PATTI PER IL SUD: VANNO A RILENTO
E MANCANO ALL’APPELLO 11 MILIARDI
25
luglio 2016
Girano alcune false opinioni sui soldi
dati al Sud, che sono la conseguenza sia del pregiudizio negativo di fondo alimentato anche
da troppi sprechi, inefficienze e malversazioni da parte delle Amministrazioni
meridionali, sia dall’abilità di agit-prop degli interessi del Nord, segnatamente
la Lega Nord, che sono stati capaci di inventarsi, propagandare ed imporre una inesistente questione
settentrionale, che ha obliterato quella reale e antica, la questione meridionale. L’ex presidente
della Svimez, Nino Novacco, per rappresentare sinteticamente la questione,
diceva che la Lega Nord era diventata un’abile interprete del detto napoletano
del “chiagne e fotte”.
Provo allora ad analizzare qualche dato.
Il Mezzogiorno è sia un ottimo mercato
di sbocco per i prodotti del Nord, sia un serbatoio di risorse umane, anche di buon
livello. Per le infrastrutture, invece, è un disastro.
Nel suo libro del 1999 “Lo spreco”, Gian Antonio Stella
stimava che: “dall'inizio
dell'operatività, nel 1951, sino al 1992 (ultimi dati conosciuti) e sotto il nome
sia di Cassa per il Mezzogiorno che AgenSud, ha elargito alle regioni
meridionali un totale di 279.763 miliardi di lire”. Vale a dire, in 40
anni, 144,5 mld €, pari a 3,6 mld annui.
Per dare un termine di paragone,
secondo la Banca d’Italia, i trasferimenti al Sud sono stati un'aliquota
ridotta di quelli di cui ha beneficiato la Germania dell'Est dopo la
riunificazione tedesca. “In 40 anni, la
politica straordinaria ha speso nel Sud non più dello 0,7 per cento del Pil. Secondo stime non ufficiali i trasferimenti
lordi alla Germania orientale sarebbero ammontati per il periodo 1991-2003 (vale
a dire in 13 anni, ndr), a 1.250-1500 miliardi di euro,
equivalenti a una media di 96-115
miliardi annui”) (pag. 486) http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/collana-seminari-convegni/2009-0002/2_volume_mezzogiorno.pdf.
Quando la situazione economica non l'ha più permesso e la spesa pubblica
dal 2001 al 2014 è diminuita al sud del 40%, dal declino si è passati al
baratro. Negli stessi 13 anni il Pil reale del sud ha perso 9,4 punti contro
gli 1,7 della Grecia.
Questo è avvenuto, oltre che per la
crisi, quando al governo (del milanese Berlusconi) c’era la Lega Nord e
ministro dell’Economia (“controllato” dalla Lega Nord) era Giulio Tremonti (di
Sondrio), il quale, su input della Lega Nord, quando doveva ripartire i soldi
per le infrastrutture tramite il CIPE ne destinava il 10% al ricco Sud e il 90%
al povero Nord, per risolvere la nota, annosa questione... settentrionale.
Secondo la Banca d'Italia (ibidem), al momento dell'unità d'Italia il Pil
pro capite dei meridionali era pari al 90%
di quello del Centro-Nord, ora, dopo 155 anni, è pari a poco più del 50%. “Fino alla conclusione del XIX secolo, il PIL pro capite delle regioni
meridionali non scese mai al di sotto del 90 per cento di quello
centro-settentrionale” (p. 427).
Sia ben chiaro, non sto dicendo che tutta la colpa è del Nord, ma come
sempre succede in questi casi affermare che essa va distribuita grosso modo al
50% non significa dire un'eresia.
Proposte
Ecco alcune misure incisive volte a ridurre i divari Nord-Sud:
a) analogamente a quanto è stato fatto per la Germania Est, destinare al
Mezzogiorno un ammontare di risorse straordinarie pari ad almeno 50 mld all’anno
per 20 anni, affidandone l’amministrazione (per parare qualunque critica sulla
cattiva qualità della classe dirigente meridionale, sulla quale concordo) ad un
Comitato formato dai presidenti delle Regioni del Nord;
b) applicare rigorosamente la norma che regola la distribuzione dei fondi
per gli investimenti tra Nord, Centro e Sud e ripristinare l’obbligo della
riserva (congrua ed effettiva) degli investimenti per il Mezzogiorno; e
c) restituire al Sud l’ammontare complessivo degli investimenti di
spettanza del Sud stornati (vedi in particolare durante l’ultimo governo
Berlusconi-Bossi-Tremonti, 2008-2011) al Nord.
Post e articoli collegati:
Boeri-Ichino-Moretti
ripropongono le gabbie salariali
La questione meridionale ridotta a fattore M
Carlo
Formenti - 23 novembre 2015
RINASCITA
ARTISTICA DEL MEZZOGIORNO
Il progetto di Dario Marco Lepore: trasformare
Palazzo Fuga nel più grande museo del mondo
NUMERI INDICI DELLE DOTAZIONI INFRASTRUTTURALI (n,r,pi)
ISTAT - Le
infrastrutture in Italia - Un’analisi provinciale della dotazione e della funzionalità
1.1
- Definizione di infrastruttura A partire dalla fine degli anni ottanta sono
stati condotti numerosi studi che analizzano la relazione esistente tra la
dotazione di infrastrutture e lo sviluppo economico di un territorio. In tutti
è riconosciuta l’esistenza di un forte legame tra infrastrutturazione e
crescita economica di un’area. Tra questi lavori, si cita ad esempio quello
prodotto da D. A. Aschauer (1989), considerato uno dei più significativi. Egli,
nello studio empirico realizzato su una serie storica dal 1949 al 1985 della
produzione Usa riscontra, all’interno della funzione di produzione, una
elasticità per il fattore capitale pubblico positiva e significativamente
elevata, attribuendo così a questo un ruolo determinante per la crescita
economica di un paese. Nello stesso ambito teorico, si colloca il lavoro più
significativo a livello europeo, quello svolto negli anni ottanta dal gruppo di
studio sulle infrastrutture per la Comunità europea coordinato da D. Biehl.
L’autore attribuisce alle infrastrutture un ruolo determinante nello sviluppo
regionale, misurato in termini di reddito, produttività ed occupazione. «Una
regione ben dotata di infrastrutture avrà un vantaggio comparato rispetto ad
una meno dotata e questo si tradurrà in un più elevato Pil regionale pro-capite
o per persona occupata e/o anche in un più elevato livello di occupazione. Da
ciò consegue che la produttività, i redditi e l’occupazione regionale sono
funzione crescente della dotazione di infrastrutture.» (Biehl, 1991). Secondo
Biehl, inoltre, le infrastrutture sono, tra le determinanti lo sviluppo
regionale, quelle che maggiormente possono essere oggetto di diretto intervento
dei decisori di politica economica.
Dove vanno i soldi dati al
Sud.
OPENCOESIONE http://www.opencoesione.gov.it/.
Ma questi soldi sono solo una parte degli investimenti
complessivi in Italia e, comparati con quelli spesi in 20 anni per la
"coesione" della Germania Est, sono drammaticamente insufficienti.
Tra i progetti elencati in opencoesione.gov, c’è
anche la linea ferroviaria NA-BA.
Treni, via al cantiere dell'Alta
capacità: "Fra 10 anni da Bari a Napoli in 2 ore, Bari-Roma in 3"
30
ottobre 2015
Prima
e durante la crisi, il Nord ha perso posizioni in Europa più del Sud
[…]
Forse ora si è capito che se c’è una parte del Paese che ha perso relativamente
e rapidamente posizioni in Europa, essa non è il Sud ma il Nord, proprio quel
Nordest e Nordovest che la vulgata colloca tra le aree «...più ricche d’Europa
e, quindi, del mondo». La più elementare verifica sul decennio che precede la
crisi del 2008 ci dice invece che fatta 100 la media Ue a 27 (un benchmark ben
più modesto della granitica Germania!), il Nordovest passa da 140 del 1998 a
127 del 2007, il Nordest da 137 a 125 con una perdita rispettivamente di 13 e
12 punti (-9,3% e -9,6%), il Centro da 124 a 116 (-8 punti pari a -6,5%) e il
Sud da 74 a 69 (-5 punti pari a -6,8%). Questo certifica il riposizionamento
avvenuto nei dieci anni che vanno dall’ingresso nell’euro alla crisi che si
apre a fine 2007; immaginate quale è la posizione oggi, dopo cinque anni nei
quali il prodotto interno lordo dell’Italia (Nord e Sud) flette in modo impressionante
rispetto agli altri Paesi. Mentre il Nord oggi è regredito ai livelli di Pil
del 1997 e il Sud a quelli del 1992, Germania, Francia e Regno Unito hanno
ampiamente superato il livello critico del 2008! Dunque c’è un percorso
parallelo tra Nord e Sud in questa discesa nel Maelstrom, che precede il 2007 e
accelera poi mettendo impietosamente a nudo la fragilità italiana. Se
concordiamo con questa qualificazione della crisi è più che legittimo
interrogarsi su come se ne esce «insieme» e non «per parti». […]
(Tratto dall’intervento di Adriano
Giannola, presidente della SVIMEZ, al Forum su “Sud, Nord e crescita in Italia”. Una discussione delle tesi del nuovo
Ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia
Proponiamo qui il forum, pubblicato
recentemente nel numero 75 di “Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali”
(www.rivistameridiana.it) e organizzato
insieme al Dipartimento di Economia e diritto dell’università di Roma “La
Sapienza”, a partire dai temi sollevati dal libro del nuovo ministro per la
Coesione territoriale Carlo Trigilia, Non c’è Nord senza Sud. Perché la
crescita dell’Italia si decide nel Mezzogiorno (Bologna 2012). Al forum,
che si è svolto il 26 novembre 2012 e che è stato coordinato dal codirettore
della rivista Rocco Sciarrone, hanno partecipato Francesco Benigno, Maurizio
Franzini, Adriano Giannola, Alfio Mastropaolo. La discussione si è chiusa con
gli interventi del nuovo ministro alla Coesione territoriale e del suo omologo
nel precedente governo, Fabrizio Barca.
Dato il sostanziale fallimento
delle modalità con le quali si è affrontato finora la questione meridionale,
occorre prefigurare soluzioni innovative, che riguardino in primo luogo: a)
l'assunzione della Questione meridionale come questione strategica nazionale;
b) una rivoluzione culturale; c) investimenti infrastrutturali adeguati; d) una
Pubblica Amministrazione efficiente; e soprattutto e) una classe dirigente
all'altezza del compito; se occorre, il commissariamento delle Regioni
meridionali.
Purtroppo,
temo che il PdC Renzi non possieda le qualità per disegnare un progetto
organico di crescita dell’Italia facendo leva sullo sviluppo del Sud.
Giannola racconta la sua
sfida: «Così lo Svimez ha messo il Sud al centro»
di Pietro Treccagnoli - Mercoledì 5 Agosto 2015
[…] Eppure il premier
Matteo Renzi ha bollato il dibattito come il solito piagnisteo.
«Renzi non ha capito che cos’è il Sud e di conseguenza non ha capito che cos’è l’Italia. Deve capire che l’Italia è un grande Paese mediterraneo, il più grande paese europeo proiettato nel Mediterraneo, tutt’intero. Se capirà questo si renderà conto che il Sud è fondamentale, strategico. Lo sviluppo dobbiamo agganciarlo tutt’insieme, dal Trentino alla Sicilia, altrimenti diventeremo un proconsolato tedesco».
«Renzi non ha capito che cos’è il Sud e di conseguenza non ha capito che cos’è l’Italia. Deve capire che l’Italia è un grande Paese mediterraneo, il più grande paese europeo proiettato nel Mediterraneo, tutt’intero. Se capirà questo si renderà conto che il Sud è fondamentale, strategico. Lo sviluppo dobbiamo agganciarlo tutt’insieme, dal Trentino alla Sicilia, altrimenti diventeremo un proconsolato tedesco».
Da decenni il
meridionalismo e il Sud sono percepiti come argomenti polverosi.
«È così, purtroppo. Servono invece alleanze con il Nord che si illude di poter fare da solo. Occorre una nuova alleanza, come negli anni Cinquanta».
«È così, purtroppo. Servono invece alleanze con il Nord che si illude di poter fare da solo. Occorre una nuova alleanza, come negli anni Cinquanta».
Perché allora fu
possibile questa alleanza?
«Perché il meridionalismo era al potere. Ed era un meridionalismo fatto in gran parte non da meridionali, ma da uomini politici e studiosi del Nord, che avevano una visione generale, unitaria, comune dell’Italia tutt’intera. Purtroppo oggi il meridionalismo è inteso come regionalismo. Invece va ricostruito un grande progetto unitario che abbia il Sud come perno, senza stare ad ascoltare le idiozie del governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che ha detto che adesso il Sud batterà cassa, vorrà mille miliardi». […]
«Perché il meridionalismo era al potere. Ed era un meridionalismo fatto in gran parte non da meridionali, ma da uomini politici e studiosi del Nord, che avevano una visione generale, unitaria, comune dell’Italia tutt’intera. Purtroppo oggi il meridionalismo è inteso come regionalismo. Invece va ricostruito un grande progetto unitario che abbia il Sud come perno, senza stare ad ascoltare le idiozie del governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che ha detto che adesso il Sud batterà cassa, vorrà mille miliardi». […]
NB: Nel titolo dell’articolo c’è un
errore: SVIMEZ è un’associazione e quindi si deve dire la SVIMEZ.
Governo Renzi, un governo a trazione centro-settentrionale. Mi chiedo: quanti dei ministri sono "meridionalisti"? Un buon criterio, anche se minimale, è quello di controllare: a) la ripartizione dei fondi in seno al CIPE (a breve ce ne sarà un'altra); e b) se, come succedeva al tempo del governo a trazione leghista Berlusconi-Bossi-Tremonti, vengono stornati fondi del Sud al Centro-Nord.
Provenienza geografica
Italia del nord:
8 ministri: Costa, Delrio, Franceschini, Galletti, Martina, Orlando, Pinotti, Poletti
(Wikipedia ne dà 9, forse non ha corretto dopo la sostituzione di Federica
Guidi con Calenda).
Italia centrale:
il presidente e 7 ministri: Renzi, Boschi, Calenda, Gentiloni, Giannini, Lorenzin,
Madia, Padoan (Wikipedia dà PdC e 6 ministri).
Italia del sud: 1
ministro (Alfano)
Dettagli per regione: 5 ministri provengono dal Lazio (Wikipedia ne dà 4),
3 dall'Emilia-Romagna (Wikipedia ne dà 4), due dalla Toscana più il Presidente,
2 dalla Liguria, 2 dalla Lombardia, uno dalla Sicilia e uno dal Piemonte.
Nota:
All’inizio, il governo annoverava un altro ministro del Sud, la calabrese Maria Carmela
Lanzetta, poi sostituita dal piemontese Costa.
Segnalo
volentieri il dato positivo della crescita del Pil del Sud nel 2015, maggiore
di quello del Centro-Nord, ottenuto grazie a maggiore spesa pubblica e fattori
favorevoli contingenti.
DOPO
7 ANNI DI CALI
Pil, Svimez: 2015 «eccezionale» per il Sud, ma 2016
in frenata
–di Vittorio
Nuti
28 luglio 2016
[...] Lavoro in
crescita grazie ad agricoltura e turismo
Tra i fattori
che hanno contribuito alla a crescita del prodotto interno nelle regioni del
Sud Svimez ricorda l'annata agraria particolarmente favorevole, la crescita del
valore aggiunto nel turismo, «che ha beneficiato anche crollo del turismo nella
sponda Sud del Mediterraneo», e la chiusura della programmazione dei Fondi
strutturali europei 2007-2013, che ha portato ad un'accelerazione della spesa
pubblica. Tra gli effetti positivi di questi fattori la forte crescita
dell'occupazione nel 2015, in particolare in agricoltura (+5,5%) e nel turismo
(+8,6%), con un tasso medio di +1,6% (94mila occupati in più) mentre nelle
altre aree la crescita si ferma allo 0,6 per cento. Conferma il traino della
ripresa meridionale da parte dei settori agricoltura e turismo. [...]
Segnalo,
come preannunciato:
Il comunicato stampa del CIPE del 10 agosto
10
Agosto 2016
Il
CIPE assegna 15 miliardi di euro del fondo per lo sviluppo e la coesione, 13,4
miliardi di euro per i Patti per il Sud, 9 miliardi per la rete ferroviaria, e
approva interventi per le infrastrutture viarie.
10 AGOSTO 2016
Ammontano
a circa 40 miliardi di euro gli investimenti deliberati dal Comitato
interministeriale per la programmazione economica (CIPE) nella seduta che si è
svolta oggi a Palazzo Chigi presieduta dal presidente del Consiglio, Matteo
Renzi. Con la riunione odierna il Governo ha dato un impulso ulteriore alla sua
azione di programmazione in materia di investimenti pubblici.
In
particolare il CIPE, che ha sbloccato opere infrastrutturali attese da tempo,
dopo aver preliminarmente approvato l’individuazione delle Aree tematiche
nazionali e approvato il riparto generale delle risorse del Fondo per lo
sviluppo e la coesione territoriale (FSC) ha disposto l’assegnazione delle
risorse per finanziare, a valere sul medesimo fondo, gli interventi contenuti
nei “Patti per il Sud” dando il via al Masterplan per il mezzogiorno, il piano
del Governo per rilancio economico delle regioni del Sud Italia.
Di
seguito le decisioni assunte dal Comitato.
Riparto del Fondo per lo sviluppo e la coesione
territoriale (FSC)
Il Comitato ha approvato, in attuazione
dell’art. 1, comma 703, lettere a) e b) della legge n. 190/2014 (legge di
stabilità 2015), l’individuazione delle Aree tematiche e degli obiettivi
strategici su cui impiegare la dotazione finanziaria del Fondo Sviluppo e coesione
(FSC). La proposta prevede altresì l’adozione delle regole di
funzionamento del Fondo.
Le principali aree tematiche del riparto da
quasi 39 miliardi di euro sono: Infrastrutture (21,7 miliardi di euro),
Ambiente (7,5 miliardi di euro), Sviluppo economico e produttivo (6 miliardi di
euro), Turismo, cultura e valorizzazione delle risorse naturali (2,1 miliardi
di euro), Occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e
formazione (357 milioni di euro).
Di questi circa 39 miliardi, nella riunione
di oggi sono stati approvati i 13,4 miliardi per i “Patti per il Sud” e sono stati assegnati i 15
miliardi non ancora destinati, così suddivisi: Infrastrutture (11,4 miliardi),
Ambiente (1,9 miliardi), Sviluppo economico e produttivo (1,4 miliardi),
Agricoltura (400 milioni).
Patti per il sud
Il CIPE ha così approvato, nell’ambito del
riparto FSC, il piano di investimenti per il rilancio del mezzogiorno di circa 13,4 miliardi di euro per
interventi da realizzarsi, insieme alle risorse comunitarie, nelle Regioni e
nelle Città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi Accordi
interistituzionali denominati “Patti
per il Sud”. Le assegnazioni tengono conto degli impieghi già disposti
e della chiave di riparto percentuale del Fondo per lo sviluppo e la coesione
(80% al mezzogiorno e 20% al centro nord). […]
Isaia
Sales,[*] che è stato Sottosegretario al Ministero del Tesoro con delega per il
Mezzogiorno durante il primo governo Prodi e consigliere economico del
presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, in questo editoriale su Il Mattino, conferma sia la sottrazione
dei fondi FAS destinati al Sud da parte del governo Berlusconi-Tremonti-Bossi,
sia la necessità di una macroregione del Sud.
Il
Mezzogiorno troppo diviso
di Isaia Sales
Mercoledì 17 Agosto 2016, 10:17
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