2015/01/14/la-troika-ha-salvato-le-banche-non-la-grecia-ecco-perche-ora-il-paese-deve-ripudiare-il-debito/28422
Vincesko

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Ma chi sono i detentori del debito greco? Dei 330 miliardi di euro complessivi del debito greco il 72% sono da considerarsi “officials loans”, cioè crediti in mano a istituzioni pubbliche (60% della Ue attraverso i suoi fondi Efsf e Esm, e 12% dell’Fmi); 5% sono altri prestiti; l'8% è detenuto dalla Bce; il restante 15% sono marketable debt, cioè titoli di debito trattabili sul mercato secondario (11% sono bond e 4% sono bills, cioè prestiti a breve termine). Quindi, se si arrivasse a uno “sconto” per evitare l'uscita di Atene dall'euro, a perderci sarebbe soprattutto la Ue, attraverso l'Esm (il fondo salva-Stati) e i suoi stati membri: in percentuale maggiore la Germania, che ha una quota del 27% del fondo salva-stati europeo, seguita dalla Francia con il 20%, dall'Italia con poco meno del 18% e dalla Spagna con l’11,9 per cento. In una recente intervista sulla dimensione del debito pubblico ellenico, che quest'anno toccherà il picco del 177% del Pil, Klaus Regling, presidente del Fondo salva-Stati, ha spiegato come il debito greco sia comunque «sostenibile» finché proseguono le riforme strutturali. L'Esm detiene attualmente il 44% del debito pubblico greco, mentre sui fondi prestati, con una durata media di 32 anni, Atene paga tassi annui di interesse molto bassi «intorno all'1,5%».
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-11/grecia-chi-resta-il-cerino-mano-caso-ristrutturazione-debito-ma-tedeschi-ovvio-093535.shtml
Vincesko

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vorrei segnalare questo articolo di Varoufakis apparso ieri sul NYT:
lo trovo molto onesto nel definire quali siano i limiti invalicabili della negoziazione sul debito in corso (e che pare sull'orlo di un drammatico fallimento).

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Avevo ascoltato questa notizia ieri notte, questo articolo ne fa un ottimo resoconto:
Il giallo dell’accordo per salvare la Grecia scomparso
In conferenza stampa Varoufakis racconta di un documento sottopostogli da Moscovici che era pronto a firmare. Ma la mediazione di Parigi è saltata. E il fronte anti-Atene si è ricompattato
martedì 17 febbraio 2015 08:21

http://www.nextquotidiano.it/giallo-dellaccordo-per-salvare-grecia-scomparso/
Vincesko

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Il problema è, per l'appunto, culturale prima ancora che economico.
Col crollo del muro di Berlino il reaganismo, cioè l'idea di uno Stato sostanzialmente asservito alle grandi concentrazioni finanziarie la cui ricchezza sarebbe "gocciolata" sulle classi più basse, si presentò al mondo come vincitore della più costosa e (geograficamente) vasta guerra della storia: la guerra fredda. Guerra che in buona sostanza era iniziata già all'indomani della Rivoluzione d'ottobre, con una pausa dettata da un nemico comune.
La vittoria reaganista è una balla. Non vi fu una straordinaria vittoria neoliberista ma un Occidente infinitamente più ricco che riuscì a logorare quella che Ronchey chiamava "la superpotenza sottosviluppata". Superpotenza che, per dirla con Berlinguer aveva, comunque, esaurito la sua spinta propulsiva.
È da allora che la politica occidentale (e pure orientale per la verità) non riesce a mettere in dubbio alcuni dogmi di fondo del neoliberismo, in primo luogo la tecnocrazia.
Le scienze, per loro natura, non prendono decisioni ma provano a spiegare la realtà e, entro certi limiti, a prevederla.
La scienza economica, quindi, si deve muovere a valle di scelte "politiche", scelte che, per loro natura, sono arbitrarie. Nessuna formula matematica ci imporrà mai di privilegiare un'equa distribuzione della ricchezza e uno sviluppo ecologicamente e socialmente sostenibile.
Siamo noi, società, a doverlo scegliere.
Dal 1989 a oggi l'Occidente ha messo su il pilota automatico: destinazione "massima produzione di ricchezza".
Quale sia il costo sociale e ambientale di tale ricchezza non conta, a chi vada a finire tale ricchezza non conta nemmeno.
Così un'impersonale (e quindi irresponsabile) tecnocrazia ci porta a privilegiare sempre più l'accumulazione di ricchezza finiamo per distruggere il modello, (neo)keynesiano che ha portato a praticamente tutte le conquiste del '900.
Il modello keynesiano è comunque nato come risposta alle rivoluzioni e dittature della prima metà del '900 e temo che, analogamente, l'unico fattore che porterà all'accantonamento (magari parziale) del neoliberismo sia la paura dei vari fondamentalismi che si nutrono di disuguaglianza e sfruttamento.

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@vincenzoaversa Segnalo uno dei commenti sul NYT all'articolo citato: "
The Fig
Sudbury, MA 7 minutes ago
Enough with the financial double-talk. Pay your debts, the free lunch is over. You believe, like other welfare recipients that it is one else's problem to give you a hand-out. I'll let you in on a little in about game-theory: unless you are a bunch of geniuses from MIT, the house always wins. "
Certe mentalità sono dure a morire, chissà se "The Fig", il fico, si rende conto che senza l'intervento governativo in USA nel 2008 sarebbero sparite un bel po' di banche e pensioni. Ma i repubblicani insistono, come ho detto, mi sa che Schumpeter aveva ragione da vendere.

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@magnagrecia7 è vero che lo stato sociale serve anche a quello. Tuttavia, se arrivi ad includere un robusto stato sociale nella tua definizione di liberismo, o neoliberismo che dir si voglia, allora la definizione ha ormai perso qualunque significato.

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Buonasera Clericetti
Lungi da me l'idea di farla apparire per quello che non è..!
Tuttavia la polemica fra proprietà pubblica, privata o italianità dell'azienda gioca brutti scherzi alla maggior parte degli osservatori.
Bisognerebbe notare che a discapito della supposta dominazione neo-liberista, in quasi tutti i paesi dell'Unione prevale già il pragmatismo del "caso per caso". Che il più delle volte non serve a granché soprattutto quando il modello di business non è sostenibile rispetto alle condizioni concorrenziali del settore.
Lei cita l'Ilva ma certamente conosce la vicenda Gandrange e Florange in Francia e l'impossibilità per i governi Sarkozy e Hollande di nazionalizzare gli stabilimenti.
Non è stata una questione di neo-liberismo galoppante ma piuttosto una scelta obbligata in un mercato come quello dell'acciaio impattato dalla concorrenza mondiale.
Che vuole fare con l'Ilva? Condannare generazioni di contribuenti a finanziare un mostro ambientale senza nessuna sostenibilità economica?
La inviterei, riguardo l'UE, ad osservare più da vicino l'enorme arsenale normativo che ha come principale obiettivo quello di stemperare, non di favorire, le tendenze neo-liberiste che spingono per una deregulation dei mercati.
È questo come Lei sa, va nella direzione dei principi espressi dai padri fondatori.
È l'Europa il vero campo di battaglia, è là che non bisogna cedere nulla ma per farlo è necessario osservare le strategie in atto tralasciando la lente rassicurante delle nostre ideologie.

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Ma caro Basile, guardi che l'Ilva guadagnava, e pure bene, prima che scoppiasse (finalmente) lo scandalo. Come guadagnava la Terni: la decisione di chiuderla era dovuta al fatto che Thyssen aveva deciso di ridurre la produzione e, guarda un po', preferiva farlo in Italia piuttosto che in Germania. Gioie degli investimenti esteri...
Quanto al neo-liberismo europeo, si esprime essenzialmente nella compressione delle condizioni dei lavoratori e nella pressione per privatizzare anche le nonne, ma solo nei paesi periferici (anche qui: ma guarda un po'...). E comunque voglio vedere come va a finire la vicenda del TTIP, che dovrebbe chiamarsi piuttosto TPLM (Trattato per le multinazionali). A lei sembra che io usi la lente dell'ideologia, io sono ingenuamente convinto di guardare ai fatti.

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Grazie Vincesko
Per la citazione dell'articolo del Sole che conferma quello che sostenevo contro Carlo Clericetti e buona parte dei bloggers nei miei post dell'11 e 12 febbraio scorsi.

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Dovrebbe riuscire a convincerne Vincenzo Visco. Ecco cosa scrive sul Sole di oggi:
"Se poi si guarda a come sono stati gestiti i cosiddetti “aiuti” alla Grecia c'è di che vergognarsi: dei 230-240 miliardi investiti dall'Unione solo il 25% circa è andato a beneficio diretto o indiretto del popolo greco. Il resto è servito ad evitare che le banche tedesche e francesi che avevano generosamente finanziato la Grecia subissero delle perdite, ed assicurare che Fmi, Bce e banche centrali di Francia e Germania ottenessero il rimborso pieno dei prestiti ottenuti. In questa operazione si è perfino ottenuto che Paesi come l'Italia e la Spagna che all'inizio della crisi greca avevano una esposizione molto modesta nei confronti del debito pubblico del Paese pari rispettivamente a 1,7 e a 2miliardi, oggi si trovino esposti nei confronti della Grecia di 36 e 26 miliardi! I soldi dei contribuenti di Spagna e Italia sono stati di fatto utilizzati a favore di chi improvvidamente aveva finanziato lo sviluppo drogato dell'economia greca".
http://24o.it/SyxEiu

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@feanaaro (17 febbraio 2015 alle 16:44)
Il welfare non è il discrimine. Non sono un espertone, ma da “La ricchezza delle Nazioni” di Adam Smith, padre del liberismo, ho appreso che la Gran Bretagna, storicamente uno dei Paesi con le maggiori diseguaglianze e dove il neoliberismo[1] certamente si applica, in passato aveva una legislazione nazionale di assistenza ai poveri, basata sui Comuni e le parrocchie. Dopo Beveridge,[2] ha introdotto uno dei migliori welfare.
La Germania ha sia l’Ordoliberismo,[3] che non si identifica col neo-liberismo, sia un forte partito socialdemocratico, che, tranne nell’ultimo periodo, si alternava al governo con i popolari ed ovviamente emanava leggi di sinistra. Ora vanno di moda le Grandi Coalizioni. E le Terze Vie.[4] E la sinistra riformista si è omologata alla destra.
Il discrimine sono le regole per il mercato (con particolare riguardo, oggigiorno, a quello finanziario, senza trascurare le imprese multinazionali, entrambi capaci di condizionare il decisore politico). E le disuguaglianze.
Vincesko

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Caro Clericetti
Mi sono già espresso su queste questioni nei miei post della scorsa settimana che oggi sono confermati dall'articolo del Sole citato da Vincesko.
Ribadisco che l'esposizione italiana da Lei citata ignora i titoli greci detenuti massicciamente da investitori privati convogliati nelle coperture garantite in mano all'Esm.
Il saldo non penalizza affatto i contribuenti italiani né spagnoli.
Il governatore Visco dovrebbe esimersi dal confondere "impieghi" (contabilizzati nel conto economico) e "titoli" (contabilizzati nello stato patrimoniale) per manifestare sottotraccia il suo "risentimento" rispetto alle condizioni del QE.
(off al forex)
Riguardo le trattative Ttip conferma quello che ho scritto già molte volte che la strategia americana ha 2 obiettivi
- imporre il predominio neo-lib delle multinazionali americane contro il rispetto della reciprocità normativa propugnata dalla UE
- disarticolare con ogni mezzo la zona euro per ritrovarsi (con buona pace di Obama) attore dominante nello spazio commerciale e finanziario europeo.
Ps
Se un giorno fosse possibile, La inviterei a effettuare uno stage esplorativo negli uffici della BCE per capire dove si situa il vero fronte contro il neo-liberismo.
(La ringrazio cordialmente per le Sue risposte)

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Attenzione, non è il governatore (Ignazio), ma l'ex ministro delle Finanze (Vincenzo).

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Grazie della correzione.
Porgo le mie umili scuse al governatore!

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Clericetti scrive......
>>> Si fa poco o nulla per superare la crisi in modo da mantenere alta la pressione ad introdurre le cosiddette “riforme strutturali”, che altro non sono se non il modo di trasformare definitivamente la società in senso reazionario>>>
Ariecco la teoria del complotto.
Anche in Germania hanno introdotto le cosiddette "riforme strutturali".
Anzi, le hanno introdotte per primi.
Ed oggi non mi sembra che in Germania se la passino male.
Ed allora, com'è che in certi paesi le riforme strutturali hanno messo quei paesi in ginocchio ?
La ragione è banale......
Perché quei paesi, negli anni prima della crisi, avevano fatto la bella vita.
Guardate quanto era cresciuto il debito pubblico greco (e portoghese) prima della crisi...... Guardate il grafico......
http://www.huffingtonpost.it/2015/02/17/debito-italia-wp-bomba-orologeria-europa_n_6696674.html?utm_hp_ref=italy
Praticamente, tra il 2000 ed il 2007, il pil greco era cresciuto del 40% abbondante.
Come ?
Con la spesa pubblica. Con gli stipendi pubblici. Con le pensioni regalate.
Ed allora, mi sembra evidente che non è il neoliberismo reazionario, che ha messo in ginocchio la Grecia.
E' stata la spesa pubblica cresciuta in modo folle prima della crisi, ad aver messo in ginocchio la Grecia.
Clericetti, lasci perdere il complotto.

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Gorby, ma quale "teoria del complotto"... L'hanno detto chiaro e tondo, e anche più d'una volta.

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@gorby07 (17 febbraio 2015 alle 22:41)
"Ariecco la teoria del complotto".
Evidente esempio di proiezione. Non scoprire ulteriormente la tua natura paranoica. Ormai sei nudo.
Vincesko

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Domenicobasile (17 febbraio 2015 alle 21:14)
Domenico, volevo chiedertelo l’altro giorno, poi sono stato preso da altre cose. Non mi pare che i dati che ho riportato ti diano ragione. Ma, prima di argomentare, ti prego di spiegarti meglio, evitando, per la comprensione anche degli altri, il più possibile i tecnicismi.
In sostanza, ti chiedo di rispondere ai 2 seguenti, semplici quesiti:
1. E’ vero che i debiti greci verso le banche (soprattutto) tedesche e francesi sono diventati debiti pubblici verso gli organismi europei (fondi salva-Stato e BCE, oltre FMI)?
2. E’ vero che, a seguito di ciò, l’Italia ha visto moltiplicarsi per 20 o 30 la sua esposizione verso la Grecia?
Grazie,
Vincesko

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Segnalo:
“Il problema di Bruxelles non è il debito pubblico ma quello delle banche”
Gaël Giraud, economista gesuita, si batte in Francia per separare il credito dalla finanza: in Europa ci sono molte bombe a orologeria
Non esiste un’«economia cattolica», ci dice padre Giraud, esiste un «forum pubblico mondiale nel quale si discutono le opzioni politiche. In questo forum gli economisti hanno un ruolo importante nell’aiutare la ripartizione delle risorse». La voce del quarantenne gesuita Gaël Giraud, che prima di diventare gesuita ha studiato da economista nelle alte scuole parigine (Normale e Polytechnique), ha un suo peso in questo «forum» e – ovviamente – una sua originalità. Non solo per la denuncia del «cin...
CESARE MARTINETTI
08/10/2014

http://www.lastampa.it/2014/10/08/cultura/il-problema-di-bruxelles-non-il-debito-pubblico-ma-quello-delle-banche-kyR0JBN09yh0ube3pKuhxH/premium.html
Vincesko

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Ciao Vincesko,
Avevo tentato di rispondere a queste domande nei miei post della scorsa settimana ma vedo che non sono riuscito a spiegarmi.
Se vogliamo capirci, dobbiamo prima fare la differenza fra esposizione ai titoli di stato ed esposizione attraverso altre classi di attivi (finanziamenti, portafogli creditizi, filiali...)
Nei dati riportati questa separazione non appare.
Quando nel 2012 c'è stato il secondo piano di ristrutturazione per la Grecia, il fondo ESM ha essenzialmente ricomprato al nominale gran parte dei titoli greci detenuti da investitori privati (banche e assicurazioni).
Gli altri veicoli di esposizione (filiali, finanziamenti, portafogli creditizi) hanno continuato a pesare sui bilanci delle banche francesi e tedesche che hanno registrato perdite importanti e in alcuni casi fenomenali.
Ora restando all'esposizione sui titoli di stato greci, la situazione dell'epoca fra banche tedesche, francesi, italiane e spagnole era pressoché equivalente.
Quindi alla tua prima domanda rispondo :
1) Si ; i debiti greci (titoli di stato) in mano alle banche tedesche, francesi, italiane e spagnole, sono stati ricomprati dall'ESM e trasformati in debito pubblico spalmato secondo la chiave di ripartizione.
Alla tua seconda domanda rispondo:
2) No ; l'esposizione delle banche italiane è nell'immediato globalmente diminuita.
Per questa ragione tra l'altro i nostri istituti (al contrario degli altri) hanno ripreso gli acquisti massicci di titoli greci in 2013 e 2014.
Ps
(Cito un po' a memoria sulla base degli stress test Eba di quel periodo ma per avere la prova definitiva bisognerebbe spulciare i bilanci bancari e fare diversi confronti incrociati, ma non entrò nella tecnica).
Ciao.

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@domenicobasile (18 febbraio 2015 alle 16:14)
”Alla tua seconda domanda rispondo:
2) No ; l'esposizione delle banche italiane è nell'immediato globalmente diminuita.
Ciao, Domenico, la mia seconda domanda (peraltro ho esagerato l’entità dell’esposizione dell’Italia attribuendola tutta alla Grecia) non attiene alle banche ma allo Stato italiano, i cui prestiti ai Paesi in difficoltà, secondo la Banca d’Italia, ammontano complessivamente (quindi dati non solo alla Grecia) a 60 mld.[*] E’ indubbio che l’Italia sia stata chiamata a finanziare attraverso i fondi salva-Stato (ai quali contribuisce in ragione del 17,9% del totale) crediti che erano originariamente detenuti dalle banche tedesche e francesi, ecc. E’ ininfluente se questi crediti siano rappresentati da titoli di Stato o da passività Target2 (v. PS).
[*] Anziché quello della Banca d'Italia, reperibile sul suo sito alla voce debito pubblico, allego questo report del MEF che avevo per errore omesso dopo il post di Keynesblog linkato più sopra (16 febbraio 2015 alle 13:28), che contiene anche gli Aiuti di Stato alle banche in UE (2007-2013):
#prideandprejudice
“L'Italia viene spesso descritta, soprattutto nella comunità internazionale, sulla base di alcuni indicatori negativi: il debito pubblico, la bassa competitività, il deficit nominale di bilancio (che in passato ha determinato l'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea). Tuttavia, accanto a questi dati ci sono grandezze economiche utili a rappresentare l'Italia per ciò che è: uno dei paesi principali del mondo sviluppato, il secondo paese per produzione manifatturiera in Europa, la terza economia dell'Eurozona.
Un paese che negli ultimi venti anni ha saputo tenere i propri conti sotto controllo collocandosi tra i più virtuosi in Europa e nel mondo. Raccogliamo qui alcuni dati economici dell'Italia di cui non si parla mai, o non abbastanza, per combattere il pregiudizio e rappresentare adeguatamente un Paese che ha contribuito a fondare l'Unione Europea.

http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0143.html
Vincesko

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PS:
Grexit, l'Italia rischia 61,2 miliardi
EUGENIO OCCORSIO
13 febbraio 2015
[…] l'esposizione dell'Italia verso la Grecia, che diventa automaticamente a rischio nel caso di uscita di Atene dall'euro, arriverebbe a 61,2 miliardi. Il calcolo è della Barclays, […] E si fanno i calcoli dei costi per i partner europei.
[…] La tabella sull' official exposure per l'Italia recita: 10 miliardi di prestiti bilaterali, 27,2 tramite il fondo salvastati, 4,8 come quota parte dell'operazione Securities Markets Programme del 2012 (l'acquisto di titoli di debito da parte della Bce di cui peraltro beneficiò anche il nostro Paese), 19,2 come passività derivanti dal Target 2 (il sistema di compensazione dei pagamenti fra banche nazionali coordinato dalla Bce che rimarrebbe congelato dalla Grexit). Le ultime due voci sono calcolate sulla base del capital key, la quota dell'Italia nel capitale Bce che è del 17%. Totale: 61,2 miliardi,

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/02/13/grexit-litalia-rischia-61-2-miliardi06.html

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Scusa Vincesko
Manca un paragrafo
.....2013 e 2014.
"In termini di paese, l'Italia ha aumentato la sua esposizione relativa poiché ha integrato quella delle sue banche ma non si è fatta carico del costo connesso alla quota proveniente da altre banche e parimenti importata nel fondo ESM.

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PPS: Sul Target2, segnalo questa interessante analisi (inclusi i commenti):
I famosi saldi TARGET2
28 marzo 2013 • enzo michelangeli
A partire dai primi mesi dell'anno passato, sulla stampa e in rete si è discusso in varie occasioni dei saldi del sistema di pagamento intra-eurozona chiamato TARGET (o, per essere precisi, TARGET2, per distinguerlo da sua una prima versione operativa fino al 2007). I commentatori si sono divisi tra coloro che considerano la cosa un sintomo di disfunzionalità dell'Eurozona, se non un preludio al suo crollo, e quelli che ne minimizzano l'importanza come dettaglio contabile di scarsa incidenza economica. In quest'articolo cercherò di fornire al lettore qualche elemento di valutazione in modo da aiutarlo a decidere a quale campo si senta di dar ragione.

http://noisefromamerika.org/articolo/famosi-saldi-target2

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Domenico, non mi pare che la tua risposta sia esauriente e sorretta da prove.
Purtroppo, io non sono riuscito a trovare le cifre relative ai singoli Paesi destinatari dei 60 mld prestati dall’Italia, ad eccezione dei 10 mld del prestito bilaterale alla Grecia, né quanti sono gli ex crediti delle banche tedesche e francesi verso la Grecia, “sostituiti” da noi.
La Banca d’Italia fornisce solo questi numeri:
Supplementi al Bollettino Statistico Indicatori monetari e finanziari /VNFSP
Finanza pubblica, fabbisogno e debito Nuova serie Anno XXV - 14 Gennaio 2015
Fig. 1 SOSTEGNO FINANZIARIO AI PAESI DELLA UEM (2) (valori cumulati; miliardi di euro) (1) Cfr. appendice metodologica. (2) Sono escluse le passività connesse con i prestiti in favore di paesi della UEM, erogati sia bilateralmente sia attraverso lo European Financial Stability Facility (EFSF) (serie S452657M), e con il contributo al capitale dello European Stability Mechanism (ESM) (serie S271668M) 

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/finanza-pubblica/2015-finanza-pubblica/suppl_3_15.pdf
Vincesko

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PS: Per completare la disamina dei dati in mio possesso, la Voce.info dà questi numeri:
La Grecia ci deve 43 miliardi
26.01.15
First financing program, bilateral loans 10,01 mld
First financing program, IMF (SBA) 0,66 mld
Second financing program, EFSF 27,22 mld
Second financing program, IMF (EFF) 0,4 mld
ECB security Market Program 4,84 mld 

http://www.lavoce.info/archives/32587/grecia-ci-43-miliardi-2/

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Vincesko
Solo le banche francesi hanno comunicato in 2011 le cifre della loro esposizione ma senza dettagliare. Le banche tedesche e italiane tradizionalmente restano opache e spalmano i titoli che detengono sull'insieme delle loro filiali.
Quindi per esempio se vuoi ricostruìre il possesso di titoli in Unicredito dovresti spulciare circa 200 bilanci.....
Ti prometto che in marzo riprenderò gli stress tests e cercherò una spiegazione.
Una cosa è chiara, più il sistema bancario è frammentato come in Italia o Germania, più l'opacità è grande e l'esposizione al rischio è "esponenziale".
Ma ricorda nelle tue ricerche che il problema sono i titoli di stato non i portafogli creditizi portati in diretta o attraverso le filiali. L'Esm ha ricomprato solo i titoli cercando di compensare l'effetto dell'haircut.
Per questo dico che le banche italiane se ne sono trovate avvantaggiate perché non avendo filiali importanti in Grecia non hanno subito perdite di bilancio ed hanno giocato con la loro esposizione netta in titoli per "lucrare" sulla cessione all'Esm, ritornando immediatamente sul mercato dei titoli greci.
Interessante il secondo articolo su Target2, un'arma a doppio taglio.
Ci ritornerò più tardi.
Ciao

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Vincesko
Incrociando i dati delle tabelle che presenti si evince che, nel periodo di riferimento -2012-, l'aumento dell'esposizione italiana all'EFSF è stata di 27 miliardi.
Pottebbe essere questo l'ordine di grandezza che corrisponde alla copertura dei titoli delle banche italiane.
Ora bisognerebbe analizzare se a partire dall'esposizione totale del fondo Esm alla Grecia (al netto del contributo al capitale) azionando la chiave di ripartizione, si arriva ad un valore analogo.
Bisognerebbe poi fare la prova del nove con i dati analoghi emananti da Buba e Banque de France.
(e non è detto che dati analoghi siano disponibili)

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Vincesko
Per completare le riflessioni in corso, direi che la cifra di 27 miliardi è comprensiva delle partecipazione italiana al secondo piano di salvataggio.
Quindi i fondi dedicati all'acquisto dei titoli greci detenuti dai privati è una frazione di quel numero.
In un resoconto dell'Ecofin di novembre 2012, è indicato che la somma stanziata a questo effetto era inizialmente di 10M ma è stata in seguito aumentata per far fronte ad un'offerta di titoli di 31M.
Questo non chiarisce ancora la ripartizione paese per paese ma per arrivarci bisogna partire da lì.
Ciao


Postilla

La discussione sui debiti della Grecia continuerà poi qui:

L’arrogante predominio tedesco, il salvataggio della Grecia e l’abuso delle stupide regole UE


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