venerdì 11 dicembre 2020

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e il monarca Giuseppe Conte



La prima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) aveva assegnato al Sud appena il 30% del totale delle risorse, cioè un livello neppure proporzionale alla popolazione, quantunque – ancorché fosse già stato rilevato in passato - sia ormai venuto completamente alla luce del Sole da oltre un anno per merito in particolare del Quotidiano del Sud, diretto da Roberto Napoletano, e sia ora oggetto di disputa tra gli specialisti, l’iniquo riparto delle risorse fra le tre ripartizioni territoriali dell’Italia: Nord, Centro e Sud.

Sarebbe utile sapere i nomi e i cognomi di chi ha (i) stilato e (ii) appoggiato la prima bozza del PNRR.

Sarebbe anche utile indagare se il 30% è stato un errore non intenzionale di un funzionario o una mossa tattica per rendere digeribile il 34% poi indicato a pag. 117 della seconda bozza del PNRR,[1] che rappresenta la quota di popolazione del Sud, ma comunque è ben lontano dal 45% della cosiddetta “clausola Ciampi” e ancor di più dal 60% che rappresenta la quota maggioritaria auspicata, pare anzi prescritta, dall’Unione Europea per il Mezzogiorno, che sarebbe la misura minima congrua sia per cominciare seriamente a colmare i divari territoriali, sia per compensare il Sud dello “scippo” dei fondi ordinari degli ultimi decenni determinato dal riparto iniquo e incostituzionale (art. 119)[2] basato sulla spesa storica e contravvenendo a quanto stabilito dalla legge 42 del 2009 (cosiddetta Legge Calderoli sul federalismo fiscale).[3]

Il PdC Conte non è Prodi o Ciampi. L’ex PdC Renzi ha contestato la governance verticistica del PNRR e minacciato la crisi di governo. In fatto di autoreferenzialità ed egotismo, Renzi è l’ultimo a poter parlare, ma nel caso del PNRR segnala un problema reale. Data l’inefficienza della PA, la centralizzazione della gestione dei 200 mld del PNRR – vedi appresso - è non solo utile ma necessaria. Ma in fatto di scelta e gestione di progetti complessi e competenze di eccellenza il ‘parvenu’ tuttologo e tuttofare PdC Conte non è, manco alla lontana, Prodi o Ciampi.

Nel difficile ruolo di PdC, egli ha palesemente raggiunto il suo livello di incompetenza.[4] Maschera e compensa i suoi limiti evidenti con una straordinaria capacità di resilienza.[5] Neppure Prodi aveva un suo partito, e pagò ciò caramente, ma aveva visione strategica, competenza tecnico-economica, sensibilità per la Questione meridionale, spirito di squadra e la statura intellettuale per avvalersi di persone altamente competenti (ancor più Ciampi), secondo il principio “Dimmi che collaboratori hai e ti dirò chi sei”. Forse il suo vero punto debole fu che si scelse il portavoce più taciturno del mondo, con conseguente défaillance comunicativa degli ottimi risultati ottenuti nonostante la breve durata dei suoi due governi.

Ecco, per incompetenza e inadeguatezza Conte è paragonabile a Berlusconi, che in politica, infatti, a differenza che nelle sue aziende, si è sempre contornato di personaggi mediocri, pescando - nellipotesi migliore - tra le seconde o terze file della Prima Repubblica. Ma almeno lui è un eccellente venditore. Beninteso, della corrente che propugna la tecnica di vendita manipolatoria (laltra corrente caldeggia la metodologia basata sulla costruzione di un rapporto di fiducia con il cliente protratto nel tempo).
In che cosa eccella Conte, tranne la sua formidabile resilienza, io non saprei dire. Neppure in lingua italiana, eccelle. Neppure in aritmetica o in diritto costituzionale, eccelle, visto che... la sua prima bozza del PNRR assegnava al Sud il 30% delle risorse, calpestando in un colpo solo la matematica, la demografia, la Costituzione, nonché la sua origine meridionale. Purtroppo, perché è doloroso ammetterlo.

Asili nido anziché case popolari. Le persone non vivono negli asili nido, come pare immagini il tuttologo e tuttofare PdC Conte, ma nelle case. Ma non sembra ci sia traccia nel PNRR del piano corposo di alloggi pubblici di qualità, estremamente carenti in Italia, in particolare al Sud, poiché essi attualmente rappresentano un misero 1,5% del totale dei 35.000.000 di immobili residenziali, che fa assegnare all’Italia, di gran lunga, l’ultimo posto in UE. Esprimo, allora, la speranza, come ho scritto a Conte, che lo si possa varare e finanziare con i 4 mld derivanti dal ripristino dell’ICI-IMU-TASI sulla casa principale, che verrebbe pagata per 2/3 dai ricchi e dai benestanti, mentre gli altri pagherebbero un piatto di lenticchie.[6]

Tasse. La riduzione delle tasse – come ha avvertito ripetutamente il Commissario europeo Gentiloni - non è finanziabile con il Piano Ripresa e Resilienza europeo, ma Conte, novello monarca all’incontrario, l’ha inclusa lo stesso.

Il Vice Segretario del PD, Andrea Orlando, ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera: «Dovremo capire come questa struttura si raccorderà al lavoro dei ministeri, evitando duplicazioni, e come si eviteranno forme di accentramento. L’accentramento, comunque, non ha nulla a che vedere con la struttura esterna, si può avere anche senza e va evitato in tutti casi, non perché c’è diffidenza nei confronti di Conte ma perché se tutto arriva su un solo tavolo le risposte rischiano di giungere troppo tardi».

Duplicazioni. Giusto evitare le duplicazioni, ma bisogna risolvere questo problema a monte, suddividendo i compiti e gli obiettivi tra la struttura ordinaria, cioè quella ministeriale, e la struttura straordinaria che dovrà gestire i 209 mld, altrimenti sono inevitabili.

Accentramento. È fondamentale chiarire questo aspetto. Se per accentramento si intende evitare che il tuttologo e tuttofare PdC Conte entri nella gestione delle risorse è giusto e opportuno. Egli dovrà operare come opera un Presidente del Consiglio di amministrazione NON operativo in un’azienda, quindi limitarsi a nominare l’Amministratore Delegato, rappresentare legalmente l’azienda, curare i rapporti latamente politici, approvare il piano strategico aziendale e valutare i risultati.
L’accentramento, invece, è una condizione necessaria per il successo del PNRR (si veda il punto successivo). All’accentramento – variabile fondamentale – vanno perciò subordinate e condizionate le scelte organizzative e procedurali conseguenti.

Schema triangolare. Fontana, Zaia e Bonaccini, i primi due della Lega Nord, il terzo del PD e presidente della Conferenza Stato-Regioni, un organo non previsto dalla Costituzione ma che, secondo Roberto Napoletano, è diventato di fatto una sorta di terza Camera, i quali hanno chiesto, l’ultimo rivolgendosi direttamente a Bruxelles, i fondi del PNRR, rappresentano il vecchio schema.

L’attuale schema dei fondi europei è basato sulla triangolazione Stati -- > UE -- > Regioni: gli Stati nazionali versano a Bruxelles le risorse, che vengono retrocesse alle Regioni, che realizzano i vari piani. Come è noto, per varie ragioni, quote cospicue restano inutilizzate, in particolare nelle Regioni in ritardo di sviluppo, inefficienza che si somma al riparto iniquo e incostituzionale delle risorse nazionali tra le Regioni del Nord e quelle del Sud, aggravando i divari.

Questo schema inefficiente e iniquo va ribaltato nella gestione del PNRR, proprio attraverso la centralizzazione della gestione delle risorse. Pertanto, le richieste dei soliti egoisti e bulimici Fontana, Zaia e Bonaccini (presidenti di Regioni del Nord che da decenni prendono più soldi di quanti spetterebbero loro in base alla popolazione, sottraendoli al Sud) vanno rigettate, anzi si autoescludono, perché rispondono al vecchio schema triangolare, dimostratosi inefficiente e iniquo.

Nel nuovo schema, la ripartizione dei fondi viene decisa al centro, deve tener conto dei divari profondi tra il Nord e il Sud e quindi concentrare gran parte dei 209 mld del PNRR nel Mezzogiorno, dove peraltro, secondo il PNRR (pag. 118), i moltiplicatori sono molto più alti che al Nord.[7] 

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Note:

[1] PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
“Per quanto riguarda la quota del PNRR afferente alle Regioni del Sud si è utilizzata l’ipotesi che ad esse sia destinato il 34 per cento dei fondi additivi.”
https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato7468930.pdf

[2] Art. 119 […] La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
https://www.senato.it/1025?sezione=136&articolo_numero_articolo=119

[3] Legge 5 maggio 2009, n. 42 "Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione"
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09042l.htm

[4] resilienza
1. Capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi.
2. In psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

[5] Principio di Peter https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_Peter

[6] Secondo il MEF, il gravame medio annuo nel 2012, ultimo anno di applicazione, fu di 225€ e l’85% pagò meno di 400€.

[7] Tavola 4-11: IMPATTO SUL PIL (deviazione percentuale dallo scenario di base)

 

Base

2021

2022

2023

ITALIA

0,43

0,93

1,05

1,10

Sud

1,96

4,21

4,89

5,29

Abruzzo

1,14

2,61

3,35

3,75

Molise

1,96

4,39

5,35

5,82

Campania

2,09

4,46

5,17

5,60

Puglia

1,94

4,17

4,85

5,23

Basilicata

1,50

3,18

3,69

4,00

Calabria

1,98

4,19

4,75

5,08

Sicilia

2,19

4,67

5,35

5,74

Sardegna

1,95

4,18

4,90

5,34

Fonte: Elaborazione su dati MACGEM-IT.

Come si evince dai risultati della simulazione, l’impatto sul PIL reale nazionale della manovra complessiva (shock combinati) raggiunge nel 2024 l’1,1 per cento. A livello regionale l’impatto della manovra complessiva si attesta per l’intera area interessata nel 2024 al 5,3 per cento circa con una variabilità regionale che va dal 3,75 per cento registrato in Abruzzo a oltre il 5 per cento per le altre Regioni. L’impatto differenziato è legato alla diversa struttura produttiva delle singole regioni. Inoltre, si evidenzia che la sinergia delle azioni ha un impatto sul PIL nazionale e regionale più elevato rispetto alla somma degli effetti delle manovre condotte separatamente. Tale risultato conferma la rilevanza degli impatti indiretti, indotti e non lineari che le manovre hanno a livello nazionale e regionale.

 

 

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 http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2871228.html

  

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