Premetto che io faccio il tifo per i due Marò e
che secondo me la competenza a processarli è dello Stato italiano, ma questo
non m’impedisce di conservare sulla vicenda la massima obiettività.
La
settimana scorsa, QN-Quotidiano Nazionale
ha diffuso la notizia,[1]
rilanciata da quasi tutti i media, dell’autogol fatto dall’India, che avrebbe
allegato agli atti depositati presso il
Tribunale internazionale per il diritto del mare (Itlos), che doveva
decidere esclusivamente sull’ammissibilità dell’arbitrato alla Corte dell’Aja,
la prova documentale che i proiettili estratti dai corpi delle due vittime – i due
pescatori del Saint Antony , Valentine Jelastine e Ajeesh Pink - erano più
lunghi di quelli in dotazione ai marò.
Leggendo
la notizia, mi è tornato subito in mente un articolo di Repubblica di qualche anno fa, che riferiva in esclusiva dell’inchiesta
di un ammiraglio italiano. Mi sono messo a cercarlo in rete e l’ho trovato.[2]
Cercandolo,
mi sono ovviamente imbattuto anche nella voce di Wikipedia[3], che, oltre a riportare l’articolo predetto di Repubblica, contiene nelle note alcuni
scritti interessanti, tra cui quelli di Matteo Miavaldi,
che è un giornalista italiano che lavora in India per conto di un giornale
cinese e che ha seguito assiduamente e accuratamente il caso fin dall’inizio
(vedi al riguardo la voce Wikipedia, note 11 e 12). Da essa, ho anche appreso
del ruolo svolto nella vicenda dal sedicente ingegnere Luigi Di Stefano, autore di un
documento "tecnico" che scagiona i due militari dall'uccisione dei
pescatori indiani. Il
Di Stefano è un dirigente del movimento politico di estrema destra Casa Pound e
pare essere la fonte sia di QN-Quotidiano Nazionale, sia de Il Giornale e altri
organi di stampa di destra, che stanno fin dall’inizio portando avanti una
campagna di stampa per la liberazione dei due Marò, propalando però anche
notizie infondate o molto di parte.
Discutendone in rete con quelli che avevano
postato l’articolo di QN per
sostenere l’innocenza di Latorre e Girone, ho linkato l’articolo di Repubblica del 2013 ed osservato che il
punto non era che noi dovessimo stabilire se sono stati Latorre e Girone, ma
che, secondo la ricostruzione di Repubblica
su fonte attendibile, i proiettili di calibro 5,56 mm, di produzione italiana,
erano in dotazione alla Nato. E che, come si ipotizzò tre anni fa, possono
essere stati esplosi da altri militari italiani di guardia alla nave (in totale
erano sei), i quali avevano in dotazione armi con proiettili di quel calibro (Repubblica ne fa anche i nomi: i
sottocapi Andronico e Voglino). I quali – rammento – sono stati ascoltati tutti
come testimoni dal Tribunale indiano solo in videoconferenza, poiché l’Italia
si oppose acché venissero escussi in India.
Approfondendo gli aspetti balistici, ho ricavato che,
non essendo stato ancora celebrato il processo in India, sono noti finora soltanto
i risultati dell’indagine eseguita dalla polizia dello Stato del Kerala, ma non
quelli dell’inchiesta effettuata successivamente dalla polizia federale National Investigation Agency (Nia). A questo riguardo, allego due articoli, uno di Repubblica[4] e un altro
di Matteo Miavaldi.[5]
[1] "I marò non usano quei
proiettili". E c'è la truffa dei testimoni fotocopia
India, nelle carte depositate al Tribunale del Mare tutti i trucchi
dell'accusa
di LORENZO BIANCHI
11 settembre
2015
[2] Marò, la verità degli italiani su
quei 33 minuti.
Il giallo: i fucili erano quelli di altri soldati
Il giallo: i fucili erano quelli di altri soldati
Il contenuto di una "inchiesta sommaria" prodotta pochi giorni
dopo l'incidente sulla Enrica Lexie. I proiettili estratti dai corpi delle due
vittime esplosi da armi che non erano di Latorre e Girone. La ricostruzione:
segnali luminosi, prime raffiche in acqua e persone armate sulla barca. Così
furono scambiati per pirati
di MAURA GUALCO e
VINCENZO NIGRO
06 aprile 2013
Seconda parte dell’articolo d’inchiesta di Repubblica
[4] Marò, il giallo dei documenti presentati ad Amburgo.
India potrebbe aver inviato una vecchia perizia con dati sbagliati sui
proiettili
Una perizia successiva conferma la compatibilità tra il proiettile estratto
e le munizioni in dotazione ai fucilieri italiani
11 settembre 2015
Matteo Miavaldi
Mercoledì, 16 Settembre 2015
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