lunedì 19 settembre 2016

Polonia, due giorni in un Paese (di quasi 40 milioni) di ‘cazzi loro’


Lo scorso aprile, in viaggio alla volta dell’Ucraina (dell’Ovest), assieme a mia moglie, ucraina, sono passato (per la prima volta) dalla Polonia, dove ho trascorso due giorni nella bella Cracovia, affollata di anglofoni e Polacchi poco gentili e “cazzi loro”, espressione gergale non molto forbita, ma che – icasticamente - mi pare descriva bene il loro carattere prevalente.

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Abbiamo affittato un appartamento tramite Airbnb. Siamo arrivati a Cracovia prima con un volo Wizz Air  Napoli-Katovice e poi con un piccolo bus della stessa compagnia aerea da Katovice a Cracovia.
All’indirizzo del palazzo, abbiamo avuto qualche problema all'inizio per reperire M., la proprietaria dell'appartamento, al citofono, poiché all'1a non rispondeva nessuno e non rammentavamo che sulla email ricevuta era indicato di bussare al n. 6, la cui targhetta non riportava alcun nome; problema poi risolto facilmente chiamando telefonicamente M., che è scesa nel giro di un minuto, accogliendoci gentilmente e fornendoci una cartina della città e le informazioni essenziali. Poi non l’abbiamo più rivista, neppure alla nostra partenza; quando, prima di lasciare la casa al termine dei due giorni, l’abbiamo chiamata, ci ha detto di lasciare dentro le chiavi e di tirarci dietro la porta.
L'appartamento era situato in un'ottima posizione: al piano rialzato del palazzo, quindi salendo pochissimi scalini, e con affaccio all'interno del cortile, perciò molto silenzioso; a pochi minuti a piedi - una ventina - dal bello e interessante Stare Miasto (Centro storico) e a 4 fermate di tram (nn. 4 e 14) dalla stazione ferroviaria. L'appartamento, formato da un unico locale più il bagno con doccia, tutto ristrutturato, era fornito di tutte le comodità e adatto a due persone.
A poche decine di metri, ci sono dei ristoranti, tra cui il Bococa Bistro (uscendo dal palazzo andare a destra, poi nella vicina piazza svoltare a sinistra, mantenendosi sul lato sinistro), suggeritoci da M. La quale, però, ci aveva detto, una volta arrivati nella piazza, di svoltare a destra, cosa che ci ha confermato quando, dopo una mezz’ora di vano girovagare, le abbiamo telefonato. Dopo vari giri per un’ora e più e chiedendo ai passanti - in maggioranza anglofoni e alcuni polacchi che si fermavano malvolentieri, forse anche perché tirava un vento freddino, ma nessuno di loro lo conosceva, anche se era poco distante, e chi faceva mostra di conoscerlo ci dava indicazioni errate -, non siamo riusciti a trovarlo.
Ed allora abbiamo cenato in un bar che si trova appunto svoltando nella piazza a destra, dopo il dancing, gustando una buona cena (tranne il costoso vino rosso sudafricano) preparata dalla cuoca Mariya, una sorridente e gentile giovane studentessa ucraina, che frequentava l’università locale. Al Bococa, dove siamo andati sia la mattina - accolti in maniera scortese dalla cameriera di turno al banco-bar -, che la sera, si può bere un ottimo cappuccino, pranzare e cenare (qualità - ad esser buoni - appena discreta, incluso il vino rosso spagnolo; ottima invece la birra migliore che hanno). Bisogna però fare attenzione all'orario, poiché il locale è aperto fino alle 22, il personale aveva fretta, e si può rischiare, come è successo a me, di vedersi servito alle 21.30, da un’altra cameriera di turno la sera, il secondo assieme al primo (!!). Che per un italiano è un obbrobrio, ma - poi ho visto - in Ucraina è addirittura un’usanza generale.
Anche i negozianti, in prevalenza, non erano molto gentili. Inclusa l’impiegata dell’Ufficio postale situato nei pressi della stazione, dove ci siamo recati l’indomani mattina per ritirare i biglietti acquistati on-line del vagone letto sul treno - rumoroso - Cracovia-Leopoli.
Il soggiorno a Cracovia, favorito da uno splendido clima sia il sabato 2 che la domenica 3 aprile, è stato molto gradevole, tranne per la davvero scarsa "disponibilità" - diciamo così - palesata dai Polacchi; o l'errore - voluto? - di servire un piatto diverso da quello ordinato: ci è successo ben 2 volte su 4, la prima al Bococa e la seconda all'Oroscope - qualità scarsa -, nei pressi del castello, dove a mia moglie hanno servito una cotoletta alla milanese e non la carne ordinata, per giunta fritta in un olio strausato.
Aprile 2016
PS: Da una quindicina d’anni, conosco un’amica polacca: non fa eccezione…

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Ora valgono le regole del Trattato di Dublino; l'Italia ha chiesto di cambiarle; la Commissione europea ha - di fatto - in parte accolto la richiesta dell'Italia decidendo la distribuzione pro quota degli immigrati, in proporzione alla popolazione; la Polonia, assieme all'Ungheria, alla Repubblica ceca e alla Slovacchia (con i quali forma il cosiddetto Gruppo di Visegrad) rifiuta di prendersi una quota degli immigrati che arrivano in Italia (e in Grecia), però i soldi, pagati in parte anche dall'Italia, la Polonia se li prende (sono oltre 5 mld l'anno); in una Unione (o confederazione o famiglia o associazione), non è lecito prendere i benefici e rifiutare i costi, se rifiuti gli oneri devi rinunciare anche ai proventi.

Come risulta dalla tabella seguente relativa ai Fondi UE, la Polonia è il primo percettore netto nel dare-avere con l'UE. Più che dell'Ungheria (10 milioni di abitanti, che comunque va richiamata all'ordine democratico europeo), io mi preoccuperei un po' di più dell'egoismo della Polonia, quasi 40 mln di abitanti.
Bisogna dire, però, che i soldi dell'Ue i Polacchi li sanno spendere bene.

Tabella - Il dare-avere con l'Unione Europea (anni 2000-2014)
Valori in milioni di euro
Paese ...............VERSAM. ACCREDITI 2000-2014 MEDIA ANNUA
Contribuenti netti
Germania …....... 336.022 .....172.703 .....+163.319 .....+10.888
Regno Unito ….. 186.523 .... 102.611 ....... +83.912 ...... +5.594
Francia ...............265.824 .... 192.784 ........+73.040 .......+4.869
Paesi Bassi ….......91.791 ...... 29.425 ........+62.366 .......+4.158
Italia ..................210.577 …. 151.624 ........+58.954 ......+3.930
Belgio ..................64.257 ........30.274 ........+33.983 ......+2.266
Svezia ..................45.743 ........22.054 ........+23.689 ......+1.579
Danimarca ...........32.793 ........21.601 ........+11.191 .........+746
Austria .................35.301 ........25.025 ........+10.275 .........+685
Finlandia ..............24.146 ........19.048 .........+5.099 ..........+340
Lussemburgo .........3.719 ..........2.678 ..........+1.041 ...........+69
Percettori netti
Cipro ......................1.833 ..........2.009 ..............-176 ............-12
Croazia ......................666 .............856 ..............-190 ............-13
Malta .........................669 ..........1.376 ..............-707 ............-47
Slovenia .................3.885 ..........7.129 ...........-3.244 ..........-216
Estonia ...................1.657 ..........6.229 ...........-4.572 ..........-305
Lettonia ..................2.089 ..........8.256 ...........-6.167 ..........-411
Slovacchia ..............6.348 ........15.125 ...........-8.778 ..........-585
Bulgaria ..................3.116 ........12.231 ...........-9.115 ..........-608
Irlanda ..................20.739 ........32.130 .........-11.390 ..........-759
Lituania ..................3.158 ........15.190 .........-12.032 ..........-802
Rep. Ceca .............14.303 ........31.079 .........-16.775 .......-1.118
Romania ...............10.302 ........29.829 .........-19.527 .......-1.302
Ungheria ................9.622 ........38.070 .........-28.448 .......-1.897
Portogallo .............22.543 ........65.078 ........-42.535 .......-2.836
Spagna ................139.050 ......201.358 ........-62.309 .......-4.154
Grecia ...................28.376 .........93.905 ........-65.529 ......-4.369
Polonia .................34.544 .......113.816 ........-79.273 .......-5.285
link non più attivo, per le tabelle allegate cliccare qui sotto:


Link e articoli collegati:

EU expenditure and revenue 2014-2020

Come la Polonia è diventata ricca
21/01/2014
Vent’anni fa il reddito pro capite polacco era un quarto di quello tedesco, oggi è la metà. I segreti del successo: privatizzazioni, cambio flessibile e apertura al mondo. I problemi: bassa occupazione, inefficienza amministrativa e scarsi fondi alla ricerca.

Alla Polonia bastano i migranti ucraini
20.01.2016
Nonostante le affermazioni di Beata Szydło, secondo i dati dell'Ufficio stranieri polacco, su 930 mila visti polacchi consegnati a cittadini ucraini nel 2015 (100 mila in più rispetto al 2014), solo due hanno ricevuto lo status di rifugiati.

“Profughi ucraini”: così la Polonia ha fatto arrabbiare l’Ucraina
Posted in Polonia by matteocazzulani on January 22, 2016
Durante il dibattito sulla questione polacca, la Premier Beata Szydło parla di “un milione di ucraini” riparati a Varsavia. Pronta la reazione dell’Ambasciatore ucraino, Andriy Deshchytsya, che ha sottolineato come gli ucraini in Polonia siano migranti che non percepiscono alcun sussidio sociale.

Ho fatto fare una ricerca in ucraino da mia moglie: in Polonia, solo 2 profughi su un milione (fonte: ZN-UA).
Da quest'altra fonte, in totale, i rifugiati ucraini richiedenti asilo in Europa sono quasi 20.000, in Italia il doppio che in Polonia.
Da migranti a rifugiati, lo strano caso degli ucraini in Italia
6 aprile 2016 - S. KALANTARYAN, S. MARCHETTI E F. A. VIANELLO
Il nostro, dopo la Germania, è il secondo paese per richiedenti asilo ucraini. Le cause? La guerra ma non solo. Il 50% sono donne. Che possibilità ci sono che ottengano la protezione? E quali sono le differenze di genere nel riconoscimento della protezione internazionale?
http://openmigration.org/analisi/le-ucraine-in-italia-da-migranti-a-rifugiate/   


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giovedì 15 settembre 2016

Manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, pubblicato a cura di Eugenio Colorni, un ex comunista, un liberale e un socialista


Il Manifesto di Ventotene[1] viene citato sempre più spesso negli ultimi anni, di fronte alla crisi dell’Unione Europea. E’ stato oggetto di articoli e di discussioni in occasione del recente vertice trilaterale Renzi-Merkel-Hollande.[2]
C’è chi ha parlato di tradimento dei suoi ideali. Ed in effetti, come ho scritto in passato, “l’ispirazione che ha informato tutta la costruzione europea è stata determinata, non dal Manifesto di Ventotene del massone progressista Altiero Spinelli e altri, ma dal progetto conservatore e neo-oligarchico dei massoni Kalergi, Monnet, Schumann e altri, con un’impostazione liberistica e deregolamentata del mercato, un Parlamento europeo privo di poteri e la prevalenza della burocrazia. Come poi è effettivamente avvenuto”.[3]
C’è chi invece ne ha preso le distanze, richiamandosi a ideali liberali, perché il Manifesto di Ventotene (frutto del suo tempo) sarebbe impregnato di ideologia (nella sua accezione negativa). Ma per criticarlo commette lo stesso peccato. Fin dall'inizio, autoproclamandosi liberale. E facendosi portatore di una ricetta alternativa “liberale”: contro lo Stato etico,[4] la limitazione del diritto di proprietà, l’elargizione di sussidi alle persone.
Anche io sono liberale (almeno in Italia, il liberalismo vale in politica, il liberismo vale in economia),[5] ma ad esempio non mi scandalizzo se:
1. lo Stato svolge una funzione pedagogica (ce ne sarebbe molto bisogno), ovviamente declinata in senso moderno prendendo esempio dalle metodiche più efficaci (chessò, il metodo finlandese dell'assistenza a domicilio alle mamme in gravidanza e nei primi 2-3 anni di vita dei figli, periodo cruciale per la costruzione della personalità);[6]
2. lo Stato pone dei limiti (costituzionali) alla proprietà privata (vedansi le leggi che permettono la rendita parassitaria urbanistica, che beneficia spropositatamente pochi privilegiati e scarica i costi delle infrastrutture primarie e secondarie sulla collettività, oltre ai costi e disagi sociali);
3. lo Stato vara il reddito minimo garantito (adottato in quasi tutti gli Stati liberali dell'UE, tranne in Italia e Grecia).[7]
Francamente, a me non sembrano proposte ideologiche, ma di semplice buon senso. Anzi, trovo ideologico e privo di senso dichiararvisi contrario.

C'è, poi, chi, sotto l’effetto dell’arrabbiatura per l’invasione degli immigrati, tra i tantissimi commentatori benpensanti e conservatori e reazionari che popolano il web, sulla semplice lettura del testo del Manifesto di Ventotene, prende lucciole per lanterne, fischi per fiaschi, dove è scritto "bianco" legge "nero", ecc.
Estrapola singoli passi e ne dà un’interpretazione distorta, al limite della diffamazione, e certe volte anche oltre.
Ad esempio con questo commento, pieno di errori, frutto di evidente nervosismo:
Altiero Spinelli e i suoi colleghi hanno rovinato la vita di milioni di persne , per fortuna non del tutto rispetto a quello che era il loro pensiero: il loro obiettivo era quella di una "dittatura socialista" (quindi era antafascista...e stop. ,a favorevolissimo alla dittatura della propria parte politica. come tutti gli antifascisti di sinistra), ma tra i suoi punti tanto per cambiare c'era l'bolizione della proprietà privata: nessuno avrebbe avuto diritto ad avere più nulla, nemmeno i propri vestiti, perchè tutto deve essere di tutti. Mamma mia non ci posso pensare!
O quest’altro:
Perchè allora non ci spiega lei?. "le caratteristiche che hanno avuto in passato il diritto di proprietà e il diritto di successione hanno permesso di accumulare nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà distribuire, durante una crisi rivoluzionaria in senso egualitario, per eliminare i ceti parassitari e per dare ai lavoratori gli strumenti di produzione di cui abbisognano, onde migliorare le condizioni economiche e far loro raggiungere una maggiore indipendenza di vita. Pensiamo cioè ad una riforma agraria che, passando la terra a chi coltiva, aumenti enormemente il numero dei proprietari, e ad una riforma industriale che estenda la proprietà dei lavoratori, nei settori non statizzati, con le gestioni cooperative, l'azionariato operaio ecc.;"
Tutto questo volontario? Sarebbe stata un'altra dittatura del proletariato. In realtà hanno espropriato i piccoli per arricchire i grandi a quanto mi risulta.

Se lo si legge, il Manifesto di Ventotene, si vede che l'unica rivoluzione è quella del superamento degli Stati nazionali e la costituzione dell'Europa federale. Vi sono critiche severe ai comunisti. Si rifiuta la statalizzazione dei mezzi di produzione definendola un’utopia e un errore, poiché porta alla nascita di un regime dominato da una classe di burocrati che sfruttano il popolo. La statalizzazione riguarda soltanto le imprese monopolistiche e quelle talmente grandi da condizionare lo Stato.

"Un vero movimento rivoluzionario dovrà sorgere da coloro che han saputo criticare le vecchie impostazioni politiche; dovrà saper collaborare con le forze democratiche, con quelle comuniste, e in genere con quanti cooperino alla disgregazione del totalitarismo; ma senza lasciarsi irretire dalla prassi politica di nessuna di esse. [...]
III. — COMPITI DEL DOPO GUERRA – LA RIFORMA DELLA SOCIETÀ.
La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita. La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno. La statizzazione generale dell’economia è stata la prima forma utopistica in cui le classi operaie si sono rappresentate la loro liberazione dal giogo capitalista; ma, una volta realizzata in pieno, non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia.
Il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che una affrettata ed erronea deduzione, è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma — come avviene per le forze naturali — essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne sieno vittime. Le gigantesche forze di progresso che scaturiscono dall’interesse individuale, non vanno spente nella morta gora della pratica routinière per trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di resuscitare lo spirito d’iniziativa con le differenziazioni nei salari, e con gli altri provvedimenti del genere; quelle forze vanno invece esaltate ed estese offrendo loro una maggiore opportunità di sviluppo e di impiego, e contemporaneamente vanno consolidati e perfezionati gli argini che le convogliano verso gli obbiettivi di maggiore vantaggio per tutta la collettività.
La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio.
a) Non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un’attività necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori; [...][1]

PS: Gli autori e il curatore della pubblicazione del Manifesto di Ventotene (elaborato nel 1941 e pubblicato nel 1944) sono stati: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, un ex comunista, un liberale e un socialista.

Note


[2] Renzi a Ventotene con Merkel e Hollande. "Europa soluzione, non problema. E non finisce con Brexit"
Sicurezza, immigrazione e crescita nella Ue dopo la "fuga" del Regno Unito al centro del vertice tra i leader di Italia, Germania e Francia. I due "ospiti" accolti dal presidente del Consiglio nello scalo napoletano di Capodichino, poi in elicottero sull'isola per deporre fiori "europei" sulla tomba di Altiero Spinelli. I lavori sulla portaerei Garibaldi. Merkel: "Da Renzi riforme pietre miliari per futuro sostenibile". Hollande: "Europa deve sapersi difendere ma anche accogliere"
di PAOLO GALLORI  -  22 agosto 2016

[3] Il piano Kalergi e la genesi dell’Unione Europea oligarchica

[4] Stato etico

[5] Liberismo e liberalismo [Wikipedia]
Nella lingua italiana liberismo e liberalismo non hanno lo stesso significato: mentre il primo è una dottrina economica che teorizza il disimpegno dello stato dall'economia (perciò un'economia liberista è un'economia di mercato solo temperata da interventi esterni), il secondo è un'ideologia politica che sostiene l'esistenza di diritti fondamentali e inviolabili facenti capo all'individuo e l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (eguaglianza formale).

[6] Questione femminile, questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo

[7] Dossier reddito minimo garantito


Documento collegato:

Traggo dalla Nota editoriale:
In conseguenza di quei ragionamenti, nacque “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, scritto, nell’estate 1941 in Ventotene. Eugenio Colorni nel 1944 ne curò la redazione in tre capitoli: il primo (“La crisi della civiltà moderna”) e il secondo (“Compiti del dopoguerra. L’unità europea”) interamente elaborati da Spinelli, come anche la seconda parte del terzo (“Compiti del dopoguerra. La riforma della società”), mentre la prima parte di quest’ultimo è stata definita da Rossi. Il “progetto”, denominato Manifesto di Ventotene, fu diffuso negli ambienti antifascisti da Ada Rossi, moglie di Ernesto, da Ursula Hirschmann, moglie di Colorni (dopo la morte di questi, colpito dal piombo fascista il 28 maggio 1944, diverrà moglie di Altiero Spinelli) e da Fiorella e Gigliola Spinelli, sorelle di Altiero.
I Quaderni di Ventotene
ISTITUTO DI STUDI FEDERALISTI ALTIERO SPINELLI
MANIFESTO DI VENTOTENE E PROGETTO DI TRATTATO CHE ISTITUISCE L’UNIONE EUROPEA: PER RILANCIARE L’EUROPA FEDERALE


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lunedì 12 settembre 2016

UE, che fare contro e con le regole europee


Nel post precedente[1 oppure 2] di questo blog, ho linkato un articolo del prof. Gustavo Piga, che commentando un saggio sugli USA spiega che l’obiettivo di diventare uno Stato federale richiede moltissimo tempo e il superamento di notevoli ostacoli.
Vi dicevo anche che l’UE è una confederazione (atipica) di Stati con economie molto eterogenee, priva degli strumenti riequilibratori tipici delle federazioni e degli Stati nazionali (i trasferimenti fiscali, soprattutto, dai Paesi o Regioni ricchi a quelli meno ricchi).
Assodato questo, in attesa di diventare federazione tra alcuni decenni, se ci riusciremo, occorre disporre - oggi - di strumenti idonei onde evitare che l’UE imploda.
Le regole attuali, ispirate in buona parte dal neo-liberismo (il mercato che si regola da sé), vanno forse bene nei periodi normali; non vanno bene invece per niente – come si vede da 7 anni in Italia o in Grecia o in Portogallo, ecc. – nei periodi di crisi, poiché non consentono politiche economiche anti-cicliche (il che è un obbrobrio logico prima che tecnico). Quindi andrebbero assolutamente adeguate. Un po’ lo si è fatto con decisioni sui generis (ad esempio, l’applicazione del fiscal compact[1] viene rinviata di anno in anno), ma appunto sono un palliativo temporaneo.
La Germania, con i suoi satelliti, non vuole cambiare le regole attuali, chi può costringerla? Lo potrebbe fare l’Italia, ma ha troppi scheletri nell’armadio, alcuni reali (il debito pubblico attuale, anche se, a ben vedere, nel lungo periodo è giudicato tra i più sostenibili), altri fittizi (l’equilibrio di bilancio: come è scritto anche nell’articolo che stiamo commentando, l’Italia è uno dei due Paesi che rispetta – da anni - il limite del 3% del deficit/Pil e quando l’ha sforato l’ha fatto di poco, mentre la Spagna, la Gran Bretagna, la Francia, ecc. hanno raggiunto durante la crisi fino il 10%). 
Anche la Francia ha delle debolezze e cerca di non gridare troppo per rimanere sotto la “fiducia” dell’ombrello finanziario teutonico, ma, come secondo membro della diarchia storica europea, è l’unico Paese che se veramente lo volesse potrebbe contrastare l’egemonia della Germania. Purtroppo, anche il sedicente socialista Hollande ha tradito il suo programma col quale ha vinto le elezioni presidenziali ed, irretito dal potere – come ha rivelato la sua ex moglie - si è affrettato anche lui ad applicare la ricetta mainstream neo-liberista: riduzione – anche se un po’ al rallentatore - del deficit e riforme strutturali: riforma del diritto del lavoro e deflazione dei salari (recalcitra invece sull’inasprimento della riforma delle pensioni). Ed è ora il presidente francese meno popolare nella storia della Francia, pregiudicandosi qualunque possibilità di sua riconferma alla presidenza (quindi non vedo che cosa ci abbia guadagnato).
Questo è il problema negli ultimi 30 anni: anche quando vince la sinistra, la politica economica attuata è di stampo liberista. I sedicenti socialisti e democratici (Blair, Hollande, Renzi) tradiscono gli ideali socialisti e/o i loro programmi elettorali.[2]
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Che fare? Occorre agire su più direttrici. Atteso che è quasi vano sperare in una 'rivoluzione' progressista (siamo quasi tutti dei pantofolai, ma mai dire mai) e l'avversario - il ceto dominante da 30 anni - è ricchissimo, potentissimo (controlla i media e le università), bulimico e spietato, da una parte occorre partecipare assiduamente e, nelle forme a disposizione che includono il mezzo potente del web, bombardare senza sosta lo stato maggiore di sinistra, stimolandolo, criticandolo e punendolo; dall’altra, occorre appoggiarsi alla legge vigente, nel caso di specie i trattati UE (il nefasto fiscal compact non fa parte dei trattati, ma è una regola successiva, e andrebbe denunciato perché – afferma il prof. Guarino – li vìola) e chiederne l’applicazione rispettandone la lettera e lo spirito.
Qui arrivo al dunque: pochissimi – debbo presumere da quel che leggo in giro - hanno letto i trattati UE, se li si leggono e li si approfondiscono un poco, come ho fatto io da profano, ci si accorge che, almeno dacché è scoppiata la grave crisi economica in EUZ (Grecia, 2010), essi vengono patentemente violati sia nella lettera che nello spirito, da parte sia della Commissione europea, sia del Consiglio europeo, sia della BCE. Traggo dal mio post Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE[3]
E’ agevole notare che, a dispetto dell'impronta ideologicamente connotata in senso ordoliberista dei Trattati UE e contrariamente alla loro interpretazione maistream neo-liberista ostinatamente propalata stravolgendo spesso la lettera e lo spirito delle norme, la lingua, la matematica, la logica e perfino i fatti, la deduzione è arbitraria, non avvalorata da una semplice lettura dell’intero testo del Trattato, in particolare l’art. 3 del TUE, che, in aderenza ai "valori" contenuti nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali, ribadisce i principi fondamentali del governo dell'Unione Europea, finalizzandolo a due obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale, essendo la stabilità dei prezzi un mero sub-obiettivo [Art. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.]; smentita dalle evidenze empiriche dell’ultimo quinquennio; contraddetta dai dati macroeconomici relativi al tasso d’inflazione e al tasso di disoccupazione dell’Eurozona; formalmente corretta per l’Eurosistema ma sostanzialmente fuorviante, poiché è in discussione non la prevalenza e la cogenza dell’obiettivo principale – la stabilità dei prezzi - ma l’obliterazione sistematica da parte della BCE del secondo obiettivo statutario – sostenere le politiche economiche dell’UE - che in deflazione o con inflazione inferiore (sensibilmente) al target, quando i due obiettivi sono assolutamente concordanti e complementari, ha le stesse dignità e cogenza del primo”.
Se ciò risponde, almeno in parte, al vero, occorrerebbe, come dicevo prima, appoggiarsi alla legge e – come Stati o come cittadini o, meglio, come soggetti organizzati (partiti, sindacati, associazioni) – “muovere” i due Organi deputati a dirimere la questione: in primo luogo, la Corte di Giustizia Europea (organo giurisdizionale), ricorrendone i presupposti, e, in secondo luogo, il Parlamento europeo (organo politico). Ho provato anche a fare un tentativo per pungolarne qualcuno, ma finora ho constatato che nessuno, né i docenti e gli intellettuali, i quali preferiscono gli inefficaci appelli, né i politici, né i sindacati, né i cittadini salvo casi sparuti, intende seguire questa strada. Ma è l’unica percorribile in tempi relativamente brevi e senza chiedere il permesso a chi detiene le leve del potere.

PS: Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei


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venerdì 9 settembre 2016

I difetti strutturali dell’Euro


L’Eurozona è un insieme di Paesi strutturalmente eterogenei; non sono previsti dai trattati europei (influenzati dall'ordoliberismo germanico, senza però le correzioni che ne hanno smussato le asperità in sede applicativa in Germania[1]) meccanismi di aggiustamento degli squilibri strutturali interni: né quelli tipici delle federazioni, né quelli che ne distribuiscono equamente i pesi tra Paesi forti e Paesi deboli.
[1] Dialogo con Carlo Clericetti sulla solidarietà tra gli Stati dell’UE e sull’economia sociale di mercato  http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2848095.html  oppure 
Gli USA sono una federazione e perciò hanno i trasferimenti fiscali (quindi a fondo perduto) dagli Stati ricchi a quelli meno ricchi, che fanno da riequilibratori, per il tramite del bilancio federale, pari al 20% del Pil annuo USA (pari complessivamente a 17.500 mld $).
L'UE è invece ancora una confederazione (atipica), che non contempla i trasferimenti fiscali, il cui bilancio confederale ammonta ad appena l'1% del Pil complessivo (pari a 18.500 mld $) e la cui moneta è comune ad appena 19 Paesi su 28; ed il cui riequilibrio tra i Paesi membri avviene, non a spese dei Paesi ricchi, tramite i trasferimenti fiscali o, almeno, la sanzione dei surplus commerciali eccessivi,[2] ma a spese dei Paesi meno ricchi, attraverso la deflazione dei salari e la riduzione dei diritti e i trasferimenti di capitali in prestito (quindi a titolo oneroso) dai più forti e avvantaggiati dalla moneta unica (Germania, Olanda, Belgio, Francia, Austria, ecc.) a quelli deboli e svantaggiati dall'Euro (Piigs).
[2] Dialogo sul surplus commerciale eccessivo e il taglio dei salari
L’ideologia ordoliberista tedesca ha influenzato anche – forse soprattutto – lo statuto della BCE,[3] che è soltanto un po’ meno rigido di quello della Bundesbank, ma prevede anch’esso che l’obiettivo principale sia la stabilità dei prezzi (“sotto, ma vicino, al 2%”). Fatto salvo questo, essa ha, però, anche l’obiettivo di sostenere le politiche economiche dell’UE fissate dall’art. 3 del TUE,[3] tra cui “una crescita economica equilibrata” e “la piena occupazione”.
[3] Allegato alla Petizione al Parlamento europeo: la Bce non rispetta il suo statuto
Sotto questo aspetto, con la deflazione o l’inflazione molto sotto target e la crisi economica ed occupazionale che perdura da 7 (sette) anni (tranne in Germania e i suoi satelliti), la BCE ha mancato e sta mancando entrambi gli obiettivi statutari, con gravi conseguenze sui popoli europei più deboli e sui Paesi debitori (tra cui l’Italia). Il QE, implementato nel marzo 2015, è tardivo e insufficiente sia qualitativamente che quantitativamente, e di per sé, se non è accompagnato da una politica fiscale espansiva anticiclica (taglio di tasse e aumento di spesa) che accresca la domanda aggregata (consumi, investimenti, spesa pubblica ed esportazioni nette), non sarà in grado di debellare da solo la deflazione (come, ovviamente, ammette la stessa BCE).[4]
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La Germania, che all’epoca era considerata la malata d'Europa, trasse vantaggio dall'introduzione dell'Euro nel 1999, il cui valore, derivante dalla sommatoria/media delle monete di dodici dei quindici Paesi che allora componevano l’Unione europea, in cui il Marco tedesco era la moneta più forte, fu inevitabilmente fissato ad un livello che teneva conto anche delle monete più deboli e perciò più basso del Marco e vantaggioso per la Germania (in pratica, essa beneficiò di una svalutazione monetaria),
Com’è noto, il cambio Lira/Euro fu fissato a 1.936,27. Era troppo basso o troppo alto? Secondo i critici di destra, in primis Silvio Berlusconi (evidente indizio di coda di paglia per i suoi mancati controlli dei prezzi), troppo alto. Per loro, soprattutto a seguito del lamentato, da parte della grandissima parte del popolo italiano, supposto raddoppio dei prezzi subito dopo la sua introduzione, sarebbe dovuto essere fissato addirittura a 1.000 Lire. Ma naturalmente è una sciocchezza macroscopica, poiché sarebbe equivalso a una rivalutazione preventiva del 100% e quindi al raddoppio immediato dei prezzi dei prodotti italiani per gli acquirenti esteri.[5]
[5] Il ‘change over’ Lira-Euro e le responsabilità di Berlusconi
Oltre alla svalutazione preventiva, la Germania pretese ed ottenne nel 2003-2005, non una semplice flessibilità, ma di sforare il limite del 3% di deficit/Pil, per un importo pari a una ventina di mld, quando implementò le riforme strutturali del lavoro, inclusi i mini job a 400€ mensili, che deflazionarono i salari tedeschi, procurando alla Germania un ulteriore vantaggio competitivo rispetto ai partner dell'Eurozona.
Vantaggio competitivo accresciutosi negli anni successivi, poiché la Germania, in aderenza alla sua ideologia mercantilista e ordoliberista, ha continuato e continua ad attuare tuttora una politica economica deflazionistica e restrittiva, scaricando sui partner deboli tutto l'onere dell'aggiustamento infra-EUZ.
Segnalo, en passant, che la Germania pretendeva di negare all'Italia (già penalizzata dal criterio ritenuto inaffidabile dalla stessa Commissione europea, oltre che dalla BCE, del calcolo del cosiddetto deficit strutturale[6] applicato dalla Commissione europea), quando il governo Renzi ha implementato la riforma del lavoro (il cosiddetto Jobs Act), non uno sforamento del limite del 3%, ma una misera e drammaticamente insufficiente flessibilità, come misura anticiclica.
[6] Dialogo sulla lettera di Padoan all’UE, la sostenibilità del debito pubblico e la formula del deficit strutturale http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2823271.html  oppure 

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La soluzione ai difetti strutturali dell’Euro possono essere gli Stati Uniti d’Europa? Sì, certamente, ma purtroppo nel lungo periodo. Come scrive al riguardo il prof. Gustavo Piga. Egli, inoltre, commentando un saggio di Hugh Rockoff intitolato “How Long Did it Take the United States to Become an Optimal Currency Area?”, ovvero “Quanto ci hanno messo gli Stati Uniti a divenire una Area Valutaria Ottimale?”, spiega perché, nonostante i difetti, per l’Unione Europea è preferibile continuare ad adottare una moneta ed una politica monetaria comune.[7]
[7] Moneta e bandiera: il se e quando degli Stati Uniti d’Europa
Gustavo Piga - 18 agosto 2016
Ed invece il prof. Joseph Stiglitz, in un articolo sul Financial Times, afferma che l’Euro è insostenibile e propone di dividerlo in due.[8]
[8] A split euro is the solution for Europe’s single currency
Joseph Stiglitz  -  August 17, 2016 4:32 am
The problems with the structure of the eurozone may be insurmountable, writes Joseph Stiglitz
(trovate l'articolo originale e la traduzione in questo mio post (nell'appendice):
Critiche severe all’economia italiana da importanti giornali di Spagna, Francia, Gran Bretagna e USA

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Intanto, si susseguono proposte per far fronte alla deflazione, renitente alla presunta cura per giunta tardiva del QE implementata dalla BCE, e alla crisi economica.[9]
[9] QE, il monetarismo e la fallacia logica della falsa equivalenza
Tra queste, la “moneta dall’elicottero”, vecchissima espressione coniata da Milton Friedman, il padre del monetarismo, che ogni tanto rispunta fuori - ora soprattutto ad opera dei neo-liberisti pentiti, di fronte al fallimento della loro ideologia strampalata e spietata al soldo dei ricchi -, che prevede che i soldi vengano distribuiti direttamente ai cittadini.[5]
[5] Ad esempio, l’ho letta e discussa mesi fa qui:
Carlo Clericetti - 21 APR 2016
Moneta dall'elicottero? Parliamo del pilota
Ma la moneta dall’elicottero non è ancora sufficiente, se non hai modo di costringere i beneficiari a spenderla, perché potrebbero destinare quei soldi, in tutto o in parte, a risparmio (che, come si vede oggi, anzi da anni, rimane nel circuito finanziario). Perciò – dice Clericetti - è meglio darli allo Stato, che li destina a opere pubbliche.
Attenzione, però, non indifferentemente a spesa pubblica, ma prioritariamente a investimenti, perché se lo Stato li destinasse, poniamo, a finanziare il reddito di cittadinanza,[10] si rischierebbe di ricadere, in tutto o in parte, nello stesso problema (vedansi gli 80€/mese decisi dal Governo Renzi, che solo in parte si sono trasformati in consumi).


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