Il diritto italiano non prevede un "istituto del mutamento
giurisprudenziale" codificato, poiché i precedenti non sono formalmente
vincolanti come nei sistemi di common law. Tuttavia, la
giurisprudenza, anche a seguito di mutamenti (cosiddetto overruling),
si intreccia strettamente con i principi costituzionali (Art. 25) e della CEDU (Convenzione
Europea dei Diritti dell'Uomo) in materia di prevedibilità e irretroattività
delle norme, in particolare per quanto riguarda le conseguenze sfavorevoli per
l'individuo.
Nel Codice Civile
Italiano
Nel diritto civile, il
principio generale di irretroattività della legge è sancito
dall'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale (Preleggi),
che stabilisce: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto
retroattivo». Questo principio garantisce la certezza del diritto e la tutela
dell'affidamento dei cittadini.
Tuttavia, l'art. 11
Preleggi ha valore di principio generale e non ha la stessa forza vincolante
della Costituzione. Una legge ordinaria successiva potrebbe, in teoria,
disporre diversamente (salvo i limiti imposti dalla Costituzione stessa).
Nessi con la
Convenzione CEDU
Il rapporto tra
mutamento giurisprudenziale e CEDU emerge principalmente in relazione al
principio di prevedibilità delle decisioni giudiziarie e
al divieto di applicare retroattivamente una normativa (o
interpretazione) più sfavorevole, principi che trovano fondamento in
specifici articoli della Convenzione e che sono recepiti dall'ordinamento
italiano tramite l'art. 117, primo comma, della Costituzione (che
vincola il legislatore al rispetto dei trattati internazionali, inclusa la
CEDU).
I punti chiave sono:
- Prevedibilità del "diritto
vivente" (Art. 6 CEDU): L'art. 6 della CEDU garantisce il diritto a
un equo processo, che la Corte EDU interpreta come inclusivo del diritto a
decisioni prevedibili. Un mutamento giurisprudenziale radicale e
imprevedibile (overruling) può violare questo principio se priva il
cittadino di garanzie processuali o sostanziali, incidendo sul suo
"ragionevole affidamento".
- Irretroattività delle sanzioni
(Art. 7 CEDU): L'art.
7 della CEDU sancisce il principio di nulla poena sine lege,
garantendo che nessuno possa essere condannato per un'azione che non
costituiva reato al momento del fatto e che non possa essergli inflitta
una pena più grave di quella allora applicabile. Questo principio è
particolarmente rilevante nel diritto penale, ma trova
applicazione anche per le sanzioni amministrative aventi natura
sostanzialmente penale secondo la giurisprudenza CEDU.
- Adeguamento dell'ordinamento
interno: La
giurisprudenza italiana, in particolare la Corte di Cassazione e la Corte
Costituzionale, si è confrontata a lungo con le sentenze della Corte EDU
per definire gli effetti dei mutamenti giurisprudenziali, specialmente
quando un nuovo orientamento (o l'esecuzione di una sentenza CEDU) è più
favorevole al reo (in bonam partem).
In sintesi, mentre il
codice civile stabilisce un principio generale di irretroattività della legge,
la giurisprudenza costituzionale e di legittimità ha elaborato, anche sotto
l'influenza della CEDU, dei temperamenti al mutamento giurisprudenziale, ponendo
l'accento sulla necessità di prevedibilità della decisione giudiziaria e
sul divieto di retroattività di interpretazioni sfavorevoli,
soprattutto in ambiti sanzionatori.
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L'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale
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Camera penale di Catanzaro
La giurisprudenza ha progressivamente chiarito la complessa distinzione tra
i vari tipi di danno che possono derivare dalla mancata acquisizione di un
valido consenso informato, distinguendo tra il danno alla salute (conseguente
all'intervento) e il danno all'autodeterminazione del paziente.
L'Orientamento Prevalente e la Successiva Evoluzione
In passato, l'orientamento tendeva a risarcire il danno da mancato consenso
solo se si dimostrava che, se informato correttamente, il paziente avrebbe
rifiutato l'intervento (danno alla salute).
Il mutamento giurisprudenziale (o overruling "prospettico",
sebbene la Cassazione usi cautela nel definirlo tale) si è consolidato con
le Sentenze di San Martino del 2018 (in particolare Cass.
civ. Sez. III, n. 28985 del 2018), che hanno cristallizzato una distinzione
netta tra le diverse fattispecie risarcitorie:
1.
Danno alla salute: Risarcibile solo se l'intervento,
eseguito senza consenso, ha causato un danno fisico o psichico che il paziente
avrebbe evitato se avesse rifiutato la prestazione.
2.
Danno all'autodeterminazione: Costituisce un
danno autonomo di natura non patrimoniale. È risarcibile per
la sola violazione del diritto fondamentale del paziente di scegliere
liberamente se sottoporsi o meno a un determinato trattamento sanitario, a
prescindere dal fatto che l'intervento sia stato eseguito correttamente o abbia
avuto un esito fausto o infausto.
L'Applicazione del Prospective Overruling
Il concetto di prospective overruling si inserisce quando un
mutamento giurisprudenziale è così radicale e imprevedibile da ledere il principio
di affidamento delle parti in causa. La Corte di Cassazione, pur mutando
orientamento, ha solitamente applicato la nuova interpretazione anche ai
giudizi in corso, temperando la retroattività solo in casi eccezionali e ben
motivati, per evitare di ledere il diritto di difesa delle parti che avevano
agito basandosi sul "diritto vivente" precedente.
Nel caso specifico del consenso informato, l'evoluzione verso il
riconoscimento del danno autonomo all'autodeterminazione è stata graduale e
progressiva, riducendo l'impatto di un overruling improvviso.
I giudici hanno avuto cura di motivare il nuovo percorso interpretativo come
un'evoluzione coerente con i principi costituzionali (artt. 2, 13 e 32 Cost.) e
l'influenza della CEDU, rendendo l'esito sostanzialmente prevedibile nel tempo.
La questione rimane comunque delicata, poiché l'applicazione retroattiva di
un onere probatorio diverso (ad esempio, l'onere di provare che il paziente
avrebbe rifiutato l'intervento, precedentemente richiesto, versus l'onere di
provare la mera violazione del diritto all'autodeterminazione, come oggi
richiesto) può influenzare l'esito di cause pendenti da anni.
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Bassan
Il mutamento
giurisprudenziale in materia di consenso informato avvenuto intorno al
2010 è stato cruciale, perché ha segnato il passaggio da una visione
unitaria del danno (spesso subordinata alla prova di un danno biologico)
all'affermazione dell'autonomia del danno da lesione del diritto
all'autodeterminazione del paziente.
L'orientamento precedente al 2010 richiedeva, per il risarcimento, la prova
del nesso causale tra la condotta del medico (l'omessa informazione) e un
peggioramento effettivo delle condizioni di salute del paziente. Non era
sufficiente la mera mancanza di informazione.
Il punto di svolta del 2010 è rappresentato in particolare dalla sentenza
della Corte di Cassazione Civile, Sez. III, n. 15698 del 2 luglio 2010. Con
questa e altre pronunce coeve, la Suprema Corte ha stabilito principi
innovativi:
- Autonomia
del Danno all'Autodeterminazione: La violazione dell'obbligo di informare il
paziente è stata considerata in sé un inadempimento
contrattuale (e un illecito civile) che lede il diritto fondamentale
all'autodeterminazione, garantito dagli artt. 2, 13 e 32 della
Costituzione.
- Risarcibilità in
re ipsa (o quasi): Il paziente ha diritto al risarcimento del
danno non patrimoniale (danno morale, esistenziale) per la sola violazione
del diritto di scelta, anche in assenza di un danno biologico (ossia,
anche se l'intervento è tecnicamente riuscito e non ha peggiorato la sua
salute).
- Onere
della prova attenuato per il paziente: Non era più strettamente necessario che il
paziente provasse che avrebbe rifiutato l'intervento (onere probatorio
molto gravoso), ma bastava allegare che la mancata informazione aveva
impedito una scelta libera e consapevole.
Questo mutamento giurisprudenziale ha avuto un impatto significativo,
ponendo le basi per l'orientamento consolidato nelle successive "Sentenze
di San Martino" del 2018 (che hanno ulteriormente razionalizzato la
liquidazione del danno), e ha rafforzato la tutela del paziente come soggetto
attivo e non passivo del percorso terapeutico.
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Studio Legale
Ramelli
Ha ragione, è opportuno precisare meglio la dinamica temporale e gli effetti dei diversi mutamenti giurisprudenziali. L'interpretazione degli overruling e se siano più o meno favorevoli dipende specificamente da quale orientamento si considera superato e da quale fattispecie di danno si sta trattando.
Se il punto di riferimento è un orientamento ancora precedente, che
concedeva il risarcimento con maggiore facilità anche in assenza di prova
rigorosa, allora il mutamento del 2010 (consolidato nel 2011/2012) può essere
percepito come restrittivo su specifici aspetti.
La Dinamica Contraddittoria del 2010
Il mutamento giurisprudenziale del biennio 2010-2012 non
fu univoco e generò una fase di incertezza, con pronunce apparentemente
contraddittorie:
- L'aspetto
Favorevole al Danneggiato (già descritto): L'affermazione
dell'autonomia del danno all'autodeterminazione come voce
di danno autonoma e risarcibile a prescindere dal danno biologico (Cass.
n. 15698/2010). Questo aspetto fu indubbiamente favorevole.
- L'aspetto
Meno Favorevole al Danneggiato: L'inasprimento dell'onere della prova per
il risarcimento del danno biologico (o danno alla salute)
legato alla mancanza di consenso.
In particolare, la giurisprudenza consolidatasi intorno al 2012 (si
pensi a Cass. n. 28418/2012 e successive) ha introdotto un requisito
probatorio molto stringente: per ottenere il risarcimento del danno alla salute
derivante da un intervento eseguito senza consenso (ma correttamente sul piano
tecnico), il paziente doveva dimostrare, anche tramite presunzioni, che se
fosse stato informato correttamente, avrebbe rifiutato l'intervento (o
avrebbe optato per diverse, e meno rischiose, opzioni terapeutiche).
Perché fu percepito come "più sfavorevole"
Questo onere probatorio fu interpretato da molti come eccessivamente
oneroso e, di fatto, restrittivo per il danneggiato. Prima di questa fase,
alcuni orientamenti precedenti erano più elastici nell'ammettere una
presunzione di nesso causale.
Pertanto, se la sua percezione si riferisce alla difficoltà di ottenere il
risarcimento per il danno biologico a seguito
dell'inasprimento dell'onere della prova sul "cosa sarebbe successo se
fossi stato informato", ha perfettamente ragione: quel mutamento fu
restrittivo.
Il superamento definitivo di queste incertezze si è avuto solo con le
"Sentenze di San Martino" del 2018, che hanno razionalizzato la
materia, confermando l'onere della prova rigoroso per il danno biologico, ma
chiarendo definitivamente la piena risarcibilità del danno
all'autodeterminazione come categoria autonoma.
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La sentenza Crispoltoni è
considerata un pilastro fondamentale del diritto dell'Unione Europea
in materia di certezza del diritto e irretroattività
degli atti normativi dell'UE, in particolare nel settore economico e
agricolo.
Le pronunce chiave sono le cause riunite C-133/93, C-300/93 e
C-362/93, Antonio Crispoltoni e altri contro Fattoria Autonoma Tabacchi
e altri, emesse dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) il 27
settembre 1994.
Il Principio Stabilito
Con la sentenza Crispoltoni, la CGUE ha ribadito con forza
il principio generale di non retroattività degli atti dell'Unione
Europea. Questo principio è essenziale per la tutela del legittimo
affidamento dei cittadini e degli operatori economici, garantendo che
le loro situazioni giuridiche non vengano modificate retroattivamente da nuove
normative.
La Corte ha stabilito che:
- La
normativa dell'UE non può avere effetto retroattivo, a meno che il
legislatore dell'Unione non indichi chiaramente e inequivocabilmente tale
intenzione.
- Anche
in presenza di un'intenzione di retroattività, questa è ammissibile solo
in via eccezionale e a condizione che l'obiettivo da raggiungere lo
richieda e che il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente
rispettato.
Il Contesto: Il Mercato del Tabacco
Il caso riguardava il regime delle quantità massime garantite per il
tabacco greggio. Nuovi regolamenti comunitari avevano modificato, in modo
sfavorevole per i produttori, i criteri di fissazione dei prezzi e dei premi
applicabili a raccolti già in corso o passati. I ricorrenti lamentavano che
l'applicazione retroattiva di queste norme ledeva i loro diritti e la loro
pianificazione economica.
La CGUE ha accolto questa prospettiva, stabilendo che gli operatori
economici avevano un legittimo affidamento nel mantenimento del quadro
normativo esistente al momento in cui avevano preso le loro decisioni di
produzione e investimento.
Rilevanza e Impatto
La sentenza Crispoltoni è rilevante perché ha
cristallizzato i limiti entro i quali il legislatore dell'UE può intervenire
con effetti sul passato. È un baluardo a tutela della certezza del
diritto nell'ordinamento dell'Unione, un principio che permea l'intero
sistema giuridico europeo e che viene costantemente richiamato dalla
giurisprudenza successiva.
Nel dibattito tra mutamento giurisprudenziale, retroattività e CEDU
(Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo), la Crispoltoni offre
un parallelo importante: sia a livello UE che CEDU (Art. 7, in particolare per
le sanzioni), la prevedibilità e l'irretroattività delle norme sfavorevoli sono
considerate garanzie fondamentali per l'individuo e per le imprese.
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