Pubblico
la lettera che ho inviato cinque giorni fa al Prof. Alberto Brambilla, esperto
di previdenza, docente universitario e presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, su un suo articolo con fake news sulla riforma Fornero. Avevo già avuto qualche dubbio in passato (cfr. l’articolo riportato alla nota 6), che si sono dissipati dopo aver letto l’articolo riportato sotto. Ad oggi, non ho ricevuto nessuna
risposta.
Lettera al Prof. Alberto Brambilla su un suo articolo con fake
news sulla riforma Fornero
Da: v
5/4/2018 23:41
A: info@itinerariprevidenziali.it, flavia.brambilla@itinerariprevidenziali.it e altri 48+196
Egr.
Prof. Brambilla,
Ho letto il Suo articolo Agenzie
di rating e sovranità nazionale. Mi permetta di
osservare che alcune Sue affermazioni non sono aderenti al testo delle norme
pensionistiche. Che è un dato che accomuna da sei anni quasi tutti gli
Italiani. Ciò mi sorprende ancora di più nel Suo caso, poiché La ho inclusa da
alcuni mesi tra i destinatari delle mie lettere circolari: evidentemente, o non
gliele hanno passate o le ha tenute in non cale.
Citazione1:
Non credo occorra
altro per dimostrare i punti deboli della riforma e, quindi, la necessità di
qualche aggiustamento anche perché la cosiddetta riforma Monti/Fornero si può
scomporre in 2 parti. La prima
recepisce i contenuti delle precedenti riforme incluso quelle dell’ultimo
governo Berlusconi: mi riferisco ai due stabilizzatori automatici che
garantiscono la sostenibilità del sistema pensionistico, e cioè l’aggancio
dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita e la revisione triennale dei
coefficienti di trasformazione (i numerini che trasformano i contributi versati
in pensione), e che nessuno vuole modificare!
Osservazioni:
1.
Talvolta, più che recepire, per la
L. 214/2011, art. 24 si può
parlare di plagio, di appropriazione indebita, vedi, ad esempio, l’aumento formale
di un anno dell’età di pensionamento sia di vecchiaia che di anzianità (o
anticipata), però compensato
dall'abolizione della “finestra”.
2.
Tant’è vero che ha ingannato tutti, proprio tutti (cfr. http://vincesko.ilcannocchiale.it
oppure http://vincesko.ilcannocchiale.it:
soltanto negli ultimi quattro mesi, ho scritto ad oltre 40 destinatari, tra cui
l’ISTAT,[1] l’OCSE,[2] il Ragioniere Generale dello Stato,[3] Le Monde[4] e l’FMI[5]), anche
noti esperti, almeno apparentemente, oltre a tutti i media, immemori di ciò che
scrivevano nel 2012 sugli effetti della riforma SACCONI.[6]
3.
Una legge in vigore non necessita di recepimento o, come afferma Giuliano
Cazzola,[6] di conferma.
4.
L’adeguamento automatico all’aspettativa di vita è stato introdotto dalla
riforma SACCONI (L. 102/2009, art. 22ter, comma 2,
modificato sostanzialmente dalla L. 122/2010, art. 12, comma 12bis, norma che viene ogni volta richiamata
nella L. 214/2011).
Citazione2:
La seconda è
quella che, con nuove norme, ha
irrigidito il sistema: 1) l’innalzamento dell’età pensionabile che arriva
addirittura a circa 6 anni (fatto mai accaduto nella lunga storia di riforme) e
che ha falsato il meccanismo dell’aggancio all’aspettativa di vita portando
avanti di colpo le lancette anche di 6 anni; 2) l’eliminazione della pensione di anzianità o
vecchiaia anticipata con
l’abolizione del requisito di 40 anni di anzianità contributiva; 3) l’indicizzazione dell'anzianità contributiva alla speranza di vita. Incremento di età e anzianità contributiva hanno di
fatto ingessato il sistema e, per accedere alla pensione, servono 66 anni e 7
mesi di età (67 anni dal 2019) oppure un'anzianità contributiva di 42 anni e 10
mesi (43 anni e 2 mesi dal 2019) per i maschi e un anno in meno per le femmine,
con enormi ripercussioni negative per i cosiddetti precoci, cioè quelli che
hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età. Di questo passo, tra pochi
anni, occorrerà avere 45 anni di anzianità contributiva, requisito che non è
richiesto da nessun sistema pensionistico Ocse, come del resto i 67 anni di età.
Osservazioni:
1.
L’allungamento dell’età di pensionamento è frutto in grandissima parte della
riforma SACCONI (vedi Appendice).
2.
In particolare, per quanto
riguarda il pensionamento di vecchiaia: (i) per le dipendenti pubbliche,
l’allungamento al 2019 ammonta a 7 (sette) anni, di cui i primi sei di botto, senza gradualità; (ii)
gli uomini non sono stati toccati dalla riforma Fornero; e (iii) che ha
soltanto accelerato l’allineamento a tutti gli altri (già regolati da SACCONI)
delle donne del settore privato (dipendenti e autonome) a 65 anni, ma l’aumento da 65 a 67 è dovuto
per 4 mesi a Damiano (“finestra”) e per 1 anno (adeguamento automatico) e 8
mesi (“finestra”) a SACCONI.
3.
“l’abolizione del requisito di 40 anni di anzianità contributiva” è stato
deciso dalla riforma SACCONI nel 2010, che l’ha aumentato a 41 anni.
4.
“L’indicizzazione dell’anzianità contributiva alla speranza di vita” non è stata
decisa da Fornero ma da SACCONI [rectius:
da Sacconi per la vecchiaia e le “quote”; da Fornero per le pensioni
anticipate].
5.
Dei 43 anni e 3 mesi per gli uomini nel 2019, solo 1 anno (da 41 a 42) è dovuto
a Fornero [rectius: 2 anni (1 anno e 3 mesi relativamente ai dipendenti o 1 anno e 9
mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di
Damiano) e 2 anni sono di Fornero o 1 anno e 6 mesi relativamente agli autonomi, ndr*].
6.
Dei 42 anni e 3 mesi per le donne nel 2019, nulla è ascrivibile a Fornero [rectius: 1 anno*], ma a SACCONI
[rectius: 1 anno e 3 mesi], tranne 4 mesi a Damiano.
[* Sono stato ingannato per alcuni anni (i) dalla prima
lettera di chiarimenti del Governo all'UE (26 ottobre 2011), che, oltre al grave errore dei 67 anni per tutti
entro il 2026 in luogo del 2021 (il 2026 valeva soltanto per le lavoratrici
private), non esclude le pensioni di anzianità dall’adeguamento all’aspettativa
di vita, e poi (ii) dall'uso di testi della legge 122/2010 o di Normattiva, che
aggiornano i testi delle leggi, per cui ho attribuito erroneamente a Sacconi
l'applicazione dell'adeguamento alla speranza di vita, oltre che alle pensioni
di vecchiaia e alle cosiddette “quote” (somma di età anagrafica e anzianità
contributiva), poi abolite da Fornero, anche alle pensioni anticipate, ex
anzianità (che prescindono dall’età anagrafica), estensione che invece è stata
decisa da Fornero, ndr].
7.
La riforma Fornero ha soltanto modificato la periodicità dell’adeguamento
automatico da triennale a biennale, a decorrere dal 2022 (“13 Gli adeguamenti
agli incrementi della speranza di vita successivi a quello [triennale, ndr]
effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale”,
L. 214/2011,
art. 24, comma 13) quindi fino al 2021 non incide per nulla,
anche se il Ragioniere Generale dello Stato – che deve emanare il decreto
direttoriale - fa partire erroneamente l’adeguamento biennale dal 2019 e quindi
nel 2021.[3]
Citazione3:
Non ci sembra
che si chieda la luna se si vuole un minimo di flessibilità in uscita, peraltro con proposte che hanno costi
contenuti. Quanto all’incidenza della spesa pensionistica sul
Pil pari al 16%, rileviamo che Istat inserisce nella spesa per pensioni una
quota importante della spesa assistenziale: in realtà, la spesa IVS
(invalidità, vecchiaia e superstiti) è sotto il 14%, quindi nella media Ue;
purtroppo, a volte, riusciamo anche a farci male da soli. Non ci pare invece di
aver sentito lamentele da parte delle società di rating (e neppure dalla
stampa internazionale e nostrana) sull'eccesso di spesa assistenziale (100
miliardi contro i 150 netti delle pensioni) incrementati in questi ultimi 5
anni con social card, quattordicesime mensilità, reddito di inserimento (Rei) e
così via, né per l’aumento del debito pubblico che, alla faccia della
sbandierata austerità, in questi ultimi 5 anni è aumentato di 228 miliardi
nonostante, grazie alla BCE, si siano risparmiati 49,5 miliardi di spesa per
interessi sul debito.
Osservazioni:
1.
Nella spesa pensionistica ci sono varie voci spurie:[7]
(i) TFR (1-1,5% del Pil), che è salario
differito[8] e può essere riscosso decenni prima del
pensionamento;
(ii) un 10% di spesa assistenziale sul totale
della spesa pensionistica (1,5% circa del Pil);
(iii) un peso fiscale comparativamente maggiore (la spesa
pensionistica italiana è al lordo di quasi 50 mld di imposte, che per lo Stato
è una mera partita di giro: gli assegni pensionistici sono erogati al netto);[9]
(iv) un
uso prolungato, a causa dell’assenza di adeguati ammortizzatori sociali (usati
negli altri Paesi), delle pensioni di anzianità appunto come ammortizzatore
sociale;
(v) infine, ad essere esaustivi, nella spesa
pensionistica degli altri Paesi andrebbero sommati gli incentivi fiscali (=
minori entrate) alle pensioni integrative (v., in particolare, la Gran
Bretagna).
2. Al netto dei circa 90 miliardi delle
voci spurie, il rapporto spesa pensionistica/Pil cala al 12%.
3. Occorrerebbe prendere atto che le
società di rating, la stampa e quasi
tutti non conoscono bene o affatto né le norme pensionistiche, né la corretta
classificazione, né i dati disaggregati della spesa pensionistica.
4. Stante un deficit, coperto a debito,
è inevitabile ci sia un aumento del debito pubblico, anche se inferiore al
passato, proprio per il calo degli interessi passivi - unica determinante dell’aumento
del debito pubblico -, grazie alla politica finanziaria finalmente espansiva
della BCE, a partire dal 2015.
Spero di esserLe stato utile e che
voglia contribuire a fare chiarezza sugli autori delle norme pensionistiche.
Cordiali saluti
V.
_______________________________
Note:
[1]
Lettera all’ISTAT di richiesta di informazione sulla fonte di dati
pensionistici errati
[2]
Lettera a Stefano Scarpetta dell’OCSE sulla sua fake news sulla spesa pensionistica italiana, sua risposta e mia
replica
[3]
Lettera al Ragioniere Generale dello Stato e alla Direttrice Generale
Previdenza (p.c. al Presidente della Repubblica e al Parlamento): errori
interpretativi della norma sull'adeguamento dell'età pensionabile
[4]
Lettera n. 2 a Le Monde su un
articolo di Jerome Gautheret con fake
news sulla riforma delle pensioni Fornero
[5]
Lettera a FMI su working paper con fake news sulle pensioni italiane
NB: Vi sono incluse alcune considerazioni sul
risparmio nel lungo periodo dalle riforme delle pensioni SACCONI e Fornero.
[6]
I
sette noti esperti sono: Cazzola, Giannino, Boeri, Garibaldi, Ichino, Damiano e
Sacconi.
Pensioni,
la congiura del silenzio di sette noti esperti di previdenza contro Elsa
Fornero
[7] Questo articolo mi è stato
chiesto da un sito, dopo una mia segnalazione rettificativa (il titolo e alcune
piccole modifiche sono redazionali). Vi analizzo anche il risparmio stimato
dalla RGS.
Pensioni: l’estremismo di Bankitalia e Corte dei Conti
di Vincesko
- 27 October 2017
[8] TFR Eurostat,
l’OCSE e l’FMI considerano il TFR spesa pensionistica (!).
Mentre
tale non è la pensione, almeno secondo una parte della giurisprudenza italiana
– si veda la sentenza della Corte dei Conti 951/2012 http://it.wikipedia.org/wiki/Pensione
- e , soprattutto, la Corte di Giustizia Europea - si veda la sentenza
nel caso della BCE “Il Tribunale dell’UE ha osservato che i diritti
pensionistici non rientrano nel concetto di “retribuzione” come inteso nella
Direttiva 91/533/CEE96 e non costituiscono pertanto un elemento intangibile del
contratto di lavoro; la BCE può quindi riformare lo schema pensionistico senza
il consenso del personale”. (pag. 96) Rapporto annuale BCE sul 2016 http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rapporto-bce/2016-bce/index.html
-.
[9] L’Osservatorio
statistico sulle pensioni è stato aggiornato con
i dati relativi alle pensioni vigenti al 1° gennaio 2017 e
liquidate nel 2016. Al 1° gennaio 2017 le
pensioni erogate dall’INPS, con esclusione di quelle a carico delle Gestioni
Dipendenti Pubblici ed ex-ENPALS, sono 18.029.590. Di queste, 14.114.464 sono
di natura previdenziale, cioè derivano dal versamento di contributi previdenziali,
mentre le altre 3.915.126, che comprendono invalidità civili, indennità di
accompagnamento, pensioni e assegni sociali, sono di natura assistenziale. Nel
2016 la spesa complessiva per le pensioni è stata di 197,4 miliardi di euro, di
cui 176,8 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali).
***
Appendice
Il quadro
complessivo dell’età di pensionamento in base alle norme e ai loro autori è il
seguente (nel 2019):
QUOTE (somma di età anagrafica e
anzianità contributiva): abolite dalla riforma Fornero. Va notato, per inciso,
che, se non ci fosse stata la riforma Fornero, la “quota”, nel 2019, sarebbe
stata di 99, soltanto un anno in meno delle richieste formulate in campagna
elettorale dai due partiti M5S e Lega Nord.
PENSIONE
ANTICIPATA (ex anzianità)
- L'età
di pensionamento degli uomini salirà (da 40 anni nel 2010) a 43 anni e 3 mesi e
di questi 3 anni e 3 mesi in più quasi 2 anni sono di SACCONI, 4 mesi in media
di Damiano e solo 1 anno di Fornero [rectius: 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9 mesi relativamente agli
autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano) e 2 anni sono di
Fornero o 1 anno e 6 mesi relativamente agli autonomi].
- L'età
di pensionamento delle donne salirà (da 40 anni) a 42 anni e 3 mesi, e di
questi 2 anni e 3 mesi in più, quasi 2 anni sono di SACCONI e 4 mesi in media
di Damiano; quindi la Fornero non
c’entra [rectius: 1 anno e 3 mesi, o 1 anno e 9
mesi relativamente agli autonomi, sono di Sacconi (di cui 4 mesi in media di Damiano)
e 1 anno o 6 mesi sono di Fornero].
PENSIONE
DI VECCHIAIA
-
L'età di pensionamento degli uomini salirà (da 65 nel 2010) a 67 anni e questi
2 anni in più sono di SACCONI, tranne 4 mesi in media di Damiano; quindi la Fornero
non c’entra.
-
L'età di pensionamento delle donne del settore pubblico salirà (da 60 di botto
a 65 deciso nel 2010 da SACCONI a seguito della sentenza del 2008 della CGUE,
ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni) + “finestra” di 12
mesi a 67 anni e questi 7 anni in più sono tutti dovuti a SACCONI, tranne 4
mesi in media a Damiano; quindi la Fornero non c’entra.
-
L’allineamento dell'età di pensionamento delle donne del settore privato (da
60) a tutti gli altri (già regolati da SACCONI) a 65 anni più “finestra”,
previsto da SACCONI gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l'adeguamento
automatico), è stato accelerato da Fornero gradualmente entro il 2018, ma in
ogni caso 2 anni (da 65 a 67) sono di SACCONI, tranne 4 mesi in media di
Damiano.
Va
aggiunto (i) che la riforma Fornero ha ridotto da 18 (previsto dalla riforma
SACCONI) a 12 mesi la “finestra” degli autonomi; (ii) che la riforma Fornero ha
aumentato l'età base di vecchiaia e di anzianità di 1 anno (rispettivamente da
65 a 66 e da 40 a 41), ma solo formalmente, poiché ha abolito contestualmente
la “finestra” di 12 mesi, di Damiano (4 mesi in media) e SACCONI (8 mesi), ma
senza evidenziarne il legame, così si è intestata entrambe le misure; (iii)
che, dal 2022, in forza della legge Fornero (L. 214/2011, art. 24, comma 13), l'adeguamento
automatico diverrà biennale (“13 Gli adeguamenti agli incrementi della
speranza di vita successivi a quello [triennale, ndr] effettuato con
decorrenza 1° gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale”), ma,
appunto, è solo un'accelerazione del meccanismo deciso da SACCONI; e (iv) che
la riforma Fornero ha soltanto esteso, pro rata dall’1.1.2012, il metodo
contributivo – introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – a coloro che ne erano
esclusi, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di contributi,
quindi tutti relativamente anziani.
Come
si vede facilmente, la riforma SACCONI è molto più severa e incisiva della
riforma Fornero, oggetti, del tutto ingiustificatamente, di damnatio memoriae la prima e di demonizzazione la seconda, alla quale, dai millanta
ignoranti o in malafede, vengono attribuite tutte le misure della riforma
SACCONI.
Nessun commento:
Posta un commento